Nell’ambito delle ipotesi di reati sessuali

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 27 novembre 2019, n. 48184.

Massima estrapolata:

Nell’ambito delle ipotesi di reati sessuali (sia in quelle di atti sessuali con minori di cui all’art. 609-quater c.p., come pure in quelle di violenza sessuale ex art. 609-bis c.p.), le fattispecie di minore gravità, soggette a più mite trattamento sanzionatorio, sono valutate dal giudice del merito che procede ad un apprezzamento globale del fatto, in cui rilevano i mezzi, le modalità di esecuzione, il grado di coartazione esercitato sulla vittima del reato, le condizioni fisiche e psicologiche della stessa, anche in relazione all’età. La natura globale del giudizio non implica una valutazione di tipo compensativo tra tutti gli elementi positivi e negativi, ma presuppone che la minore gravità sia accertata in riferimento a tutti gli elementi della fattispecie, sì da essere esclusa per la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità.

Sentenza 27 novembre 2019, n. 48184

Data udienza 9 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1513/18 della Corte di appello di Messina del 11 maggio 2018;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENTILI Andrea;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANGELILLIS Ciro, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresi’, per il ricorrente, l’avv. (OMISSIS), del foro di Messina, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 11 maggio 2018 la Corte di appello di Messina ha interamente confermato la sentenza con la quale era stata dichiarata dal Tribunale di Patti la penale responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine al reato di cui all’articolo 609-bis c.p., cosi’ riqualificato il fatto originariamente contestato come violazione dell’articolo 609-quater c.p., per avere egli usato violenza sessuale in danno di tale (OMISSIS), di anni (OMISSIS) all’epoca dei fatti, introducendo, mentre la ragazzina stava dormendo su di un divano, la propria mano sino all’interno dei pantaloncini corti dalla medesima indossati e giungendo sino a penetrarla con le dita nella vagina.
In tale occasione la Corte di appello, esclusa la possibilita’ di ritenere il fatto rientrante fra quelli di minore gravita’ e di concedere al (OMISSIS) le circostanze attenuanti generiche, aveva confermato anche la entita’ della pena irrogata in primo grado al prevenuto nella misura di 5 anni di reclusione.
Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto, articolando 5 motivi di impugnazione.
Il primo di essi riguarda il vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla valutazione delle testimonianze rese della persona offesa e della di lei madre, gia’ convivente con il (OMISSIS), ed alla svalutazione di quanto riportato dai testi addotti dalla difesa dell’imputato.
In particolare la Corte avrebbe trascurato di considerare, oltre al lungo lasso di tempo nel corso del quale il (OMISSIS), convivendo con la madre della persona offesa, non aveva mai dato prova di comportamenti censurabili verso la ragazzina, la complessiva inverosimiglianza dei fatti, in particolare in relazione ai tre profili, evidenziati in sede di formulazione dei motivi di appello: la eterogeneita’ del suo comportamento per come denunciato rispetto a quello da lui ordinariamente tenuto; la impraticabilita’ sostanziale dei luoghi ove la condotta a lui addebitata sarebbe stata tenuta, stante la piena visibilita’ dei medesimi dal resto dell’appartamento in questione; le condotte successivamente tenute della persona offesa, della madre di costei e dello stesso (OMISSIS), che non si conciliano affatto con i termini della pregressa vicenda.
Il secondo motivo di censura concerne la omessa valutazione della eventualita’ che la persona offesa abbia errato nel percepire l’andamento dei fatti dato lo stato di dormiveglia in cui si trovava e nel ritenere che gli stessi si siano svolti secondo le modalita’ poi da lei stessa descritte.
Con il terzo motivo di ricorso e’ lamentata la mancata assunzione in sede di rinnovazione dibattimentale in grado di appello della prova costituita dall’esame testimoniale del figlio dell’imputato.
Con il quarto motivo di impugnazione e’ lamentato il fatto che l’episodio delittuoso per cui e’ processo non sia stato qualificato, in assenza di valida motivazione, fra quelli rientranti nel novero dei fatti di minore gravita’.
