Non incorre nella violazione del divieto dello “ius novorum” la deduzione dell’acquisto per usucapione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 febbraio 2023| n. 4196.

Non incorre nella violazione del divieto dello “ius novorum” la deduzione dell’acquisto per usucapione

In tema di giudizio di appello, non incorre nella violazione del divieto dello “ius novorum” la deduzione, da parte del convenuto, dell’acquisto per usucapione della proprietà dell’area rivendicata da controparte qualora già in primo grado egli abbia eccepito anche ad altro titolo l’acquisto della proprietà dell’area medesima, in quanto la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti diritti autodeterminati, che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma è necessaria ai soli fini della prova (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, con la quale la corte territoriale, nel rigettare tanto l’appello principale quanto quello incidentale, aveva ritenuto inammissibile, con conseguente mancata valutazione ed omessa decisione sulla stessa, l’eccezione riconvenzionale di usucapione proposta dalla ricorrente giudicandola tardivamente avanzata sia in primo grado che in sede di gravame). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 23 agosto 2019, n. 21641; Cassazione, sezione civile II, sentenza 8 gennaio 2015, n. 40).

Ordinanza|10 febbraio 2023| n. 4196. Non incorre nella violazione del divieto dello “ius novorum” la deduzione dell’acquisto per usucapione

Data udienza 25 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Diritti reali – Immobili – Proprietà – Provenienza iure successionis – Occupazione senza titolo copertura immobile – Rivendica – Risarcimento danni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 34265/2018) proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta procura rilasciata su foglio separato allegato al ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), quest’ultima rappresentata dalla tutrice (OMISSIS), tutti rappresentati e difesi, giusta procura apposta in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) e domiciliati “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, in Roma, piazza Cavour;
– controricorrenti –
e
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
– intimato –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 1012/2018 (pubblicata in data 17 maggio 2018);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2023 dal Consigliere relatore CARRATO Aldo;
letta la memoria depositata dalla difesa della ricorrente ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..

Non incorre nella violazione del divieto dello “ius novorum” la deduzione dell’acquisto per usucapione

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 29 luglio 2008, (OMISSIS) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, Lucio ed (OMISSIS), esponendo di essere proprietario dell’immobile sito in (OMISSIS) (ex “fondo Calvello”), piano terra, identificato in catasto al foglio (OMISSIS) (gia’ foglio (OMISSIS)), e dell’area sovrastante, a lui pervenuti iure successionis dal padre (OMISSIS), che a sua volta ne era divenuto titolare a seguito della successione mortis causa di (OMISSIS), la quale lo aveva precedentemente acquistato con atto di compravendita del 24 settembre 1958, per notar (OMISSIS).
L’attore allegava che i convenuti, rispettivamente padre e figlia, proprietari di un appartamento ubicato in un edificio separato facente parte della villa “ex Calvello”, occupavano, con il suo consenso ed in virtu’ di un rapporto di buon vicinato, la copertura del suddetto immobile di sua proprieta’, collocandovi piante, vasi, sedie ed altro, ma che gli stessi, a sua richiesta, non avevano provveduto al rilascio della citata terrazza.
Tanto premesso, chiedeva che venisse accertata l’occupazione senza titolo dei predetti convenuti di tutta la menzionata area scoperta, rivendicandone la proprieta’, con la loro condanna alla restituzione del bene, oltre al risarcimento dei danni per il mancato godimento e per l’illegittimo affaccio esercitato dalla detta veduta sul suo fondo sottostante.
Si costituiva in giudizio la sola (OMISSIS), la quale deduceva di essere lei la proprietaria dell’area scoperta oggetto di controversia per averla ricevuta in eredita’ da (OMISSIS), negando che essa si ricomprendesse tra i beni trasferiti con l’indicato atto di compravendita stipulato il 24 settembre 1958, concluso tra la stessa (OMISSIS) (sua dante causa, venditrice) e (OMISSIS) (acquirente).
Con la comparsa di risposta, la citata convenuta lamentava, altresi’, che l’attore aveva ampliato il suo vano terraneo (ex stalla), realizzando delle costruzioni in appoggio ai due lati del locale, in violazione delle servitu’ attive di inspectio e prospectio sul sottostante fondo servente di proprieta’ dello stesso attore. Pertanto, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa i germani dell’attore, comproprietari dell’immobile, e la condanna alla demolizione delle costruzioni addossate ai due lati dell’ex stalla o all’arretramento fino alla distanza di tre metri dalla proprieta’ (OMISSIS), oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede.
I terzi evocati in giudizio si costituivano, invocando il rigetto della domanda proposta nei loro confronti dalla convenuta e riportandosi a quella formulata dall’attore.
All’esito dell’istruzione probatoria, il Tribunale adito, con sentenza del 26 aprile 2013, dichiaro’ rinunciata la domanda di rilascio avanzata dal (OMISSIS) nei riguardi di (OMISSIS), accerto’ – previa qualificazione della domanda principale come domanda di rivendicazione (e non di restituzione) – l’esistenza del diritto di proprieta’ in capo all’attore dell’area sovrastante il suo corpo di fabbrica e, per l’effetto, condanno’ la convenuta (OMISSIS) a restituire l’area in suo favore, oltre che al pagamento della somma di Euro 3.000,00, a titolo di indennita’ per l’occupazione dell’area contesa, rigettando ogni altra domanda e, quindi, anche le suddette pretese proposte dalla convenuta in via riconvenzionale.

