Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 ottobre 2024| n. 26265.

Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

Massima: Nell’opzione di compravendita di un immobile “in costruendo”, l’oggetto del patto, costituendone elemento essenziale, deve risultare dal documento, non necessariamente attraverso l’identificazione tramite estremi catastali o confini, ma comunque mediante l’indicazione di elementi esterni idonei a individuarlo in modo inequivoco e da cui sia possibile evincere che le parti hanno inteso far riferimento a un bene determinato o determinabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della corte d’appello che, in una fattispecie di leasing traslativo, aveva ritenuto soddisfatto il requisito della determinabilità dell’oggetto dell’opzione, pur a fronte della estrema genericità della descrizione dei beni oggetto del contratto di locazione finanziaria recata nell’allegato A delle condizioni generali del contratto, a cui le parti si erano limitate a rinviare).

Ordinanza|8 ottobre 2024| n. 26265. Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

Data udienza 29 aprile 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti in genere – Requisiti (elementi del contratto) – Accordo delle parti – Conclusione del contratto – Proposta – Opzione opzione di vendita immobiliare – Immobile ‘in costruendo’ – Elementi essenziali – Oggetto – Determinabilità – Sufficienza – Condizioni – Fattispecie in materia di leasing traslativo.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere-Rel.

Dott. SIMONE Roberto – Consigliere

Dott. CONDELLO Psqualina A.P. – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4090/2021 R.G. proposto da: AD.GO. Srl IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in R VIA Gi (omissis), presso lo studio dell’avvocato BE.FR. (-) rappresentato e difeso dagli avvocati SA.SE. (omissis), RA.GI. (omissis)

-ricorrente-

contro

IN.BA. rappresentata e difesa da AU.AZ. (A.Az.) e GR.CO. (Co.Or.) , presso cui è domiciliata

– Controricorrente –

Nonché contro

AC. Srl,

-intimata-

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1239/2020

depositata il 18/11/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024 dal Consigliere FRANCESCA FIECCONI.

Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso notificato il 28 gennaio 2021 AD.GO. Srl in liquidazione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia numero 1239 del 2020, pubblicata il 18 novembre 2020, pronunciata in relazione alla pretesa di pagamento dei canoni scaduti, chiesta dalla concedente In.Ba. mediante procedimento ingiuntivo in ragione di un contratto di leasing immobiliare (avente ad oggetto un terreno con immobile in costruendo) stipulato inter partes il 30 gennaio 2006, di cui la concedente In.Ba. aveva comunicato, con raccomandata del 10.12.2012, la intervenuta risoluzione di diritto per inadempimento della utilizzatrice.

2. Resiste con controricorso la società IN.BA..

3. Per quanto ancora di interesse in questa sede, la società concedente odierna controricorrente ha interposto impugnazione avverso il rigetto da parte del Tribunale di Brescia della domanda di pagamento dei canoni scaduti del contratto di leasing stipulato tra le parti avente ad oggetto un terreno su cui avrebbe dovuto essere costruito un capannone da parte della utilizzatrice, in ragione del ravvisato insanabile vizio di forma attinente alla identificazione del bene oggetto di futuro trasferimento, con conseguente declaratoria di nullità dell’intero contratto per nullità del patto di opzione di acquisto del medesimo in difetto dei dati identificativi e catastali del bene immobile da trasferirsi con l’esercizio del patto di opzione, previsto ai fini del riscatto finale del costruendo immobile.

4. In accoglimento del gravame interposto dalla società concedente relazione la corte di merito ha riformato la sentenza del giudice di prime cure sull’assunto che il patto di opzione, in quanto contenuto in un contratto di leasing avente quale oggetto primario un finanziamento per il godimento/acquisto di un immobile, era stato redatto in conformità alle forme previste dall’articolo 117 TUB, avendo detto contratto funzione primaria di finanziamento per il godimento di un bene, e solo quale funzione secondaria ed eventuale quella di acquisto della proprietà del bene, costituente un oggetto mediato del contratto, attraverso l’esercizio del patto di opzione contenuto nella clausola n. 19 del contratto; che il patto di opzione di acquisto dell’immobile in costruendo avesse, al pari di un contratto preliminare, efficacia obbligatoria e, pertanto, per la sua realizzazione fosse solo necessario che l’oggetto fosse determinabile in futuro, al tempo del trasferimento; che il patto di opzione non dovesse ritenersi quale elemento essenziale del contratto di leasing, avendo quest’ultimo una prevalente causa finanziaria, e pertanto era stato anche violato dal giudice di prime cure il principio di conservazione e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nel pronunciare la nullità dell’intero contratto in ragione della ritenuta nullità della clausola relativa al patto di opzione, comunque non più esercitabile dalla parte utilizzatrice in quanto rimasta inadempiente al contratto di leasing

