Al fine di apprezzare la compatibilità con i valori del paesaggio di una pluralità di interventi legati tra loro da un intrinseco collegamento funzionale

Consiglio di Stato, Sentenza|12 aprile 2021| n. 2974.

Al fine di apprezzare la compatibilità con i valori del paesaggio di una pluralità di interventi legati tra loro da un intrinseco collegamento funzionale, non è consentita una valutazione atomistica degli stessi, ma occorre, piuttosto, procedere a un giudizio unitario e complessivo dell’insieme delle opere realizzate.

Sentenza|12 aprile 2021| n. 2974

Data udienza 18 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Pluralità di interventi collegati funzionalmente – Zona vincolata – Condono – Compatibilità con i valori del paesaggio – Valutazione atomistica – Non è ammessa

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7160 del 2020, proposto da
Co. D’E. e Ne. Ec. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Al. Me., con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. An., in Roma, piazza (…);
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via (…), è domiciliato ex lege;
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Re., con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Br. Sa., in Roma, via (…);
Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
nei confronti
Lu. Pa., rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Sa. Es., con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 00543/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Lu. Pa. e di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo e di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Udita la relazione del Cons. Alessandro Maggio all’udienza telematica del giorno 18/3/2021, svoltasi in videoconferenza, ai sensi degli artt. 4, comma 1, D.L. 30/4/2020 n. 28 e 25, comma 2, del D.L. 28/10/2020, n. 137, mediante l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”, come da circolare 13/3/2020, n. 6305 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La sig.ra Co. D’E. è comproprietaria, nel Comune di (omissis), di un locale con destinazione commerciale concesso in locazione alla Ne. Ec. s.r.l., la quale lo utilizza per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
La sig.ra D’E. è, altresì, comproprietaria dell’adiacente area cortilizia con sottostante cisterna-cantina posta a tergo del suindicato locale e della relativa vanella di accesso all’area da (omissis).
Nel corso degli anni la medesima sig.ra D’E. ha eseguito sull’immobile in questione svariati interventi abusivi consistenti in particolare:
a) nella trasformazione della vanella in locale chiuso accessibile dal latistante esercizio commerciale mediante l’apertura di un varco interno sul muro perimetrale, e la realizzazione in fondo al restrostante cortile di una baracca a uso deposito (abusi oggetto di istanza di sanatoria ex artt. 31 e ss. della L. n. 47/1985 su cui è stato negato il nulla osta paesaggistico con provvedimento comunale 18/9/2018 n. 36 basato sul parere della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per
l’Area Metropolitana di Napoli n. 13960 del 7/9/2018);
b) nello sbancamento di parte del terrapieno posto a tergo del locale commerciale, con realizzazione di un nuovo ambiente di mq. 111,55 collegato con l’ex vanella (abuso per il quale è stata presentata istanza di condono ex art. 39 della L. n. 724/1994, oggetto del decreto comunale 18/9/2018, n. 37 con cui, sulla base del parere della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli prot. n. 13963 del 7/9/2018, è stato negato il parere paesaggistico);
c) nell’abbassamento del piano di calpestio del locale sub b) con parziale sostituzione delle strutture portanti, demolizione di murature interne e rifacimento della scala di collegamento tra il locale e la sovrastante area cortilizia (abusi oggetto dell’istanza di condono ex art. 32 del D.L. n. 269/2003 su cui è intervenuto parere paesaggistico negativo reso con decreto comunale 18/9/2018, n. 38, fondato sul presupposto parere della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli prot. n. 13962 del 7/9/2018);
d) nella modifica della pendenza del tetto della vanella per la quale in data 5/10/2016 è stata presentata istanza, integrata il 29/3/2107, ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, esitata negativamente dal punto di vista paesaggistico con decreto comunale n. 39 del 18/9/2018, fondato sul presupposto parere della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e
Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli prot. n. 570 del 12/4/2018.
I menzionati dinieghi di nulla osta paesaggistico sono stati, rispettivamente, impugnati dalla sig.ra D’E. con i seguenti ricorsi al T.A.R. Campania – Napoli: ricorso n. 4275/2018 quanto al parere sub a); ricorso n. 4278/2018 quanto al parere sub b); ricorso n. 4280/2018 quanto al parere sub c); ricorso 4281/2018 quanto al diniego di autorizzazione sub d).
