Obbligo di fornire i mezzi di sussistenza

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 3 maggio 2019, n. 18572.

La massima estrapolata:

Sussiste concorso formale eterogeneo e non rapporto di consunzione, fra il delitto previsto dall’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (attualmente dall’art. 570-bis cod. pen.) e quello previsto dall’art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen., in quanto il primo richiede esclusivamente la mancata corresponsione dell’assegno divorzile o di separazione, mentre il secondo presuppone che tale inadempimento abbia fatto mancare al beneficiario i mezzi di sussistenza.

Sentenza 3 maggio 2019, n. 18572

Data udienza 10 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere

Dott. BASSI Alessand – rel. Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/12/2017 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Tampieri Luca, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito il difensore della parte civile (OMISSIS), avv. (OMISSIS), il quale ha concluso come da conclusioni scritte e nota spese depositate a verbale;
udito il difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma dell’appellata sentenza del Tribunale di Roma del 28 marzo 2014, ha ridotto nei confronti di (OMISSIS) la pena inflitta in primo grado in relazione al delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, in danno dei figli minori (cosi’ riqualificata gia’ dal giudice di primo grado l’originaria imputazione di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, articolo 3 e L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies), confermando nel resto la decisione anche quanto alle statuizioni civili.
2. Nel ricorso a firma del difensore, (OMISSIS) chiede che il provvedimento sia annullato per i seguenti motivi:
2.1. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 570 c.p., comma 2 e articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., lettera e) e articolo 24 Cost., per avere la Corte d’appello errato nel ritenere integrato il reato sebbene, per un verso, non vi sia prova dello stato di bisogno dei minori, avendo (OMISSIS) comunque provveduto a sostenere le spese per scuola, attivita’ sportive, prestazioni medico-sanitarie ed altro; per altro verso, non sia integrato il dolo del delitto, la’ dove il ricorrente non provvedeva al versamento dell’assegno di mantenimento in considerazione dell’ingiustificato rifiuto della ex moglie di vendere l’appartamento cointestato per acquistare col ricavato tre alloggi piu’ piccoli;
2.2. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 133 c.p. per avere la Corte distrettuale applicato un trattamento sanzionatorio eccessivamente afflittivo rispetto all’obbiettiva gravita’ del fatto e comunque senza un adeguato corredo motivazionale.
3. Nella memoria depositata in cancelleria, la difesa della parte civile (OMISSIS) chiede che il ricorso del (OMISSIS) sia rigettato, evidenziando come l’imputato, nel ricorso per cassazione, abbia abbandonato il motivo circa lo stato d’indigenza limitandosi a coltivare quello concernente lo stato di bisogno dei minori, omettendo di considerare come esso sia presunto per legge e come l’obbligato non possa arbitrariamente selezionare le obbligazioni da assolvere omettendo di corrispondere l’assegno di mantenimento. D’altra parte, evidenzia che, come accertato nel processo, (OMISSIS) omettesse di versare l’assegno a partire dal (OMISSIS), come la (OMISSIS) si trovasse pertanto costretta a vendere oggetti personali per mantenere i tre figli minori, come l’inadempimento dell’imputato, a ben vedere, non fosse dovuto ad uno stato di difficolta’, ma fosse strumentale a costringere la moglie a vendere la casa coniugale oggetto di contesa. Infine, la difesa della parte civile evidenzia come, quand’anche il fatto fosse riqualificato ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies, nel processo l’imputato sarebbe stato comunque posto in grado di difendersi dall’accusa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
2. Mette conto di rilevare in via preliminare come (OMISSIS) sia stato rinviato a giudizio in relazione al delitto di cui al combinato disposto della L. 8 febbraio 2006, n. 54, articolo 3 e L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies e come il Tribunale di Roma, all’esito del dibattimento, abbia riqualificato detto fatto nel reato previsto dall’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2.