Infine, con il quinto motivo di impugnazione e’ stata censurata, sotto il profilo della violazione di legge, la scelta di negare all’imputato il beneficio delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso proposto, essendone risultati privi di pregio i motivi posti a sostegno, deve essere rigettato.
Il primo motivo di ricorso appare inammissibile in quanto con lo stesso il ricorrente, lungi dal porre in luce dei vizi nella logicita’ della ricostruzione della vicenda operata dai giudici del merito, risulta aver contestato, in realta’, non i criteri sulla base dei quali i fatti sono stati ricostruiti, ma la stessa logicita’ dei fatti, in tal modo impingendo, pero’, non in una censura di legittimita’ ma in una censura in punto di fatto.
E’ circostanza del tutto irrilevante che l’imputato, sino a quel momento, mai avesse dato adito a sospetti a cagione dei suoi comportamenti verso la odierna parte offesa, posto che si tratta di un fattore che di per se’ non appare idoneo a privare di attendibilita’ il racconto, definito in sede di merito logico, preciso, coerente e privo di astio nei confronti dell’imputato, reso dalla parte offesa, cosi’ come non tale da evidenziare i pretesi vizi di logicita’ della motivazione della sentenza impugnata e’ il fatto che la Corte dello Stretto abbia attribuito piena attendibilita’ al racconto della prevenuta, sebbene questo abbia comportato una ricostruzione dei fatti tale da apparire poco ragionevole al ricorrente.
Il dato che le condotte del (OMISSIS) si sarebbero potute svolgere secondo modalita’ piu’ accorte e caute da parte sua, a fronte di un racconto che, tuttavia, non evidenzia affatto la palese irrealizzabilita’ pratica di esse pur secondo le modalita’ descritte dalla persona offesa, non e’ fattore che di per se’ possa giustificare il giudizio di palese illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata, come, invece, il ricorrente vorrebbe che questa Corte gli dicesse.
Parimenti per cio’ che attiene alla valutazione delle testimonianze a discarico, in particolare quelle rese dalla ex moglie dell’imputato e dalla sorella di questo, poiche’, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata e non efficacemente smentito da parte del ricorrente (che sul punto nulla ha eccepito), esse hanno avuto ad oggetto elementi, quali la esistenza di contrasti fra la persona offesa ed i figli nati dal primo matrimonio del (OMISSIS), non determinanti ai fini del giudizio di colpevolezza espresso dalla Corte di merito.
Anche il secondo motivo di impugnazione, con il quale si intende contestare la congruita’ della motivazione della sentenza impugnata in relazione alla valutazione della attendibilita’ soggettiva della persona offesa, la cui percezione dei fatti potrebbe, secondo la tesi difensiva, essere stata sviata dal fatto che la stessa si trovava al momento dei fatti in uno stato di dormiveglia, non e’ accoglibile sol che si rifletta sulla circostanza che, a tacer d’altro, le dichiarazioni della minore sono state obbiettivamente riscontrate dal dato, rilevato in sede di merito ed ivi giustamente valorizzato, secondo il quale la (OMISSIS) presentava, nell’immediatezza della violenza lamentata, non solo un arrossamento sulle parti intime oggetto della percepita manipolazione ma anche delle tracce di sangue sulle mutandine; puo’, pertanto, considerarsi piu’ che convincente la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui e’ stato escluso che i fatti riferiti dalla persona offesa possano essere stati il frutto di una sua distorta percezione della realta’.
Il terzo motivo di impugnazione riguarda la mancata riapertura della istruttoria, ai sensi dell’articolo 603 c.p.p. onde procedere all’esame testimoniale del figlio dell’imputato.
Sul punto giova, preliminarmente, ricordare che l’articolo 603 c.p.p., per la parte che ora interessa (cioe’ laddove regola la riapertura della istruttoria dibattimentale ad istanza di parte), prevede due distinte ipotesi di possibile riapertura della istruttoria in sede di gravame; l’una, prevista dal comma 1, si ha allorche’ la parte chieda la riassunzione di prove gia’ acquisite ovvero di prove non assunte, sebbene la assunzione delle stesse gia’ avrebbe potuto essere dedotta in primo grado; l’altra, disciplinata dal successivo comma 2, allorche’ si chieda l’assunzione di prove sopravvenute o scoperte solo dopo il giudizio di primo grado.
