Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 ottobre 2022| n. 29412.

Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

Nel caso in cui le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano addivenute alla stipulazione del contratto definitivo, effettivamente quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, alla stregua del cosiddetto principio di assorbimento, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare. Tale principio non può trovare applicazione nell’ipotesi in cui il contratto definitivo non esaurisca gli obblighi a contrarre previsti nel preliminare, occorrendo in tal caso accertare la volontà negoziale delle parti, valutando tra l’altro il contenuto di detto preliminare.

Ordinanza|10 ottobre 2022| n. 29412. Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

Data udienza 15 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Preliminare di vendita – Cessione quote societarie – Raffronto – Obbligo integrativo in ordine al prezzo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

Dott. LA BATTAGLIA Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 30313/2021) proposto da:
(OMISSIS) S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), che la rappresentano e difendono, unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso, e all’Avv. (OMISSIS), giusta procura speciale autenticata per atto pubblico del 27 luglio 2022, rep. n. 3078, racc. n. 2681;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
– intimato –
avverso la sentenza non definitiva della Corte d’appello di Venezia n. 2174/2021, pubblicata il 23 agosto 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 settembre 2022 dal Consigliere relatore Dott. TRAPUZZANO Cesare;
letta la memoria depositata nell’interesse della ricorrente ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.

Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato il 18 giugno 2012, (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano, davanti al Tribunale di Verona, la (OMISSIS) S.p.A., lamentando che, a seguito del contratto preliminare concluso il 18 giugno 2002 con la (OMISSIS) S.r.l. (della quale la (OMISSIS) S.p.A. si era resa cessionaria d’azienda), si era cristallizzato l’inadempimento, a carico della convenuta, delle clausole di cui agli articoli 11, 12 e 13 contenute nel predetto contratto e non riprodotte nel contratto di cessione di quote societarie del 4 maggio 2005 (che aveva definitivamente determinato l’effetto traslativo immobiliare). Per l’effetto, chiedevano: 1) che fossero accertati a) l’ampliamento, a favore della convenuta, dello sfruttamento della discarica per 863.00 mc., b) la data di inizio dello sfruttamento effettivo in riferimento all’ampliamento autorizzato, c) il diritto degli attori, in base al contratto stipulato, di ricevere Euro 6,20 per ogni mc. di sfruttamento effettivo; 2) che conseguentemente la (OMISSIS) fosse condannata a corrispondere, in favore degli istanti, a) la somma di Euro 6,20 per ogni mc. di sfruttamento effettivo della volumetria autorizzata, giusta delibera regionale n. 3492 del 30 dicembre 2010, b) la somma determinata calcolando Euro 50.000,00 al mese, dalla data di effettivo sfruttamento sino alla pronuncia, c) il conguaglio, da calcolarsi su base trimestrale, tra i valori determinati mensilmente nella misura minima prevista e quelli conseguenti all’effettiva volumetria sfruttata, d) la somma di Euro 50.000,00 mensili per il volume sfruttato oltre la data di emissione della pronuncia, a far data dal primo mese successivo all’emissione della sentenza, sino all’esaurimento del volume complessivamente autorizzato, e) la rivalutazione ISTAT annuale, sugli importi maturati dalla data dello sfruttamento al saldo; 3) che fosse disposto il rilascio di fideiussione bancaria e, in caso di mancata consegna della fideiussione bancaria, l’ordine di cessazione dello sfruttamento della discarica e il suo rilascio in detenzione agli attori; 4) che la (OMISSIS) fosse condannata al risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento, da accertarsi in corso di causa.