2.1. Giova rammentare che la L. n. 898 del 1970, articolo 12-sexies, (legge sul divorzio) sanziona la condotta del coniuge che si sottragga all’obbligo di corresponsione dell’assegno stabilito dal giudice a seguito di divorzio L. cit., ex articoli 5 e 6, con le pene previste dall’articolo 570 c.p.. La medesima disposizione incriminatrice di cui all’articolo 12-sexies trova applicazione – giusta previsione della L. n. 54 del 2006, articolo 3, – anche in caso di violazione degli obblighi di natura economica imposti dal giudice in ipotesi di separazione dei genitori e di affidamento condiviso dei figli.
Con il Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21 (attuativo del principio della riserva di codice), le incriminazioni di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 12-sexies cit. e L. n. 54 del 2006, articolo 3, sono state abrogate e le relative condotte – in termini sostanzialmente inalterati – sono state “trasferite” nel novello articolo 570-bis c.p..
Stante la sovrapponibilita’ delle condotte L. n. 898 del 1970, ex articolo 12-sexies e L. n. 54 del 2006, articolo 3, rispetto a quella contemplata dall’articolo 570-bis in relazione alla disciplina del caso che ci occupa, risultano tuttora validi i principi elaborati al riguardo dalla giurisprudenza di legittimita’ ed ormai stabilizzati, di tal che e’ ad essi che si fara’ riferimento ai fini della soluzione delle questioni sottoposte al vaglio del Collegio con il presente ricorso.
2.2. Il reato di cui al citato articolo 12-sexies – come anche richiamato dal citato articolo 3 – costituisce un reato omissivo proprio, di carattere formale e di natura permanente, che prevede quale soggetto attivo soltanto chi sia tenuto alla prestazione dell’assegno divorzile e consiste nell’inadempimento dell’obbligo economico stabilito dal provvedimento del giudice. L’elemento materiale del reato previsto dall’articolo 12-sexies e’ diverso da quello del reato ex articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, in quanto la condotta consiste nella mera inosservanza all’obbligazione civile, id est nella mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio, a prescindere dalla prova della mancata messa a disposizione dei mezzi di sussistenza e dello stato di bisogno dell’avente diritto (Sez. 6, n. 44629 del 17/10/2013, B., Rv. 256905). Ai fini dell’integrazione del reato e’ sufficiente l’inadempimento anche solo parziale dell’obbligo, dal momento che all’obbligato non e’ riconosciuto un potere di adeguamento dell’assegno in revisione della determinazione fattane dal giudice (Sez. 6, n. 35553 del 07/07/2011, D., Rv. 250841). In ossequio ai principi generali in tema di reati omissivi, il versamento dell’assegno non e’ ovviamente esigibile, e pertanto non e’ sanzionabile, nel caso in cui il soggetto agente versi in stato di impossibilita’ di adempiere per ragioni al medesimo non imputabili. Il reato e’ punito a titolo di dolo, che presuppone la coscienza e volonta’ di sottrarsi all’obbligo (Sez. 6 n. 21873 del 03/05/2007, P.G. in proc. F., Rv. 236699 non massimata sul punto).
Risolvendo una serie di questioni problematiche evidenziate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno chiarito che il generico rinvio quoad poenam, fatto dall’articolo 12-sexies all’articolo 570 c.p., deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma 1 di quest’ultima disposizione (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255269).
2.3. L’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, sanziona invece la condotta di colui il quale faccia mancare, cioe’ ometta di apprestare, i mezzi di sussistenza ai discendenti di eta’ minore ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato per sua colpa. La condotta punita e’ di pura omissione ed integra pertanto un reato omissivo proprio, sebbene possa essere commessa anche mediante azioni, quali il compimento di atti simulati o fraudolenti sui propri beni, allo scopo di dimostrare l’impossibilita’ ad adempiere. Si tratta di un reato di evento, la’ dove impone la verifica circa l’integrazione della mancata soddisfazione dei bisogni degli alimentandi.
