Accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 11 giugno 2019, n. 3903.

La massima estrapolata:

Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Sentenza 11 giugno 2019, n. 3903

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7923 del 2018, proposto da
Eu. Ma., rappresentato e difeso dagli avvocati El. Pi., Ro. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio El. Pi. in Roma, via (…);
contro
Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima n. 00751/2018, resa tra le parti, concernente l’annullamento del verbale di accesso del 19.12.2017, nella parte in cui nega il diritto del prof. Ma. ad accedere alle cartelle cliniche oggetto del procedimento posto in essere dall’AOU stessa in merito all’operato chirurgico del ricorrente;
nonchè per la declaratoria del diritto di accesso alle cartelle cliniche oggetto del procedimento posto in essere dall’AOU stessa in merito all’operato chirurgico del ricorrente e per la conseguente condanna al rilascio delle stesse.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Ce. Ma. su delega dichiarata di El. Pi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, primario di Chirurgia Vascolare presso l’Unità Ospedaliera Complessa dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari, ha proposto appello avverso la sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il TAR Sardegna ha dichiarato inammissibile il ricorso finalizzato ad ottenere accesso ad alcune cartelle cliniche.
In particolare, risulta dagli atti che l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Sassari aveva avviato un’indagine interna a seguito della ricezione, in data 02.02.2017, di una lettera nella quale alcuni dirigenti medici della struttura accusavano il professore ricorrente di non essere in grado di svolgere i principali interventi di chirurgia vascolare e di avere, per questa ragione, messo in pericolo la vita di un paziente.
Alle richieste del ricorrente di poter visione la lettera, la Direzione Aziendale si limitava a comunicare che nei suoi confronti era stato avviato un procedimento che, peraltro, si era concluso in senso a lui favorevole rilevando l’infondatezza delle censure mosse al suo operato.
Soltanto in data 24.11.2017 il ricorrente riceveva la lettera in forma anonima e perciò avanzava istanza di accesso per avere copia dell’originale e di tutti gli atti oggetto del procedimento. Questi ultimi concernevano un verbale contenente gli audit dei dirigenti medici sottoscrittori della lettera, oltreché una perizia redatta dalla professoressa Elena Mazzeo, ordinaria di medicina legale, incaricata dalla Direzione di esaminare le cartelle cliniche relative a cinque casi clinici rispetto ai quali il ricorrente sarebbe incorso in grave responsabilità .
Una volta ricevuti gli atti in epigrafe, il professore ricorrente chiedeva che fossero ostese anche le cartelle cliniche relative ai cinque pazienti, in modo da poter dimostrare, sul piano medico, la portata diffamatoria delle accuse mosse nei suoi confronti.
L’Azienda Ospedaliera non comunicava la richiesta di esibizione delle cartelle cliniche ai pazienti e, con verbale del 19.12.2017, rigettava la richiesta di accesso per ragioni di privacy.
2. A fronte di questa conclusione, il ricorrente avanzava ricorso al TAR Sardegna, il quale, con la sentenza in epigrafe indicata, lo dichiarava inammissibile per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati, individuati nei pazienti cui le cartelle cliniche si riferivano, ai sensi dell’art 116 c.p.a.
In particolare, il primo Giudice affermava che in base alla giurisprudenza consolidata, dovevano configurarsi come controinteressati “non tutti coloro i quali siano, in qualsiasi modo, contemplati nell’istanza di accesso, bensì coloro che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza” e “nel caso in esame, la richiesta di accesso era volta ad ottenere la conoscenza dei dati sensibili contenuti nelle cartelle cliniche, per cui è del tutto evidente la titolarità, in capo ai medesimi pazienti, del suddetto diritto alla riservatezza”. Rilevava inoltre l’inconferenza del richiamo giurisprudenziale effettuato dalla ricorrente secondo il quale “il ricorso in materia di accesso non può essere dichiarato inammissibile per difetto di notificazione ad uno dei controinteressati nel caso in cui sia stata la stessa amministrazione a non avere consentito la partecipazione procedimentale dei soggetti che potrebbero subire un pregiudizio dall’accoglimento dell’istanza” (Cons. Stato, sez VI, n. 5062/2010). Infatti, ad avviso del TAR,questo orientamento troverebbe applicazione solo nell’ipotesi in cui i controinteressati siano difficilmente individuabili e dunque non nel caso di specie, dove i nomi dei pazienti erano noti all’appellante.
3. Avverso la sentenza ha proposto appello l’originario ricorrente.
L’appellante ritiene che il giudice di prime cure abbia errato nel ritenere il ricorso inammissibile. Nello specifico, richiama l’orientamento asseritamente prevalente, secondo cui il ricorso in materia di accesso non può essere dichiarato inammissibile per difetto di notificazione nel caso in cui sia stata la stessa amministrazione a non aver consentito la partecipazione procedimentale a soggetti che potrebbero subire un pregiudizio dall’accoglimento dell’istanza.
4. Ritiene il Collegio che la sentenza di primo grado meriti riforma.
4.1. L’istante ha avanzato richiesta d’accesso alle cartelle cliniche con oscuramento del nominativo dei pazienti, al fine di non pregiudicare la sfera di privacy di questi ultimi.
Ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 184/2006, l’amministrazione “cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati ai sensi dell’art. 22 l- n. 241/90, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione”.
Nel caso di specie l’amministrazione ha ritenuto di non dover coinvolgere i controinteressati, ed ha respinto immediatamente l’istanza sulla sola base della circostanza che le cartelle cliniche contenessero dati sensibili.
Conseguentemente, l’istante ha notificato il ricorso alla sola amministrazione, ritenendo, considerato anche l’omesso contraddittorio in sede procedimentale da parte dell’amministrazione, che la richiesta con oscuramento dei nomi dei pazienti fosse sufficiente ad escludere la sussistenza di controinteressati.
In casi siffatti il Consiglio di Stato ha tuttavia chiarito che “non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l’accesso, per omessa notifica al controinteressato, quando la stessa amministrazione non abbia ritenuto di dover consentire la partecipazione di altri in sede procedimentale” (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2093). “E ciò anche in relazione alla richiesta di “schermatura” dei dati, la quale tutela pienamente il diritto alla privacy dei soggetti ai quali i dati ineriscono, cosicché gli stessi, proprio per l’impossibilità della loro identificazione, non sono controinteressati e, pertanto, il ricorso giurisdizionale non deve essere loro notificato” (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 23 marzo 2009, n. 1748; Sez. IV, 16 maggio 2011, n. 2968).
Di qui la piena ammissibilità del ricorso introduttivo del primo grado.
4.2. L’erronea dichiarazione di inammissibilità in primo grado non comporta rinvio al primo giudice. L’Adunanza Plenaria, ha evidenziato il carattere tassativo delle ipotesi previste dall’art. 105 c.p.a. chiarendo che “non costituisce, di per sé, un caso di annullamento con rinvio, in quanto la chiusura in rito del processo, per quanto erronea, non determina, ove la questione pregiudiziale sia stato oggetto di dibattitto processuale, la lesione del diritto di difesa, né tanto meno un caso di nullità della sentenza o di rifiuto di giurisdizione (A.P. n. 10/2018).
Proseguendo, dunque, nell’esame del ricorso introduttivo, il Collegio ritiene che esso sia, nel merito, fondato.
L’amministrazione ha negato l’ostensione delle cartelle, unicamente per “motivi di privacy”.
Tuttavia a mente dell’art. 24 comma 7 della legge generale sul procedimento, “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.
Nel caso di specie l’appellante ha chiarito di avere necessità di difendere la propria reputazione professionale, ed ha limitato la propria richiesta ai contenuti medici delle cartelle, con schermatura dei dati dai quali sarebbe possibile risalire al paziente.
Sono dunque presenti nella domanda tutti i requisiti previsti dalla legge.
Del resto – rileva il Collegio – in atti è già presente una perizia elaborata su incarico dell’amministrazione, cui il ricorrente ha avuto già accesso, in cui sono già citati i dati salienti delle cartelle cliniche consultate, con cancellazione dei nomi dei pazienti.
Non si ravvisano ostacoli a che l’appellante attinga con le stesse modalità, oltre alla perizia citata, anche alle cartelle cliniche sui essa basa.
5. L’appello è pertanto accolto, con conseguente accoglimento del ricorso introduttivo di primo grado.
6. Avuto riguardo alla peculiarità e novità delle questioni, appare comunque equo compensare le spese del doppio grado di giudizio, salvo quelle relative al versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Per l’effetto accoglie il ricorso introduttivo di primo grado, con conseguente annullamento del diniego di accesso impugnato. Ordina all’amministrazione di rilasciare al ricorrente copia delle cartelle cliniche entro giorni 30 dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, con oscuramento dei nomi dei pazienti e di ogni altro dato o particolare dal quale possa risalirsi agli stessi.
Spese del doppio grado compensate, salvo quelle relative al versamento del contributo unificato del doppio grado che dovranno essere rimborsate dall’amministrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere

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