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MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo ex articolo 360, 1 comma n. 4, cod. proc. civ. la ricorrente denunzia la violazione del giudicato interno da parte della corte di merito e l’omessa o errata applicazione degli articoli 324, 342 c.p.c. in relazione all’articolo 2909 c.c., nella parte in cui si legge che “non può ritenersi che la qualificazione del contratto come leasing traslativo sia coperta dal giudicato, in quanto contestata dall’appellante nell’ambito del primo motivo di gravame”. Lamenta che nel primo motivo di gravame vi fosse stata solo l’indicazione di un’errata interpretazione del contenuto essenziale del contratto di locazione finanziaria, dell’efficacia, della forma e dell’oggetto dello stesso, nonché del patto di opzione, non essendo stato quindi colpito il dictum sulla qualificazione di leasing traslativo da considerarsi passato in giudicato.

6. Il motivo è inammissibile.

7. Atteso che la stessa odierna ricorrente contraddittoriamente si duole che il giudice del gravame abbia “ritenuto non coperta da giudicato la natura traslativa del contratto di leasing in questione in quanto semplicemente contestata dalla In.”, va osservato che là dove si duole che “nessun motivo d’appello aveva proposto la IN. in ordine alla natura traslativa del leasing per cui è causa, stante l’assenza sia di una parte argomentativa sia di una parte volitiva, tanto che nessuna domanda di riforma della sentenza di primo grado viene formulata dalla IN. in ordine alla natura traslativa del leasing per cui è causa” l’odierna ricorrente inammissibilmente prospetta invero un vizio revocatorio ex art. 395, 4 comma, c.p.c., consistente in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti

positivamente accertato (Sez. U – , Ordinanza n. 31032 del 27/11/2019 ; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 6405 del 15/03/2018, Sez. 1 – , Sentenza n. 26301 del 18/10/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16003 del 21/07/2011 ; Sez. 1, Ordinanza n. 24369 del 18/11/2009). Vizio che di differenzia da quello di errata interpretazione della domanda, ricorribile per cassazione, che in tale caso non viene propriamente denunciato, essendo il motivo incentrato sull’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti (nel caso di specie l’impugnazione) e documenti di causa.

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8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione dell’articolo 1, comma 136, della legge numero 124/2017, dell’articolo 117 TUB, e dell’ articolo 1325 c.c.

9. Si duole che la corte di merito non abbia condiviso la conclusione del Tribunale secondo cui la clausola prevedente l’opzione di acquisto dell’immobile alla scadenza del contratto è nulla per difetto di forma scritta per l’indeterminatezza del suo oggetto, con conseguente nullità dell’intero accordo, trattandosi di clausola fondamentale nell’economia del rapporto (leasing traslativo).

10. Lamenta essersi dalla corte di merito erroneamente affermato che la determinatezza o determinabilità del contratto di leasing si riferisce esclusivamente agli elementi essenziali del contratto, e quindi solo agli aspetti finanziari dell’operazione, e non già alla identificazione catastale dell’immobile che la società di leasing doveva acquistare con funzione di garanzia, atteso che anche la L. 124/2017 ha introdotto una definizione unitaria del contratto di leasing quale fattispecie negoziale autonoma valorizzandone la causa di finanziamento e, pertanto, gli effetti obbligatori e non reali.

11. Con il terzo motivo denunzia violazione o falsa applicazione del disposto di cui agli articoli 1325 c.c., 1346 c.c., 1419 c.c., ex articolo 360 numero 3 c.p.c., nella parte in cui, nella impugnata sentenza, si legge che il contratto di leasing riguarda un’area edificabile sita nel Comune di Codroipo sulla quale doveva essere costruito un fabbricato ad uso industriale della superficie coperta di 2400 m/q in base al progetto di trasformazione, per cui il patto di opzione aveva ad oggetto un bene ancora non esistente al momento della stipula che, pertanto non poteva essere ancora specificamente determinato. Denuncia che il bene concesso in locazione finanziaria deve sempre essere determinato o determinabile e che nel contratto in questione non vi fossero elementi idonei a considerare determinabile l’oggetto, atteso che si trovava inserito in un contratto di locazione di durata ultranovennale, per cui è prevista ad substantiam la forma scritta, mentre l’allegato al contratto de quo descriveva l’immobile in maniera non idonea a identificarlo.