Giova altresi’ precisare che la nozione penalistica di “mezzi di sussistenza” non si identifica con il concetto civilistico di “alimenti” previsto dagli articoli 433 c.c. e seguenti (in particolare dall’articolo 438), atteso che, seppure entrambi postulano lo stato di bisogno, gli alimenti devono essere determinati in proporzione al bisogno di chi li domanda ed alle condizioni economiche di chi deve somministrarli, tenendo conto delle necessita’ di vita in relazione alla posizione sociale dell’alimentando. Detti mezzi non sono riconducibili neanche al concetto di “mantenimento” – che viene in rilievo nei procedimenti giudiziali di separazione personale e divorzio ai sensi degli articoli 155 e 156 c.c. e della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, -, in quanto esso non presuppone lo stato di bisogno dell’avente diritto e viene determinato in relazione alla capacita’ economica dell’obbligato e rapportato al tenore di vita del soggetto avente diritto. I mezzi di sussistenza rilevanti ai fini della incriminazione si identificano invece in tutti i bisogni fondamentali della vita quotidiana, quali il vitto, l’abitazione, i canoni per forniture (luce, acqua, gas e riscaldamento), i medicinali, le spese per l’istruzione dei figli e di vestiario (Sez. 6, n. 1460 del 16/12/1982 – dep. 1983, T., Rv. 157487).
Il concetto di “mezzi di sussistenza” ha dunque un ambito piu’ circoscritto di quelli di “mantenimento” e di “alimenti”, in quanto e’ indipendente dalla condizione sociale del destinatario e si riferisce alle sole cose necessarie per assicurare una vita dignitosa, secondo parametri di carattere universale che non tengono conto della provenienza sociale dell’obbligato ne’ dell’avente diritto.
L’incriminazione presuppone, seppure in modo implicito, che il soggetto passivo versi in “stato di bisogno”. Deve trattarsi di uno stato di bisogno effettivo che si traduca in una mancanza di mezzi di sussistenza al momento del fatto cui la persona non sia in grado di fare fronte autonomamente, a prescindere dalle ragioni per cui esso si sia verificato (Sez. 6, n. 8245 del 17/04/1984, V., Rv. 165984).
Secondo la giurisprudenza consolidata, in caso di mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento nei confronti dei minori, si versa per definizione nella situazione indicata dal legislatore, sulla base della presunzione che il minore sia incapace di produrre un reddito proprio. Lo stato di bisogno e’ presunto, salvo prova contraria (Sez. 6, n. 26725 del 26/3/2003, P.G. in proc. D’Onofrio, Rv. 225875) e sussiste anche se al sostentamento della prole provveda l’altro genitore o altri congiunti (Sez. 6, n. 8912 del 4/2/2011, K, Rv. 249639; Sez. 6, n. 38125 del 24/9/2008, N., Rv. 241191) o ancora istituzioni pubbliche o private di assistenza o beneficienza (Sez. 6, n. 20636 del 2/5/2007, C., Rv. 236619; Sez. 6, n. 46060 del 22/10/2014, Decreto Ministeriale n., Rv. 260823). L’eventuale convincimento del genitore inadempiente di non essere tenuto, in una tale situazione, all’assolvimento del suo primario dovere, in quanto a cio’ provveda integralmente l’altro genitore, riverbera in termini di errore su legge penale che, a mente dell’articolo 5 c.p., non scrimina (Sez. 6, n. 17692 del 9/1/2004, Bencivenga, Rv. 228491).
E’ bene rimarcare che la presunzione relativa allo stato di bisogno del minore e’ semplice e puo’ pertanto essere vinta dalla prova contraria, qualora – ad esempio – si accerti che il minore disponga di redditi patrimoniali propri (Sez. 6, n. 26725 del 26/03/2003, P.G. in proc. D’O., Rv. 225875; Sez. 6 n. 8245 del 1984, V. cit.).
2.4. Con specifico riguardo ai confini fra la fattispecie prevista dall’articolo 12-sexies e quella di cui all’articolo 570, le Sezioni Unite hanno sancito che il concetto di “mantenimento” che sta alla base dell’assegno divorzile ha una portata piu’ ampia di quello di “mezzi di sussistenza” – giacche’ include tutto quanto sia richiesto per garantire un tenore di vita adeguato alla posizione economico-sociale dei coniugi e dei figli e prescinde dallo stato di bisogno – e che la nozione di “alimenti” si pone a meta’ strada tra le altre due, comprendendo, oltre a cio’ che e’ indispensabile per le primarie esigenze di vita, anche cio’ che e’ soltanto utile o conforme alle condizioni dell’alimentando e proporzionale alle sostanze dell’obbligato. L’ambito circoscritto della nozione di mezzi di sussistenza (che implica l’esistenza dello stato di bisogno nel soggetto passivo) rispetto a quella di mantenimento (che dallo stato di bisogno prescinde) impedisce pertanto di considerare la violazione formale dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile affine alla condotta di danno quale delineata dall’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255272), dovendosi escludere ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale (Sez. 6, n. 15898 del 04/02/2014, S., Rv. 259895).
