Non sussiste alcuna incompatibilita’ tra recidiva e vizio parziale di mente

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7664.

La massima estrapolata:

Non sussiste alcuna incompatibilita’ tra recidiva e vizio parziale di mente, atteso che quest’ultimo non impedisce di rinvenire nella condotta dell’agente l’elemento soggettivo del dolo. Peraltro, nell’operare il giudizio di bilanciamento, il giudice deve prescindere da tale aspetto e dall’alterata percezione della realta’ che ha l’agente e tenere invece conto della sua personalita’, espressa nelle modalita’ comportamentali del reato, e del ruolo rivestito in concreto nella commissione dello stesso

Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7664

Data udienza 30 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriel – rel. Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/11/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere, Dott. GABRIELLA CAPPELLO;
udito il sostituto procuratore generale, Dott. EPIDENDIO TOMASO, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza del tribunale di quella citta’, appellata dall’imputata (OMISSIS), con la quale costei e’ stata condannata per un tentativo di furto posto in essere compiendo atti idonei, diretti in modo non equivoco a sottrarre alla persona offesa il portafogli detenuto all’interno di una borsetta, non riuscendovi a causa dell’intervento di terzi (fatto aggravato dalla destrezza, consistita nel riuscire ad introdurre la mano all’interno della borsa e afferrare il portafogli, con la recidiva reiterata, specifica e infra quinquennale).
2. Avverso la sentenza di conferma ha proposto ricorso l’imputata con proprio difensore, formulando un unico, articolato motivo, con il quale ha dedotto vizio di mancanza della motivazione con riferimento alla risposta data dal giudice d’appello alle doglianze sollevate con i motivi del gravame di merito.
In particolare, parte ricorrente ha richiamato la richiesta di rinnovazione istruttoria, avente a oggetto la perizia d’ufficio, intesa a verificare la capacita’ dell’imputata a partecipare al giudizio, alla luce della documentazione attestante episodi di autolesionismo successivi al primo accertamento; la richiesta di esclusione dell’aggravante della destrezza, rilevando l’inidoneita’ giustificativa del richiamo alla giurisprudenza del S.C. di questa corte; la richiesta di esclusione della recidiva, alla luce della contenuta intensita’ dell’elemento soggettivo e del rilevante lasso temporale tra i fatti per i quali e’ processo e quelli per i quali l’imputata ha gia’ riportato condanna; inoltre, ha contestato il giudizio di bilanciamento, in termini di sola equivalenza, proponendo incidente di legittimita’ costituzionale dell’articolo 69 c.p., comma 4, nella parte in cui non prevede la possibilita’ di un giudizio di minusvalenza della recidiva rispetto alla attenuante di cui all’articolo 89 c.p.. A sostegno dell’assunto, la difesa ha rappresentato che, nel caso di specie, era stato accertato il nesso eziologico tra lo stato patologico e la consumazione dei fatti di reato per cui e’ processo, essendo emerso che essi erano conseguenti a un impulso compensatorio appropriativo, osservando che la sussistenza del vizio parziale di mente, incidendo sul collegamento causale tra il substrato conscio/inconscio e l’agito, avrebbe l’effetto di annullare quella forte determinazione a delinquere, propria del recidivo ex articolo 99 c.p., comma 4.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato.
2. La corte territoriale, esaminando le doglianze proposte con il gravame di merito e in parte riformulate in ricorso, ha ricostruito la vicenda dalla quale trae origine il presente processo, prendendo le mosse dalle dichiarazioni del teste oculare (OMISSIS). Costui, nell’occorso, si era trovato, senza ostacoli visivi, a breve distanza dal luogo in cui una donna era intenta a prelevare un portafoglio dalla borsetta di un’altra donna, a sua volta occupata a osservare della merce esposta su un banco, senza che quest’ultima se ne fosse avveduta.
L’osservatore era intervenuto per impedire la sottrazione, riuscendo nell’intento.
Il perito nominato dal tribunale aveva accertato che l’imputata era in condizioni di partecipare consapevolmente al giudizio, versando tuttavia, all’epoca dei fatti, in condizione psichica che ne diminuiva significativamente la capacita’ di intendere e volere, siccome affetta da disturbo della personalita’ misto e di livello borderline con ragionevole contestuale presenza di uno stato distimico, flessione dell’umore e polarizzazione su tematiche di auto denigrazione, autoaccusa e di colpa, con irruzione di impulsi appropriativi compensatori.
