L’omessa indicazione del nome del difensore dell’imputato nella parte del verbale di udienza

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 27 maggio 2020, n. 15942.

Massima estrapolata:

In tema di documentazione degli atti, l’omessa indicazione del nome del difensore dell’imputato nella parte del verbale di udienza relativa alla costituzione delle parti non determina la nullità del verbale stesso e, per l’effetto, del giudizio, qualora dal contenuto dell’atto risulti che il difensore sia stato presente al dibattimento, abbia assistito l’imputato e abbia formulato le conclusioni finali.

Sentenza 27 maggio 2020, n. 15942

Data udienza 12 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Impugnazioni – Cassazione – Ricorso contro declaratoria di inammissibilità dell’appello perché tardivo – Questione diretta a contestare detta declaratoria di tardività – Ammissibilità – Altre questioni – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 08-02-2019 della corte di appello di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione del Consigliere dott. Vito Di Nicola;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Di Nardo Marilia, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito per il ricorrente l’avvocato (OMISSIS) che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. E’ impugnata per cassazione la sentenza con la quale la Corte di appello di Potenza ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal ricorrente avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dal tribunale di Potenza in data 16 maggio 2016 per tardivita’ della proposizione dell’atto di impugnazione.
Il ricorrente era stato condannato alla pena di anni sei di reclusione per il reato di cui all’articolo 81 cpv. c.p., articolo 348 c.p. e articolo 609-bis c.p., comma 1 e comma 2, n. 1, perche’, con piu’ atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, esercitando abusivamente la professione di terapeuta, proponendo percorsi terapeutici e sedute psicologiche volte a guarire da stati depressivi, abusando delle condizioni di inferiorita’ psichica di (OMISSIS) sofferente di anoressia, bulimia e attacchi di panico, induceva la predetta a subire atti sessuali, in particolare dopo averla fatta distendere su un divano, la toccava in varie parti del corpo, le carezzava il viso, i seni, la pancia e il pube e le infilava la mano sotto le mutande penetrandola in tal modo con due dita di una mano e mentre faceva cio’ ansimava e si masturbava con un’altra mano.
2. Il ricorrente, tramite il difensore di fiducia, affida il ricorso ad un unico motivo con il quale deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge processuale (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c)), eccependo la nullita’ assoluta ex articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), avendo la Corte di appello di Potenza, in assenza del difensore di fiducia, trattato il processo senza nominare un difensore di ufficio ex articolo 97 c.p.p., comma 4.
In particolare, sostiene che dal verbale di udienza sarebbe impossibile evincere se sia stato effettivamente nominato il difensore d’ufficio; se la nomina sia stata eseguita ai sensi del comma 4 ovvero di altra disposizione dell’articolo 97 c.p.p.; quale fosse il nome del difensore (se eventualmente nominato); se questi fosse abilitato all’esercizio della professione forense; se fosse iscritto all’auto dell’ordine degli avvocati di Potenza.
Assume pertanto che l’assenza, nel verbale di udienza, di una regolare nomina del difensore di ufficio, a seguito dell’assenza di quello di fiducia, comporta, per giurisprudenza consolidata anche citata nel motivo di ricorso, una ricaduta sulla successiva pronuncia, la quale sarebbe colpita della piu’ gravosa delle patologie processuali, ossia quella della nullita’ assoluta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. La Corte territoriale ha correttamente ritenuto l’appello intempestivo perche’ proposto in violazione dei termini di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera c).
In presenza di un’impugnazione ritenuta tardiva, il ricorrente non affronta la questione per superarla ma formula una eccezione processuale preclusa dal giudicato interno.
La sentenza di primo grado e’ stata pronunciata in data 16 maggio 2016 ed il giudice ha riservato il deposito della motivazione nel termine di giorni novanta dalla lettura del dispositivo, termini che scadevano pertanto in data 16 agosto 2016 per cui, essendo stati rispettati i termini per il deposito (la sentenza di primo grado e’ stata depositata in data 13 luglio 2016) e calcolando il periodo di sospensione dei termini processuali L. 742 del 1969, ex articolo 1 l’appello doveva essere presentato entro quarantacinque giorni decorrenti dal 1 settembre 2016, ossia entro il 16 ottobre 2016.
Nel caso in esame l’atto di appello risulta depositato in data 25 ottobre 2016, ossia oltre il termine di legge, con conseguente declaratoria di inammissibilita’ dell’impugnazione.
3. La giurisprudenza di legittimita’ ha affermato che, quando sia stata dichiarata l’inammissibilita’ dell’appello tardivo, non sono proponibili, come motivi di ricorso per cassazione, questioni processuali diverse da quelle dirette a contestare, specificamente, la preliminare e pregiudiziale declaratoria, che ha valore meramente dichiarativo e produce effetti “ex tunc” (Sez. 4, n. 1270 del 24/10/2017, dep. 2018, Marrongelli, Rv. 271703; Sez. 2, n. 38860 del 21/09/2007, Pecci, Rv. 238219).
In particolare, e’ stato chiarito che, una volta dichiarata la inammissibilita’ dell’appello tardivo, non sono proponibili, mediante ricorso per Cassazione, questioni diverse da quelle dirette ad aggredire la predetta pronuncia relativa alla ritenuta intempestivita’ del gravame. Invero, la causa originaria di inammissibilita’ preclude l’esame anche delle nullita’ (pur se assolute e rilevabili di ufficio) che risultano definitivamente “coperte” dal provvedimento del primo giudice, in virtu’ dell’autorita’ del giudicato in ordine alle questioni dedotte ed a quelle deducibili (Sez. 5, n. 7557 del 23/03/1999, Perchinunno, Rv. 213782).
Ne consegue che le nullita’ di ordine generale, e fra esse quella relativa all’assenza del difensore dell’imputato nei casi in cui ne e’ obbligatoria la presenza, pur implicando la nullita’ assoluta della sentenza ed essendo rilevabili in ogni stato e grado del procedimento, non determinano la inesistenza giuridica della sentenza stessa e percio’ incontrano anch’esse il limite preclusivo del giudicato, sicche’ non possono essere fatte valere nel caso di esperimento tardivo della impugnazione.
4. In ogni caso, dal verbale di udienza, che e’ stato allegato al ricorso, risulta, sia pure in assenza di altre piu’ precise indicazioni, che il difensore dell’imputato era presente in udienza, avendo, come da verbalizzazione del cancelliere, presentato le conclusioni, riportandosi ai motivi, cosicche’ l’omessa indicazione del nome del difensore nella parte del verbale relativa alla costituzione delle parti deve ritenersi frutto di una mera svista del verbalizzante.
In tal caso, secondo una risalente decisione, resa dalla giurisprudenza di legittimita’ nella vigenza del codice abrogato, ma che deve ritenersi tuttora valida e che il Collegio condivide, la sola omissione materiale del nome del difensore dell’imputato nel verbale di udienza, dovuta ad una svista del cancelliere, non importa la nullita’ del verbale e quindi del giudizio, quando risulta dal verbale stesso che il difensore e’ stato presente nel dibattimento, ha assistito l’imputato ed ha formulato le conclusioni finali (Sez. 1, n. 1176 del 05/07/1968, Elia, Rv. 109259 – 01).
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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