Nel processo amministrativo non esiste l’istituto della contumacia con il suo carico di preclusioni

Consiglio di Stato, Sentenza|12 aprile 2021| n. 2965.

Nel processo amministrativo non esiste l’istituto della contumacia con il suo carico di preclusioni, il divieto dei nova in sede di appello, in relazione alla posizione processuale dell’Amministrazione intimata soccombente in primo grado, vale esclusivamente per le eccezioni in senso stretto e non per le mere difese, articolate nell’atto di appello in esame, o per le questioni comunque rilevabili d’ufficio, ad eccezione di quelle inerenti la giurisdizione o la competenza.

Sentenza|12 aprile 2021| n. 2965

Data udienza 25 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Permesso di costruire – Diniego – Processo amministrativo – Contumacia – Istituto – Insussistenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7980 del 2020, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. De Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il signor Gi. Pe., rappresentato e difeso dall’avvocato Te. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Da. La. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. III, n. 335 del 28 febbraio 2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Gi. Pe.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il consigliere Alessandro Verrico;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è rappresentato dalla determinazione del 31 luglio 2012 recante il diniego di permesso di costruire un interrato con annesso piano terra adibito a box auto, opposto dal Comune di (omissis) al signor Gi. Pe. che, unitamente al germano Pi., aveva presentato in data 7 gennaio 2010 la relativa istanza (assunta al prot. gen. n. 188) e in data 6 settembre 2010 alcune integrazioni e modifiche (prot. n. 12109), con riferimento all’area di proprietà adiacente al condominio di via (omissis), su suolo riportato nel NCEU al foglio (omissis) p.lle (omissis).
1.1. Il diniego del permesso di costruire era fondato su una serie di autonome ragioni anticipate nel preavviso di diniego del 16 dicembre 2011, e di seguito sintetizzate:
– le particelle interessate dall’intervento n. (omissis) del foglio (omissis) risultano gravate da vincolo di destinazione permanente a parcheggio a favore del fabbricato condominiale di via (omissis), sottoscritto dagli stessi richiedenti in data 22 novembre 1985;
– vi è una errata rappresentazione grafica nella planimetria allegata riguardante l’ubicazione delle particelle interessate e con posizionamento diverso da quello reale e gravando addirittura su suolo di proprietà comunale perché ceduto nel 1985;
– l’intervento è in contrasto con le disposizioni del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 sui limiti delle distanze tra fabbricati (previsto in dieci metri);
– vi è mancato rispetto delle distanze dal confine con altra proprietà ricadente nel piano particolareggiato della zona (omissis) settore di intervento (omissis).
1.2. Rispetto al preavviso di rigetto, gli istanti, con nota del 20 febbraio 2012, fornivano, oltre la scadenza del termine di dieci giorni previsto dall’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, le proprie osservazioni.
1.3. Il Comune, nel provvedimento impugnato, riteneva le stesse espressamente irrilevanti e inadeguate a superare le ragioni ostative al rilascio del titolo edilizio.
2. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per la Puglia, sede di Bari (R.G. n. 1561/2012), il signor Gi. Pe. impugnava il citato provvedimento di diniego di permesso di costruire, articolando tre autonomi motivi di ricorso:
a) violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 10 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere e carenza di motivazione e per illegittimità derivata, in quanto il Comune dopo la presentazione delle osservazioni da parte del Pe. aveva omesso di considerare le stesse nel provvedimento di diniego, disattendendole in maniera apodittica e acritica, ciò in contrasto con il prevalente orientamento giurisprudenziale;
b) violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per carenza di motivazione, acriticità, genericità, sviamento ed illegittimità derivata, per la mancanza di una motivazione doverosa, sufficiente, congrua e logica e la mancanza di repliche alle osservazioni del Pe.;
c) eccesso di potere per omesso esame dei documenti, per vizi istruttori, per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, ritenendo la completa omissione dell’esame della documentazione prodotta, che ove fossero stati esaminati avrebbero condotto al rilascio del richiesto permesso.
Il ricorrente chiedeva pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato, con ogni altro atto ad esso preordinato, connesso e dipendente, unitamente all’accertamento della fondatezza della richiesta del permesso di costruire e al riconoscimento del relativo diritto.
2.1. L’intimato Comune di (omissis) non si costituiva in giudizio.
2.2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. III, con la sentenza n. 335 del 28 febbraio 2020, ritenendo fondato il primo motivo, accoglieva il ricorso, considerata sussistente la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990. Invero, il giudice di prime cure ha rilevato l’assenza di un compiuto esame da parte del Comune delle osservazioni formulate dal privato, limitandosi l’ente semplicemente a rilevarne la intempestività, nonostante il previsto termine di dieci giorni non abbia natura perentoria e rilevato anche il mancato apporto di un contributo processuale utile per far constatare l’eventuale insuperabilità delle ragioni ostative all’accoglimento della domanda.
Il Tribunale ha infine compensato tra le parti le spese di lite.
