Nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 28 settembre 2018, n. 42894.

La massima estrapolata:

Nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, oltre ad essere valutati i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato, al fine di pervenire ad una valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua, devono altresì essere riscontrati elementi positivi in base ai quali il giudice possa ragionevolmente ritenere che la misura si possa rivelare “proficua”. Pertanto può ritenersi validamente motivata la reiezione dell’istanza anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali che pongano in luce la negativa personalità dell’istante.

Sentenza 28 settembre 2018, n. 42894

Data udienza 20 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – rel. Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 4211/2016 del Tribunale di sorveglianza di Catania dell’08/03/2017;
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della dott.ssa Marilia Di Nardo, che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’08/03/2017 il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato l’istanza di concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova proposta da (OMISSIS), detenuto in esecuzione della pena di anni tre e mesi due inflitta in relazione al reato di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, (fine pena 11/05/2019).
Il Tribunale ha rilevato che i risultati dell’osservazione della personalita’ apparivano buoni ma non del tutto soddisfacenti e che, nonostante il mantenimento di una condotta regolare e la frequentazione del primo anno di istituto alberghiero sebbene il (OMISSIS) dimostrasse una certa consapevolezza del disvalore della propria condotta antigiuridica (precedenti per lesioni e procedimenti pendenti per violazione alla legge fallimentare e riciclaggio), occorreva verificare nel tempo i propositi di effettiva resipiscenza.
2. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per Cassazione avverso la suindicata ordinanza per violazione di legge e vizio di motivazione.
Si deduce che la motivazione risulta illogica, in quanto il lungo periodo di espiazione di pena pari ad anni uno e mesi due, il corretto comportamento e la fruizione di tutte le opportunita’ risocializzanti offertegli dimostravano l’intrapreso percorso di resipiscenza.
Si evidenzia, inoltre, che la vicenda criminosa risaliva a quattro anni prima, ad un momento di particolari difficolta’ economiche (familiari, e che per fruire della misura richiesta non occorreva l’avvenuta cessazione della pericolosita’ sociale, ma solo l’inizio del processo di rieducazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato.
1. Va premesso che, ai fini della concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova, costituiscono ineludibile punto di partenza, i precedenti penali (Sez. 1, 04/03/1999, Danieli, Rv. 213062), le pendenze processuali (Sez. 1, cit.), le informazioni di polizia (Sez. 1, 11/03/1997, Capiti, Rv. 207998), ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e rei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione poiche’ in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalita’ della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non puo’ in questa sede rimanere nell’ombra.
Certamente nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, devono essere valutati anche i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato, al fine di pervenire ad una valutazione di fronteggiabilita’ della pericolosita’ sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato (Sez. 1, n. 1999 del 13/02/1982).
Del resto, poiche’ non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilita’ di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il giudice possa ragionevolmente “ritenere” che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che – in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istituto – la reiezione dell’istanza di affidamento puo’ considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, quando esse, lungi dal dimostrare elementi certi del genere anzidetto, pongano in luce, al contrario, la negativa personalita’ dell’istante (Sez. 1, n. 2762 del 27/07/1992).
In questo ambito, tuttavia, numerosi sono gli altri fattori da valutare per giungere al giudizio prognostico cui prima si e’ fatto cenno: l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni piu’ profonde di valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruita’ della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante.
2. Cio’ posto, nella fattispecie, il Tribunale ha fondato il convincimento finale sulla gravita’ del reato in espiazione e sulla mancanza di attuali propositi di resipiscenza, giungendo alla conclusione di una attuale inidoneita’ della misura alternativa richiesta alla rieducazione del ricorrente.
L’ordinanza impugnata elenca una serie di aspetti positivi, quali la condotta regolare, la frequentazione dell’istituto alberghiero e la consapevolezza del disvalore della propria condotta antigiuridica, ma evidenzia che il percorso rieducativo gia’ positivamente intrapreso rende comunque “necessaria nel tempo la verifica dei propositi di resipiscenza”; pertanto, allo stato, non emerge che sia stato intrapreso dal condannato un effettivo processo di rielaborazione del proprio vissuto delinquenziale.
Al riguardo, vanno ribaditi principi ormai consolidati, cui il Collegio aderisce: in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui e’ finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per se’, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravita’ del reato per cui e’ intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, ne’ puo’ richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalita’, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 773 del 03/12/2013, dep. 2014, Naretto, Rv 258402).
Il giudice, infatti, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, deve esaminare la tipologia e la gravita’ dei reati commessi e deve verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della personalita’ e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (Sez. 1, n. 31809 del 09/07/2009; Sez. 1, n. 1501 del 12/03/1998). La natura e la gravita’ dei reati per i quali e’ stata irrogata la pena in espiazione, costituenti il necessario punto di partenza per l’analisi della personalita’ del soggetto, sono stati correttamente collegati dal Tribunale alla valutazione, allo stato, della mancanza di un effettivo processo di recupero sociale e dell’assenza di pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, Rv. 264602).
3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (articolo 616 c.p.p.).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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