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2. Decidendo sull’appello interposto dalla (OMISSIS) e nella costituzione di tutti gli appellati (i quali, al loro volta, avanzavano gravame incidentale nei confronti di (OMISSIS), nei cui riguardi il Tribunale aveva ritenuto che la domanda fosse da intendersi rinunciata, con la costituzione in secondo grado anche di quest’ultimo), la Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 1012/2018 (pubblicata il 17 maggio 2018), rigetto’ entrambi i gravami e condanno’ l’appellante principale al pagamento delle spese processuali in favore di tutti gli appellati (OMISSIS) e questi ultimi, in solido, alla rifusione delle stesse a vantaggio del (OMISSIS).
A sostegno dell’adottata pronuncia, la citata Corte di appello, riconfermata la correttezza della qualificazione della domanda originaria come riconducibile ad un’azione di rivendicazione, accompagnata anche dall’esercizio di una negatoria servitutis diretta al riconoscimento della liberta’ della contesa area da diritti reali minori pretesi dalla (OMISSIS), accertava – in virtu’ della ricostruzione dei titoli petitori prodotti in giudizio e della individuazione del loro contenuto descrittivo – che tale bene apparteneva al (OMISSIS), essendo rimasto appurato che il su richiamato atto di vendita del 1958 lo ricomprendeva, mentre dagli atti pubblici ulteriormente acquisiti in causa non era risultata l’emergenza di alcun vincolo pertinenziale tra l’immobile (OMISSIS) e l’area libera soprastante il terrazzo dei (OMISSIS).
Il giudice di secondo grado confermava la decisione di prime cure anche con riferimento al riconoscimento del risarcimento dei danni (correttamente quantificati) da mancato godimento della terrazza oggetto di rivendica, pur essendo rimasto accertato che la relativa area non fosse suscettibile di un godimento separato.
Infine, la Corte palermitana rilevava che la domanda nei confronti del (OMISSIS) dovesse ritenersi rinunciata (confermando sul punto la pronuncia del primo giudice) e che, in ogni caso, andava rigettata per difetto di prova.
3. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, (OMISSIS).
Hanno resistito con un unico controricorso tutti gli intimati (OMISSIS), mentre (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e/o mancata e/o falsa applicazione dell’articolo 167 c.p.c., articolo 183 c.p.c., comma 6, articolo 345 c.p.c., articolo 157 c.p.c., comma 2, e/o articolo 159 c.p.c., u.c., nonche’ dell’articolo 2909 c.c..
In particolare, con questa doglianza, la ricorrente ha inteso sostenere che ella aveva contestato la domanda originaria nelle difese conseguenti alla concessione dei termini previsti dall’articolo 183 c.p.c., comma 6, eccependo che la terrazza era rimasta nel godimento pacifico per il periodo usucapibile in capo alla sua dante causa (OMISSIS) e a lei, ragion per cui aveva diritto a mantenere il suo uso esclusivo, unitamente all’esercizio delle restanti servitu’ attive di veduta, eccezione sulla quale il Tribunale non si era pronunciato e che la Corte di appello aveva ritenuto inammissibile, perche’ tardiva (cosi’ come doveva considerarsi intempestivamente formulata anche in primo grado), con la conseguente inammissibilita’ delle prove dedotte per riscontrare il possesso vantato dall’appellante per un periodo idoneo all’acquisto per usucapione dell’area oggetto di causa.
2. Con la seconda doglianza, la ricorrente ha dedotto – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o mancata e/o falsa applicazione dell’articolo 948 c.c., u.c., articoli 907, 1031 e 1079 c.c., oltre che dell’articolo 115 c.p.c., comma 1, prospettando l’erroneita’ dell’impugnata sentenza nella parte in cui aveva dichiarato l’inammissibilita’ dell’eccezione di usucapione, negando la tutela del suo diritto al riconoscimento del rispetto delle distanze legali dalle vedute godute dalla contesa terrazza, con conseguente ordine di demolizione delle costruzioni abusive realizzate in loro violazione.
3. Rileva il collegio che i due motivi sono esaminabili congiuntamente siccome all’evidenza connessi, attenendo alla stessa questione processuale sulla prospettata illegittimita’ della ritenuta inammissibilita’ (con sua conseguente mancata valutazione ed omessa decisione sulla stessa) dell’eccezione riconvenzionale di usucapione proposta dalla ricorrente, siccome ritenuta tardivamente avanzata sia in primo che in secondo grado (v. pag. 15 della impugnata sentenza).
I motivi sono fondati per le ragioni che seguono.
Occorre osservare che, sia nell’esposizione della vicenda processuale che nello svolgimento dei motivi (con espresso richiamo agli atti processuali di riferimento), e’ rimasto accertato che la ricorrente aveva, nel giudizio di primo grado, dedotto – sotto forma di eccezione riconvenzionale, con la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1), a seguito dell’avvenuta costituzione dei terzi chiamati in causa – che la contesa terrazza era stata nel pacifico godimento per un periodo idoneo al suo acquisto per usucapione (cumulando il possesso ai sensi dell’articolo 1146 c.c.) da parte della dante causa (OMISSIS) e poi della stessa (formulando, al riguardo, le relative istanze istruttorie, sulle quali, pero’, il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi), cosi’ rivendicando il suo diritto a mantenere l’uso esclusivo di detta terrazza (ponendo riferimento al presupposto titolo rappresentato dallo stesso atto pubblico di compravendita del 24 settembre 1958, interpretato sia dal giudice di primo grado che di secondo grado in senso contrario alla ricostruzione da ella prospettata in sede di costituzione in giudizio), con tutte le relative servitu’ attive di veduta, e riproponendo in appello detta eccezione.