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12. Con il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’articolo 1350 numero 8, articolo 117 TUB, 1418 c.c. e articolo 22 delle condizioni generali del contratto, in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. nella parte in cui la impugnata sentenza, a pagina 17 rigo sei, indica che “anche a voler ritenere diversamente, i requisiti di forma scritta in ordine ai dati identificativi dell’immobile interesserebbero solo la clausola che prevede il diritto di opzione, esercitabile solo al termine della locazione finanziaria quando il contratto di leasing ha ormai esaurito i suoi effetti e soltanto in via eventuale, ben potendo l’utilizzatore decidere di non esercitare l’opzione e di restituire il bene, e sul presupposto del regolare integrale pagamento di tutti i canoni di leasing sino alla scadenza del contratto, cosa che nel caso di specie neppure è avvenuta, essendo AD.GO. risultata inadempiente all’obbligo di pagamento”. Con tale mezzo si assume che la forma scritta ad substantiam doveva necessariamente rivestire il contratto in ogni sua parte, compresa la clausola di opzione e la durata ultranovennale del contratto. Inoltre, la forma scritta era stata espressamente prevista dalle parti nel contratto che, all’articolo 22, prevedeva espressamente che “le eventuali modifiche al presente contratto dovranno rivestire solo la forma scritta”, il che impediva qualsivoglia integrazione per relationem. Deduce inoltre la ricorrente che non si può parlare di inadempimento di un contratto nullo il quale non produce alcun effetto e che l’opzione di acquisto, per espressa previsione contrattuale, assumeva rilevanza anche in caso di inadempimento dell’utilizzatore, differentemente da quanto ritenuto dalla Corte d’Appello.

13. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.

14. Per quanto riguarda la disciplina applicabile al contratto de quo occorre fare riferimento alla recente sentenza n. 2061 del 28/1/2021 delle Sezioni Unite di questa Corte, ove si è affermato che la disciplina di cui all’art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sì che il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l’entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest’ultima figura, della disciplina dell’art. 1526 c.c., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell’utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l’art. 72 quater l.fall. (Sez. U – , Sentenza n. 2061 del 28/01/2021).

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15. In merito risulta pertanto ancora attuale, con riferimento al contratto de quo, stipulato in data antecedente al 2017, la distinzione, in seno al contratto di leasing finanziario (o locazione finanziaria), tra leasing di godimento (in cui il rapporto ha essenzialmente una funzione di finanziamento a scopo, per l’appunto, di godimento e, quindi, con una previsione dei canoni su base eminentemente corrispettiva di tale scopo, essendo marginale ed accessoria la pattuizione relativa al trasferimento del bene alla scadenza dietro pagamento del prezzo d’opzione) e leasing traslativo (in cui il rapporto è indirizzato anche al trasferimento del bene, in ragione di un apprezzabile valore residuo di esso al momento della scadenza contrattuale, notevolmente superiore al prezzo d’opzione, mostrando i canoni anche la consistenza di corrispettivo del trasferimento medesimo) e la affermata diversità di regole applicabili all’una o all’altra fattispecie negoziale, avendo la giurisprudenza di questa Corte Suprema ribadito, per circa un trentennio (a partire dalle coeve decisioni del 13 dicembre 1989, n. 5569, n. 5571, n. 5573 e n. 5574; con l’avallo poi della sentenza n. 65 del 7 gennaio 1993 di queste Sezioni Unite), che gli effetti della risoluzione per inadempimento del contratto di leasing traslativo sono regolati per analogia dall’art. 1526 c.c. Orientamento, questo, che non è mutato anche a seguito dell’introduzione, ad opera del D.Lgs. n. 5 del 2006, dell’art. 72-quater L.F., ascrivendosi la disciplina di tale norma non già al profilo della risoluzione del contratto di leasing, bensì del suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell’utilizzatore (tra le altre, Cass., 29 aprile 2015, n. 8687; Cass., 9 febbraio 2016, n. 2538).