La corte territoriale ha ritenuto che l’esame clinico condotto fosse completo e le relative valutazioni del tutto esaustive, avendo l’ausiliario fornito adeguate delucidazioni in contraddittorio, rilevando come gli ulteriori episodi di autolesionismo posti in essere dalla donna non erano risultati tali alla luce delle articolate considerazioni del perito, alle quali la corte del merito ha espressamente fatto rinvio.
Quanto all’aggravante della destrezza, la corte territoriale ha rilevato che il proprium di essa era consistito, nella specie, nella particolare abilita’ dell’agente che aveva introdotto la mano all’interno di una borsa, posta sotto la diretta custodia della persona offesa, e ha confermato anche il giudizio di bilanciamento condotto dal primo giudice, rilevando la inconsistenza delle argomentazioni difensive incentrate su una assiomatica maggiore pregnanza della circostanza attenuante soggettiva rispetto a qualsiasi altra del medesimo genere.
3. Il motivo e’ infondato.
3.1. In via preliminare, deve rilevarsi che, nel caso all’esame, ci troviamo di fronte ad una doppia affermazione conforme di responsabilita’. Pertanto, nel valutare i vizi motivazionali dedotti, dovra’ tenersi conto della circostanza che le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile, al quale occorrera’ percio’ fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione, tanto piu’ ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei, rispetto a quelli utilizzati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicche’ le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscono una sola entita’ (Cass. pen., Sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993 Ud. (dep. 04/02/1994), Rv. 197250; Sez. 3 n. 13926 dell’01/12/2011 Ud. (dep. 12/04/2012), Rv. 252615).
3.2. Nello specifico, quanto alla richiesta di rinnovazione istruttoria, la corte ha opportunamente precisato che gli episodi di autolesionismo erano stati considerati dal perito, il quale all’udienza del 13/12/2012 ne aveva escluso tale natura e, alla luce dello sviluppo della prova nel contraddittorio, ha ritenuto non assolutamente necessaria la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
Trattasi di motivazione del tutto congrua, oltre che allineata ai principi che questa corte ha piu’ volte ribadito (cfr. cfr. sez. 5 n. 6379 del 17/03/1999, Bianchi F. ed altri, Rv. 213403; n. 8891 del 16/05/2000, Callegari F., Rv. 217209; sez. 1 n. 19022 del 10/10/2002 Ud. (dep. 22/04/2003), Di Gioia, Rv. 223985; n. 38177 dell’11/10/2002, Giovannelli, Rv. 222469; sez. 6 n. 22526 del 17/02/2003, Tateo, Rv. 226295; sez. 5 n. 13767 del 18/03/2003, Prospero e altro, Rv. 225633; sez. 6 n. 5782 del 18/12/2006 Ud. (dep. 12/02/2007), Gagliano, Rv. 236084; cfr. sez. 5 n. 15320 del 10/12/2009 Ud. (dep. 21/04/2010), Pacini, Rv. 246859; sez. 3 n. 24294 del 21/05/2010, D.S.B., Rv. 247872; sez. 6 n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 257741; n. 11907 del 13/12/2013 Ud. (dep. 12/03/2014), Coppola, Rv. 259893; n. 40496 del 21/05/2009, Messina e altro, Rv. 245009).
3.3. Quanto agli elementi circostanziali e al giudizio di bilanciamento, corretto e’ il richiamo del giudice d’appello alla giurisprudenza di questa corte che ha valorizzato, ai fini della verifica del maggior disvalore del fatto, proprio alcuni connotati della condotta, consistenti nell’astuzia, abilita’, avvedutezza e idoneita’ a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res (cfr. Sez. U. n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088; sez. 5 n. 2296 del 10/1172017 Ud. (dep. 19/01/2018), Clun, Rv. 272001), la decisione di merito ponendosi in linea di continuita’ con tale insegnamento.
Con riferimento alla recidiva, poi, va rilevato che gia’ nella sentenza appellata si era dato conto del giudizio di maggiore pericolosita’ della ricaduta nel reato, avendo il tribunale specificatamente evidenziato la “sequela eclatante” di furti aggravati, consumati e tentati posti in essere dalla (OMISSIS). Tale giudizio riceve disarmante e testuale conferma dalla lettura del certificato del casellario in atti (il cumulo delle pene gia’ inflitte, peraltro, legittima l’aumento operato anche ai sensi dell’articolo 99 c.p., comma 6, sebbene il profilo non sia stato neppure sollevato in ricorso) e resiste agli argomenti evidenziati a difesa.
