Non è vietato al terzo di intervenire nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|10 ottobre 2022| n. 29406.

Non è vietato al terzo di intervenire nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Non è vietato al terzo di intervenire nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ciò alla luce della natura stessa dell’impugnazione che acquista natura di giudizio di cognizione piena e pertanto non c’è ragione giustificatrice per negarne l’ammissione.

Sentenza|10 ottobre 2022| n. 29406. Non è vietato al terzo di intervenire nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Data udienza 13 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto d’opera – Prestazioni di consulenza – Oggetto controllato da parte del collegio sindacale – Verifica dell’incidenza delle prestazioni sull’interesse della società – Criteri – Percentuale spettante al sindaco – Procedimento monitorio – Decreto ingiuntivo – Giudizio di opposizione – Intervento volontario del terzo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 12432/2017) proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) in proprio qualita’ di socio e legale rappresentante della societa’ semplice (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), corrente in (OMISSIS), unitamente all’altro socio e legale rappresentante (OMISSIS), rappresentati e difesi, in virtu’ di procura speciale, dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., (C.F.: (OMISSIS)) in persona del curatore, rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– intimato –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino n. 1910/2016, pubblicata il 9 novembre 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 aprile 2022 dal Consigliere relatore Dott.ssa Chiara Besso Marcheis;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto procuratore generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha chiesto di accogliere il quarto e il quinto motivo del ricorso principale, con rigetto dei restanti e del ricorso incidentale.

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FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Alba ingiungeva alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. il pagamento di Euro 80.286,04 in favore di (OMISSIS) a titolo di pagamento di compensi professionali per attivita’ di consulenza fiscale.
L’ingiunta promuoveva opposizione, chiedendo di revocare il decreto ingiuntivo, e, in via riconvenzionale, di accertare la responsabilita’ professionale di (OMISSIS) e conseguentemente di condannarlo al risarcimento dei danni e di accertare l’incompatibilita’ del medesimo con la carica di sindaco della societa’, con sua condanna alla restituzione di quanto indebitamente percepito. Si costituivano con unico atto il convenuto (OMISSIS) e la societa’ semplice (OMISSIS), precisando che il decreto opposto era stato richiesto da (OMISSIS) nella sua qualita’ di socio della societa’ semplice; sostenendo che nessuna responsabilita’ era addebitabile allo Studio in quanto non era stato posto in essere alcun comportamento illecito e l’attivita’ era stata svolta da un socio dello Studio; quanto alla ineleggibilita’ di (OMISSIS) alla carica di sindaco della societa’, l’attivita’ di consulenza era stata svolta dall’altro socio dello Studio. Nel corso del giudizio interveniva (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di socio dello Studio.
Con la memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, l’opponente eccepiva il difetto della titolarita’ in capo a (OMISSIS) della situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio e modificava la propria domanda chiedendo, oltre alla revoca del decreto opposto, di accertare l’inammissibilita’ delle domande di parte convenuta e l’inammissibilita’ dell’intervento adesivo di (OMISSIS).
Il Tribunale di Alba, rigettata l’eccezione di carenza di titolarita’ del diritto fatto valere in capo a (OMISSIS) e ritenuto ammissibile l’intervento volontario di (OMISSIS), ha parzialmente accolto l’opposizione, ritenendo sussistente la responsabilita’ professionale dello (OMISSIS); ha cosi’ compensato quanto dovuto all’opponente a titolo di risarcimento dei danno con quanto dovuto dalla medesima a titolo di pagamento delle prestazioni svolte; circa i compensi relativi alla carica di sindaco, ha ritenuto non provata l’ineleggibilita’ di (OMISSIS). Il Tribunale ha quindi revocato il decreto ingiuntivo, ha condannato l’opponente al pagamento in favore dello (OMISSIS) della somma di Euro 942,96 e ha rigettato la domanda riconvenzionale dell’opponente relativa alla restituzione dei compensi percepiti da (OMISSIS) nella sua qualita’ di sindaco.
2. La sentenza e’ stata impugnata in via principale da (OMISSIS), in proprio e nella sua qualita’ di socio e rappresentante legale dello (OMISSIS). Il Fallimento (OMISSIS) ha proposto appello incidentale. (OMISSIS) si e’ costituito aderendo all’appello principale.