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16. Sulla scorta di tali premesse occorre, quindi, considerare che, sino al momento dell’entrata in vigore della legge 4 agosto 2017, n. 124 (e, segnatamente, del suo art. 1, commi 136 – 140), il leasing è rimasto sostanzialmente un contratto soltanto socialmente tipico, articolato in distinte forme e struttura dalla pratica commerciale, unificate dall’operazione di finanziamento volta a consentire ad un soggetto (il c.d. utilizzatore o lessee) il godimento di un bene (transitorio o finalizzato al definitivo acquisto del bene stesso) grazie all’apporto economico di un soggetto abilitato al credito (il c.d. concedente o lessor) il quale, con proprie risorse finanziarie, consente all’utilizzatore di soddisfare un interesse che, altrimenti, non avrebbe avuto la possibilità o l’utilità di realizzare, attraverso il pagamento di un canone che si compone, in parte, del costo del bene e, in parte, degli interessi dovuti al finanziatore per l’anticipazione del capitale (così Cass., S.U., 5 ottobre 2015, n. 19785).

17. La distinzione tra leasing traslativo e di godimento (come innanzi ricordata) porta come conseguenza rilevante quella della diversificazione delle rispettive discipline in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, contrariamente a quanto erroneamente assunto dalla sentenza impugnata. Tuttavia, per quanto riguarda la forma del contratto, non essendo richiesta la forma scritta “ad substantiam” per il contratto di leasing, se non per alcuni aspetti riguardanti la disciplina dell’oggetto del contratto o di alcune sue componenti, ai fini della risoluzione del contratto di “leasing” (per mutuo dissenso, ad esempio) non è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, essendo pertanto al riguardo idonea qualsiasi forma, anche quella tacita (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25126 del 27/11/2006).

18. Nel caso di specie, in via convenzionale (cfr. Cass., 11/11/1992, n. 12109) è stata prevista la forma scritta per il mutamento delle condizioni contrattuali del contratto, circostanza che correttamente il giudice di merito ha escluso essersi verificata nell’ipotesi di risoluzione del contratto. E così, anche il richiamo alla disciplina formale dei contratti bancari, di cui all’art. 117 TUB, non è pertinente per regolare il caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dalla corte di merito. Sul punto, vale richiamare che, in tema di condizione di procedibilità relativa all’esperimento della mediazione ex art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 per i contratti bancari e finanziari, questa Corte ha avuto modo di porre in rilievo come la disciplina che impone la mediazione nei contratti bancari e finanziari non sia estensibile alla diversa ipotesi del leasing immobiliare, anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento, specificamente funzionali, però, all’acquisto ovvero alla utilizzazione dello specifico bene coinvolto (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 15200 del 12/06/2018).

Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

19. Diverso ragionamento deve farsi in riferimento all’ipotesi della locazione ultranovennale dell’immobile, da stipularsi in forma scritta ad substantiam ex art. 1350, n. 8, cod. civ.

20. Tuttavia la ricorrente non indica in base a quali elementi il contratto di leasing in questione sia ultranovennale, risultando pertanto la censura inammissibile per violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1 co. n. 6, c.p.c. (Cass. SU n. 24469/2019), non potendo considerarsi dirimente al riguardo la considerazione che il contratto de quo prevedrebbe una rateizzazione dei pagamenti oltre tale durata.

21. Occorre per altro verso sottolineare che, come anche in dottrina autorevolmente posto in rilievo, l’identificazione del bene oggetto del contratto si distingue concettualmente dalla determinazione dell’oggetto degli atti giuridici aventi ad oggetto cose immobili: la determinazione indica la prestazione spettante alla parte, mentre l’identificazione accerta quale bene è specificamente dedotto in prestazione, sostanziandosi in uno degli elementi che concorrono a determinare la prestazione.

22. A tale stregua, l’integrazione del bene entra nel contenuto del contratto e ne costituisce parte integrante, sicché anche il bene dev’essere determinato o determinabile attenendo pertanto alla disciplina del contratto (e non già a quella dei beni).

23. L’oggetto del contratto può essere determinato o determinabile (art. 1346 c.c.), e nel secondo caso l’identificazione degli immobili non fa parte del relativo contenuto, intervenendo in un momento successivo, ai fini della validità del contratto essendo sufficiente che lo stesso contenga l’indicazione dei criteri in forza dei quali va operata la determinazione dell’oggetto, e quindi l’identificazione dell’immobile.