Si tratta, in realta’, di fattispecie caratterizzate da profonde differenze, le quale si riverberano sulla relativa disciplina applicativa; infatti, come e’ stato chiaramente esposto, mentre nell’ipotesi di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 1, la riassunzione di prove gia’ acquisite o l’assunzione di quelle nuove e’ subordinata alla condizione che i dati probatori raccolti in precedenza siano incerti e che l’incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisivita’, nel caso previsto dal comma 2, il vaglio che il giudice e’ tenuto ad eseguire onde a disporre l’ammissione o meno delle prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado ha gli stessi caratteri di quello che egli e’ tenuto a svolgere secondo i termini di cui all’articolo 495 c.p.p., con il solo limite costituito dalle richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 14 novembre 2016, n. 47936).
Come e’ stato, in altre parole efficacemente compendiato, mentre nella ipotesi di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 1 (richiesta di riassunzione di prove gia’ acquisite e di assunzione di nuove prove preesistenti) e’ necessaria la dimostrazione, in positivo, della necessita’ del mezzo di prova da assumere, onde superare la presunzione di completezza del compendio probatorio acquisito in primo grado, nell’ipotesi di cui al citato articolo 603 c.p.p., comma 2, al contrario, per il rigetto della istanza istruttoria e’ richiesta – salva la necessaria dimostrazione della impossibilita’ della tempestiva articolazione del mezzo istruttorio nel corso del giudizio di primo grado – la prova della manifesta superfluita’ e della irrilevanza del mezzo, al fine di superare la presunzione, opposta, di necessita’ della rinnovazione, discendente dalla impossibilita’ di una precedente articolazione della prova, in quanto sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 22 marzo 2017, n. 13888).
Nel caso ora in esame, non sussistendo dubbi in ordine al fatto che la richiesta della difesa del (OMISSIS) fosse articolata ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 1, essendo rivolta alla assunzione della testimonianza del figlio dell’imputato la cui rilevanza, a tutto voler concedere, sarebbe emersa nel corso del giudizio di primo grado a seguito di quanto riportato durante l’esame testimoniale della ex moglie del prevenuto, sicche’ non puo’ certo parlarsi di prova sopravvenuta, si osserva che sul punto la Corte distrettuale ha chiaramente evidenziato, con giudizio indubbiamente non manifestamente illogico, e, pertanto, non suscettibile di riesame di fronte a questo giudice della legittimita’ (sulla tendenziale insindacabilita’ di fronte alla Corte di cassazione della scelta discrezionale del giudice del gravame di non riaprire l’istruttoria dibattimentale, cfr. per tutte: Corte di cassazione, Sezione 6 penale, 22 ottobre 2018, n. 48093), non solo che il contenuto delle possibili dichiarazioni che il figlio dell’imputato avrebbe potuto rendere era gia’ sostanzialmente conosciuto in quanto riportato dalla madre di quello nel corso della sua deposizione, ma anche che tali dichiarazioni non apparivano essenziali ai fini del decidere, in quanto suscettibili di diverse interpretazioni, sicche’ le stesse non avrebbero svolto un ruolo determinante nell’indirizzare in un senso o in un altro la decisione da assumere, posto che le stesse non avrebbero messo in luce, come invece preteso dalla difesa del ricorrente, alcuna preordinata macchinazione della persona offesa volta ad accusare falsamente l’imputato.
Il quarto motivo di impugnazione attiene, sempre con riferimento al vizio di motivazione, alla ritenuta illegittimita’ della sentenza impugnata per non avere la Corte di appello accolto il motivo di impugnazione riguardante la riconducibilita’ del fatto attribuito al prevenuto alle ipotesi di minore gravita’.
Il motivo di impugnazione non appare meritevole di accoglimento.
