Non è imputabile per il reato di daneggiamento ai danni degli agricoltori il sindaco che omette di appaltare i lavori di manutenzione del depuratore comunale

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 6 giugno 2019, n. 25171.

La massima estrapolata:

Non è imputabile per il reato di daneggiamento ai danni degli agricoltori il sindaco che omette di appaltare i lavori di manutenzione del depuratore comunale, nonostante le segnalazioni ricevute. Non è configurabile nemmeno una responsabilità ai soli fini civili per i danni subiti dagli agricoltori a fronte dell’invasione dei liquami sui loro fondi agricoli.

Sentenza 6 giugno 2019, n. 25171

Data udienza 15 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente

Dott. DI PAOLA Sergio – rel. Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

Dott. PERROTTI Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile (OMISSIS), nato a (OMISSIS), dalla parte civile (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/01/2018 della Corte d’appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Sergio Di Paola;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CARDIA Delia che ha concluso chiedendo rigettarsi i ricorsi;
Udito l’Avv. (OMISSIS), nell’interesse delle parti civili, che ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza, depositando conclusioni scritte e nota spese.
Udito l’Avv. (OMISSIS), nell’interesse dell’imputato (OMISSIS) e, in sostituzione dell’Avv. (OMISSIS), nell’interesse dell’imputato (OMISSIS), che ha concluso chiedendo rigettarsi i ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Messina, con sentenza in data 18 gennaio 2018, in accoglimento dell’appello proposto dagli imputati, riformava la sentenza di condanna per il delitto di danneggiamento pronunciata dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 5 febbraio 2014, assolvendo (OMISSIS) e (OMISSIS) dall’imputazione loro ascritta nella qualita’ di Sindaco del Comune di Santa Lucia del Mela il primo, e di responsabile del procedimento il secondo, per aver omesso di garantire il regolare funzionamento del depuratore comunale cosi’ danneggiando coltivazioni e alberi siti nei fondi della parti civili.
2. Propone ricorso per cassazione la difesa delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), ai soli fini dell’accertamento della responsabilita’ civile, deducendo il vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione al punto della decisione che aveva escluso l’elemento psicologico del delitto di danneggiamento. L’assunto della sentenza, che aveva esaltato i documentati interventi manutentivi, disposti dal Sindaco e curati dal responsabile del procedimento, e al tempo stesso aveva dato atto dell’inidoneita’ di quegli interventi nell’evitare gli spandimenti di liquami che avevano causato i danni nei fondi delle parti civili, denunciava la manifesta illogicita’ della decisione poiche’ il dato dell’inidoneita’ degli interventi doveva e poteva essere valutato dagli imputati, che avevano quindi accettato il rischio del verificarsi di episodi di nuovo danneggiamento dei fondi gia’ invasi dai liquami, rischio divenuto perfetta consapevolezza atteso il reiterarsi dei medesimi interventi senza alcun esito positivo (come del resto documentato nel giudizio in cui era stata prodotta altra sentenza pronunciata nei confronti di uno degli imputati, per fatti successivi integranti la violazione della normativa sugli scarichi ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006).
3. Con memoria depositata il 29 aprile 2019 la difesa dei ricorrenti ha insistito sul profilo, ritenuto decisivo, dell’inidoneita’ degli interventi di manutenzione disposti, indicativo della consapevolezza dei danni che sarebbero scaturiti non essendo stata disposta l’esecuzione di lavori sull’intera condotta (essendosi limitati gli imputati a ordinare lavori su singole parti dell’impianto, per tale motivo non risolutivi); ha poi dedotto la possibilita’ di una differente qualificazione giuridica dei fatti contestati, quale ipotesi di illecito sversamento di rifiuti allo stato liquido, sanzionato dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articoli 14 e 51 e dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256.