La Corte d’appello di Torino – con sentenza 9 novembre 2016 n. 1910 – ha parzialmente riformato la sentenza impugnata. Il giudice d’appello ha anzitutto accolto la doglianza di (OMISSIS), nel frattempo fallita, concernente il rigetto dell’eccezione preliminare di mancanza di titolarita’ in capo a (OMISSIS), osservando che nel ricorso monitorio non vi era alcun riferimento alla societa’ (soggetto giuridico ben distinto) e alla circostanza che egli agisse in qualita’ di suo rappresentante legale o socio abilitato a richiedere i crediti societari; ha poi qualificato la costituzione in giudizio dello (OMISSIS) quale intervento volontario, che avrebbe “di fatto eluso le limitazioni alla partecipazione ai procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo da tempo affermati in modo consolidato dalla Suprema Corte in tema di chiamata del terzo” e ha cosi’ dichiarato inammissibili gli interventi dello (OMISSIS) e di (OMISSIS) e per l’effetto ha dichiarato inammissibili le domande da loro e contro di loro proposte. Quanto all’appello incidentale di (OMISSIS), che contestava il rigetto della domanda di restituzione delle somme corrisposte a (OMISSIS) quale componente del collegio sindacale, la Corte d’appello ha ravvisato l’ineleggibilita’ di (OMISSIS) nella circostanza che il credito professionale sarebbe stato maturato da una societa’ della quale il medesimo detiene il 70%, cosi’ ricorrendo l’ipotesi di cui all’articolo 2399 c.c., lettera c), Il giudice d’appello ha quindi condannato (OMISSIS) a restituire la somma di Euro 83.766,79 e di Euro 6.683,99 e al pagamento in favore del Fallimento della somma di Euro 91.609,59.
3. Avverso la sentenza ricorrono per cassazione (OMISSIS) e la societa’ semplice (OMISSIS).
Resiste con controricorso il Fallimento (OMISSIS), che ha fatto valere ricorso incidentale.
(OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) resistono con controricorso al ricorso incidentale.
L’intimato (OMISSIS), in proprio, non ha proposto difese.
I ricorrenti principali hanno depositato memoria in prossimita’ dell’udienza.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE
I. Il ricorso principale e’ articolo in cinque motivi.
1) Con il primo motivo si lamenta la violazione degli articoli 105 e 112 c.p.c.; la Corte d’appello ha qualificato la costituzione nel giudizio di primo grado dello (OMISSIS) quale intervento volontario e lo ha erroneamente ritenuto inammissibile: non si rinviene nel nostro ordinamento alcuna norma che limiti l’intervento volontario nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, una volta superata la fase monitoria e introdotta l’opposizione da parte dell’ingiunto, il giudizio riveste i caratteri del processo ordinario, con applicazione di tutte le norme che lo regolano, ivi compreso l’articolo 105 c.p.c..
Il motivo e’ fondato. La Corte d’appello ha correttamente osservato che la societa’ semplice (OMISSIS) e’ soggetto giuridico distinto da (OMISSIS), cosi’ che la costituzione della societa’ nel giudizio di opposizione va qualificata come intervento volontario. Ad avviso della Corte d’appello, questa Corte avrebbe da tempo affermato, in relazione alla partecipazione ai procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, che non e’ possibile, per iniziativa delle parti, modificare i soggetti che possono partecipare al giudizio, con la conseguenza della inammissibilita’ dell’intervento dello Studio e di quello proposto da (OMISSIS), da qualificarsi come adesivo dipendente. La Corte torinese richiama al riguardo la pronuncia n. 22113/2015, che non si riferisce all’intervento volontario, ma all’intervento su istanza dell’opponente e non ne esclude l’ammissibilita’, imponendo unicamente all’opponente di richiedere l’autorizzazione alla chiamata al giudice (al riguardo, da ultimo, v. Cass. n. 16336/2020).