24. Pertanto, nei contratti aventi ad oggetto beni immobili l’identificazione del bene è indispensabile ai fini della (attuale) determinatezza dell’oggetto del contratto, mentre ove l’immobile non sia identificato nel contratto quest’ultimo è valido solamente in presenza di criteri che rendono l’oggetto determinabile: in tale eventualità, le disposizioni contrattuali che rimettono la determinazione a fattori esterni o all’accordo (atti o fatti oggettivi) debbono comunque essere idonei a rendere determinabile l’oggetto deve necessariamente contenere i dati identificativi del bene. Sicché l’identificazione è effettuata tramite appositi mezzi (o elementi, o criteri) a ciò idonei, che possono essere diretti o indiretti, a seconda che siano stati predisposti al fine specifico di stabilire dei “contrassegni” di identificazione, ovvero, rispettivamente, consistano in un rinvio ad entità, rapporti o situazioni giuridiche di diverso contenuto.

25. A titolo esemplificativo, mezzo diretto di identificazione degli immobili è il catasto (ivi comprese le mappe, le planimetrie, i tipi di frazionamento), mentre mezzi indiretti sono i confini reali e la descrizione della composizione fisica della cosa.

26. Se poi si ha riguardo alla fonte, i criteri di identificazione possono essere legali (se previsti o imposti dalla legge), convenzionali (quando abbiano origine pattizia), ovvero consuetudinari (quando siano originati dagli usi). Generalmente viene imposto un criterio legale di identificazione quando ricorrano esigenze di ordine pubblico, tali da necessitare di un simbolo identificativo riconoscibile dai terzi e non modificabile se non tramite procedure legislativamente disciplinate.

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27. In sintesi, non sussistono criteri di identificazione degli immobili di valenza generalizzata, ma specifici criteri legali nell’ambito della disciplina della pubblicità immobiliare (art. 2826 c.c.; artt. 2659 n. 4, 2660 n. 5, 2839 n. 7; art. 2645-bis c.c.), occasionalmente richiamati in altri settori dell’ordinamento (art. 555 c.p.c.; art. 6, n. 1, D.Lgs. n. 122/2005); ed è prescritto l’impiego di criteri legali parzialmente coincidenti per la redazione degli atti pubblici notarili (art. 51, n. 6, L.N.; art. 775, n. 1, c.p.c.).

28. Tuttavia, nessuno di essi ha valore generale, né vis espansiva, tale da consentire la relativa estensione analogica ad ulteriori settori privi di espressa disciplina.

29. In particolare, manca una disciplina legale finalizzata all’identificazione degli immobili negli atti giuridici privati (contratti, atti unilaterali tra vivi, testamenti), negli atti giudiziari (sentenze, decreti di trasferimento) o amministrativi (es. decreti di espropriazione per pubblica utilità), a differenza degli atti pubblici regolati dalla legge notarile.

30. Si tratta di stabilire quale sia il criterio di identificazione degli immobili in costruendo oggetto di contratto di leasing avente natura traslativa, con annesso patto di opzione esercitabile dall’utilizzatore in sede di riscatto finale del bene.

31. L’oggetto del contratto, e del patto collegato volto alla realizzazione dell’acquisto del bene oggetto di finanziamento, richiede un apprezzabile grado di certezza quanto ai suoi elementi identificativi, al pari di quelli in giurisprudenza indicati in casi simili.

32. Il patto di opzione relativo all’acquisto dell’immobile in costruendo, inerente a un leasing traslativo, evoca per certi aspetti il contratto preliminare di compravendita di bene immobile, ai fini della validità del quale, per quanto sopra detto, non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando sufficiente l’accordo delle parti su quelli essenziali. E proprio in relazione alla disciplina del contratto preliminare, invero, si rinviene gran parte della giurisprudenza sui criteri per definire la determinabilità dell’oggetto di un contratto tra parti private, correttamente richiamata nel presente giudizio da entrambi i giudici di merito (anche se con esiti finali contrapposti).