3.4. E’, infine, manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale proposta dalla difesa in ordine al giudizio di bilanciamento tra gli elementi circostanziali.
Sul punto, deve intanto premettersi che il vizio parziale di mente, attenendo alla sfera dell’imputabilita’, e’ una circostanza inerente alla persona del colpevole ed e’ pertanto soggetta al giudizio di comparazione che ha carattere unitario (cfr. sez. 1 n. 40812 del 27/10/2010, P.G. in proc. Bertuzzi, Rv. 248442). Inoltre, non sussiste alcuna incompatibilita’ tra recidiva e vizio parziale di mente, atteso che quest’ultimo non impedisce di rinvenire nella condotta dell’agente l’elemento soggettivo del dolo (cfr. sez. 6 n. 27086 del 19/04/2017, Banicevic, Rv. 270408; sez. 2 n. 35006 del 09/06/2010, Pistola, Rv. 248613). Peraltro, si e’ pure chiarito che, nell’operare il giudizio di bilanciamento, il giudice deve prescindere da tale aspetto e dall’alterata percezione della realta’ che ha l’agente e tenere invece conto della sua personalita’, espressa nelle modalita’ comportamentali del reato, e del ruolo rivestito in concreto nella commissione dello stesso (cfr. sez. 1 n. 33389 dell’11/07/2013, Bellone, Rv. 257343).
Va pure rilevato che la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 69 c.p., comma 4, in termini sostanzialmente analoghi a quelli prospettati da parte ricorrente, e’ stata gia’ ritenuta manifestamente infondata in sede di legittimita’.
Al riguardo, si e’ opportunamente precisato, proprio alla luce del tracciato ermeneutico definito dai plurimi interventi della corte costituzionale su detta norma, che al legislatore ordinario non deve ritenersi impedito, in linea generale, da disposizioni o principii della Costituzione, il potere di stabilire il divieto di prevalenza di circostanze attenuanti con la recidiva reiterata (cfr., in motivazione, sez. 6 n. 16487 del 23/03/2017, Giordano, Rv. 269522), poiche’ deroghe al bilanciamento sono possibili, rientrano nell’ambito delle scelte del legislatore e sono sindacabili in sede di scrutinio di costituzionalita’ “soltanto ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza” (cfr. corte cost. n. 251 del 2012, a proposito dell’allora circostanza attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, in cui si e’ messa in risalto l’enorme divaricazione delle cornici edittali riguardanti la fattispecie base e quella circostanziata; n. 105 del 2014 (questa volta con riferimento all’articolo 648 c.p., comma 2, rispetto al quale la corte ha sottolineato la manifesta irragionevolezza delle conseguenze di quel divieto che riconduceva alla medesima cornice edittale due fatti diversamente apprezzati dallo stesso legislatore sul piano dell’offensivita’); n. 106 del 2014 (in cui analogo ragionamento e’ stato svolto a proposito della fattispecie di cui all’articolo 609 bis c.p., comma 3)).
Tuttavia, nell’ambito del medesimo percorso ermeneutico, la Consulta ha ribadito la legittimita’, in via generale, di trattamenti differenziati per il recidivo, ossia “per un soggetto che delinque volontariamente pur dopo aver subito un processo ed una condanna per un delitto doloso, manifestando l’insufficienza, in chiave dissuasiva, dell’esperienza diretta e concreta del sistema sanzionatorio penale”, salvo il caso di soluzioni palesemente sproporzionate (cfr. corte cost. sentenza n. 105 del 2014).
3.5. Alla luce di quanto precede, deve intanto rilevarsi che, nel caso all’esame, il divieto di prevalenza dell’attenuante di cui all’articolo 89 c.p. sulla recidiva di cui all’articolo 99 c.p., comma 4, incide, secondo le regole ordinarie, esclusivamente fino ad un terzo dei limiti edittali, e ritenersi, quindi, che la sua applicazione non da’ luogo ad una manifesta sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma si limita a valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato, qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati (cfr., in motivazione, sez. 6, n. 50037 del 3 dicembre 2015, Mattioli (con riferimento al divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche); ma anche sez. 1 n. 24710 del 13/05/2015, Poletti, Rv. 263960 (con specifico riferimento all’articolo 116 c.p., comma 2).
Le argomentazioni difensive non appaiono, peraltro, propositive di ulteriori, rilevanti aspetti di incompatibilita’ della norma con i principi costituzionali sopra citati.
4. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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