Omessa indicazione dell’area da acquisire da parte dell’ordinanza ingiuntiva del ripristino

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 4 novembre 2019, n. 7511.

La massima estrapolata:

L’omessa indicazione dell’area da acquisire da parte dell’ordinanza ingiuntiva del ripristino, non costituisce motivo di illegittimità atteso che l’indicazione di tale area è elemento necessario per la sola successiva misura sanzionatoria dell’acquisizione gratuita

Sentenza 4 novembre 2019, n. 7511

Data udienza 3 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3658 del 2017, proposto da
Gi. Ra. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Ce. Fe. Gl., Lu. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Ma. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis) (Ge), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Bo., Lu. Ga., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Ga. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA: SEZIONE I, n. 1127/2016, resa tra le parti, in tema di demolizione di opere abusive.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis) (Ge);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Ga. St., per delega dell’avvocato Lu. Ma., e Lu. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tar Liguria, sez. I, n. 1127/2016, di parziale accoglimento dei ricorsi riuniti proposti dai sig.ri Gi. Ra. ed altri, comproprietari dell’edificio sito in loc. (omissis) nel comune di (omissis), avverso i provvedimenti adottati dal Comune aventi ad oggetto le opere edilizie eseguite sull’immobile di loro proprietà senza titolo autorizzativo nel lasso di tempo che va dal 1999 fino al 2014.
I ricorrenti, con autonomi ricorsi, hanno impugnato la prima ordinanza di demolizione (r.n. 1069/2014), il diniego opposto dal Comune sull’istanza di sanatoria (r.n 1193/2014) ed infine la successiva ordinanza di demolizione (r.n. 285/2015).
2. Il Tar Liguria, riuniti i ricorsi, dichiarato improcedibile il ricorso proposto avverso la prima ordinanza di demolizione, ha accolto parzialmente il gravame.
In particolare, elencate le opere abusivamente realizzate (ritenute) “non riconducibili ad un disegno unitario”, – consistenti nella sopraelevazione del sottotetto esistente, nell’ampliamento del box interrato, nell’ampliamento del piano terra e del piano primo, nella realizzazione del porticato sul fronte est dell’edificio, ed infine nell’ampliamento chiuso su tre lati sul fronte nord dell’edificio – i giudici di prime cure hanno ritenuto illegittimo il diniego di sanatoria limitatamente alla realizzazione della sopraelevazione del sottotetto e al porticato sul fronte est dell’edificio.
3. Versati gli oneri per ottenere la sanatoria degli interventi ritenuti sanabili dal Tar e (adeguandosi al dictum giudiziario) dal Comune, i ricorrenti hanno appellato la sentenza nella parte in cui li ha visti soccombenti.
Si è costituito nel giudizio d’appello il comune di (omissis).
Con ordinanza 7 maggio 2018 n. 2705 è stata disposta la verificazione delle opere, articolata in cinque quesiti, ad opera del Direttore regionale ligure dell’Agenzia del demanio.
4. In esito al deposito della relazione di verificazione, all’udienza pubblica del 3 ottobre 2019, la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. Prima di esaminare i motivi d’appello, va individuata la disciplina urbanistica dell’area in cui ricadono gli interventi.
5.1 La verificazione, sulla scorta dell’esame della pianificazione urbanistica e delle norme attuative, ha accertato che la destinazione prevista nel P.R.G. dell’area d’insediamento del manufatto, oggetto dei ripetuti interventi edilizi senza eseguiti senza titolo, è quella agricola.
5.2 Con gli interventi non autorizzati eseguiti nel corso del tempo, s’è altresì accertato che i ricorrenti hanno mutato per morfologia, struttura e destinazione l’originario edificio, trasformandolo da agricolo-unifamiliare a residenziale plurifamiliare.
Va a riguardo sottolineato che, per conseguire il titolo edilizio originario, gli appellanti hanno richiesto di realizzare un edificio ad uso agricolo in zona agricola, utilizzando i relativi benefici; e che, in forza di ripetuti interventi abusivi, il manufatto ha smarrito il suo originario carattere strumentale alla conduzione dell’attività agricola.
5.3 I dati tecnici acquisiti in giudizio in esito al deposito della relazione di verificazione asseverano la conclusione.
Il volume geometrico (cfr. art. 70 l.r.16/2008) abusivamente realizzato nell’edificio ammonta a mc. 238,03, ossia supera il limite del 20% del volume geometrico dell’edificio assentito, circoscritto a mc. 127,05, costituente, ai sensi della l.r. 16/2008, il limite massimo d’incremento volumetrico ammesso per gli interventi di ristrutturazione edilizia.
