La nomina del difensore di fiducia è atto formale che non ammette equipollenti

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 2 maggio 2019, n. 18244.

La massima estrapolata:

La nomina del difensore di fiducia è atto formale che non ammette equipollenti, per la validità del quale è necessaria l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 96, commi 2 e 3, cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che avesse efficacia dimostrativa dell’avvenuto conferimento dell’incarico al professionista la produzione in udienza, da parte del medesimo, della copia dell’atto di nomina in precedenza trasmesso all’ufficio senza l’impiego della PEC e della firma digitale).

Sentenza 2 maggio 2019, n. 18244

Data udienza 2 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella – Presidente

Dott. SANDRINI Enrico Giusep – Consigliere

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – rel. Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso l’ordinanza n. 2397/2017 del Tribunale di Sorveglianza di Bari in data 25/09/2018;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Antonio Minchella;
Lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 25/09/2018 il Tribunale di Sorveglianza di Bari rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare o semiliberta’ avanzata da (OMISSIS). Rilevava il Tribunale di Sorveglianza che,in rito, la celebrazione dell’udienza era possibile poiche’ la notifica del decreto di citazione era stata effettuata tanto all’avvocato difensore (Avv. (OMISSIS)) quanto all’instante ex articolo 161 c.p.p., comma 4, poiche’ egli risultava sconosciuto al domicilio che aveva indicato; peraltro, non poteva disporsi il rinvio richiesto dall’Avv. (OMISSIS), il quale era privo di rituale atto di nomina (trasmesso senza PEC e senza firma digitale); nel merito, osservava il giudice che il condannato era stato nuovamente raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere quale aggravamento degli arresti domiciliari disposti per altro procedimento, a seguito di un nuovo delitto di tentata rapina commessa nel febbraio 2018: parimenti, le violazioni delle prescrizioni degli arresti domiciliari erano state plurime, le informative di polizia erano di tenore negativo, difettava una prospettiva risocializzante, mancava anche un avvio di revisione critica ed il servizio sociale aveva escluso l’attuale possibilita’ di un piano trattamentale esterno idoneo.
2. Avverso detta ordinanza propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore, Avv. (OMISSIS), deducendo ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), erronea applicazione di legge e manifesta illogicita’ della motivazione: sostiene che il condannato non conosceva la lingua italiana, ma risultava detenuto ed aveva nominato un nuovo difensore; che il predetto difensore, nella fretta, non aveva portato con se’ in udienza gli originali degli atti, compresa la nomina rituale, ed aveva allora chiesto un breve rinvio; che il Tribunale di Sorveglianza non aveva accolto la richiesta, rilevando il difetto di nomina formale e ignorando che le copie prodotte potevano essere sufficienti a far intendere la volonta’ dell’interessato; inoltre afferma che il condannato non conosceva la lingua italiana e forse per tale ragione aveva violato gli obblighi degli arresti domiciliari ed avanzava perplessita’ sulle conclusioni cui era pervenuto l’UEPE, che aveva trasmesso notizie incomplete.
3. Il P.G. chiede dichiararsi l’inammissibilita’.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, poiche’ e’ manifestamente infondato.
Il ricorrente ha denunziato, con unico promiscuo motivo, violazione di legge e vizi di motivazione, con riferimento al rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza e alle ragioni poste a fondamento del diniego dei benefici richiesti.
Con riferimento alla doglianza sul rito, va detto che la censura e meramente enunziata e non sorretta da specifiche argomentazioni volte a confutare la motivazione posta a base del provvedimento impugnato: anzi, e’ il ricorso stesso ad offrire conferma di quella motivazione. Infatti, il Tribunale di Sorveglianza aveva rilevato che la richiesta di rinvio era stata avanzata da un avvocato che non risultava ritualmente nominato quale difensore di fiducia: il ricorso sostiene che si era trattato di una decisione puramente formalistica, ma e’ lo stesso ricorso che sostiene che il difensore non aveva portato con se’ in udienza l’atto di nomina a difensore di fiducia e che aveva inviato atti che certamente non erano rituali ma che potevano essere considerati sufficienti: in realta’, quindi, lo stesso ricorrente ammette che, in sede di udienza, non risultava la nomina di fiducia ritualmente depositata.