3. Il Comune di (omissis) ha proposto appello corredato da domanda cautelare, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto (da pagina 4 a pagina 9 del ricorso) le censure riassumibili nei seguenti termini:
a) l’erroneità dell’impugnata pronuncia nel non aver rilevato, da un lato, che le osservazioni prodotte dagli istanti a seguito del preavviso di rigetto nulla aggiungevano alle ragioni espresse dal Comune, dall’altro, che l’Amministrazione nel provvedimento definitivo dava conto dell’avvenuto esame delle controdeduzioni;
b) ad ogni modo, essendo il provvedimento di diniego un atto vincolato, la mancata comunicazione del preavviso di diniego non determina, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990, effetti vizianti, né impone un’analitica confutazione in merito ad ogni controdeduzione dell’interessato, essendo sufficiente un iter motivazionale dal quale emergano le ragioni del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni del privato.
3.1. Si è costituito in giudizio il signor Pe. Gi., il quale, depositando memoria difensiva:
a) ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per violazione del dovere di specificità delle censure imposto dall’art. 101, comma 1, c.p.a.;
b) ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per violazione del divieto dei nova sancito art. 104, comma, 1 c.p.a.;
c) ha dedotto l’infondatezza dell’appello nel merito;
d) ha riproposto i motivi del ricorso introduttivo del giudizio non esaminati in primo grado.
4. Con ordinanza di questa sezione n. 6870 del 27 novembre 2020 è stata accolta la domanda cautelare “Considerato che le eccezioni di inammissibilità dell’appello proposto dall’amministrazione appaiono ictu oculi infondate sia in fatto che in diritto; Rilevato che, allo stato, i tre motivi posti a sostegno dell’originario ricorso di primo grado non appaiono suscettibili di favorevole esame alla stregua delle risultanze documentali e delle norme e principi che governano il rilascio dei permessi di costruire”.
5. Le parti hanno scambiano ulteriori memorie, con deposito in data 22 febbraio 2021 da parte del privato e in data 3 marzo 2021 da parte del Comune in replica. Il Comune, in particolare, ha eccepito, per un verso, l’inammissibilità della domanda – spiegata da controparte in appello – di condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, in assenza di specifico ricorso incidentale, e, per altro verso, l’inammissibilità della riproposizione da parte dell’appellato dei motivi di primo grado non esaminati, perché effettuata mediante un mero richiamo per relationem al ricorso originario.
5.1. Il Comune appellante ha infine presentato istanza di passaggio in decisione della causa ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28.
6. All’udienza del 25 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
7. In via preliminare, il Collegio rileva l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità dell’appello svolte dal signor Pe., atteso che:
a) quanto alla eccezione di violazione dell’art. 101, comma 1, c.p.a., con l’atto di appello il Comune ha proposto due autonomi mezzi di gravame sufficientemente specifici e chiaramente volti a censurare le sfavorevoli statuizioni del primo giudice;
b) quanto alla eccezione di violazione dell’art. 104, comma, 1 c.p.a., considerato che nel processo amministrativo non esiste l’istituto della contumacia con il suo carico di preclusioni, il divieto dei nova in sede di appello, in relazione alla posizione processuale dell’Amministrazione intimata soccombente in primo grado, vale esclusivamente per le eccezioni in senso stretto e non per le mere difese, articolate nell’atto di appello in esame, o per le questioni comunque rilevabili d’ufficio, ad eccezione di quelle inerenti la giurisdizione o la competenza (cfr. ex plurimis Cons. Stato, ad, plen. n. 4 del 2018, n. 5 del 2015; sez. V, n. 3462 del 2015).
8. Nel merito, l’appello è fondato e deve pertanto essere accolto, potendosi pertanto prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevate dall’appellante con la memoria di replica avverso la difesa avversaria.
8.1. Il Collegio esamina direttamente il ricorso di primo grado – che, del resto, individua e perimetra ab origine l’oggetto del giudizio, ai sensi dell’art. 104 c.p.a. – ed evidenzia quanto segue, con riferimento all’ordine delle doglianze articolato nel ricorso di primo grado.
9. Con il primo motivo, l’originario ricorrente lamentava la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, per non avere il Comune esaminato e contro dedotto alle osservazioni rese dall’istante a fronte del preavviso di diniego.
9.1. Il motivo non è fondato, atteso che il Comune, come risulta dal provvedimento definitivo di diniego del permesso di costruire, effettuava una valutazione nel senso della irrilevanza delle osservazioni formulate dai privati, ritenendo sufficiente a tal fine “la completezza motivazionale già fornita in precedenza nel “preavviso di diniego””.
Tale motivazione risulta congrua, anche in considerazione del fatto che le osservazioni, come anticipato innanzi, venivano rese dagli interessati quando era ormai scaduto il termine di legge e che, di conseguenza, l’Amministrazione comunale ben avrebbe potuto emanare il diniego senza attendere tali osservazioni tardive.
10. Parimenti infondati si palesano i motivi di ricorso secondo e terzo, che in quanto strettamente connessi sono suscettibili di trattazione congiunta, attinenti – il primo – alla insufficiente motivazione dell’impugnato provvedimento di diniego e – il secondo – al difetto di istruttoria ravvisabile nell’omesso esame della documentazione prodotta.
