Omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7643.

La massima estrapolata:

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, la comunicazione dell’accertamento della violazione non necessita di formalita’ particolari, potendo essere effettuata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, che costituisce una modalita’ idonea ad assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contravventore dell’accertamento previdenziale e del conseguente provvedimento amministrativo

Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7643

Data udienza 23 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. SOCCI Angelo M. – rel. Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/01/2017 della CORTE APPELLO di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANGELO MATTEO SOCCI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. FILIPPI PAOLA che ha concluso chiedendo: “Inammissibilita’ del ricorso”.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 13 gennaio 2017 in parziale riforma della decisione del Tribunale di Bergamo (Giudizio abbreviato) del 14 aprile 2014, ha assolto (OMISSIS) (nella sua qualita’ di legale rappresentante della ditta Gruppo (OMISSIS)) dai reati relativi alle annualita’ 2006 e 2008, perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato (in quanto le omissioni contributive erano sottosoglia) e rideterminato la pena per la residua imputazione del Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, commi 1 e 1 bis, per l’anno 2017, omissioni per Euro 10234,00, in mesi 1 e giorni 6 di reclusione (successivamente con provvedimento di correzione dell’errore materiale e’ stata aggiunta la pena di Euro 667,00 di multa).
2. Ricorre per cassazione l’imputata, tramite il difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2. 1. Violazione di legge (articolo 145 c.p.c. e articolo 122 c.p.p.) e vizio di motivazione relativamente alla mancata notifica della diffida INPS. L’avviso di accertamento e contestazione dell’omissione veniva notificato in luoghi diversi da quelli indicati dall’articolo 145 c.p.c..
Le notifiche alla societa’ dovevano essere effettuate nella sua sede legale. La societa’, inoltre, all’epoca dei fatti era in amministrazione straordinaria e, quindi, nessuna notifica poteva essere effettuata alla ricorrente. Inoltre il giudice di primo grado in accoglimento dell’eccezione aveva concesso al difensore (munito di procura speciale) un termine di mesi tre per consentire il pagamento; l’ordinanza comunque andava notificata all’imputato, trattandosi di atto personalissimo, non coperto dalla procura speciale al difensore.
2. 2. Vizio di motivazione in relazione all’articolo 192 c.p.p..
La Corte di appello ha ritenuto che i DM 10 siano sufficienti per la prova del pagamento delle retribuzioni ai dipendenti. Cosi’ non e’, per la difesa, in quanto era l’accusa che avrebbe dovuto provare i pagamenti delle retribuzioni ai dipendenti della ditta.
2. 3. Violazione di legge (articolo 99 e 163 c.p.) e vizio di motivazione sulla recidiva e sull’omessa concessione della sospensione condizionale della pena.
La Corte di appello ha dato per scontato che le precedenti condanne, per omissione dei versamenti dei contributi INPS, siano tutte superiori alla soglia di punibilita’ dei 10.000,00 Euro; applicando, quindi, la recidiva.
Invece, la Corte di appello avrebbe dovuto controllare le precedenti condanne se intervenute per somme superiori alla soglia di punibilita’, o no. L’eliminazione delle condanne nel casellario giudiziario avrebbe comportato anche la possibilita’ della sospensione condizionale della pena.
2. 4. Violazione di legge (articolo 81 c.p.) e vizio di motivazione relativamente alla mancata applicazione della continuazione con le precedenti condanne riportate dalla ricorrente.
Doveva ritenersi la continuazione con i fatti in giudizio e quelli risultanti dalla sentenza del Tribunale di Bergamo del 22 settembre 2011, irrevocabile il 24 dicembre 2011. La Corte di appello ha rigettato l’istanza in quanto si tratterebbe di societa’ con sedi diverse; tuttavia, la sede differente, non comporta la diversita’ della societa’; societa’ che sono sempre del Gruppo (OMISSIS).
2. 5. Violazione di legge (articolo 130 c.p.p.).
La correzione dell’errore materiale disposta dalla Corte di appello (aggiunta della pena della multa di Euro 667,00 Euro) non poteva effettuarsi d’ufficio ma con il contraddittorio ex articolo 127 c.p..
Ha chiesto quindi l’annullamento della decisione impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi e per genericita’, articolato peraltro in fatto e riproduttivo delle considerazioni dell’appello, senza critiche specifiche di legittimita’ nei confronti della motivazione della sentenza impugnata.