Soccorre in proposito l’orientamento di questa Corte che ha affermato che la nomina del difensore di fiducia e’ atto formale che non ammette equipollenti e per la cui validita’ processuale e’ necessaria l’osservanza delle forme e modalita’ di cui all’articolo 96 c.p.p., commi 2 e 3: poiche’ il Legislatore, pur ispirandosi al principio dell’assenza di formalita’, richiede che la nomina del difensore di fiducia dell’imputato risulti con certezza nel processo attraverso la produzione dell’originale, non puo’ sortire effetto l’atto di nomina trasmesso in modi irrituali, in quanto deve risultare con certezza nel procedimento che la nomina sia stata effettuata e che il mandato sia stato conferito al difensore; a tale necessaria certezza puo’ pervenirsi solo con la produzione rituale dell’atto di scelta il quale deve poter indiscutibilmente dimostrare attraverso l’autografia – o la personale dichiarazione – la volonta’ dell’interessato, sicche’ non puo’ avere alcuna efficacia dimostrativa dell’avvenuto conferimento dell’incarico la produzione di una semplice copia teletrasmessa dell’atto pervenuta con modalita’ irrituali (Sez. 3, n. 46034 del 11/11/2008, Rv. 241775; Sez. 1, n. 35127 del 19/04/2011, Rv. 250783).
2. Quanto alle doglianza circa il merito della decisione censurata, si tratta di sollecitazioni ad ottenere un nuovo contesto valutativo, ma sono doglianze inammissibili: la decisione impugnata ha correttamente sottolineato che l’ordinamento ha inteso attuare forme di esecuzione della pena esterne al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalita’ e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Cass., Sez. 1, 4.3.1999, Danieli, Rv 213062), nelle pendenze processuali (Cass., Sez. 1, cit.), nelle informazioni di polizia (Cass., Sez. L 11.3.1997, Capiti, Rv 207998), ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture carcerarie di osservazione (Cass., Sez. 1, 22.4.1991, Calabrese, in Cass. pen., 1992, 1894), dappoiche’ in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalita’ della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non puo’ in questa sede rimanere nell’ombra.
Di questi parametri il Tribunale di Sorveglianza ha fatto un uso corretto: e’ stato valutato tanto il pregresso comportamento del ricorrente (in termini di condotta di vita e di reiterata violazione di norme penali) quanto la scarsa revisione critica manifestata dal ricorrente; il Tribunale di Sorveglianza ha sottolineato l’assenza nel ricorrente di una vera autocritica o di una reale dichiarazione di ripudio della propria devianza che, senza attenere ad una sfera morale estranea al rilievo giuridico, potesse dimostrare un recupero almeno parziale di valori etici nello svolgimento di una professione. Il giudice ha evidenziato come le informazioni assunte e le relazioni del servizio sociale mostravano l’assenza di un pur minimo barlume di revisione critica nonche’ la mancanza di prospettive risocializzanti.
Alla stregua di questi elementi, e’ scevro da vizi logici il percorso argomentativo sulla base del quale il Tribunale di Sorveglianza ha concluso per il diniego delle istanze, non ravvisandosi travisamento di dati probatori od omessa considerazione di elementi acquisiti.
Dunque manifestamente infondate devono ritenersi le doglianze prospettate, in quanto sostanzialmente orientate a riprodurre un quadro di argomentazioni gia’ esposte nel giudizio di merito, ed ivi ampiamente vagliate e correttamente disattese dal giudice, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, poiche’ imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa degli elementi acquisiti, in tal guisa richiedendo l’esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della linearita’ e della logica consequenzialita’ che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione. In relazione ai suindicati profili, dunque, il ricorso non e’ volto a rilevare mancanze argomentative, erronee applicazioni di norme o illogicita’ ictu oculi percepibili, bensi’ ad ottenere un non consentito sindacato sulla congruita’ di scelte valutative compiutamente giustificate dal giudice.
3. Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso consegue di diritto, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sentenza n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila alla Cassa delle Ammende.

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