Notifica eseguita presso il domicilio eletto dall’imputato detenuto

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 24 giugno 2019, n. 4304.

La massima estrapolata:

È valida la notifica eseguita presso il domicilio eletto dall’imputato detenuto e non presso il luogo di detenzione noto all’autorità procedente, atteso che anche l’imputato detenuto ha facoltà di dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’art. 161, comma 1, cod. proc. pen.

Sentenza 17 maggio 2019, n. 21787

Data udienza 4 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. IMPERIALI Lucian – rel. Consigliere

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere

Dott. PARDO Ignazio – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 10165/2014 CORTE APPELLO di ROMA, del 17/10/2016;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/10/2018 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LORI Perla, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che in data 17/10/2016 ha confermato il giudizio di penale responsabilita’ espresso nei suoi confronti dal Tribunale cittadino, il 18/7/2013, in ordine alla ricettazione aggravata di una patente di guida, a furti aggravati commessi all’interno di palestre, a sostituzioni di persona ed indebiti utilizzi di carte di credito, con la conseguente condanna alla pena ritenuta di giustizia.
La ricorrente solleva tre motivi di impugnazione:
2.1. Con il primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge per non essere stata riconosciuta la nullita’ del decreto che dispone il giudizio sull’erroneo presupposto della decadenza dall’eccezione della ricorrente – che peraltro deduce di aver dedotto il vizio di notifica dell’avviso ex articolo 415 bis c.p.p. gia’ con memoria difensiva a mezzo fax in vista dell’udienza preliminare – ed essendo stata comunque ritenuta valida la notifica effettuata al difensore domiciliatario nonostante la detenzione dell’interessata.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso la (OMISSIS) deduce la violazione di legge per essere stato rinviato solo al 18/7/2013 il procedimento, a seguito di un documentato impedimento per gravidanza del difensore, con data del presunto parto al (OMISSIS), sicche’ si trattava di rinvio ad un momento in cui l’impedimento non poteva ritenersi cessato per l’astensione obbligatoria dal lavoro, senza avviso allo stesso difensore.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di motivazione con riferimento alla mancata esclusione della circostanza aggravante ex articolo 625 c.p., comma 1, n. 2) in relazione al capo B2) dell’imputazione, pur facendo questo riferimento all’apertura del lucchetto dell’armadietto con un grimaldello, senza nessun riferimento all’uso di violenza sulla cosa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso e’ infondato.
3.1. Il primo motivo di ricorso, in particolare, e’ privo di fondamento per l’assorbente ragione della incontrovertibile ritualita’ della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari effettuata nel domicilio eletto della ricorrente, pur essendo questa allora detenuta per altra causa. Come da consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimita’, infatti, deve riconoscersi la validita’ della notifica eseguita presso il domicilio eletto dall’imputato detenuto e non presso il luogo di detenzione, atteso che anche l’imputato detenuto ha facolta’ di dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 1, (Sez. 2, n. 15102 del 28/02/2017 – dep. 27/03/2017, Gulizzi, Rv. 269863 che, in motivazione, ha, altresi’, precisato che l’elezione di domicilio, avendo natura di dichiarazione di volonta’ a carattere negoziai-processuale – necessitante, ai fini della sua validita’, del rispetto di determinate formalita’ – puo’ essere superata solo in forza di un atto formale di revoca e non in ragione di elementi fattuali; cfr. anche Sez. 6, n. 20532. del 01/03/2018 – dep. 09/05/2018, A, Rv..273420; Sez. 6, n. 20532 del 01/03/2018 – dep. 09/05/2018, A, Rv. 273420).
3.2. Anche il secondo motivo di ricorso e’ infondato, in quanto, a seguito del dedotto impedimento del difensore, il rinvio del processo all’udienza del 18/7/2013 e’ stato ritualmente comunicato mediante lettura dell’ordinanza in presenza del difensore nominato ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4: il difensore che abbia ottenuto la sospensione o il rinvio della udienza per legittimo impedimento a comparire ha diritto all’avviso della nuova udienza solo nel caso di rinvio “a nuovo ruolo”, poiche’, nel diverso caso di rinvio ad udienza fissa, la lettura dell’ordinanza sostituisce la citazione e gli avvisi sia per l’imputato contumace, che e’ rappresentato dal sostituto del difensore designato in udienza, sia per il difensore impedito, atteso che il sostituto assume per conto del sostituito i doveri derivanti dalla partecipazione all’udienza. (Sez. 3, n. 30466 del 13/05/2015 – dep. 15/07/2015, Calvaruso, Rv. 264159).
Nel corso dell’udienza successiva, poi, non risulta essere stata in alcun modo dedotta l’eventuale persistenza dell’impedimento del difensore, non certo desumibile dal precedente certificato, atteso che la gravidanza per sua natura non e’ una malattia, e che non risulta nemmeno documentato se e quando il difensore della ricorrente abbia, poi, effettivamente partorito ne’ quali fossero le sue condizioni alla data del 18/7/2013.
3.3. E’ palese anche l’infondatezza del terzo motivo di ricorso, in quanto il grimaldello e’ per sua natura destinato ad esercitare violenza sulla cosa da aprire, sicche’ anche il solo riferimento all’uso di un grimaldello per aprire il lucchetto di un armadietto deve ritenersi sufficiente ai fini della contestazione dell’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 2.
4. Per il disposto dell’articolo 616 c.p.p. al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento della spese processuali.

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