Nelle more dei giudizi il comune ha adottato tre distinti provvedimenti: prot. n. 18121, prot. n. 18122 e prot. n. 18124, tutti in data 18/10/2018, con cui ha, rispettivamente, negato i condoni edilizi di cui alle superiori lett. a), b) e c)
I tre atti sono stati impugnati dalla sig.ra D’E. con altrettanti ricorsi per motivi aggiunti.
Pareri paesaggistici negativi e dinieghi di condono di cui sopra sono stati gravati anche dalla Ne. Ec. con autonomo ricorso al medesimo Tribunale rubricato al n. 4675/2018.
Con ordinanza 5/12/2018 n. 15 il comune ha, infine, vietato la prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti che la detta società ha impugnato con motivi aggiunti al ricorso n. 4675/2018.
L’adito Tribunale con sentenza 5/2/2020, n. 543, riuniti tutti le suddette impugnazioni, le ha respinte.
Avverso la sentenza hanno proposto appello la sig.ra D’E. e la Ne. Ec..
Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC), il Comune di (omissis) e il sig. Lu. Pa., proprietario di un’unità abitativa contigua all’area interessata dai descritti abusi edilizi.
Con successive memorie tutte le parti, a eccezione del MIBAC, hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.
All’udienza telematica del 18/3/2021 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel ritenere lo stato dei luoghi del tutto differente da quello documentato nelle istanze di condono e non condivisibile l’impostazione atomistica seguita dall’appellante nel considerare le opere eseguite come indipendenti l’una dall’altra, occorrendo, invece, recuperarne una visione di insieme tale da mettere in risalto il collegamento funzionale degli interventi realizzati.
Difatti, come emergerebbe dalla documentazione agli atti, le opere su cui la Soprintendenza avrebbe dovuto pronunciarsi sarebbero state soltanto la chiusura della vanella e il locale interrato di mq 111,55, essendo stati, tutti gli altri abusi, già eliminati o in corso di eliminazione, stante l’espressa rinuncia della sig.ra D’E. alla relativa sanatoria. Ciò avrebbe dovuto indurre la Soprintendenza, prima, e il Tribunale, poi, a considerare autonomamente le singole opere, escludendo quel collegamento funzionale tra le stesse che solo avrebbe potuto consentito di considerarle unitariamente.
Col terzo motivo parte appellane lamenta che il principio giurisprudenziale richiamato dal Tribunale circa la necessità di procedere a una valutazione complessiva degli abusi non sarebbe applicabile nelle ipotesi, come quella di specie, in cui l’attività edilizia illecita si sia sviluppata progressivamente nel tempo e sia stata oggetto di istanze di condono e di sanatoria presentate in tempi diversi.
Le due doglianze, che si prestano a una trattazione congiunta, non meritano accoglimento.
In base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, al fine di apprezzare la compatibilità con i valori del paesaggio di una pluralità di interventi legati tra loro da un intrinseco collegamento funzionale, non è consentita una valutazione atomistica degli stessi, ma occorre, piuttosto, procedere a un giudizio unitario e complessivo dell’insieme delle opere realizzate (Cons. Stato, Sez. VI, 1/4/2021, n. 2721; 19/10/2020, n. 6300; Sez. V, 12/10/2018, n. 5887).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto parte appellante deduce, deve ritenersi che il giudice di prime cure abbia fatto corretta applicazione dell’enunciato principio di diritto, escludendo, in virtù di ciò, che le opere oggetto dei denegati condoni edilizi potessero sfuggire a una valutazione paesaggistica globale, estesa a tutti gli interventi complessivamente realizzati.
E invero, occorre in primo luogo rilevare che gli atti invocati dall’appellante a sostegno della tesi secondo cui sarebbero rimaste da valutare ai fini paesaggistici soltanto la chiusura della vanella e il locale interrato di mq 111,55, essendo stati, tutti gli altri abusi, già eliminati o in corso di eliminazione stante l’espressa rinuncia della sig.ra D’E. alla relativa sanatoria non sono idonei allo scopo.