33. In particolare, nel preliminare di compravendita immobiliare, per il quale è richiesto “ex lege” l’atto scritto ad substantiam come per il definitivo (artt. 1350-1351 cod. civ.), è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni, ma idonei a consentirne l’identificazione in modo inequivoco, che le parti abbiano inteso fare riferimento a un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione, pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può anche essere incompleta o mancare del tutto, purché l’intervenuta convergenza delle volontà sia anche “aliunde” o “per relationem” ricostruibile (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8810 del 30/05/2003; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2473 del 01/02/2013; Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 11297 del 10/05/2018).

34. Occorre peraltro sottolineare che, diversamente da quanto dalla corte di merito affermato nell’impugnata sentenza, allorquando esercitata dall’oblato l’opzione contenuta nel contratto di leasing produce un effetto reale, e non già meramente obbligatorio, in ciò diversificandosi dal preliminare unilaterale di vendita, che obbliga la parte promittente a stipulare il contratto definitivo.

35. Detto effetto si realizza con la proposta unilaterale e irrevocabile di compravendita contenuta nel patto di opzione, sicché è sufficiente l’esercizio del diritto di opzione da parte del relativo titolare per determinare in suo favore l’immediata produzione dell’effetto traslativo del contratto di vendita cui esso accede (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25528 del 18/12/2015).

36 Oggetto del contratto preliminare è, invece, esclusivamente l’obbligo di prestazione del consenso in sede di futuro “contrahere” (da tener distinto dall’oggetto del futuro contratto definitivo, costituito, invece, dal bene destinato al trasferimento di proprietà, per quanto sopra detto in linea generale), con la conseguenza che, ai fini della sua validità, non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando per converso sufficiente l’accordo delle parti sugli elementi essenziali. In particolare, nel preliminare di vendita immobiliare, l’indicazione della “res” oggetto della futura alienazione può essere anche incompleta e carente sotto l’aspetto dei dati catastali e degli altri specifici elementi individuativi del bene, purché risulti certo, in base alle emergenze probatorie, che le parti abbiano inteso riferirsi ad un bene determinato o quantomeno determinabile (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7935 del 23/08/1997).

37. Al pari del preliminare di vendita immobiliare, il patto di opzione di compravendita immobiliare impone l’accordo scritto delle parti sugli elementi essenziali del futuro contratto, in forza della forma scritta richiesta “ad substantiam” dagli artt. 1350 e 1351 c.c.; e in questo caso è ugualmente necessario che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni, ma idonei a consentire l’identificazione dell’immobile in modo inequivoco, se non l’indicazione dei dati catastali e delle mappe censuarie e dei confini, quantomeno che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o comunque logicamente determinabile (Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 28762 del 30/11/2017; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25528 del 18/12/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17737 del 12/12/2002; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17737 del 12/12/2002; Cass. Sez. L, Sentenza n. 2692 del 26/03/1997).

Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

38. Il requisito di determinabilità dell’oggetto sussiste certamente quando nel contratto sono contenuti elementi prestabiliti dalle parti, che possono consistere anche nel riferimento a dati di fatto esistenti e sicuramente accertabili, i quali siano idonei alla identificazione del bene da trasferire mediante un procedimento tecnico di mera attuazione, per cui la consegna di una parte piuttosto che di un’altra risulti di per sé irrilevante, ad esempio indicando l’ubicazione e la forma all’interno della più ampia superficie, ovvero demandandone ad un terzo o a una delle parti la determinazione. Si verifica, per contro, l’impossibilità di determinare l’esatta consistenza del bene da trasferire nel caso in cui sussistano margini di dubbio sulla identità o consistenza del bene e si renda perciò necessario tornare alla determinazione dell’oggetto con un patto successivo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25528 del 18/12/2015; Cass. n. 7279/06; conformi, nn. 9235/00, 6570/91, 5716/87, 1312/83 e 367/79).

39. D’altra parte, i criteri di identificazione degli immobili, diversi da quelli legali previsti per esigenze di certezza giuridica, come detto, sono interamente rimessi all’autonomia privata, la quale può adottarne anche di convenzionali (come un “nome” o altro tipo di “contrassegno”, atto ad individuare un determinato immobile: ad es., il palazzo di giustizia di …, il condominio o residence denominato …; il cui impiego però – per la loro stessa natura – può risultare utile solo se circoscritto ad una determinata cerchia sociale o addirittura familiare.

40. Questi criteri non presentano, quindi, i caratteri di univocità propri di quelli legali, e si modulano differentemente a seconda delle circostanze.

