Nonostante il caso fortuito possa essere integrato dal fatto colposo dello stesso danneggiato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8216.

Nonostante il caso fortuito possa essere integrato dal fatto colposo dello stesso danneggiato, è nondimeno necessario che risulti anche escluso – con onere probatorio a carico del custode – qualsivoglia collegamento fra il modo di essere della cosa e l’evento dannoso, tale da individuarne la causa esclusiva nella condotta del danneggiato e da far recedere la condizione della cosa in custodia a mera occasione o “teatro” della vicenda produttiva di danno; a tale scopo, però, non è la prevedibilità, da parte del custode, dell’uso anomalo della cosa ad assumere rilievo, ma il fatto che l’evento dannoso si sia verificato all’interno di una situazione di macroscopica insidiosità della cosa (Nella specie, la S.C. respingeva la richiesta di risarcimento avanzata dai genitori di una bambina inciampata in un ceppo di albero presente nel prato dell’hotel che ospitava lei e la sua famiglia; la Corte ha ritenuto sussistente il caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, caso fortuito rappresentato dalla condotta della piccola – caduta nell’inciampo nonostante la sua piena prevedibilità in ragione del luogo ove esso era posto, un’aiuola, di per sé non deputato al transito – e dalla condotta dei suoi genitori, tenuti ad una più stretta sorveglianza sulla figlia).

Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8216

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Custode – Evento dannoso – Caso fortuito –
Onere probatorio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11901/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) (in proprio e quali genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale sulla minore (OMISSIS)) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.p.a.;
– intimata –
e nei confronti di
(OMISSIS) S.p.a. (societa’ incorporante la (OMISSIS) S.p.a.), rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS) ed (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 3111/2018, depositata l’11 maggio 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.