Al riguardo, infatti, questa Corte ha piu’ volte chiarito che – onde discernere, nell’ambito delle ipotesi di violenza sessuale ex articolo 609-bis c.p. (ovvero in quelle di atti sessuali con soggetti minorenni aventi rilevanza penale ex articolo 609-quater c.p., attesa sul punto la sovrapponibilita’ delle tematiche implicate) le fattispecie di minore gravita’, oggetto di un assai piu’ benevolo trattamento sanzionatorio, rispetto alle altre – e’ necessario operare una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalita’ esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’eta’ della medesima (ex multis: Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 10 ottobre 2017, n. 46461; idem Sezione 4 penale, 30 marzo 2017, n. 16122).
Una siffatta valutazione, che e’ monopolio del prudente apprezzamento del fatto operato dal giudice del merito (Corte di cassazione, Sezione 3 penale 24 ottobre 2018, n. 48377), come tale suscettibile di essere sindacato di fronte a questa Corte di legittimita’, al di la’ delle ipotesi di violazione di legge, solo in caso di manifesta illogicita’, e’ ben vero che deve abbracciare la intera globalita’ del fatto, ma cio’ non vuol dire che, in tale valutazione di carattere complessivo, gli eventuali elementi positivi e gli eventuali elementi negativi riscontrabili nella singola fattispecie debbano trovare una complessiva valutazione di tipo compensativo, attraverso una sorta di sistema di vasi comunicanti in cui gli eventuali fattori positivi possano essere bilanciati, sino a trovare una forma di equilibrio in un senso ovvero nel senso opposto, da quelli negativi o viceversa; infatti, come e’ stato acutamente rilevato, con affermazione che merita senza’altro di essere condivisa e cui pare del tutto opportuno dare ulteriore continuita’, la natura globale del giudizio che deve essere operato ai fini della valutazione del fatto di minore gravita’ in relazione ai reati in materia sessuale deve essere tale che il requisito in questione, cioe’ la minore gravita’ della fattispecie penalmente rilevante deve essere riscontrabile in relazione a tutti i ricordati parametri valutativi – cioe’, si ribadisce, i mezzi, le modalita’ esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’eta’ – mentre ai fini del diniego della stessa attenuante e’ sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravita’ (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 22 febbraio 2016, n. 6784).
Nel caso di specie siffatta valutazione e’ stata computa dalla Corte territoriale, la quale ha rilevato, in termini di piena plausibilita’, che la condotta del (OMISSIS), al di la’ del fatto che la stessa e’ stata posta in essere in danno di persona ancora minorenne, e’ stata realizzata da soggetto che si relazionava nei confronti della persona offesa in termini sostanzialmente paterni, circostanza questa che, a causa della conseguente indubbia grave compromissione del bene tutelato, cioe’ la libera ed autonoma esplicazione della vita sessuale dell’individuo, e’ del tutto ragionevole ritenere abbia singolarmente acuito, tenuto conto alche dell’eta’ della persona offesa, la lesione al sereno sviluppo ed esercizio della liberta sessuale da parte della (OMISSIS), rendendo in tal modo piu’ intenso il danno, anche psichico, da questa patito (sulla rilevanza ai fini della valutazione della gravita’ del fatto anche della intensita’ del danno psichico sofferto cfr.: Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 2 luglio 2018, n. 29618).
Rimane da esaminare l’ultimo motivo di impugnazione, afferente al mancato riconoscimento in favore del (OMISSIS) delle circostanze attenuanti generiche; sul punto va ricordata la ampia discrezionalita’ di cui i giudici del merito godono, tale da aver portato questa Corte gia’ in passato ad enunciare la regola secondo la quale la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalita’ del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente le ragioni della sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravita’ effettiva del reato ed alla personalita’ del reo (Corte di cassazione, Sezione 6 penale 23 novembre 2010, n. 41365).
Valutazione che nel caso di specie emerge in termini sicuramente chiari, allorche’ la Corte di Messina ha osservato che il (OMISSIS), nel commettere il reato a lui contestato, ha abusato della fiducia che la persona offesa aveva riposto in lui di modo che la pena nei suoi confronti irrogata e’ del tutto congrua rispetto alla gravita’ del fatto commesso e, pertanto, non abbisognevole della ulteriore mitigazione derivante dal riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato ed il ricorrente va condannato, visto l’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta e ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento, si dispone che siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi delle persone, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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