Ogni trasformazione del territorio sottoposto al vincolo paesaggistico implica, a cura dell’Autorità preposta alla sua tutela, una valutazione di compatibilità del nuovo assetto

Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 3 aprile 2018, n. 2046.

Ogni trasformazione del territorio sottoposto al vincolo paesaggistico implica, a cura dell’Autorità preposta alla sua tutela, una valutazione di compatibilità del nuovo assetto, da realizzare ex novo o da mantenere a titolo di sanatoria, con i valori che esso intende proteggere e mantenere.

Sentenza 3 aprile 2018, n. 2046
Data udienza 1 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2460 del 2014, proposto dalla signora Ma. Ma., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Re. e Fe. Pi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mi. Sa. in Roma, via (…);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e per il patrimonio, storico, artistico ed etnologico di Napoli e provincia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VII n. 3720/2013, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° marzo 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti l’avvocato A. M. Di Le. in dichiarata delega degli avvocati Fe. Pi. e di Gi. Re., e l’avvocato dello Stato De Nu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. E’ appellata la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, di reiezione del ricorso proposto dalla signora Ma. Ma., comproprietaria dell’unita abitativa sita in (omissis), via (omissis), località (omissis), gravata da vincolo paesaggistico, avverso il diniego (n. 71 del 18 aprile 2013) emanato dal dirigente dell’Ufficio del paesaggio del Comune di (omissis) sull’istanza di rilascio d’autorizzazione in sanatoria presentata ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985.
1.1 Con lo stesso ricorso, la ricorrente ha impugnato il parere negativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (n. 918 del 14 gennaio 2013) emanato dalla Soprintendenza per i B.A.P.S.A.E. per Napoli e Provincia per il corpo aggiunto sul prospetto dell’edificio principale che “per le notevoli dimensioni dell’edificio produce pregiudizio e compromissione degli elementi specifici del paesaggio tutelato”.
2. Il T.A.R. ha respinto il ricorso sul rilievo che il parere parzialmente negativo, espresso dalla Soprintendenza in merito alla incompatibilità paesaggistica del corpo di fabbrica aggiunto, posto in adiacenza al prospetto posteriore del fabbricato, è adeguatamente motivato.
3. Appella la sentenza la sig.ra Ma. Ma.. Resistono il comune di (omissis) e il Ministero per i beni e le attività culturali.
4. Alla pubblica udienza del 1° marzo 2018 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. Con il primo motivo d’appello, l’appellante si duole dell’errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nel considerare come esistente un corpo di fabbrica aggiunto al manufatto principale, ritenuto non passibile di sanatoria, in realtà inesistente.
6. Il motivo è infondato.
6.1 Il parere espresso dalla Soprintendenza ha avuto ad oggetto l’intero edificio – manufatto bifamiliare su due livelli, con sottotetto accessorio – realizzato dall’appellante senza titolo edilizio né autorizzazione paesaggistica.
6.2 Nel parere impugnato, la Soprintendenza dapprima dà espressamente conto che “l’edificio è di grosse dimensioni e si pone quale elemento di impatto della zona agricola in cui ricade, caratterizzata ancora da verde autoctono (alberi di ulivo e frutteti)”; di seguito, a corollario, in considerazione delle dimensioni complessive dell’edificio – incidente negativamente sul valore tutelato dal vincolo paesaggistico – per ridurne l’impatto, la Soprintendenza ha coerentemente negato il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria limitatamente al “corpo al primo piano con copertura a falda inclinata addossato all’edificio sul prospetto posteriore dello stesso, che risulta essere parte aggiunta e non integrante dell’edificio visibile nella sez. B.B. del grafico mappa satellitare”.
6.3 Lungi da palesare il vizio d’eccesso di potere per contraddittorietà, dedotto dalla appellante, il parere si basa sulla morfologia strutturale dell’intero edificio risultato abusivo, negando la sanatoria per la sola parte aggiunta, ritenuta una superfetazione edilizia non compatibile con il vincolo paesaggistico.
7. Con il secondo motivo, terzo motivo e quarto d’appello, che, in quanto strettamente congiunti, possono essere trattati congiuntamente, l’appellante lamenta che i giudici di prime cure avrebbero acriticamente considerato adeguatamente motivato il parere parzialmente negativo della Soprintendenza, basato sulla sola dimensione del corpo di fabbrica senza alcuna specifica valutazione dell’interesse pubblico tutelato, non affatto compromesso dal manufatto, complessivamente considerato nella sua unità strutturale.
8. I motivi sono infondati.
8.1 Di fatto l’appellante contesta le valutazioni operate dalla Soprintendenza, e recepite dal Comune, ostative al rilascio del condono edilizio per il corpo aggiunto.
8.2 Va richiamato l’orientamento giurisprudenziale, qui condiviso, per il quale ogni trasformazione del territorio implica, a cura dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, un giudizio di compatibilità del nuovo assetto con i valori che esso intende proteggere e mantenere.
Contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, non basta asserire che, in fondo, il corpo aggiunto sarebbe “poco impattante”, poiché spetta alla Amministrazione preposta verificare se, come e in qual misura, le opere vadano ad incidere sugli interessi pubblici coinvolti, dovendosi evitare o contenere ogni deturpazione o – qualora, come nel caso in esame, si acceda al beneficio del condono – mitigare gli effetti dannosi per l’ambiente ed il paesaggio.
8.3 Nell’esercizio della funzione di tutela, pur tenendo presenti le effettive e reali condizioni dell’area d’intervento (arg. ex Cons. St., Sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9578; Id., sez. VI, 14 giugno 2011, n. 4418), l’obiettivo perseguito, mercé un giudizio di comparazione, consiste nella difesa del contesto vincolato nel quale si colloca l’opera, al fine di evitare, tra l’altro, che l’eventuale sovraccarico di plurimi interventi in situ raggiunga o comporti il mantenimento di un livello di saturazione incompatibile col vincolo.
8.4 Il parere reso sulla compatibilità del manufatto al paesaggio, anche quando reso nel corso di un procedimento di condono, è espressione dell’esercizio dei poteri tecnico-discrezionali, che devono tenere conto del rilievo primario dei valori tutelati dall’articolo 9 della Costituzione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4369).
8.5. Nel caso in esame, la Soprintendenza ha formulato una motivata valutazione circa l’impatto nettamente negativo del corpo aggiunto posto in adiacenza al prospetto posteriore del fabbricato sul compendio paesaggistico.
8.6 L’adeguatezza della valutazione – sotto il profilo della compatibilità con il pregio paesaggistico della zona ove è localizzato l’intero edificio -, contestata dall’appellante, si ricava altresì indirettamente dal parere favorevole avente ad oggetto il corpo principale dell’edificio.
8.7 Per consentire il migliore inserimento del manufatto nel contesto paesaggistico di riferimento, la Soprintendenza ha imposto una serie di “prescriziona” volte ad eliminarne “le modanature, le cornici e gli spigoli”, nonché – per quel che qui più rileva – “il corpo aggiunto che è stato apposto all’edificio e non ne costituisce parte integrante”.
8.8 Tale valutazione risulta ragionevole e non è affetta dai vizi dedotti dall’appellante, poiché ha tenuto adeguato conto della realtà esistente e delle incidenze negative che sarebbero derivate dal condono del corpo aggiunto.
9. Con il quanto motivo d’appello, si lamenta la violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/1990.
Nell’adottare il parere, secondo l’appellante, l’amministrazione procedente non avrebbe considerato le osservazioni presentate nel corso dell’istruttoria.
10. Il motivo è infondato.
10.1 L’amministrazione ha valutato le osservazioni del 17 dicembre 2012 formulate dalla appellante e le ha motivatamente disattese (cfr. provvedimento n. 918 del 14 gennaio 2013): in definitiva è stata consentita la sua partecipazione al procedimento.
11. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.
12. Le spese di lite del secondo grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 2460 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la signora Ma. Ma. al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio in favore del Comune di (omissis) e del Ministero per i beni e le attività culturali, che si liquidano in complessivi 5000,00 (cinquemila) euro, oltre diritti ed accessori di legge, da dividersi fra loro in parti uguali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1° marzo 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere

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