A sua volta il box è stato incrementato abusivamente da mc. 122,4 a mc. 562, con l’aumento di oltre il 400% dell’assentito.
Sicché detto box – consentendo il comodo parcheggio di 10 auto – non è più strettamente pertinenziale all’edificio avente in origine esclusiva destinazione agricolo-residenziale unifamiliare.
6. In questa cornice vanno scrutinati i motivi d’appello, prospettati dai ricorrenti parcellizzando i singoli interventi, separandoli gli uni dagli altri, senza affatto considerare che, ricadendo su un unico immobile, vanno invece unitariamente valutati: tanto da aver dato vita ad un nuovo manufatto, contenente variazioni essenziali, non riconducibile ad un intervento di ristrutturazione.
Sotto quest’ultimo profilo, dai dati e rilievi tecnici contenuti nella relazione di verificazione, emerge infatti che l’edificio originario da agricolo è stato trasformato in residenziale plurifamiliare; è stata realizzata una nuova unità abitativa autonoma al piano terreno in luogo del box e del magazzino agricolo; sono state rimosse tutte le volumetrie ad uso agricolo necessarie per la conduzione del fondo cui l’immobile era ed è destinato; l’autorimessa in origine pertinenziale dell’edificio agricolo è divenuta fruibile dai coloro i quali utilizzano le nuove unità residenziali; è stata ridotta parte delle originarie aree agricole in ragione del fatto che il nuovo box realizzato, come attestato dalla verificazione, s’estende su parte di esse riducendole in modo da renderle incompatibili con la coltivazione.
7. Conclusivamente, come rilevato dal Comune resistente, gli interventi realizzati, in contrasto con la normativa di settore e con la destinazione agricola dell’immobile, allo stato, non sono sanabili mediante accertamento di conformità .
8. Quanto ai singoli interventi, di cui ai motivi d’appello:
all’ampliamento del box non è applicabile l’art. 8, lett. 2 b) delle N.T.A. del P.R.G. secondo cui, nel computo delle cubature, sono da escludere “le autorimesse interrate non pertinenziali ricadenti nelle zone per insediamenti a prevalenza residenziale” perché tale norma si applica unicamente alle zone residenziali e non a quelle agricole;
in aggiunta, in zona agricola non è ammessa la creazione di box privi del carattere pertinenziale;
la disciplina urbanistica è ostativa all’accoglimento della considerazione di fatto, teorizzata dai ricorrenti, della “prevalenza” delle residenze nell’area finalizzata a conseguire le premialità connesse alla natura “di fatto residenziale” dell’area medesima;
l’istanza di sanatoria relativa agli interventi di ampliamento del piano terra e del primo piano dell’edificio suddetti è stata correttamente respinta sul rilievo dell’inesistenza di un sufficiente asservimento, prospettato dai ricorrenti – ma mai reso effettivo – rimasto allo stato meramente potenziale;
l’ampliamento sul lato nord dell’edificio, per caratteristiche strutturali e morfologiche – data la preponderanza di parti chiuse, lungi dall’essere qualificato “porticato” o “loggia aperta”(secondo quanto espresso a pag. 9 della verificazione: il locale non è direttamente accessibile dai vani interni e non presenta parapetti o ringhiere tipiche dei piani superiori) – non integra alcuna delle ipotesi di cui all’art. 4, comma 8, n. 1.a, N.T.A., con la conseguenza che incide pesantemente sul computo delle cubature abusivamente realizzate.
Da ultimo, gli appellanti censurano l’errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure laddove hanno omesso di scrutinare il motivo d’impugnazione proposto avverso l’ordinanza di demolizione nella parte in cui non avrebbe individuato con precisione il bene oggetto di acquisizione gratuita in caso di mancata demolizione.
Il motivo è infondato.
In continuità con l’indirizzo giurisprudenziale qui condiviso (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2015 n. 13), l’omessa indicazione dell’area da acquisire da parte dell’ordinanza ingiuntiva del ripristino, non costituisce motivo di illegittimità atteso che l’indicazione di tale area è elemento necessario per la sola successiva misura sanzionatoria dell’acquisizione gratuita.
9. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
10. Le spese del grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i sig.ri Gi. Ra. ed altri, in solido fra loro ed in parti uguali, al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore del comune di (omissis) che si liquidano in complessivi 4.000,00 (quattromila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Stefano Toschei – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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