Trattasi, infatti, di documentazione (perizie di parte e allegato dossier fotografico), successiva ai gravati dinieghi paesaggistici e comunque inadatta a esprimere la volontà della sig.ra D’E. di rinunciare alla sanatoria delle opere diverse dalla vanella e al locale interrato, volontà che, peraltro, non risulta in alcun altro modo manifestata.
D’altra parte, ammesso anche che dovessero costituire oggetto di valutazione paesaggistica soltanto la vanella e il locale interrato di mq 111,50, la conclusione non avrebbe potuto essere differente.
Infatti, si tratta di opere fra loro contigue e adiacenti a un locale preesistente (non oggetto di richiesta di sanatoria), al quale risultano funzionalmente collegate per essere anch’esse destinate all’esercizio dell’attività di ristorazione, e che, al momento dell’adozione degli avversati pareri paesaggistici negativi, erano, inoltre, comunicanti tra loro e col suddetto locale.
In definitiva i menzionati lavori, seppur eseguiti in tempi successivi, configuravano, quando la Soprintendenza ha espresso i pareri di propria competenza, un unitario e complesso abuso edilizio che, come tale, richiedeva, una valutazione paesaggistica d’insieme.
Col secondo motivo si denuncia che il Tribunale avrebbe erroneamente
affermato che se i vari abusi fossero stati isolatamente considerati si sarebbe persa “di vista l’entità e l’impatto sul paesaggio e sull’ambiente circostante dell’attività edificatoria posta in essere”.
E invero, eccettuata l’apposizione di una porta in vetro all’ingresso della ex vanella in luogo del preesistente cancello, le ulteriori opere realizzate, in quanto interrate o comunque poste all’interno di una cortina di edifici, non avrebbero potuto arrecare alcun pregiudizio al vincolo paesaggistico d’insieme gravante sul territorio del Comune di (omissis), non essendo visibili da alcun luogo pubblico.
Le conclusioni fatte proprie dal giudice di prime cure contrasterebbero, inoltre, con i principi di tolleranza e proporzionalità che connoterebbero l’esercizio dei poteri della Soprintendenza in materia di pareri connessi ai condoni edilizi.
Col quarto motivo si deduce che non sarebbe condivisibile l’affermazione del Tribunale secondo cui “anche i volumi interrati rilevano sotto il profilo paesaggistico”, atteso che tale conclusione risulterebbe corretta solo con riguardo alle istanze di accertamento di conformità o di compatibilità paesaggistica, ma non anche nel caso, come quello che occupa, in cui sia stato chiesto un condono edilizio, occorrendo in tale ipotesi unicamente una verifica circa la compatibilità dell’opera abusiva col vincolo gravante sull’area.
Peraltro, in base al regolamento edilizio del Comune di (omissis) i locali interrati non determinerebbero volumi computabili dal punto di vista edilizio e quindi sarebbero irrilevanti ai fini paesaggistici.
In ogni caso trattandosi di opere interne non modificherebbero l’aspetto esteriore dell’edificio preesistente e non necessiterebbero, quindi, di nulla osta paesaggistico.
Le due censure, entrambe infondate, possono essere affrontate congiuntamente.
Occorre in primo luogo osservare che, anche la realizzazione di volumi interrati, è oggettivamente idonea a determinare un’alterazione dello stato dei luoghi sicuramente rilevante sotto il profilo paesaggistico (Cons. Stato, Sez. VI, 11/9/2013, n. 4503), e ciò indipendentemente dal fatto che i detti volumi possano essere non computabili a fini edilizi, stante il differente ambito di incidenza dei due diversi interessi (paesaggistico ed edilizio).
Altrettanto dicasi con riguardo alle altre opere oggetto di sanatoria.
E invero, ha rilievo dirimente il fatto che le stesse sono, comunque, in grado di incidere sullo stato dei luoghi, provocandone una trasformazione, il che è sufficiente perché assumano rilevanza sotto il profilo paesaggistico, potendo alla fine impattare sulla estetica dello stesso in modo indiretto, indipendentemente dalla circostanza che le opere in questione non siano visibili da luoghi pubblici in quanto ubicate all’interno di una cortina di edifici.