A differenza di quanto ha affermato il giudice d’appello, questa Corte non esclude l’intervento volontario del terzo nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Si considerino le pronunzie n. 1806/1973 (ove si afferma la legittimazione dell’intervento adesivo autonomo dei liquidatori dei beni ceduti nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo promosso dal debitore), n. 5311/1978 (che si e’ espressa in relazione alle forme dell’intervento volontario in una ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo), n. 22696/2015 (che ha escluso la legittimazione dell’intervento ad adiuvandum nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ove l’interveniente sia privo di interesse a riguardo), dalle quali si desume l’ammissibilita’ dell’intervento volontario nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

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E’ vero che la contraria opinione e’ presente nella giurisprudenza di merito, secondo la quale l’inammissibilita’ dell’intervento volontario di terzi discenderebbe da un orientamento di questa Corte secondo il quale le parti del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo “possono essere soltanto colui il quale ha proposto la domanda di ingiunzione e colui contro cui tale domanda e’ diretta” (cosi’, ad esempio, Tribunale Torino 21 giugno 2021). Tale orientamento di legittimita’ (cfr. Cass. n. 15567/2018) si riferisce pero’ alla legittimazione a proporre l’opposizione a decreto ingiuntivo, potendo l’opposizione essere proposta unicamente dall’ingiunto nei confronti della parte che ha richiesto il decreto di ingiunzione, mentre nulla tale orientamento dice circa l’ammissibilita’ dell’intervento del terzo.
D’altro canto, come osservano i ricorrenti, nessuna norma limita l’intervento del terzo nel giudizio di opposizione e tale divieto potrebbe quindi trovare la sua fonte solo in sede di ricostruzione sistematica dell’istituto dell’opposizione a decreto ingiuntivo. In particolare, potrebbe trovare una sua giustificazione ove si riconoscesse carattere impugnatorio alla opposizione. Ai sensi dell’articolo 344 c.p.c., nel giudizio d’appello l’intervento non e’, in via generale, ammissibile essendo ammesso soltanto l’intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione a norma dell’articolo 404 c.p.c..
E’ vero che la natura impugnatoria del giudizio di opposizione al decreto di ingiunzione e’ stata riconosciuta da parte della piu’ risalente dottrina (che di recente talvolta parla di natura mista), ma le sezioni unite di questa Corte, che hanno piu’ volte avuto occasione di soffermarsi sulla natura di tale giudizio, hanno costantemente negato che esso dia vita a un procedimento di impugnazione (da ultimo v. Cass., sez. un., n. 927/2022). L’opposizione deve infatti “considerarsi un ordinario processo di cognizione” (Cass., sez. un. 20604/2008), avendo il procedimento “natura di giudizio di cognizione piena che devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso e non il semplice controllo della legittimita’ del decreto di ingiunzione” (Cass., sez. un., n. 19246/2010); si tratta di un giudizio di primo grado bifasico e le due fasi “fanno parte di un medesimo giudizio che si svolge nel medesimo ufficio” (Cass., sez. un., n. 14475/2015).
Data la natura di giudizio di primo grado del giudizio di opposizione, non vi e’ ragione di negare l’ammissibilita’ dell’intervento volontario del terzo, cosi’ che la Corte d’appello ha errato nel dichiarare inammissibili l’intervento dello (OMISSIS) e quello di (OMISSIS).
2) Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli articoli 167, 183 e 122 c.p.c.: la Corte d’appello, nell’accogliere l’eccezione di (OMISSIS) circa la mancanza di titolarita’ del rapporto sostanziale fatto valere da parte di (OMISSIS), non ha considerato la tardivita’ dell’eccezione medesima, sollevata solo con la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, non trattandosi di difetto di legittimazione passiva, rilevabile in ogni grado e stato del giudizio, ma di questione di merito che doveva essere dedotta nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte.

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Il motivo e’ infondato. Come ha affermato questa Corte nella pronuncia a sezioni unite n. 2951/2016, la titolarita’ del rapporto controverso, essendo “un elemento costitutivo del diritto fatto valere in giudizio”, puo’ essere negata dal convenuto con una mera difesa e cioe’ con una presa di posizione negativa, che, contrariamente alle eccezioni in senso stretto, non e’ soggetta a decadenza ex articolo 167 c.p.c., comma 2, (v. al riguardo anche le conclusioni scritte del pubblico ministero).