10.1. Al riguardo, il Collegio non ritiene in alcun modo configurabile il dedotto difetto di motivazione e di istruttoria, in considerazione dell’indole tendenzialmente vincolata del permesso di costruire, come affermato dalla costante giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2366 del 2018, sez. VI, n. 6265 del 2018), secondo cui:
a) il provvedimento di diniego dell’istanza di rilascio del permesso di costruire non è sottoposto all’onere di preventiva comunicazione, di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, ciò in quanto tale provvedimento è un atto sostanzialmente vincolato, pertanto, ai fini della sua adozione, l’Amministrazione deve semplicemente vagliare la conformità dell’intervento edilizio alla normativa primaria e secondaria, nonché agli strumenti urbanistici (Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 2019, n. 2305);
b) “la natura vincolata delle determinazioni in materia di abusi edilizi e, quindi, anche delle determinazioni di sanatoria, esclude la possibilità di apporti partecipativi dei soggetti interessati e, conseguentemente, anche di un obbligo di previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della relativa domanda. Ciò anche in applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della l. n. 241/1990, secondo cui il mancato preavviso di diniego non produce effetti vizianti ove l’Amministrazione non avrebbe comunque potuto emanare provvedimenti diversi da quelli in concreto adottati” (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio 2019, n. 5122; conf. Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2020, n. 1029);
c) il diniego di sanatoria è atto vincolato, cosicché la mancata comunicazione del preavviso di diniego non comporta, in base al principio di cui al citato art. 21-octies, comma 2, effetti vizianti, ove il Comune non avrebbe potuto emanare provvedimenti differenti (cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 marzo 2020, n. 1925; id., sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2714).
10.2. Pertanto, stante la non conformità urbanistica ed edilizia dell’intervento costruttivo, il Comune, ai sensi dell’art. 21-octies l. n. 241 del 1990 non avrebbe potuto prendere una decisione diversa.
Del resto, quanto alla dedotta violazione dell’art. 10-bis l. n. 241 del 1990 ed all’inconfigurabilità di tale vizio nel caso di specie, la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, n. 1508 del 2018; Sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5868; Sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3667; Sez. I, 25 marzo 2015, n. 80/15; Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 67; Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2548) ha stabilito che:
a) il modulo partecipativo consistente nel preavviso di diniego non deve ridursi a mero simulacro formale, ma mira a dar luogo ad un contraddittorio predecisorio, fondato sulla motivazione del provvedimento prefigurato dell’amministrazione, anticipando il meccanismo dialettico che ha luogo nel processo, con la conseguenza che la pubblica amministrazione è tenuta ad enunciare per intero la motivazione già nel preavviso, e che le sole aggiunte consentite (anzi doverose) nel provvedimento finale sono quelle di risposta alle osservazioni dell’interessato;
b) ciò nonostante, l’obbligo del preavviso di rigetto non impone, ai fini della legittimità del provvedimento adottato, la confutazione analitica delle deduzioni dell’interessato, essendo sufficiente la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno del provvedimento finale con esclusione dell’ipotesi (che non ricorre nel caso in esame) dell’adozione del provvedimento sulla base di motivazioni del tutto nuove e non enucleabili dalla comunicazione ex art. 10-bis l. n. 241 del 1990;
c) per altro verso, la carica patologica che può derivare dalla eventuale pretermissione di tale strumento partecipativo può essere neutralizzata dal principio di dequotazione dei vizi formali, trovando applicazione l’art. 21-octies relativo alla non annullabilità degli atti per omessa comunicazione di avvio laddove l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
10.3. Peraltro, tale impostazione trova conferma, a contrario, dall’esame della norma sancita dall’art. 12, d.l. n. 76 del 2020 – convertito con modificazioni nella l. n. 120 del 2020 inapplicabile ratione temporis – nella parte in cui ha novellato gli artt. 10-bis e 21-octies, l. n. 241 del 1990 (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV n. 594 del 2021 e n. 8418 del 2020).
Di conseguenza, con riferimento al caso di specie in considerazione della mancata conformità urbanistica ed edilizia dell’intervento de quo, anche in applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, nel testo all’epoca vigente, dunque prima della modifica introdotta dal decreto-legge n. 76 del 2020, l’inosservanza delle garanzie procedimentali della stessa legge non comporta l’illegittimità dell’atto quando nessuna effettiva influenza avrebbe potuto avere la partecipazione del privato rispetto alla concreta portata del provvedimento finale, il cui contenuto, pure se discrezionale, non avrebbe potuto essere diverso, e il riesercizio del potere non consentirebbe comunque di portare all’attribuzione del bene della vita richiesto dall’interessato (da ultimo, anche per riferimenti ulteriori, Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2020, n. 7043; sez. II, 9 giugno 2020, n. 3675; sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1144; sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1081; sez. IV, 28 marzo 2019, n. 2052; sez. IV, 3 dicembre 2018, n. 6824; sez. V, 9 maggio 2017, n. 2117).
8. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso originario.
9. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 7980/2020, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso originario (R.G. n. 1561/2012).
Condanna il signor Gi. Pe. al pagamento in favore del Comune di (omissis) delle spese del doppio grado di giudizio, nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2021 svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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