4. Relativamente alla notifica dell’intimazione INPS la stessa risulta consegnata nelle mani della ricorrente, imputata del reato, come rilevato dalla sentenza impugnata, senza alcuna contestazione nel ricorso per cassazione di tale modalita’ di notifica sul piano fattuale.
La notifica diretta all’imputata e’ sicuramente forma idonea in quanto il responsabile penale della violazione e’ proprio la ricorrente, che avrebbe potuto pagare, entro il termine previsto, per beneficiare della causa di non punibilita’: “In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, la comunicazione dell’accertamento della violazione non necessita di formalita’ particolari, potendo essere effettuata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, che costituisce una modalita’ idonea ad assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contravventore dell’accertamento previdenziale e del conseguente provvedimento amministrativo. (Sez. 3, n. 28761 del 09/06/2015 – dep. 07/07/2015, P.G. in proc. Bassetti, Rv. 26445201).
5. Del tutto generico, e comunque manifestamente infondato il motivo sull’assenza di prova dei pagamenti delle retribuzioni ai dipendenti. La Corte di appello ha adeguatamente motivato, rilevando la prova dei pagamenti dai mod. Decreto Ministeriale 10, di provenienza dalla ditta interessata alle omissioni, con applicazione corretta dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione: “In materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro, l’onere incombente sul pubblico ministero di dimostrare l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti e’ assolto con la produzione del modello DM 10, con la conseguenza che grava sull’imputato il compito di provare, in difformita’ dalla situazione rappresentata nelle denunce retributive inoltrate, l’assenza del materiale esborso delle somme” (Sez. 3, n. 7772 del 05/12/2013 – dep. 19/02/2014, Di Gianvito, Rv. 25885101).
6. Del tutto generico il motivo sulla richiesta applicazione della continuazione con altra condanna precedente, sentenza del Tribunale di Bergamo del 22 settembre 2011, irrevocabile il 24 dicembre 2011. Il ricorso non contiene nessun motivo di legittimita’ nei confronti della motivazione della decisione impugnata, che ha escluso l’applicazione della continuazione sia perche’ i fatti sono relativi ad altra unita’ locale e sia perche’ la generica propensione della ricorrente all’omissione del pagamento dei contributi previdenziali non puo’ essere ricondotta allo schema del reato continuato. Inoltre la sentenza impugnata ha rilevato, anche, l’assenza di sufficiente argomentazione dell’istanza di applicazione dell’articolo 81 c.p..
Del resto, “In tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicita’ del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento e’ sindacabile in sede di legittimita’ solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione” (Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012 – dep. 28/12/2012, Pappalardo, Rv. 25400601).
7. Manifestamente infondato e generico risulta anche il motivo sulla recidiva e sulla sospensione condizionale della pena. La sentenza impugnata rileva la sussistenza di plurime condanne (41) che ostano alla sospensione condizionale della pena e hanno determinato la recidiva. La ricorrente ritiene (con affermazione ipotetica e congetturale) che le precedenti condanne potrebbero essere per somme al di sotto della attuale soglia di punibilita’, ma non ha minimamente specificato (con la produzione dei provvedimenti di condanna) gli importi delle omissioni contributive. Si e’ limitata ad esprimere dubbi soggettivi, ipotesi teoriche non valutabili in sede di legittimita’.
8. Relativamente alla correzione di errore materiale, il motivo del ricorso per cassazione e’ generico, in quanto non specifica l’interesse a partecipare alla camera di consiglio, per allegare fatti o situazioni decisive per la correzione: “E’ inammissibile il ricorso per cassazione avverso un provvedimento di correzione di errore materiale emesso dal giudice con procedura “de plano”, invece che ritualmente, previa celebrazione di camera di consiglio, se il ricorrente non deduce un concreto interesse a partecipare alla camera di consiglio per allegare fatti o situazioni decisive, direttamente incidenti sul provvedimento impugnato” (Sez. 4, n. 39523 del 15/06/2016 – dep. 23/09/2016, P.M. in proc. Passaquindici, Rv. 26833801; vedi anche Sez. 6, n. 42622 del 18/09/2015 – dep. 22/10/2015, Rinaldi, Rv. 26494601).
7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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