La circostanza che gli interventi oggetto di causa siano stati oggetto di istanze di condono edilizio e non di accertamento di conformità, fa sì che in ordine agli stessi non operi la preclusione di cui all’art. 167, comma 4, del D.Lgs. 22/1/2004, n. 42, che non consente la sanatoria paesaggistica delle opere che comportino nuove volumetrie, ma lascia, comunque, integro il potere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo di apprezzare la coerenza dei lavori eseguiti con la salvaguardia del bene protetto.
Quanto all’invocato principio di tolleranza e proporzionalità che dovrebbe connotare l’esercizio del potere della Soprintendenza nell’esprimere il proprio parere sulle istanze di condono edilizio, è sufficiente rilevare che un principio siffatto non esiste, dovendosi la suddetta autorità statale limitarsi a esprimere (così come nella specie ha fatto) una valutazione tecnica circa la compatibilità dell’opera realizzata con il valore paesaggistico tutelato.
Col quinto motivo si lamenta che non avrebbero influenza sulla controversia le sentenze con le quali il Tribunale ha respinto i ricorsi proposti contro le ordinanze di demolizione concernenti gli interventi manutentivi operati nell’ex vanella e nel locale interrato (oggetto dell’istanza di condono del 2003), atteso che le stesse non avrebbero inciso sulle pregresse istanze di condono che, se esitate positivamente, avrebbero comportato la sanatoria degli abusi principali a prescindere dalla definitività delle citate ordinanze di demolizione.
Del pari errata sarebbe poi l’affermazione del giudice di prime cure secondo cui i lavori interni al locale interrato non sarebbero stati oggetto di domanda di sanatoria. Peraltro l’abuso concernente l’abbassamento del piano di calpestio del vano in argomento sarebbe stato eliminato, in virtù dell’accordo raggiunto con la Soprintendenza, evidentemente all’esito favorevole della intera complessa vicenda, per cui illegittimamente si sarebbe fatto riferimento a tale illecito per giustificare gli avversati parerei paesaggistici negativi.
La reiezione delle precedenti doglianze rende inammissibile quella qui in esame, atteso che con riguardo al capo di sentenza concernente i profili paesaggistici, le motivazioni risultate esenti da vizi, sono idonee a sorreggere la gravata decisione.
Relativamente al capo di sentenza concernente il disposto divieto di prosecuzione dell’attività commerciale, ha carattere assorbente l’esame dell’ultimo motivo di gravame con cui si lamenta che il Tribunale avrebbe errato a respingere la doglianza con cui era stato dedotto che la chiusura dell’intero locale costituirebbe misura sproporzionata, atteso che questa avrebbe dovuto, al più, riguardare le sole parti abusive e non anche l’originario locale legittimamente realizzato.
Difatti, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure gli abusi realizzati non avrebbero comportato alcuno stravolgimento dell’originario locale commerciale.
La doglianza è fondata.
Il rilascio e il mantenimento di un’autorizzazione commerciale presuppongono la conformità urbanistico – edilizia e, all’occorrenza, paesaggistica, dei locali destinati allo svolgimento dell’attività assentita, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l’attività commerciale esercitata in locali privi della detta conformità (Cons. di Stato, Sez. III, 26/11/2018, n. 6661; Sez. V, 17/7/2014, n. 3793). Tuttavia, laddove, come nella fattispecie, l’abuso riguardi una parte soltanto delle unità immobiliari adibite all’attività commerciale, non è legittimo disporre la chiusura dell’intero esercizio, potendo il divieto riguardare unicamente gli ambienti illecitamente realizzati, peraltro ben distinguibili dalla porzione di immobile munita di titolo abilitativo.
L’appello, limitatamente al capo di sentenza avente a oggetto la chiusura dell’esercizio commerciale, va quindi accolto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, secondo quanto specificato in motivazione, e, per l’effetto, in parziale riforma della gravata sentenza, accoglie negli stessi limiti il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento comunale con cui è stata integralmente inibita la prosecuzione dell’attività commerciale.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *