Nel contratto di “vitalizio alimentare”

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 20 gennaio 2020, n. 1080.

La massima estrapolata:

Nel contratto di “vitalizio alimentare”, quello in cui una persona si impegna nell’assistenza morale e materiale di un’altra – nel caso, la nipote verso la nonna che in cambio le aveva ceduto la nuda proprietà della sua abitazione -, non è possibile farsi sostituire. Neppure dalla propria madre che, nella fattispecie, è la figlia della “vitaliziata”. Si tratta infatti – come scrivevano i latini – di un contratto intuitu personae, basato dunque sul carattere spiccatamente “personale” della prestazione.

Ordinanza 20 gennaio 2020, n. 1080

Data udienza 29 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 20601/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), EREDI (OMISSIS) IMPERSONALMENTE E COLLETTIVAMENTE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2583/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2019 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato:
che con contratto atipico di vitalizio alimentare, stipulato il 30.08.2001, la signora (OMISSIS) cedette la nuda proprieta’ della sua casa di abitazione alla nipote (OMISSIS), figlia della sua figlia (OMISSIS), in cambio del mantenimento e dell’assistenza, vita natural durante, da parte di detta nipote;
che nel 2005 la signora (OMISSIS) convenne (OMISSIS) dinanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione di Piedimonte Matese, chiedendo dichiararsi la risoluzione del suddetto contratto per inadempimento della convenuta all’obbligo di prestarle l’assistenza promessa;
che, a seguito del decesso dell’attrice, il processo venne proseguito dai suoi figli (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre la sorella di costoro, (OMISSIS), spiego’ intervento adesivo a sostegno delle ragioni della propria figlia (OMISSIS);
che la domanda di risoluzione del contratto di vitalizio, accolta da tribunale, e’ stata rigettata, in accoglimento dell’impugnazione della sig.ra (OMISSIS), dalla corte di appello di Napoli;
che la corte distrettuale ha ritenuto che “la accertata sostituzione di (OMISSIS) alla figlia (OMISSIS), tra l’altro, a quel che e’ emerso, impegnata all’epoca nella prestazione di lavoro subordinato a favore di terzi, non costituisce inadempimento, anche perche’ il contenuto per cosi’ dire affettivo della prestazione e’ sorretto nella specie da un medesimo affiato, posti rapporti di madre e figlia intercorrenti tra la (OMISSIS) e (OMISSIS)” (pag. 12 della sentenza, terzultimo rigo e segg.);
che, sotto altro aspetto, la corte distrettuale ha altresi’ ritenuto, per un verso, che “debba gravare” sul vitaliziato l’onere di dimostrare la sussistenza dei “fatti di inadempimento imputabili al vitaliziante” (pag. 14 della sentenza, primo capoverso) e, per altro verso, che nel caso in esame la prova di tali fatti non poteva dirsi raggiunta, al contrario di quanto ritenuto dal primo giudice, “sulla base delle sole dichiarazioni testimoniali che, come si e’ detto, sono del tutto insufficienti” (pag. 14 della sentenza, secondo capoverso);
che i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso, sulla scorta di cinque motivi, per la cassazione della sentenza della corte d’appello di Napoli;
che (OMISSIS) ha depositato controricorso, mentre gli altri intimati – (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ contumaci nel giudizio di secondo grado – non hanno spiegato attivita’ difensiva in questa sede;
che la causa e’ stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 29 aprile 2019, per la quale solo la signora (OMISSIS) ha depositato memoria;
che con il primo mezzo di ricorso, riferito all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (recte 4), i ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 345, comma 3, c.p.c., dolendosi del fatto che il giudice d’appello ha posto a fondamento della propria decisione documenti inutilizzabili perche’ depositati nel giudizio di primo grado dopo il decorso del termine di cui all’articolo 184 c.p.c., e, precisamente, in sede di precisazione delle conclusioni;
che con il secondo motivo di ricorso, riferito all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti denunciano il vizio di motivazione della sentenza impugnata, lamentando che la corte d’appello abbia ritenuto di prendere in considerazione, ai fini della valutazione dell’inadempimento di (OMISSIS), solo il periodo successivo al gennaio 2005 (mese in cui la gestione della signora (OMISSIS) fu di fatto assunta dalla figlia (OMISSIS)) e non anche il periodo intercorso dalla stipula del contratto di vitalizio (agosto 2001) al gennaio 2005;
che con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ribadendo la propria tesi in punto di sussistenza dell’inadempimento da parte di (OMISSIS) agli obblighi assunti con il contratto dedotto in giudizio e contestando, in particolare, la statuizione della corte d’appello in punto di legittimita’ della sostituzione dell’obbligato nell’adempimento degli obblighi di cura e di assistenza assunti con il contratto atipico di vitalizio alimentare;
