Nel concordato preventivo con continuità aziendale

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 18 giugno 2020, n. 11882.

La massima estrapolata:

Nel concordato preventivo con continuità aziendale è consentita la dilazione del pagamento dei crediti privilegiati anche oltre il termine di un anno dall’omologazione, purché si accordi ai titolari di tali crediti il diritto di voto e la corresponsione degli interessi. In tal caso, il diritto di voto dei privilegiati dilazionati andrà calcolato sulla base del differenziale tra il valore del loro credito al momento della presentazione della domanda di concordato e quello calcolato al termine della moratoria, dovendo i criteri per tale determinazione essere contenuti nel piano concordatario a pena di inammissibilità della proposta, come si desume sia dall’art. 86 del d.lgs. n. 14 del 2019 che dall’art. 2426, comma 1, n. 8), c.c.

Sentenza 18 giugno 2020, n. 11882

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Fallimento – Reclamo – Concordato – Inammissibilità – Dichiarazione di fallimento – Reclamo – Concordato preventivo – Termine per integrazione proposta ex art. 162, commi 1 e 2, L. Fall. – Concessione non obbligatoria – Trattamento crediti privilegiati – Interessi – Dilazione pagamento – Voto dei creditori – Moratoria per il soddisfacimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. MECOLINO Guido – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 29394/2017 r.g. proposto da:
Fallimento di (OMISSIS) s.r.l. unip., (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del curatore fallimentare Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), presso il cui studio e’ elettivamente domiciliato in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l. unip., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), con la quale elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di (OMISSIS), depositata in data 6.11.2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/2/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI Anna Maria, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il proprio ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avv. (OMISSIS), che ha chiesto respingersi l’avverso ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di (OMISSIS) ha accolto il reclamo proposto ai sensi della L. Fall., articolo 18, dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. unip. nei confronti della curatela fallimentare avverso la sentenza emessa in data 22 dicembre 2015 dal Tribunale di Trapani, con la quale, dopo la dichiarazione di inammissibilita’ del concordato preventivo presentato dalla societa’ debitrice, quest’ultima era stata dichiarata fallita.
La corte del merito ha ritenuto che: a) quanto alla dedotta violazione della L. Fall., articolo 162, comma 2, (ove si prescrive l’audizione in camera di consiglio del debitore prima della declaratoria di inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo) e alla contestata violazione del diritto di difesa, la riunione tra le due procedure, e cioe’ tra quella prefallimentare e quella di ammissione alla procedura concorsuale, aveva assicurato l’attuazione del contraddittorio tra le parti e l’esercizio delle prerogative difensive da parte della societa’ debitrice; b) nonostante la proposta di concordato avanzata dal debitore, con la indicazione di un pagamento in 24 rate mensili, non avesse previsto, in origine, la corresponsione di interessi in favore dei creditori privilegiati, tale previsione era stata superata dalla societa’ proponente che, nelle note a chiarimento, aveva invece indicato risorse per il pagamento degli interessi sui crediti muniti di privilegio, risorse che tuttavia dovevano considerarsi insufficienti; c) erroneamente il tribunale non aveva sottoposto al debitore la questione attinente all’esercizio di voto di creditori privilegiati non immediatamente soddisfatti, con cio’ integrando una violazione del diritto di difesa; d) in relazione all’ammissione al voto dei creditori privilegiati, la questione non era stata sottoposta alla societa’ debitrice, la quale, peraltro, gia’ in sede di reclamo, aveva prospettato dei correttivi per emendare le lacune, prevedendo l’inclusione dei creditori privilegiati entro la classe N (gia’ contemplata dal piano); f) la moratoria dei creditori privilegiati superiore all’anno, senza previsione di interessi, doveva costituire questione rimessa al giudizio di convenienza economica riservata ai creditori.