4. La difesa degli imputati ha depositato memoria di replica in data 10 maggio 2019, eccependo preliminarmente l’omesso avviso al responsabile civile dell’udienza fissata davanti alla Corte (eccezione rigettata dalla Corte con ordinanza pronunciata in udienza), e deducendo l’inammissibilita’ del ricorso in relazione al -dedotto profilo della consapevolezza degli imputati circa l’inidoneita’ degli interventi manutentivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili, perche’ manifestamente infondati.
La sentenza della Corte d’appello ha correttamente considerato la peculiarita’ della fattispecie contestata, fondandosi la tesi di accusa sull’omessa adozione delle iniziative provvedimentali che avrebbero determinato il danneggiamento dei fondi delle parti civili.
1.2. La possibilita’ di realizzare la condotta tipica del delitto di danneggiamento, attraverso condotte omissive, e’ stata ravvisata nelle ipotesi in cui in conseguenza dell’omissione da parte del sindaco dei poteri-doveri di controllo a tutela della salute pubblica, a lui demandati dalle leggi sanitarie e dalla legge comunale e provinciale, si verifichino eventi dannosi (Sez. 6, n. 8465 del 21/06/1985, Puccini, Rv. 170543, relativa ad una fattispecie di grave inquinamento di acque). Alla stregua del principio generale desumibile dal disposto dell’articolo 40 c.p., comma 2 c.p., in questo specifico ambito l’omissione assumera’ carattere penalmente rilevante nella misura in cui dall’omesso esercizio (doveroso) di poteri amministrativi rivolti alla tutela di beni collettivi (la salute pubblica; l’ambiente) scaturisca la realizzazione di condizioni di fatto, in grado di cagionare danni al patrimonio altrui.
1.3. Con specifico riguardo all’elemento psicologico previsto dalla norma incriminatrice, poi, dovra’ essere provato che l’agente abbia consapevolmente omesso l’adozione delle iniziative previste” rappresentandosi altresi’ che dalla mancata adozione di quei provvedimenti possano scaturire gli eventi tipici del delitto di danneggiamento.
1.4. Poste queste premesse, deve ritenersi correttamente motivata la sentenza impugnata, che ha escluso il dolo richiesto dalla norma incriminatrice considerando le plurime iniziative adottate sia dal responsabile del procedimento, sia dal Sindaco che riceveva le segnalazioni dal coimputato, per garantire il corretto funzionamento dell’impianto di depurazione (appaltando in diverse e successive circostanze i lavori per intervenire sull’impianto), una volta ricevute le segnalazioni e le lamentele dei proprietari dei fondi che avevano subito l’invasione dei terreni causata dai liquami fuoriusciti da quell’impianto.
La circostanza evidenziata dai ricorrenti, dell’inidoneita’ degli interventi disposti dagli imputati (che, per la reiterazione dei lavori eseguiti senza la risoluzione dei problemi dimostrava l’accettazione del rischio, da parte loro, di cagionare i danni poi verificatisi), si pone evidentemente oltre la condotta doverosa richiesta all’imputato in ragione della funzione pubblica ricoperta, non potendo farsi carico all’amministratore di valutare l’adeguatezza degli interventi e la loro concreta idoneita’ nel risolvere il problema tecnico, trattandosi di circostanza che va ascritta alla condotta del terzo incaricato di eseguire i lavori, salvo che per le concrete caratteristiche dei lavori affidati fosse risultato evidente, anche a soggetti non dotati di specifiche competenze, il carattere inappropriato degli interventi (circostanza che non e’ dedotta, ne’ provata dai ricorrenti). Per altro verso, va rilevato che l’affidamento dei lavori, a ditte volta a volta diverse, esclude che gli imputati avessero reiterato le condotte nella certezza che i danni da evitare si sarebbero di sicuro realizzati nuovamente, rappresentando questa circostanza, al contrario, indizio della ricerca di soluzioni che fossero idonee alla risoluzione definitiva del problema.
2. Evidentemente inammissibile, perche’ formulata solo con i motivi nuovi, la questione della differente qualificazione giuridica del fatto contestato (atteso il principio generale delle impugnazioni, concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente proposti ed i motivi di ricorso nuovi od aggiunti, che rende non consentita in sede di legittimita’ la deduzione, con i motivi nuovi, di una violazione di legge non dedotta con il ricorso originario).
3. All’inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna delle parti civili ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento da parte di ciascuno dei ricorrenti della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

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