che il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha ad oggetto l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla circostanza che la signora (OMISSIS) era rimasta presso la propria abitazione anche dopo la stipula del contratto di mantenimento, in base al quale la stessa aveva diritto a vitto e alloggio garantiti dalla nipote (OMISSIS), la quale ultima sarebbe dunque venuta meno al proprio obbligo di assistenza, anche morale, nei confronti della nonna;
che con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione della disciplina in punto di onere della prova, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; in particolare, i ricorrenti lamentano che la corte d’appello abbia attribuito al vitaliziato che agisca per la risoluzione del contratto l’onere della prova dell’inadempimento del vitaliziante;
che il terzo ed il quinto mezzo di impugnazione – i quali censurano, rispettivamente, la prima e la seconda affermazione di diritto su cui si basa la decisione della corte d’appello di Napoli – vanno giudicati fondati;
che infatti, quanto alla statuizione della corte d’appello secondo cui la sostituzione di (OMISSIS) alla figlia (OMISSIS) nello svolgimento delle prestazioni di assistenza alla vitaliziata non costituirebbe inadempimento della vitaliziante, e’ sufficiente rilevare che essa si pone in contrasto col principio dell’infungibilita’ del vitaliziante, derivante dalla natura di contratto intuitu personae (cfr., tra le varie, Cass.8209/16, nella quale si sottolinea che il contratto atipico di “vitalizio alimentare” si differenzia da quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all’articolo 1872 c.c., anche per la natura accentuatamente spirituale delle prestazioni a favore del vitaliziato, le quali, proprio per tale ragione, sono eseguibili unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato, alla luce delle sue proprie qualita’ personali; si veda anche Cass. 13232/17);
che, d’altra parte, la sentenza gravata non contiene alcun accertamento in ordine all’esistenza di una previsione contrattuale concernente la fungibilita’ della persona del beneficiante, cosicche’ nemmeno potrebbe utilmente invocarsi, nella specie, il principio che la naturale infungibilita’ della persona del vitaliziante puo’ essere convenzionalmente derogata (cfr. Cass. 9764/12, nella quale si fa riferimento all’ipotesi che la possibilita’ che l’assistenza venga prestata anche da terzi emerga dal contratto, nell’interpretazione offertane dal giudice di merito);
che parimenti errata risulta l’affermazione della Corte di appello secondo cui grava sul vitaliziato l’onere di provare i fatti di inadempimento imputabili al vitaliziante, avendo questa Corte gia’ avuto modo di chiarire, nella sentenza n. 13232/17, che “e’ poi certo, per il costante orientamento in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione espresso da questa Corte a far tempo da Cass. Sez. U, 30/10/2001, n. 13533, che, ove il beneficiario di siffatte prestazioni assistenziali, costituenti il corrispettivo della cessione di un immobile, agisca per la risoluzione contrattuale, egli deve soltanto provare la fonte negoziale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”;
che nemmeno puo’ condividersi l’assunto del contro ricorrente secondo cui la pronuncia della corte territoriale resisterebbe alla censura in esame in quando si fonderebbe non sulla mancata prova dei fatti allegati dalla (OMISSIS) ma sulla inidoneita’ di tali fatti a dimostrare l’inadempimento della (OMISSIS) alle obbligazioni su di lei contrattualmente
gravanti; come ben chiarito nello stralcio sopra trascritto di Cass. n. 13232/17, il vitaliziato ha l’onere di allegare e di provare la fonte negoziale del suo diritto e ha l’onere di allegare, ma non quello di provare, soltanto “la circostanza dell’inadempimento della controparte”;
che quindi, in definitiva, il terzo ed il quinto mezzo di impugnazione vanno accolti, con conseguente assorbimento degli altri; il primo, il secondo ed il quarto mezzo di ricorso, infatti, censurano gli accertamenti di fatto operati nell’impugnata sentenza (il primo motivo sotto il profilo dell’utilizzabilita’, ai fini di tali accertamenti, delle produzioni documentali dalla signora (OMISSIS) ed il secondo e il quarto motivo sotto il profilo del vizio motivazionale) ma tali accertamenti andranno completamente rinnovati in sede di rinvio, alla luce dei principi di diritto ai quali il giudice del rinvio dovra’ attenersi;
che pertanto l’impugnata sentenza va cassata in relazione al terzo ed al quinto motivo di ricorso, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Napoli che si atterra’ ai seguenti principi di diritto:
– nel contratto atipico di “vitalizio alimentare” le prestazioni a favore del vitaliziato possono essere eseguite, in difetto di diversa pattuizione, unicamente dal vitaliziante contrattualmente individuato;
– nel giudizio avente ad oggetto la domanda di risoluzione del atipico di “vitalizio alimentare” per inadempimento del vitaliziante, quest’ultimo deve soltanto provare la fonte negoziale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento;
che le spese di questo giudizio vanno regolate in sede di rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo ed il quinto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Napoli, che si atterra’ agli enunciati principi di diritto e provvedera’ anche alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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