In proposito, gli attori esponevano: che erano proprietari di alcuni terreni e capannoni adibiti ad allevamento avicolo, limitrofi ad una preesistente discarica di proprieta’ della (OMISSIS); che, mediante la citata scrittura privata del 18 giugno 2002, avevano stipulato con la (OMISSIS) un preliminare di vendita; che, con tale contratto, erano stati definiti una serie di obblighi, alcuni dei quali da eseguirsi in un lungo lasso di tempo e subordinati al rilascio delle autorizzazioni a cura delle pubbliche autorita’ competenti; che, all’interno di questo complesso quadro contrattuale, era stata prevista, tra le altre, anche la cessione delle quote della societa’ (OMISSIS) S.r.l., perfezionatasi con contratto del 4 maggio 2005; che detto ultimo atto era in rapporto di funzionalita’ e non di definitivita’ rispetto al preliminare, costituendo un mero presupposto per l’esecuzione di tutti gli obblighi nascenti dal preliminare e dai successivi atti integrativi del 18 dicembre 2004 e del 24 febbraio 2005; che la volonta’ delle parti, manifestata con l’atto di cessione delle quote del 4 maggio 2005, non era quella di perfezionare l’atto definitivo, bensi’ era diretta a dare esecuzione ad una fase del preliminare, propedeutica e prodromica rispetto all’esecuzione di tutti gli obblighi nascenti dal preliminare stesso e dalle successive modifiche, come era stato ben chiarito nella scrittura modificativa ed integrativa del 18 dicembre 2004, ove, peraltro, le parti con postilla apposta il 23 novembre 2005 e, dunque, successivamente alla sottoscrizione del contratto di cessione delle quote – avevano dichiarato e concordato di annullare quanto scritto al punto 8; che, in particolare, era stato previsto l’impegno, da parte di (OMISSIS), a presentare un progetto di ampliamento della discarica, per un volume superiore a mc. 1.000.000, in quanto il raggiungimento della volumetria di mc. 500.000 (gia’ eseguito) non esauriva l’obbligo di richiedere ulteriori ampliamenti (con ogni costo ed onere a carico di (OMISSIS)), anche utilizzando aree che (OMISSIS) si obbligava ad acquisire coinvolgendo i promittenti cedenti; che le parti avevano altresi’ sancito, agli articoli 5 e 6 del menzionato preliminare, che il progetto di ampliamento sarebbe stato unico, prevedendo di utilizzare sia i terreni di rispettiva proprieta’ che quelli limitrofi, con obbligo di acquisizione in modo congiunto e paritetico, anche costituendo apposita societa’; che il prezzo della vendita era stato parametrato alla volumetria di ampliamento: e, in specie, raggiunti mc. 500.000 come minimo garantito, (OMISSIS) avrebbe corrisposto l’importo di Euro 3.100.000,00, mentre per l’ulteriore volumetria sugli eventuali ampliamenti ottenuti, all’esito di autorizzazione della Regione (all’epoca ipotetici), era concordata la somma di Euro 6,20 al mc.; che, al fine di tutelare parte promittente, (OMISSIS) si era impegnata a comunicare trimestralmente e formalmente l’effettiva volumetria utilizzata, anche permettendo alle controparti di poter accedere al sito per le opportune verifiche; che tuttavia (OMISSIS) aveva negato ogni tipo di accesso ai dati e ai luoghi (successivamente disposto dalla sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1583/2017), oltre ad omettere il pagamento del quantum pattuito a seguito degli ampliamenti di volume della discarica autorizzati dalla Regione Veneto con delibera n. 3492 del 30 dicembre 2010, nonostante l’intimazione inviata.