Non incorre nella violazione del divieto dello “ius novorum” la deduzione dell’acquisto per usucapione

Si deve, percio’, al riguardo rilevare che l’attuale ricorrente, pur non avanzando propriamente una domanda riconvenzionale di usucapione, avesse inteso, in ogni caso (pur non adottando formule sacramentali, invero non necessarie allo scopo, essendo rilevante la desumibilita’ – anche in forma implicita – della inerente volonta’ dal contenuto delle esercitate difese), formulare un’eccezione riconvenzionale paralizzativa dell’avversa domanda di natura reale, come tale legittimamente ammissibile (cfr. Cass. n. 20330/2007 e Cass. n. 26884/2013).
Inoltre, la Corte di appello ha errato nel ritenerne la sua inammissibilita’ anche in secondo grado, disapplicando il consolidato principio, secondo cui non incorre nella violazione del divieto dello “ius novorum” la deduzione, da parte del convenuto, dell’acquisto per usucapione della proprieta’ dell’area rivendicata da controparte qualora gia’ in primo grado egli abbia eccepito (anche) ad altro titolo l’acquisto della proprieta’ dell’area medesima (come verificatosi nella specie, avendo l’attuale ricorrente chiestone il riconoscimento sulla scorta del suddetto titolo derivativo dalla dante causa (OMISSIS)), in quanto la proprieta’ e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti diritti autodeterminati, che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma e’ necessaria ai soli fini della prova (cfr., ad es., Cass. n. 40/2015 e Cass. n. 21641/2019).
4. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza ed il derivante rinvio della causa alla Corte di appello di Palermo (per l’esame, nel merito, dell’eccezione riconvenzionale di usucapione), che provvedera’ anche a regolare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.

 

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