3) Il terzo motivo lamenta la violazione dell’articolo 2399 c.c.: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto sussistente l’ineleggibilita’ di (OMISSIS) alla carica di sindaco sulla base della mera misura della sua partecipazione nella societa’ (OMISSIS), circostanza che non sarebbe di per se’ sufficiente a considerare integrata la causa di ineleggibilita’, occorrendo analizzare la fattispecie concreta, onde verificare la sussistenza di interessi patrimoniali che compromettano l’indipendenza del sindaco, dovendo tale verifica considerare non solo il rapporto fra il compenso percepito dal sindaco e quello percepito dallo studio per l’attivita’ di consulenza in favore della societa’, ma dai ricavi che il professionista complessivamente ottiene dallo svolgimento della sua attivita’ ordinaria.
Il motivo e’ infondato. La Corte d’appello ha rilevato che il credito per la prestazione, si’ svolta dall’altro socio della societa’ (OMISSIS), sarebbe stato maturato, per gli accordi statutari intercorsi fra (OMISSIS) e (OMISSIS), dallo (OMISSIS), societa’ di cui (OMISSIS) detiene la quota del 70%, cosi’ correttamente ravvisando l’ipotesi disciplinata dall’articolo 2399 c.c., lettera c), La disposizione prevede che non possono essere eletti alla carica di sindaco non solo coloro che sono legati alla societa’ da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ma anche “da altri rapporti patrimoniali che ne compromettano l’indipendenza”.
Questa Corte ha sottolineato che chi svolge in modo continuativo prestazioni di consulenza sull’oggetto che deve essere controllato da parte del collegio sindacale e sia comunque titolare di un rapporto di natura patrimoniale, si trova in una situazione che compromette in radice la sua imparzialita’ e indipendenza; la ratio sottesa alla causa di ineleggibilita’ risiede infatti nell’esigenza di garantire l’indipendenza di colui che e’ incaricato delle funzioni di controllo in presenza di situazioni idonee a compromettere tale indipendenza, cosi’ che – come sottolinea il pubblico ministero nelle conclusioni scritte – la compromissione dell’indipendenza del sindaco sussiste non solo quando il controllore sia direttamente implicato nell’attivita’ sulla quale dovrebbe esercitare il controllo, ma anche quando l’attivita’ di consulenza sia prestata, come nel caso in esame, da un socio o collaboratore dello studio di cui faccia parte il sindaco (v. al riguardo Cass. n. 9392/2015).
Tale conclusione non e’ smentita dal precedente richiamato dai ricorrenti (Cass. n. 7902/2013), che ha affermato la necessita’ di verificare non soltanto l’incidenza delle prestazioni sull’interesse della societa’, ma anche l’incidenza dell’attivita’ sulla complessiva attivita’ del sindaco in un caso in cui era controversa l’ipotesi dello svolgimento da parte del sindaco di “un rapporto continuativo di consulenza” in favore della societa’, continuita’ che invece non e’ in discussione nel caso in esame.

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Va poi sottolineato che “l’espressione “altri rapporti patrimoniali che ne compromettano l’indipendenza”, nella sua indeterminatezza, affida al prudente apprezzamento del giudice di merito l’individuazione del criterio da seguire nella concreta fattispecie sottoposta al suo esame (oltre che la verifica della sussistenza in fatto dell’incompatibilita’ in base allo stesso criterio)” (cosi’ Cass. n. 9392/2015, sopra richiamata), criterio che la Corte d’appello ha appunto individuato – con scelta condivisibile – nella percentuale spettante al sindaco (OMISSIS) (il 70%) dei crediti ricavabili dall’attivita’ di consulenza svolta in favore della societa’.