 

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(OMISSIS) S.p.A. contestava quanto ex adverso esposto, eccependo, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva e la carenza di legittimazione attiva di (OMISSIS); nel merito, deduceva l’infondatezza della pretesa attorea, sostenendo che la pattuizione del 18 giugno 2002 era superata dalla stipula del contratto di compravendita delle quote societarie, che non aveva riproposto alcune delle clausole contenute in detto preliminare.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 191/2017, depositata il 25 gennaio 2017, in conformita’ al principio della ragione piu’ liquida, non esaminava le questioni preliminari di merito sollevate dalla convenuta e respingeva le domande spiegate, affermando che l’inadempimento lamentato dagli attori riguardava una serie di pattuizioni previste nel preliminare che, pero’, non erano state riprodotte nel contratto definitivo di compravendita, quale unica fonte del rapporto, con la conseguenza che esse non erano piu’ efficaci, senza che assumesse rilievo un eventuale consenso formatosi fuori dall’atto scritto, trattandosi di atti vincolati.
2.- Con atto di citazione del 27 febbraio 2017, proponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali lamentavano: l’errata valutazione dei fatti; l’errata valutazione della documentazione prodotta e delle risultanze istruttorie e l’errata interpretazione e valutazione delle norme giuridiche e della giurisprudenza di riferimento.
Si costituiva in sede di gravame la (OMISSIS), che reiterava preliminarmente le eccezioni inerenti alla carenza di legittimazione attiva e passiva. Infatti, l’appellata obiettava che sia il preliminare, sia tutti gli altri contratti integrativi e lo stesso contratto definitivo, erano intervenuti tra (OMISSIS) S.s. e la (OMISSIS), da una parte, e la societa’ (OMISSIS) S.r.l., dall’altra. Sicche’ il giudizio non poteva essere incardinato dal (OMISSIS), bensi’ dalla (OMISSIS) S.s., ceduta a (OMISSIS) S.p.A. il 24 ottobre 2005. Inoltre, (OMISSIS) si riteneva estranea ai rapporti contrattuali in relazione ai quali era stato promosso il procedimento, in quanto la disciplina in tema di cessione d’azienda avrebbe previsto la successione del cessionario in tutti i contratti stipulati dal cedente per l’esercizio della stessa, ad eccezione di quelli aventi carattere personale o aventi ad oggetto prestazioni gia’ concluse o esaurite. Rilevava, dunque, che, con la sopramenzionata cessione d’azienda, non si sarebbe verificata nessuna cessione o subentro di (OMISSIS) nel contratto in discussione, all’epoca interamente eseguito, con l’effetto che non avrebbe potuto essere la destinataria delle domande proposte dagli attori: infatti, la fusione per incorporazione della societa’ (OMISSIS) S.r.l. (societa’ cui erano stati conferiti i terreni oggetto del preliminare del 18 giugno 2002), nell’appellata (OMISSIS), era intervenuta con atto del 3 dicembre 2008.
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza non definitiva di cui in epigrafe, accoglieva parzialmente l’appello e, per l’effetto, in totale riforma della pronuncia impugnata, rigettava l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della (OMISSIS) S.p.A., dichiarava la carenza di legittimazione attiva di (OMISSIS) e, nel merito, dichiarava il diritto, ai sensi dell’articolo 11 della scrittura privata del 18 giugno 2002, in favore di (OMISSIS), di ricevere il 40% (recte il 39%) di Euro 6,20 per ogni mc. di sfruttamento effettivo, in relazione all’ampliamento dell’area di discarica, come risultante dalla delibera regionale n. 3492 del 30 dicembre 2010; rimetteva, quindi, la causa in istruttoria, come da separata ordinanza, per la quantificazione delle somme dovute.