Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 febbraio 2023| n. 5258.
La nullità di una delibera condominiale costituisce fatto ostativo al potere\dovere dell’amministratore di metterla in attuazione
La nullità d una delibera condominiale costituisce fatto ostativo al potere\dovere dell’amministratore di metterla in attuazione, ciò in quanto una delibera nulla non può in nessun caso ritenersi valida ed efficache nei confronti di alcun condomino.
Ordinanza|20 febbraio 2023| n. 5258. La nullità di una delibera condominiale costituisce fatto ostativo al potere\dovere dell’amministratore di metterla in attuazione
Data udienza 8 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio – Assemblea – Assenza di tabelle millesimali – Possibilità di deliberazione a maggioranza una ripartizione provvisoria tra condomini come acconto – Irrilevante la prassi del pro capite – Art. 1123 cc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17227-2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO “(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di LATINA n. 22-2022 depositata il 05/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2023 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 22-2022 del Tribunale di Latina, pubblicata il 5 gennaio 2022.
Resiste con controricorso il Condominio “(OMISSIS)”, in (OMISSIS).
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma degli articoli 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex Decreto Legislativo n. 149 del 2022, articolo 35. Le parti hanno depositato memorie.
(OMISSIS) aveva impugnato ai sensi dell’articolo 1137 c.c. la deliberazione dell’assemblea del Condominio “(OMISSIS)” approvata l’11 aprile 2015, con la quale era stata decisa la ripartizione delle spese per la dismissione del vecchio depuratore e il conseguente allaccio alla condotta fognaria “in base ad unita’ abitativa con riserva di conguaglio non appena saranno disponibili le tabelle millesimali”. L’adito Giudice di Pace con sentenza del 13 novembre 2016 aveva rigettato l’impugnazione. (OMISSIS) aveva appellato la sentenza di primo grado deducendo un’erronea applicazione dell’articolo 1123 c.c., non avendo questi considerato l’insussistenza di tabelle millesimali per la ripartizione delle spese in oggetto ne’ il costante utilizzo del diverso criterio di riparto di cui si era dato conto nella precedente delibera assembleare del 28 settembre 2013, con la quale si era deciso di “procedere alla suddivisione della spesa in parti uguali”.
Il Tribunale di Latina ha rigettato l’appello (cosi’ in dispositivo), pur dopo aver contraddittoriamente premesso in motivazione che fosse “meritevole di accoglimento l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c.”. Il Tribunale ha invero affermato che la sentenza del Giudice di pace aveva presupposto la nullita’ della delibera assembleare del 28 settembre 2013 con la quale si era previsto, a semplice maggioranza, una ripartizione delle spese per l’allaccio alla rete fognaria in misura non proporzionale; stante la nullita’ di tale delibera, il primo giudice aveva ravvisato la legittimita’ della delibera dell’11 aprile 2015, in quanto conforme ai criteri di proporzionalita’ di cui all’articolo 1123 c.c. Il giudice di appello ha cosi’ evidenziato che tale sviluppo logico-argomentativo della sentenza emessa in primo grado, circa la nullita’ della delibera del 28 settembre 2013, non era stato specificamente censurato con l’atto di gravame.
In prosieguo, il Tribunale di Latina ha tuttavia aggiunto che “l’impugnazione sarebbe stata infondata anche nel merito, atteso che in assenza dell’adozione all’unanimita’ dei condomini di una delibera assembleare che ripartisse per singola unita’ abitativa le spese condominiali, ben avrebbe potuto l’assemblea con la delibera dell’11.04.2015, a maggioranza, revocare le determinazioni assunte con la precedente delibera assembleare, adottando, pur in assenza di tabelle millesimali, un criterio di riparto della spesa conforme al principio di cui all’articolo 1123 comma 1 c.c. rinviando per il riparto definitivo della spesa all’adozione di future tabelle”.
Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., evidenziando che nel proprio atto di appello erano state indicate “le ragioni per le quali risulterebbe inapplicabile l’articolo 1123 c.c., non esistendo, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale di Latina, alcuna tabella millesimale utile ai fini del riparto delle spese per l’allaccio alla rete fognaria pubblica”, e risultando, piuttosto, una “prassi consolidata e costante sin dal 2006 tra i condomini di ripartire le relative spese pro-capite”.
Il secondo motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. nonche’ degli articoli 1135 e 1136 c.c., e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Si assume che “il principio affermato dal Tribunale di Latina e’ frutto della omessa valutazione di un fatto decisivo del giudizio e segnatamente del fatto che la delibera del 28.9.2013 fosse stata eseguita prima della successiva delibera del 2015 oggetto della presente impugnazione”. Ed ancora: “l’assemblea in data 28.9.2013 ha deliberato alla unanimita’ dei presenti di affidare l’esecuzione dei lavori della condotta fognaria ad una ditta appaltatrice e di ripartire le spese relative in parti uguali. La delibera ha certamente avuto esecuzione nella misura in cui e’ stato sottoscritto un contratto di appalto con la societa’ individuata dall’assemblea, societa’ (OMISSIS), tali lavori sono stati ultimati, e sono stati riscossi i relativi oneri da parte della amministrazione; in ogni caso il fatto e’, come detto, pacifico in quanto non specificamente contestato dalla controparte”.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione e si rivelano del tutto infondati.