4) Il quarto e il quinto motivo sono fra loro strettamente connessi e ne e’ pertanto opportuna la trattazione congiunta.
a) Il quarto motivo lamenta la violazione dell’articolo 2033 c.c.: la Corte d’appello ha qualificato come indebiti i compensi corrisposti da (OMISSIS)
per la carica di sindaco e condannato (OMISSIS) a pagare Euro 91.609, 59, mentre i compensi sono stati corrisposti da (OMISSIS) alla societa’ (OMISSIS), soggetto giuridico che la stessa Corte d’appello ha qualificato come ben distinto da (OMISSIS).
b) Il quinto motivo lamenta la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in quanto i compensi per la carica di sindaco sono stati corrisposti direttamente allo (OMISSIS), sulla base di fatture da quest’ultimo emesse, cosi’ che l’accipiens e’ solo ed esclusivamente lo stesso (OMISSIS), ne’ risulta che lo Studio ricevesse i pagamenti da (OMISSIS) in nome e per conto di (OMISSIS).
I motivi sono infondati. La Corte d’appello ha legittimamente ordinato a (OMISSIS) la restituzione della somma in quanto, trattandosi di societa’ di persone, il socio e’ illimitatamente e solidalmente responsabile delle obbligazioni sociali (v. l’articolo 2267 c.c.).
II. Il ricorso incidentale e’ articolato in tre motivi.
1) I primi due motivi sono tra loro strettamente connessi.
a. Il primo motivo lamenta la nullita’ della sentenza per ultrapetizione, nonche’ violazione dell’articolo 324 c.p.c., e articolo 329 c.p.c., comma 2, e violazione e falsa applicazione dell’articolo 336 c.p.c.: la Corte d’appello, nel dichiarare inammissibile la domanda risarcitoria proposta da (OMISSIS) nei confronti dello (OMISSIS), e’ incorsa in vizio di ultrapetizione; la sentenza di primo grado aveva infatti accolto la domanda risarcitoria nei confronti dello (OMISSIS) e tale capo della sentenza non e’ stato oggetto di impugnazione, ne’ puo’ ritenersi che il sindacato della Corte d’appello su tale capo fosse giustificato dall’articolo 336 c.p.c., dato che l’accertamento circa l’inammissibilita’ della domanda di pagamento dei compensi non e’ antecedente logico rispetto all’accertamento del diritto del Fallimento al ristoro del danno.

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b. Il secondo motivo, proposto subordinatamente al rigetto di quello precedente, contesta infrapetizione e violazione degli articoli 105 e 81 c.p.c.: la Corte d’appello ha errato “nel legare inscindibilmente sul piano processuale l’inammissibilita’ della domanda di pagamento del corrispettivo svolto dalla societa’ semplice all’inammissibilita’ della riconvenzionale per risarcimento del danno svolta dall’odierno ricorrente in via incidentale”; anche se la sua domanda e’ inammissibile, l’interveniente resta una parte del processo sul piano formale e puo’ quindi essere valido destinatario delle domande contro di lui proposte.
Il primo motivo (come il secondo, proposto subordinatamente al primo ed assorbito quindi dall’accoglimento del primo) censura la decisione della Corte d’appello laddove ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti dello (OMISSIS), inammissibilita’ che la Corte ha fatto derivare – come si e’ visto supra dalla ritenuta inammissibilita’ dell’intervento nel giudizio di opposizione dello (OMISSIS). L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale – appunto volto a contestare la declaratoria di inammissibilita’ dell’intervento – comporta, al di la’ degli argomenti avanzati, la fondatezza della censura nei confronti della declaratoria di inammissibilita’ della domanda fatta valere nei confronti dell’interveniente.
2) Il terzo motivo e’ da ritenersi assorbito. Il motivo, proposto condizionatamente all’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, contesta infatti violazione dell’articolo 2697 c.c., e nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 116 c.p.c., e infrapetizione, in quanto la Corte d’appello avrebbe errato nel non rilevare l’insussistenza del credito dello (OMISSIS) per le prestazioni professionali rese a favore di (OMISSIS).
III. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Torino che si atterra’ al seguente principio di diritto: “nel giudizio di opposizione a decreto di ingiunzione, che va considerato un ordinario processo di primo grado che devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso e non il semplice controllo della legittimita’ del decreto, e’ ammissibile l’intervento volontario del terzo, nelle sue tre forme di intervento principale, litisconsortile e adesivo”. Il giudice di rinvio provvedera’ anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigettati i restanti motivi del ricorso, e nei limiti di cui in motivazione il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i restanti motivi del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

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