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che la domanda di parte attrice presupponeva proprio la mancata definizione delle obbligazioni di cui al contratto preliminare, con la conseguenza che le stesse non si erano esaurite con il definitivo; b) che, ai sensi dell’articolo 2558 c.c., la titolare del rapporto sostanziale era sicuramente la parte appellata, poiche’ il trasferimento dell’azienda avrebbe comportato la cessione ipso iure dei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive che non avessero avuto carattere personale e che fossero stati inerenti all’esercizio dell’azienda, purche’ non ancora esauriti; c) che il 3 dicembre 2008 la (OMISSIS) aveva incorporato per fusione la (OMISSIS) S.r.l., divenendo l’unica proprietaria dei terreni agricoli, ed era, quindi, titolare del rapporto sostanziale dedotto in giudizio; d) che vi era carenza di legittimazione attiva di (OMISSIS), intervenuto nel preliminare ed in tutti gli altri atti successivi stipulati con la (OMISSIS) come legale rappresentante della (OMISSIS) S.s. – societa’ nelle more estinta -, e non gia’ in nome proprio, poiche’ – sebbene la presunzione di estinzione del credito societario sarebbe stata superata dal comportamento del socio che avesse promosso la causa, vantando diritti nei confronti di (OMISSIS) derivanti dal preliminare stipulato -, nondimeno, a tal fine, sarebbe stato necessario che il (OMISSIS) avesse dichiarato la propria qualifica di socio della cessata societa’ (OMISSIS); e) che, quanto al merito della lite, le parti avevano deciso di dare attuazione concreta al trasferimento cui si erano obbligate, stipulando ulteriori atti volti a raggiungere l’obiettivo del minor costo fiscale; f) che gli effetti degli accordi assunti si erano protratti sino al 28 aprile 2008, allorche’ era intervenuto l’accertamento fiscale sul valore degli immobili conferiti in societa’ e l’obbligata si era fatta carico dei relativi oneri, in adempimento della manleva assunta; g) che in data 3 dicembre 2008 la (OMISSIS) S.r.l. era stata fusa per incorporazione nella (OMISSIS) e quest’ultima societa’, in data 30 dicembre 2010, aveva ottenuto l’autorizzazione all’ampliamento della discarica per ulteriori mc. 863.000; h) che il Giudice di prime cure aveva errato nel non indagare sulla concreta volonta’ negoziale dei contraenti, limitando la sua analisi al raffronto formale tra gli effetti obbligatori del preliminare e il contenuto dispositivo del rogito del 4 maggio 2005, poiche’ doveva essere accertata la comune volonta’ dei contraenti secondo le modalita’ indicate dall’articolo 1362 c.c., percio’ includendo nell’indagine la valutazione del contegno delle parti, anche successivo alla conclusione del contratto; i) che era irrilevante stabilire la vincolativita’ o meno della clausola vergata a margine della scrittura privata del 18 dicembre 2004, posto che, quand’anche inserita successivamente alla stipulazione del maggio 2005, non avrebbe dimostrato alcuna perpetuazione degli ulteriori effetti d’obbligo nascenti dal preliminare; I) che era, invece, rilevante il fatto che, a seguito dell’accertamento tributario compiuto, gli appellanti avevano esatto la manleva prevista per il caso di aggravio dei costi fiscali dell’operazione, il che dimostrava che le parti avevano piena consapevolezza che gli effetti del preliminare non si erano esauriti con la stipula del rogito del 4 maggio 2005; m) che, per l’effetto, le obbligazioni assunte dalle parti con il preliminare del 18 giugno 2002 (avente ad oggetto la vendita di immobili), in uno alle successive correlate scritture, non erano venute meno per la mancata riproduzione nel rogito del 4 maggio 2005 (avente ad oggetto la cessione di quote pari all’intero capitale sociale), ivi includendo l’obbligo di corrispondere l’integrazione del prezzo nel caso di autorizzazione all’aumento della volumetria dei rifiuti versabili in discarica.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la (OMISSIS) S.p.A. Ha resistito con controricorso (OMISSIS). E’ rimasto intimato (OMISSIS).
4.- Con istanza depositata il 31 maggio 2022 la ricorrente ha chiesto che il presente giudizio sia riunito al giudizio iscritto al n. 29112/2017 di registro generale, vertente tra le stesse parti ed avente ad oggetto la medesima vicenda sostanziale.
Per l’effetto, e’ stata disposta la trattazione congiunta dei due procedimenti, nella medesima adunanza camerale dinanzi allo stesso Collegio.
5.- La ricorrente ha presentato memoria.