In breve, mentre il delitto di cui alla L. n. 45 del 2006, articolo 3 e L. n. 898 del 1970, articolo 12-sexies, (oggi previsto dall’articolo 570-bis c.p.) discende dal mero inadempimento all’obbligo di natura economica fissato dal giudice, il delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, – ove contestato in relazione alla inosservanza di detti obblighi – richiede che dalla condotta omissiva siano derivati sia mancanza dei mezzi di sussistenza, sia lo stato di bisogno delle persone offese.
2.5. Proprio perche’ i reati si fondano su presupposti diversi, la prevalente giurisprudenza di questa Corte e’ ormai orientata nel ritenere che sussista concorso formale eterogeneo, e non un rapporto di consunzione, fra il delitto previsto dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies e quello previsto dall’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, la’ dove il primo postula esclusivamente la mancata corresponsione dell’assegno divorzile (o di separazione L. n. 54 del 2006, ex articolo 3), mentre il secondo presuppone che tale inadempimento si sia tradotto nel fare altresi’ mancare al figlio minore i mezzi di sussistenza e, di conseguenza, nel cagionare il suo stato di bisogno (v. da ultimo Sez. 6, n. 10772 del 20/02/2018, F., Rv. 272763).
3. Tanto premesso in linea generale e passando alla disamina del caso di specie, giudica la Corte che, nel confermare la decisione di primo grado, il Collegio d’appello non abbia tenuto conto dei sopra delineati tratti strutturali delle incriminazioni di cui all’articolo 570, comma 2, n. 2 e L. n. 54 del 2006, articolo 3 e L. n. 898 del 1970, articolo 12-sexies e del discrimen fra le fattispecie.
3.1. Ed invero, nel riqualificare il fatto originariamente contestato ai sensi della L. n. 54 del 2006, articolo 3 e L. n. 898 del 1970, articolo 12-sexies, in quello previsto dall’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, i decidenti di merito hanno dato conto dell’inadempimento agli obblighi economici da parte del (OMISSIS) (sostanzialmente pacifico, stante anche le ammissioni dello stesso imputato; v. pagina 5 della sentenza in verifica) e, tuttavia, hanno omesso di compiere un’indagine circa l’effettivo riflesso dell’inadempimento all’obbligo di versamento dell’assegno di mantenimento sulle condizioni dei minori e, in particolare, se tale inadempimento abbia determinato il venir meno dei mezzi di sussistenza e lo stato di bisogno.
Non e’ revocabile in dubbio – secondo quanto sopra gia’ dato conto – che lo stato di bisogno dei figli minori (come quelli del ricorrente all’epoca dei fatti) sia presunto e nondimeno, trattandosi di una presunzione di natura relativa, la sussistenza di tale situazione avrebbe dovuto essere verificata alla luce delle specifiche circostanze dedotte dalla difesa a sostegno del contrario.
In particolare, i giudici della cognizione avrebbero dovuto considerare l’entita’ dell’assegno versato dal (OMISSIS) nell’intervallo dal (OMISSIS) (pari a 5.500 Euro mensili, di cui 1.500 a favore della moglie ed i restanti 4.000 a favore dei figli) – obbiettivamente suscettibile di capitalizzazione o accantonamento -; la circostanza che l’imputato, pur omettendo il versamento dell’assegno, ha continuato a pagare per intero le rette delle scuole private frequentate dai tre figli, a sostenere i costi delle loro vacanze estive ed invernali e dell’attivita’ sportiva; ha nella sostanza “lasciato” che essi potessero continuare ad abitare con la madre nell’alloggio “lussuoso” nel quartiere di Roma “Parioli” (del valore stimato di circa quattro milioni di Euro; v. pagina 3 della sentenza impugnata), in quanto la ex coniuge si era rifiutata di venderlo per acquistare tre appartamenti piu’ piccoli da intestare ai figli.