RILEVATO

che:
la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) (in proprio e quali genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale sui figli (OMISSIS) ed (OMISSIS)) nei confronti della (OMISSIS) S.p.a., per i danni subiti a causa di una caduta occorsa alla minore (OMISSIS) allorquando, in data (OMISSIS), durante un soggiorno di vacanza della famiglia in un albergo di Sharm el-Sheikh, trovandosi nei pressi della piscina, inciampava sul ceppo di un alberello all’interno di un prato, riportando una ferita alla gamba destra;
la corte territoriale – per quanto ancora in questa sede interessa – ha ritenuto insussistenti i presupposti della dedotta responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., della struttura alberghiera (e, dunque, di quella della societa’ convenuta dedotta di riflesso in base alle condizioni generali di contratto, nonche’ ai sensi dell’articolo 1228 c.c., del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 93 e della L. n. 1084 del 1977, articolo 15);
ha in tal senso rilevato che:
– doveva ritenersi naturale la presenza di un arbusto all’interno di una aiuola, da non considerarsi luogo specifico su cui transitare;
– le foto prodotte “propongono una panoramica generale dei luoghi di causa e non riescono a descrivere i tratti peculiari della vicenda oggetto di giudizio, non essendo stato indicato in modo specifico il luogo nel quale si e’ verificato l’incidente”;
– presupponendo la responsabilita’ da cose in custodia (a) una alterazione della cosa che, per le sue intrinseche caratteristiche, determini la configurazione della c.d. insidia o trabocchetto e (b) la imprevedibilita’ ed invisibilita’ di tale alterazione da parte del danneggiato, entrambi tali presupposti difettano nella specie, per essere “del tutto naturale che all’interno di una aiuola possano rinvenirsi arbusti, radici od altro materiale legnoso, mentre, sotto altro aspetto, il comportamento del soggetto dovrebbe essere adeguato alla situazione dei luoghi; con la ulteriore conseguenza che, trattandosi nel nostro caso di una minore di circa quattro anni, avrebbe dovuto essere piu’ stringente la sorveglianza da parte dei genitori”;
avverso tale sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) (in proprio e quali genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale sulla minore (OMISSIS)) ed (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione con unico mezzo, cui resiste, depositando controricorso, la (OMISSIS) S.p.a., nella dichiarata qualita’ di societa’ incorporante la (OMISSIS) S.p.a.; questa, invece, benche’ ritualmente intimata, non svolge difese;
essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:
con l’unico motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c.;
rilevano che, secondo i piu’ recenti orientamenti della S.C., al danneggiato incombe soltanto l’onere di dimostrare il rapporto causale fra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o dalle caratteristiche intrinseche della prima, spettando al convenuto dimostrare il caso fortuito o la forza maggiore nella causazione dell’evento, con la conseguenza che, nella specie, il giudice avrebbe dovuto valutare non solo se la condotta della vittima fosse stata negligente, ma anche e soprattutto se detta condotta fosse prevedibile da parte del custode (ossia dell’albergatore);
la mancanza, nella specie, di tale accertamento comporta, secondo i ricorrenti, violazione o falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c.;
il motivo non e’ fondato;
come e’ noto questa Corte, sottoponendo a revisione i principi in tema di responsabilita’ civile per danni da cose in custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che:
a) l’articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilita’ che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicche’ incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima;
b) la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’articolo 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacita’ di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso;
c) il caso fortuito, il quale puo’ essere rappresentato da fatto naturale o del terzo, o dalla stessa condotta del danneggiato, e’ connotato da imprevedibilita’ ed inevitabilita’, da intendersi pero’ da un punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere;
d) la condotta del danneggiato, il quale entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’articolo 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarieta’ espresso dall’articolo 2 Cost.;
e) ne consegue che, quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarita’ causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro; questi principi, ai quali la giurisprudenza successiva si e’ piu’ volte uniformata (v., tra le altre Cass. 12/11/2020, n. 25460; 29/01/2019, n. 2345; 03/04/2019, n. 9315) e che sono da ribadire ulteriormente nel giudizio odierno, devono ritenersi rispettato nella specie;
la Corte di merito, al di la’ dell’ininfluente ma astratto richiamo alla nozione di insidia o trabocchetto, che per vero alla luce del menzionato nuovo paradigma esegetico deve ormai ritenersi inidonea ad indirizzare ad una corretta qualificazione della fattispecie concreta, ha di fatto deciso sulla base di accertamenti coerenti con gli esposti principi, di tal che la decisione si rivela comunque conforme a diritto;
ha infatti, in sostanza, rilevato la sussistenza di un caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso: caso fortuito rappresentato dalla condotta della vittima (ed essendo questa una bambina di tenerissima eta’, di quella dei suoi genitori tenuti ad una piu’ stretta sorveglianza) caduta nell’inciampo nonostante la sua piena prevedibilita’ in ragione del luogo ove esso era posto (un’aiuola) di per se’ non deputato al transito;
l’assunto dei ricorrenti secondo cui tale valutazione sarebbe erronea in diritto poiche’ mancante della necessaria verifica della prevedibilita’, da parte del custode, della condotta anomala degli utenti della struttura non puo’ essere condiviso;
esso infatti postula la rilevanza di un coefficiente colposo, in capo al custode, che e’ invece estraneo alla fattispecie astratta di responsabilita’, la quale come detto si colloca interamente sul piano oggettivo del rapporto causale tra cosa in custodia e danno;
come questa Corte ha ulteriormente evidenziato, invero, “la deduzione di omissioni o violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode puo’ essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre ai fini dell’allegazione e della prova del rapporto causale tra la prima e il secondo; ne’ e’ da escludere che, viceversa, sia il custode a dedurre la conformita’ della cosa agli obblighi di legge o a prescrizioni tecniche o a criteri di comune prudenza al fine di escludere l’attitudine della cosa a produrre il danno: in entrambi i casi -va ribadito- si tratta di deduzioni volte a sostenere oppure a negare la derivazione del danno dalla cosa e non, invece, a riconoscere rilevanza al profilo della condotta del custode; resta dunque fermo che, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l’assenza di colpa del custode rimane del tutto irrilevante ai fini dell’affermazione della sua responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2051 c.c.” (Cass. n. 2479 del 2018, cit.);
in tale prospettiva puo’ bensi’ ammettersi che “sebbene il caso fortuito possa essere integrato dal fatto colposo dello stesso danneggiato, e’ tuttavia necessario che risulti anche escluso – con onere probatorio a carico del custode – qualunque collegamento fra il modo di essere della cosa e l’evento dannoso, si’ da individuarne la causa esclusiva nella condotta del danneggiato e da far recedere la condizione della cosa in custodia a mera occasione o “teatro” della vicenda produttiva di danno”;
a tal fine pero’ non e’ la prevedibilita’, da parte del custode, dell’uso anomalo della cosa che puo’ assumere rilievo, bensi’ la circostanza che l’evento dannoso si sia verificato all’interno di una situazione di macroscopica insidiosita’ della cosa;
che una tale situazione possa ipotizzarsi nella specie non risulta pero’ nemmeno dedotto e tanto meno provato, restando pertanto confermata, anche sotto tale profilo, la correttezza in iure della decisione di merito;
il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo;
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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