 

Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Deve essere anzitutto disattesa l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla controricorrente, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile, in ragione della natura meramente valutativo-meritale dei mezzi di impugnazione articolati (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018).
In realta’, tali motivi ricalcano – quantomeno nella loro impostazione formale – il modello delineato dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riportando l’esposizione sommaria dei fatti di causa e le ragioni per le quali si invoca la cassazione, con la debita menzione delle norme di diritto su cui si fondano, dovendo essere, entro questi ristretti limiti, scrutinati.
In proposito, risulta che il ricorso per cassazione e’ stato redatto in conformita’ ai principi di chiarezza e sinteticita’ espositiva, selezionando i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimita’ una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, e all’esito espone le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’articolo 360 c.p.c..
Senonche’ l’inosservanza di siffatti doveri puo’ condurre ad una declaratoria di inammissibilita’ dell’impugnazione nel suo complesso soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilita’ delle censure mosse alla sentenza gravata, cosi’ violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dall’articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 4, il che non concerne la fattispecie (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 37552 del 30/11/2021; Sez. 5, Sentenza n. 8425 del 30/04/2020).
2.- Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1372 c.c., comma 2, articolo 2558 c.c., comma 1, e articolo 2697 c.c. nonche’ degli articoli 100, 101, 112 e 115 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente dichiarato la legittimazione passiva della (OMISSIS) a rispondere della domanda di pagamento del maggior prezzo, proporzionale agli ulteriori volumi di discarica conseguibili dall’acquirente, sulla scorta della previsione contenuta nel contratto preliminare di vendita immobiliare del 18 giugno 2002, ritenendo che la (OMISSIS), quale soggetto terzo, successivamente alla stipula di tale contratto, avesse acquisito la titolarita’ del rapporto sostanziale dedotto in giudizio e fosse subentrata nel preliminare nella posizione di promissaria acquirente.
Sostiene, al riguardo, che, pur essendo stata cessionaria dell’azienda della (OMISSIS), originaria promissaria acquirente, non sarebbe subentrata nel contratto preliminare di vendita, non riconducibile nella categoria dei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda (contratti di azienda e contratti di impresa).
Inoltre, osserva che, nella qualita’ di incorporante per fusione della (OMISSIS) S.r.l., non sarebbe succeduta nel preliminare, in quanto i promittenti alienanti avrebbero precedentemente conferito, in tale societa’ di scopo, i soli beni immobili e non anche il contratto preliminare stesso.
2.1.- Il motivo e’ infondato.
E tanto perche’ la legittimazione passiva sostanziale della (OMISSIS) e’ stata argomentata sulla scorta dell’atto di cessione di azienda dalla (OMISSIS) S.r.l. alla (OMISSIS) S.p.A. del 24 ottobre 2005 e dell’atto di fusione per incorporazione della (OMISSIS) S.r.l. (il cui intero patrimonio sociale, costituito dai beni immobili oggetto della promessa di vendita del 18 giugno 2002, e’ stato ceduto con l’atto del 4 maggio 2005 in favore della (OMISSIS)) nella (OMISSIS) S.p.A. del 3 dicembre 2008.
Per l’effetto, detta legittimazione passiva si impernia sull’adempimento degli obblighi residui – di cui si invoca l’attuazione, desumibili dal contratto di cessione di quote societarie del 4 maggio 2005, che – secondo la ricostruzione della sentenza impugnata – avrebbe recepito, all’esito del collegamento negoziale con il contratto preliminare del 18 giugno 2002 e con i contratti modificativi/integrativi del 18 dicembre 2004 e del 24 febbraio 2005, le clausole integrative contenute negli atti prodromici a tale cessione.
Sicche’ gli evocati obblighi non trovano la propria fonte direttamente nel preliminare di vendita, bensi’ nell’atto di cessione che di essi abbia sancito, seppure implicitamente, la persistenza.
Non solo, ma proprio in forza della lettura dell’atto di cessione delle partecipazioni sociali nella (OMISSIS) S.r.l., si rivendicano obbligazioni ulteriori non ancora adempiute e poste in nesso sinallagmatico con la prevista alienazione della proprieta’ dei terreni.