2. La sentenza, pubblicata il 6.11.2017, e’ stata impugnata dalla curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. unip. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui la (OMISSIS) s.r.l. unip. ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la curatela ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, L. Fall., violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 162, comma 1. Si osserva che era erroneo ritenere che la concessione del termine previsto dall’articolo da ultimo citato fosse funzionale a sollecitare una modifica sostanziale della proposta concordataria: cio’ significherebbe chiedere al tribunale un sindacato preventivo sull’ammissibilita’ della proposta e, al contempo, dilatare i confini di questo sindacato ben oltre la soglia della fattibilita’ giuridica. Evidenzia la curatela che il tribunale poteva solo chiedere integrazioni che implementino il contenuto informativo della proposta, ma non puo’ sollecitarne una modifica e che, peraltro, nel caso in esame, il tribunale aveva concesso piu’ di un termine per integrare il piano.
2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia da parte della corte di merito, in relazione a quanto disposto dall’articolo 112 c.p.c.. Tale omessa pronuncia avrebbe riguardato l’ulteriore profilo di inammissibilita’ della proposta concordataria inerente al trattamento dei fornitori aventi ad oggetto la rivalsa dell’Iva, crediti quest’ultimi assistiti dal privilegio speciale previsto dall’articolo 2758 c.c., comma 2.
3. Il terzo mezzo deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. Fall., articolo 162, comma 2, nonche’ degli articoli 55 e 169, medesima legge. Si evidenzia che la proposta, nella sua originaria formulazione, non prevedeva il pagamento di interessi sui crediti privilegiati, come la societa’ debitrice ammetteva nella sua memoria difensiva e che, invece, era da applicarsi il principio fondamentale secondo cui la procedura concordataria non sospende il corso degli interessi sui crediti privilegiati.
4. Con il quarto motivo la ricorrente articola, sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione della L. Fall., articolo 160, comma 2. Si evidenzia che, anche secondo la giurisprudenza di legittimita’, la proposta concordataria puo’ prevedere il pagamento dilazionato dei crediti privilegiati, dovendosi tuttavia precisare che, per quanto integrale, un pagamento dilazionato implica un soddisfacimento solo parziale dei creditori, perche’ il ritardo con il quale questi conseguono la disponibilita’ delle somme loro spettanti si traduce in una perdita economica. Si evidenzia che il pagamento degli interessi maturati era incerto sia nell’an che nel quantum e che, comunque, gli interessi erano dovuti ai sensi del combinato disposto della L. Fall., articoli 55 e 169.
5. Il ricorso e’ fondato nei limiti qui di seguito precisati.
5.1 Il primo motivo di doglianza e’ fondato.
Osserva la Corte come il provvedimento impugnato abbia legato la lesione del diritto di difesa della societa’ proponente alla mancata sottoposizione a quest’ultima da parte del tribunale – che aveva, poi, decretato l’inammissibilita’ della proposta concordataria – della questione relativa alla necessita’ dell’esercizio del voto da parte dei creditori privilegiati non soddisfatti integralmente, perche’ pagati con dilazione e senza la corresponsione di interessi.
5.1.1 Sul punto, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, la mancata formulazione da parte del giudice, nel corso dell’udienza camerale, di osservazioni critiche in ordine alla proposta concordataria non impedisce al proponente di richiedere, nel suo interesse, un termine per integrarla, in relazione ad eventuali profili di inammissibilita’ che potrebbero pur sempre emergere in sede di decisione, mentre la L. Fall., articolo 162, comma 1, attribuisce al giudice un potere discrezionale, il cui omesso esercizio non necessita di motivazione, ne’ e’ censurabile in sede di legittimita’ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21901 del 25/09/2013).