41. In relazione all’oggetto del contratto che prevede la circolazione di un bene immobile in costruendo questa Corte ha invero posto in rilievo (v. Cass., n. 104/2017) che la determinabilità dell’oggetto ex artt. 1325, n. 3, e 1346, cod. civ., la quale riveste carattere di essenzialità, assicurando in uno all’esatta delimitazione dell’area interessata dal regolamento negoziale, la serietà e coercibilità stessa dell’accordo, assume contorni di particolare rigore in presenza di negozi a forma vincolata, sicché l’oggetto del contratto in simili casi può considerarsi determinabile solo se sia con certezza individuabile in base agli elementi prestabiliti dalle parti dello stesso scritto, senza necessità di fare ricorso al comportamento successivo delle medesime, dovendosi quindi escludere la possibilità di applicare la regola ermeneutica stabilita dall’articolo 1362, 2 comma, cod. civ., che consente di tenere conto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, del comportamento di questi successivo alla conclusione del contratto (Cass., Sez. 2, n. 5385 del 7/3/2011; Sez. 2, Sentenza n. 18361 del 13/09/2004; Sez. 2, Sentenza n. 12349 del 29/11/1995; Sez. 2, Sentenza n. 10361 del 02/12/1994; Sez. 2, Sentenza n. 4474 del 11/04/1992).

42. Il principio riposa sul logico presupposto d’impedire elusioni ed aggiramenti dell’obbligo di forma collegato al principio di certezza giuridica, il quale, di contro, impone che il negozio risulti completo ed eseguibile sulla scorta di quanto regolato nella forma prestabilita. Sicché si è affermato che ove le parti di una compravendita immobiliare abbiano fatto riferimento, per individuare il bene, ad una planimetria allegata all’atto, è necessario che essa non sia solo sottoscritta dai contraenti, ma risulti anche espressamente indicata nel contratto (Cass. Sez. 2, n. 5028 del 5/3/2007, Rv. 596773).

43. Il criterio di determinabilità dell’oggetto indicato dalla giurisprudenza in riferimento al contratto preliminare (ipotesi nella prassi più frequente) è applicabile anche al patto di opzione di acquisto del bene immobile in costruendo oggetto del contratto, in quanto coessenziale al contratto di leasing cd traslativo per quanto sopra detto, con la particolarità che il rigore formale richiesto dal suo oggetto si rende ancora più evidente per come esso opera, posto che, come si è già accennato, la parte che esercita il diritto di opzione può determinare l’effetto reale del contratto di vendita già solo con la espressione della sua volontà (art. 1331 cod. civ.), differenziandosi in questo dal preliminare unilaterale che implica, invece, un obbligo a concludere il contratto previsto nel preliminare.

44. In relazione a questo aspetto, relativo all’effetto traslativo del patto di opzione, deve pertanto censurarsi l’argomentazione, fatta propria dalla corte di merito circa l’equiparabilità dell’effetto obbligatorio del preliminare di vendita a quello del patto di opzione. Tale affermazione è giuridicamente errata perché non considera la diversità tra la natura negoziale del patto di opzione, generante un’obbligazione in capo a una parte vincolata da una proposta irrevocabile nei confronti dell’altra, con l’effetto definitivo di conclusione del negozio che si determina con l’esercizio del diritto di opzione assegnato all’altra parte.

45. L’opzione configura elemento di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente ad oggetto l’irrevocabilità della proposta e poi dall’accettazione del promissario, che, saldandosi con la prima, perfeziona il contratto (sempreché venga espressa nella forma prescritta per il contratto stesso, e, quindi, nel caso di trasferimento immobiliare, per iscritto: Cass. Sez. 2, 11/10/1986, n. 5950; Cass. Sez. 2, 13/12/1994, n. 10649; Cass. Sez. 2, 25/02/1998, n. 2017; Cass. Sez. 3, 12/12/2002, n. 17737; Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 28762 del 30/11/2017).

Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

46. Anche il patto d’opzione avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di beni immobili – perché l’accettazione possa saldarsi con la proposta irrevocabile determinando la conclusione del (secondo) contratto-, in forza della forma scritta “adsubstantiam” prescritta dagli artt. 1350 e 1351 c.c., impone, ai fini della sua validità, se non la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, quanto meno l’accordo delle parti su quelli essenziali.