Ne consegue che il disposto rigetto dell’eccezione sollevata dalla (OMISSIS) non viola l’articolo 2558 c.c. che, nel disciplinare tutti i casi di trasferimento di azienda, prevede, salvo patto contrario, una cessione automatica o ipso iure dei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive, che non abbiano carattere personale, che ineriscano all’esercizio dell’azienda e non siano ancora esauriti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15 del 03/01/2020; Sez. 2, Sentenza n. 8539 del 06/04/2018; Sez. 1, Sentenza n. 5534 del 08/06/1994).
Peraltro, nel contratto di cessione delle quote societarie, come integrato per effetto degli obblighi accessori previsti dai negozi ad esso preliminari, si prescrive, come sostenuto nelle argomentazioni esposte dalle parti, che tali obblighi siano valevoli anche nel caso di cessione a terzi del compendio aziendale.

 

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Tutte le ulteriori doglianze sul punto (comprese quelle sviluppate nel mezzo di ricorso che segue) devono, per l’effetto, ritenersi assorbite.
3.- Con il secondo motivo la ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1230, 1350, 1351 e 1362 c.c., articolo 1372 c.c., comma 2, articolo 1470 c.c., articolo 2558 c.c., comma 1, articoli 2697, 2722, 2725, 2727 e 2729 c.c. nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale, per un verso, erroneamente dichiarato la tenutezza del terzo cessionario dell’azienda della promissaria acquirente all’obbligo, indicato nel preliminare, di corrispondere il maggior prezzo dei beni immobili, in ordine al quale la controprestazione di trasferimento dei beni promessi in vendita sarebbe stata gia’ eseguita dai promittenti alienanti, con il conseguente difetto del requisito della “corrispettivita’ a coppie”; e, per altro verso, ritenuto che la volonta’ delle parti di conservare l’obbligazione di pagamento del maggior prezzo, contenuta in un preliminare di vendita immobiliare ma non riprodotta nel definitivo, potesse rinvenirsi in un posteriore contegno concludente assunto successivamente alla stipula del definitivo e, segnatamente, nell’intervenuto pagamento, da parte dell’acquirente, delle maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali, relative al trasferimento dei cespiti, come liquidate.
Ad avviso dell’istante, l’accordo diretto a conservare l’obbligazione di pagamento del maggior prezzo del trasferimento immobiliare contemplata nell’atto preliminare, ma non riprodotta nel definitivo sarebbe stata soggetta al vincolo della forma scritta ad substantiam, nella fattispecie carente, e non avrebbe potuto essere desunto da un contratto successivo della parte pretesamente debitrice.
Deduce, altresi’, che la prova di un siffatto accordo, afferente ad un elemento essenziale del contratto, avrebbe dovuto essere formale-documentale e non presuntiva e, peraltro, gli elementi indiziari utilizzati non avrebbero avuto i requisiti della gravita’, precisione e concordanza.
In aggiunta, prospetta che l’illazione sull’avvenuta conservazione dell’obbligazione di pagamento del maggior prezzo sarebbe stata desunta dalla presunta conservazione dell’obbligazione di manleva, con la conseguente violazione del divieto di doppia presunzione.
3.1.- Nella fattispecie l’interpretazione adottata dal Giudice di merito non contrasta con i canoni legali denunciati, appunto perche’ gli obblighi ulteriori dell’acquirente – desunti dal preliminare e dalle sue successive modifiche – non sono qualificabili come incompatibili con il tenore precettivo delle obbligazioni assunte con il contratto di cessione delle quote societarie, attraverso cui si e’ definitivamente determinato l’effetto traslativo immobiliare, ma hanno valenza meramente specificativa o accessoria.
Tanto piu’ che l’evocato effetto traslativo dei terreni non si e’ realizzato all’esito della dinamica correlazione, governata dal principio di elasticita’, tra contratto preliminare e contratto definitivo, bensi’ mediante un’operazione complessa, atta a raggiungere l’obiettivo del maggior risparmio fiscale possibile: segnatamente, alla stipula del preliminare ha fatto seguito la costituzione, a cura dei promittenti alienanti, di una societa’, nel cui patrimonio sono stati conferiti i terreni oggetto del programma negoziale di vendita; successivamente la societa’ e’ stata ceduta in favore dell’originario promissario acquirente.
Per l’effetto, il regolamento negoziale del 4 maggio 2005 ineriva, almeno formalmente, all’operazione di cessione delle partecipazioni con essa realizzata, non prevedendo clausole relative all’operazione sostanziale ad esso sottesa.