3.2. Giova invero ribadire come possa parlarsi di stato di bisogno solo allorquando il soggetto obbligato faccia mancare i “mezzi di sussistenza”, che includono – come teste’ chiarito – quanto necessario per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacita’ economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione).
3.3. Con tali parametri il Collegio del gravame avrebbe dovuto, dunque, confrontarsi e valutare se dalla condotta inadempiente dell’imputato sia derivata quella situazione integrante la materialita’ del reato in incolpazione.
La Corte ha invece ritenuto provato lo stato di bisogno dei minori con motivazione manifestamente incongrua e – nella sostanza – apodittica, la’ dove si e’ limitata a rilevare l’inadempimento all’assegno di mantenimento (certamente integrante il delitto L. n. 54 del 2006, ex articolo 3), ma non ha attentamente verificato se da esso siano discesi anche gli ulteriori elementi costituitivi del reato di cui all’articolo 570 C.P., comma 2, n. 2 e cioe’ se l’adempimento parziale dell’obbligo (di un ammontare oggettivamente importante), la copertura delle spese necessarie per le complementari esigenze della vita quotidiana dei minori (segnatamente di studio, ludiche, ricreative e medico-sanitarie, come asseritamente documentato dalla difesa) e il contributo economico assicurato nel lasciare a disposizione dei figli e della ex coniuge l’alloggio ove abitavano prima della separazione, definito dai giudici di merito “lussuoso” (la permanenza all’interno del quale non puo’ ritenersi “essenziale” ai fini del soddisfacimento delle “primarie” esigenze di vita dei minori), abbia comportato anche il venire meno dei mezzi di sussistenza e lo stato di bisogno della prole.
3.4. Come si e’ gia’ sopra posto in risalto, la ratio dell’incriminazione di cui all’articolo 570, comma 2, n. 2, non e’ quella di sanzionare l’inosservanza agli ordini impartiti dal giudice in sede di separazione o di divorzio allorche’ l’agente sia tenuto al mantenimento dei figli minori o maggiorenni inabilitati al lavoro o del coniuge non economicamente autonomo – situazione posta appunto a base delle incriminazioni di cui ai citati articoli 3 e 12-sexies -, ma quella di colpire quella condotta di inosservanza agli obblighi di assistenza economica che appunto si traduca anche nella deprivazione dei bisogno familiari della vita quotidiana, giusta il bene giuridico protetto, da individuarsi nell’ordine familiare e negli obblighi di assistenza in tale ambito, con specifico riguardo alla solidarieta’ nei confronta dei familiari che si trovino in stato d’indigenza quanto all’ipotesi di cui alL’articolo 570, comma 2, n. 2.
La fattispecie ha dunque una cornice piu’ circoscritta, non discende dalla mera inosservanza agli obblighi di “mantenimento” e “alimentari”, e’ indipendente dalla condizione sociale del destinatario e si riferisce alle sole cose necessarie per assicurargli una vita dignitosa, secondo parametri di carattere universale che non tengono conto della provenienza sociale dell’obbligato, ne’ dell’avente diritto.
Il non assicurare ai figli lo stesso standard di vita antecedente alla separazione non da’ automaticamente luogo alla deprivazione dei mezzi di sussistenza ed allo stato di bisogno, che richiedono la prova del quid pluris sopra delineato, sia pure “facilitata” dall’indicata presunzione semplice.
4. Nel giudizio di rinvio, il Collegio di merito, in applicazione dei principi di diritto sopra delineati, dovra’ dunque verificare se l’inadempimento parziale agli obblighi fissati con la sentenza di separazione con affidamento condiviso dei figli, con erogazione di somme asseritamente rilevanti (sotto forma di contributo alle spese scolastiche, vacanze o altro) nonche’ con la messa a disposizione della casa familiare in comunione fra i coniugi, abbia o meno comportato, in concreto, in capo ai beneficiari la mancanza di mezzi di sussistenza e lo stato di bisogno, nei termini delineati dalla giurisprudenza di legittimita’.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

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