47. Orbene, in riferimento al patto di opzione, concernente un bene in costruendo, proprio per l’automatismo con cui esso opera, ancora più rigoroso si prospetta lo scrutinio sulla determinabilità del relativo oggetto.

48. In particolare, nell’opzione di compravendita immobiliare, è necessario che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni, ma idonei a consentirne l’identificazione in modo inequivoco, se non l’indicazione dei numeri del catasto o delle mappe censuarie e dei suoi confini, quanto meno che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione, pertanto, sia logicamente ricostruibile (v. Cass., 30/11/2017, n. 28762).

49. Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.

50. In particolare là dove (diversamente dal giudice di prime cure) ha escluso la nullità della clausola prevedente “l’opzione di acquisto dell’immobile alla scadenza del contratto … per difetto di forma scritta per indeterminatezza del suo oggetto, con conseguente nullità dell’intero accordo, trattandosi di clausola fondamentale nell’economia del rapporto (leasing traslativo)”.

51. Del pari là dove ha affermato che “La determinatezza e determinabilità del contratto di leasing . non può che riferirsi agli elementi essenziali del contratto, e quindi ai soli aspetti finanziari dell’operazione, . e non già alla identificazione catastale dell’immobile che la società di leasing doveva acquistare con funzione di garanzia”.

52. Ancora, là dove ha affermato che “nel caso di specie il contratto di leasing riguardava un’area edificabile sita nel Comune di Codroipo (UD) sulla quale doveva essere costruito un fabbricato ad uso industriale della superficie coperta di 2400 mq in base a un progetto di trasformazione edilizia, per cui il patto di opzione aveva ad oggetto un bene ancora non esistente al momento della stipula (il complesso edilizio da realizzare) che, pertanto, non poteva essere ancora specificamente determinato”.

53. Va al riguardo osservato che, come posto in rilievo dal giudice di prime cure, nel contratto di leasing in esame l’unico riferimento volto alla identificazione dell’immobile è nella specie costituito dal rinvio all’allegato A delle condizioni generali, che è stato ritenuto riferirsi agli elementi essenziali del contratto.

54. Il giudice di prime cure ha rilevato la estrema genericità della descrizione dei beni oggetto del contratto di locazione finanziaria recata nel prodotto allegato A delle condizioni generali costituenti parte integrante sostanziale del contratto, ove risultano indicati come “aree edificabili in Comune di Codroipo, così individuate- su cui costruire un fabbricato ad uso immobile industriale della superficie coperta di circa metri quadri 2400, secondo il progetto redatto dallo studio tecnico De.Fa….. così descritto…….”(doc.3 del ricorso).

55. La Corte d’Appello ha viceversa ritenuto il riferimento a un’area edificabile sita nel Comune di Codroipo sulla quale doveva essere costruito un fabbricato ad uso industriale della superficie coperta di 2400 m quadri in base al progetto di trasformazione edilizia, erroneamente affermando che, avendo il patto di opzione inserito nel contratto ad oggetto un bene ancora non esistente al momento della stipula (il complesso edilizio da realizzare), quest’ultimo non debba pertanto essere “ancora specificamente determinato”.

56. La valutazione operata dalla corte di merito ai fini della determinabilità dell’oggetto dell’opzione, tuttavia, non tiene conto dei criteri discretivi sopra indicati per verificarne la validità, anche a voler concedere che l’allegato A funga da elemento integrativo del patto di opzione.

57. Tale giudice si è invero limitato ad affermare che la mancanza dell’indicazione dei dati catastali e l’assenza della costruzione non determina l’indeterminabilità dell’oggetto del patto, omettendo tuttavia di indicare e precisare sulla base di quali indici oggettivi e tecnici possa nella specie evincersi in modo inequivoco, alla stregua di quanto emergente dal suindicato allegato A, la sicura identificazione o identificabili del costruendo bene immobile, senza che per le parti si renda invero necessario far luogo alla relativa determinazione con un successivo patto.

58. Alla fondatezza p.q.r. nei suindicati termini e limiti del 2 e 3 e del 4 motivo di ricorso, assorbiti ogni altra diversa questione e differente profilo, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame.

59. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Oggetto immobile in costruendo deve essere identificabile

P.Q.M.

La Corte accoglie il 2, il 3 e il 4 motivo di ricorso nei termini e limiti di cui in motivazione, dichiara inammissibile il 1 motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2024.

Depositato il Cancelleria l’8 ottobre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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