 

Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

3.2.- Ora, nel caso in cui le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano addivenute alla stipulazione del contratto definitivo, effettivamente quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, alla stregua del c.d. principio di assorbimento, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina puo’ anche non conformarsi a quella del preliminare (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7064 del 11/04/2016). Nondimeno il suddetto principio non puo’ trovare applicazione nell’ipotesi in cui il contratto definitivo non esaurisca gli obblighi a contrarre previsti nel preliminare, occorrendo in tal caso accertare la volonta’ negoziale delle parti, valutando tra l’altro il contenuto di detto preliminare (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5179 del 06/04/2001; Sez. 3, Sentenza n. 7206 del 09/07/1999).
Pertanto, l’omessa riproduzione, nel contratto definitivo (nella specie surrogato dal contratto di cessione delle quote societarie, che ha consentito di raggiungere il medesimo effetto), di una clausola gia’ inserita nel preliminare non comporta, necessariamente, la rinunzia alla pattuizione ivi contenuta, che non resta assorbita ove sussistano elementi in senso contrario ricavabili dagli atti ovvero offerti dalle parti. Ne consegue che il giudice e’ tenuto ad indagare sulla concreta intenzione delle parti, tanto piu’ che le clausole aggiuntive risultanti dal preliminare (ossia il diritto di verifica della documentazione aziendale e l’eventuale integrazione del corrispettivo nel caso di incremento dei volumi versabili in discarica) non interferiscono con la produzione dell’effetto traslativo immobiliare previsto nel contratto di cessione delle quote societarie, per la quale e’ richiesta la forma scritta ad substantiam (vincolo di forma che non si estende, invece, ai contratti di cessione delle quote di partecipazione societaria, neppure nel caso in cui la societa’ sia proprietaria di beni immobili, rientrando tali beni nel suo patrimonio: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9139 del 19/05/2020; Sez. 1, Sentenza n. 25626 del 27/10/2017; Sez. 1, Sentenza n. 23203 del 11/10/2013; Sez. 2, Sentenza n. 25468 del 16/12/2010; Sez. 2, Sentenza n. 3556 del 11/03/2003). Per cui occorre verificare se, con la nuova scrittura, le parti si siano limitate, o meno, solo a “formalizzare” la cessione, senza riprodurre tutti gli impegni negoziali in precedenza assunti (con specifico riguardo ai contratti di cessione di quote societarie, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 662 del 11/01/2022; Sez. 1, Sentenza n. 22984 del 29/10/2014).
Ebbene, sulla scorta della valutazione del comportamento successivo tenuto dalle parti – e, in specie, dell’obbligo di manleva assunto dalla (OMISSIS) dopo la stipulazione del contratto di cessione delle quote societarie, all’esito dell’accertamento fiscale intervenuto sul valore degli immobili conferiti in societa’, in adempimento dell’impegno previsto nel preliminare di far fronte ai maggiori costi fiscali derivanti dall’operazione traslativa – il Giudice d’appello ha coerentemente desunto che sussistesse un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo (recte del contratto di cessione di quote societarie), dal quale emergeva che gli altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, fossero sopravvissuti al contratto definitivo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 30735 del 21/12/2017; Sez. 2, Sentenza n. 9063 del 05/06/2012).
Ossia, alla stregua dell’assunzione dell’obbligo di manleva a cura dell’acquirente, per consentire che l’operazione di trasferimento non fosse soggetta ad ulteriori costi fiscali – obbligazione contemplata nel preliminare, come modificato, e non riprodotta nel contratto definitivo di cessione delle quote -, e’ stata argomentata la persistenza anche dell’obbligo di far fronte ad una maggiorazione del prezzo ove fossero aumentati i volumi versabili in discarica, alla stregua delle autorizzazioni successive rilasciate, anch’essa obbligazione prevista nel preliminare e non ripresa nel contratto di cessione.
3.3.- D’altronde, la quietanza liberatoria rilasciata non poteva che fare riferimento allo stato degli atti, ossia ai volumi di cubatura sino ad allora autorizzati, tali da legittimare la pretesa satisfattiva del corrispettivo di Euro 3.100.000,00 (di cui Euro 100.000,00 pari al valore nominale delle quote cedute ed Euro 3.000.000,00 fruiti con un duplice mutuo ottenuto, rispettivamente di Euro 1.550.000,00 e di Euro 1.450.000,00, di cui la (OMISSIS) si e’ accollata l’obbligo di pagamento delle rate). Ma non ha certo escluso che, all’esito della potenziale (recte eventuale) verificazione delle circostanze dedotte nel preliminare, potesse essere preteso l’importo pattuito, pretesa in merito alla quale non vi e’ stata alcuna abdicazione.
Ne’ la rinuncia a tale pretesa creditoria integrativa, subordinata alla verificazione delle condizioni prescritte nel preliminare, era desumibile dalla paventata riduzione della volumetria originariamente indicata (pari a mc. 500.000) affinche’ si potesse addivenire alla produzione dell’effetto traslativo.