Il controricorrente eccepisce ancora nella memoria ex articolo 386-bis.1 c.p.c. l’inammissibilita’ del primo motivo con riferimento all’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c. Puo’ tuttavia sostenersi che siano sufficienti ad individuare il denunciato error in procedendo gli elementi ed i riferimenti al contenuto dell’atto di appello esposti a pagina 10 del ricorso, consentendo essi alla Corte l’esercizio del potere di esame diretto.
E’ piuttosto da considerare in premessa che costituisca un obiter dictum, nell’economia della sentenza impugnata, il passaggio secondo cui era “meritevole di accoglimento l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c.” Il Tribunale di Latina aveva, invero, apparentemente sostenuto dapprima che la autonoma statuizione adottata dal Giudice di pace, relativa alla nullita’ della delibera assembleare del 28 settembre 2013, non era stata scalfita da alcuno specifico motivo di appello, sicche’, essendo la stessa idonea a giustificare autonomamente il rigetto della impugnazione della delibera approvata l’11 aprile 2015, il gravame sarebbe stato inammissibile. Nonostante tale premessa, il Tribunale di Latina non aveva pero’ inteso decidere in rito l’appello, tant’e’ che ha poi affrontato il merito della controversia con apposite argomentazioni, pervenendo in dispositivo al rigetto dell’impugnazione, il che priva il ricorrente dell’interesse ad impugnare il passaggio motivazionale sulla “inammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c.” (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 18/12/2017, n. 30354; Cass. Sez. 6 – 2, 11/03/2022, n. 7995; Cass. Sez. Unite, 20/02/2007, n. 3840).
Il secondo motivo di ricorso e’ non di meno infondato.
Innanzitutto, opera per esso la previsione di cui all’articolo 348 ter, comma 5, c.p.c., che esclude che possa essere impugnata per omesso esame ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado.
La deliberazione dell’assemblea del Condominio “(OMISSIS)” approvata l’11 aprile 2015 aveva deciso la ripartizione delle spese per la dismissione del vecchio depuratore e il conseguente allaccio alla condotta fognaria “in base ad unita’ abitativa con riserva di conguaglio non appena saranno disponibili le tabelle millesimali”.
E’ conforme al consolidato orientamento di questa Corte l’affermazione che l’assemblea del condominio, al limitato fine di provvedere alle esigenze di ordinaria gestione delle cose e dei servizi comuni, proprio ove manchino tabelle millesimali applicabili in relazione alla specifica spesa effettuata, puo’ deliberare validamente a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi tra i condomini, a titolo di acconto salvo conguaglio (da ultimo, Cass. Sez. 2, 19/08/2021, n. 23128).
Quanto, invece, alla precedente delibera assembleare del 28 settembre 2013, con la quale si era deciso di “procedere alla suddivisione della spesa in parti uguali”, e’ altrettanto pacifico i giurisprudenza che sia nulla la deliberazione adottata a maggioranza la quale stabilisca criteri “capitari” di ripartizione delle spese, in deroga ai parametri di proporzionalita’ fissati dagli articoli 1123 e ss. c.c. (Cass. Sez. 2, 04/12/2013, n. 27233). La nullita’ di una deliberazione condominiale che provveda a maggioranza ad approvare un criterio capitario di ripartizione delle spese e’, inoltre, assoluta ed insanabile, il che comporta la non soggezione della relativa impugnazione al termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’articolo 1137 c.c..
E’ quindi del tutto irrilevante che tale delibera avesse “avuto esecuzione” o che esistesse una “prassi consolidata e costante sin dal 2006 tra i condomini di ripartire le relative spese pro-capite”.
Una deliberazione nulla dell’assemblea condominiale, secondo i principi generali degli organi collegiali, non puo’ finche’ (o perche’) non impugnata, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, a differenza di cio’ che invece concerne le deliberazioni soltanto annullabili. La nullita’ della deliberazione assembleare costituisce altresi’ fatto ostativo all’insorgere del potere-dovere dell’amministratore, ex articolo 1130, n. 1, c.c., di darne attuazione, sempre a differenza delle ipotesi di mera annullabilita’ (Cass. n. 23076 del 2018, non massimata). Ne’ l’ordinamento conosce per le deliberazioni condominiali nulle un meccanismo sanante, sul modello di quelli previsti per il testamento (articolo 590 c.c.) o per la donazione (articolo 799 c.c.), ove ad esse sia data volontaria esecuzione.
Inoltre, l’ormai costante interpretazione di questa Corte (Cass. n. 30305 del 2022, non massimata; Cass. n. 26042 del 2019) avverte che, alla stregua degli articoli 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l’atto di approvazione o di revisione delle tabelle millesimali deve avere la veste di una deliberazione assembleare e percio’ non sono configurabili approvazioni o revisioni per “facta concludentia”. L’articolo 68 disp. att. c.c. dispone, del resto, che la tabella millesimale sia “allegata al regolamento di condominio”, e il regolamento e’ soggetto a forma scritta ad substantiam (Cass. Sez. Unite, 30 dicembre 1999, n. 943). Sarebbe di per se’ intrinsecamente equivoco, e non deporrebbe affatto per una volonta’ tacita o presunta di approvare o variare le tabelle, il comportamento mantenuto dalla maggioranza o pure dalla unanimita’ dei condomini che, a fronte di reiterate deliberazioni invalide, aduse a ripartire le spese in violazione dei criteri previsti dalla tabella vigente, non abbia provveduto a proporre impugnazione ai sensi dell’articolo 1137 c.c. (si veda gia’ Cass. n. 8863 del 2005).
4. Il ricorso va percio’ rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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