 

Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

3.4.- Proprio il fatto che il contratto di cessione delle partecipazioni sociali non esigesse la forma scritta, a pena di nullita’, nonostante fosse stato previsto per ottenere l’effetto finale della traslazione della proprieta’ immobiliare, sostenendo un minore carico tributario, giustificava la ponderazione dei contegni complessivi delle parti, anche posteriori alla conclusione del contratto, allo scopo di determinarne la comune intenzione ex articolo 1362 c.c., comma 2, (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20623 del 24/09/2009; a contrario Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11828 del 15/05/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 5112 del 05/03/2018; Sez. 2, Sentenza n. 12297 del 07/06/2011).
Peraltro, tali contegni sono stati valutati non gia’ per ricavare direttamente da essi la fonte di obbligazioni integrative, bensi’ per leggere la relazione in concreto determinatasi tra le clausole del preliminare del 18 giugno 2002 e le clausole della cessione di quote del 4 maggio 2005. E cio’ nel rispetto del principio secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, i comportamenti complessivi delle parti, anche posteriori alla conclusione del contratto, hanno funzione ermeneutica e non gia’ integrativa del patto, in quanto per il loro tramite l’interprete, senza limitarsi al senso letterale delle parole, giunge a determinare la comune intenzione delle medesime al momento della stipula e, quindi, la sostanza stessa dell’accordo, ma non integra la volonta’ pattizia con elementi ad essa estranei (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6053 del 26/03/2004).
3.5. – Al contempo, la valutazione della Corte territoriale non ha violato le regole sul ragionamento deduttivo per sussunzione ex articolo 2729 c.c..
Infatti, in tema di prova presuntiva, il giudice e’ tenuto, ai sensi dell’articolo 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” e’ riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realta’ storica, quello della “gravita’” al grado di probabilita’ della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso – eventuale (sulla sufficienza di una sola circostanza presuntiva, purche’ grave e precisa: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22352 del 15/07/2022; Sez. 5, Sentenza n. 15454 del 07/06/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 23153 del 26/09/2018; Sez. 5, Sentenza n. 656 del 15/01/2014) – di pluralita’ di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralita’ di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli cosi’ isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato articolo 2729 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, puo’ prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo puo’ basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravita’ o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3541 del 13/02/2020).
Nella fattispecie, la ricorrente articola appunto una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali – qualificate come gravi e precise – poste a base del ragionamento presuntivo di sussunzione del fatto primario ignoto dal fatto secondario noto, criticando la plausibilita’ della ponderazione effettuata dal giudice, prospettazione non sindacabile in questa sede sub specie di violazione o falsa applicazione di legge.
A tale conclusione e’ sotteso, peraltro, il rilievo in forza del quale la deduzione logica e’ una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, alla stregua di un giudizio di probabilita’ basato sull’id quod plerumque accidit, non oggettivamente inconfutabile (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 22366 del 05/08/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 21403 del 26/07/2021; Sez. 6-1, Ordinanza n. 5279 del 26/02/2020).
4.- Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonche’ la motivazione apparente, implausibile e intrinsecamente incoerente, per avere la Corte di merito accertato la perpetuazione dell’obbligazione di pagamento del maggior prezzo, contenuta nel contratto preliminare, anche successivamente alla stipulazione del contratto definitivo, nonostante quest’ultimo non l’avesse richiamata.
Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe trascurato i fatti seguenti, benche’ dedotti, provati e decisivi, in quanto non esaminati o debitamente considerati: a) le parti, con scrittura intermedia tra il contratto preliminare e il contratto definitivo, avrebbero dichiarato fermo e definitivo il prezzo base, proporzionale a un certo incremento minimo dei volumi di discarica del promissario acquirente, autorizzabile in forza dell’acquisto dei terreni oggetto della negoziazione, benche’ tale incremento si fosse realizzato in misura significativamente inferiore a questa stabilita; b) le parti, con ulteriore scrittura intermedia, avrebbero delineato un nuovo e piu’ ristretto percorso di trasferimento dei beni immobili oggetto del preliminare, abbandonando il patto di integrazione del prezzo da parte del promissario acquirente e di altre correlate obbligazioni dei promittenti venditori; c) il contratto definitivo avrebbe previsto liberatoria quietanza in favore dell’acquirente in ordine all’integrale pagamento del prezzo; d) l’obbligazione di manleva dei promittenti venditori dall’eventuale maggior carico tributario, contenuta nella seconda scrittura intermedia, sarebbe stata ragionevolmente ricognitiva dell’obbligo legale dell’acquirente di sostenere le spese della vendita, ai sensi dell’articolo 1475 c.c., piuttosto che costituire assunzione di un’obbligazione convenzionale; e) i venditori non avrebbero mai, negli anni successivi alla vendita, sollecitato all’acquirente alcuna azione volta a conseguire ulteriori incrementi della cubatura di discarica, da cui inizialmente sarebbe dipeso il proporzionale incremento del prezzo; f) i venditori avrebbero azionato la loro pretesa innanzi all’autorita’ giudiziaria ordinaria, ignorando la clausola compromissoria contenuta nella seconda scrittura intermedia; g) non sussisterebbe alcuna relazione necessitata tra la sopravvivenza della supposta obbligazione convenzionale di pagamento del maggior carico tributario e quella di pagamento dell’incremento del prezzo, tale da consentire legittimamente di inferire la seconda dalla prima.

 

Preliminare e contratto definitivo quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto

4.1.- La doglianza e’ inammissibile.
Infatti, attraverso tale mezzo, la ricorrente ha richiesto una interpretazione alternativa del contratto, non consentita in sede di legittimita’.
In proposito, e’ orientamento consolidato di questa Corte che l’interpretazione di un atto negoziale e’ tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli articoli 1362 e ss. c.c., o nell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ovverosia che renda la motivazione non idonea a soddisfare il minimo costituzionale per consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito ai fini di giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresi’, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilita’ del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realta’, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. Sez. L, Sentenza n. 10745 del 04/04/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018; Sez. 3, Sentenza n. 5795 del 08/03/2017; Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016).
Ne’ difetta la sufficiente esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, poiche’ l’interpretazione adottata dal Giudice di merito muove dal presupposto che gli obblighi ulteriori posti a carico dell’acquirente – desunti dal preliminare e dalle sue successive modifiche – non sono qualificabili come incompatibili con il tenore precettivo delle obbligazioni assunte con il contratto di cessione delle partecipazioni sociali, ma hanno valenza meramente specificativa o accessoria.
5.- Alle considerazioni innanzi espresse consegue il rigetto del ricorso.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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