Va precisato che, relativamente alla fase di ammissione, spetta, in buona sostanza, al tribunale di controllare la corretta formulazione della proposta, presupposto indispensabile al fine della garanzia della corretta formazione del consenso dei creditori. E, in tale ambito, come puo’ ricavarsi dal disposto della L. Fall., articolo 162, comma 2, che impone al tribunale di dichiarare l’inammissibilita’ della proposta qualora non ricorrano i presupposti di cui alla L. Fall., articolo 160, commi 1 e 2, e articolo 161 (in essi compresi dunque anche quelli concernenti la veridicita’ dei dati indicati e la fattibilita’ del piano) e’ conferito al giudice il compito di esaminare criticamente la relazione del professionista che accompagna il piano indicato dall’imprenditore, verificando che l’attestazione di veridicita’ dei dati aziendali e della fattibilita’ del piano medesimo non solo trovi puntuale riscontro nella documentazione allegata, ma sia sorretta da argomentazioni logiche, idonee a dar conto della congruita’ delle conclusioni assunte rispetto ai profili di fatto oggetto di esame (cosi’, sempre Cass. n. 21901/2013, cit. supra).
In realta’, cio’ che maggiormente rileva e’ che l’articolo 162, comma 1, sopra citato, nello stabilire che il tribunale “puo'” (e non “deve”) concedere il termine in questione, attribuisce al giudice un potere di natura discrezionale, il cui mancato esercizio – come gia’ sopra precisato – non necessita di motivazione e non e’ censurabile in sede di legittimita’.
5.1.2 In tema di concordato preventivo, il controllo del tribunale nella fase di ammissibilita’ della proposta, ai sensi della L. Fall., articoli 162 e 163, ha per oggetto principalmente la completezza e la regolarita’ della documentazione allegata alla domanda, con la conseguenza che, quanto all’attestazione del professionista circa la veridicita’ dei dati aziendali e la fattibilita’ del piano, il giudice si deve limitare al riscontro di quegli elementi necessari a far si’ che detta relazione – inquadrabile nel tipo effettivo richiesto dal legislatore, dunque aggiornata e con la motivazione delle verifiche effettuate, della metodologia e dei criteri seguiti – possa corrispondere alla funzione, che le e’ propria, di fornire elementi di valutazione per i creditori (cosi’, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3586 del 14/02/2011). Ne’ ad uno scopo diverso assolve l’eventuale termine concesso al debitore dal tribunale, L. Fall., ex articolo 162, comma 1, al fine della integrazione del piano e della produzione di nuovi documenti, essendo tale possibilita’ diretta a soddisfarne maggiormente la completezza informativa al fine di assicurare il consenso informato dei creditori (cosi’, sempre Cass., n. 3586/2011, cit. supra).
5.1.3 Cio’ posto, risulta evidente come la Corte di appello sia incorsa, nella decisione impugnata, nella denunciata violazione del disposto normativo di cui alla L. Fall., articolo 162, commi 1 e 2, atteso che non rappresenta un obbligo del tribunale quello di concedere un termine per modificare da parte del debitore proponente l’originaria domanda di concordato, allorquando la proposta sia ritenuta inammissibilmente proposta. A rigore, poi, tale termine e’ previsto, ai sensi della L. Fall., articolo 161, comma 1, solo “per apportare integrazioni al piano e per produrre nuovi documenti”.
5.1.4 Va, peraltro, aggiunto come, nel caso in esame, il Tribunale avesse comunque concesso piu’ di un termine per integrare il piano, sicche’ la denunciata violazione risulta viepiu’ evidente.
Deve, pertanto, ritenersi come la pretesa violazione del diritto di difesa del debitore non sia neanche astrattamente predicabile nel caso in esame. Invero, dalla ricostruzione della vicenda processuale emerge che la (OMISSIS) s.p.a. era stata resa edotta dei profili di inammissibilita’ del piano concordatario prima della celebrazione dell’udienza di cui alla L. Fall., articolo 162, di talche’ la societa’ debitrice avrebbe potuto di sua iniziativa riformulare la proposta. Va, per completezza, evidenziato come neanche emerga dalla stessa ricostruzione della vicenda procedurale, oggi in scrutinio, che la societa’ debitrice avesse richiesto un ulteriore termine per apportare modifiche alla proposta ed al piano concordatario.
Ne consegue che la tesi accolta dalla corte territoriale risulta, all’evidenza, errata nella parte in cui attribuisce al tribunale addirittura il compito di delineare una proposta di concordato, ammissibile (ed alternativa, dunque, a quella formalizzata dal debitore), ipotizzando che l’udienza prevista dalla L. Fall., articolo 162, comma 2, dovesse essere necessariamente rinviata per consentire al debitore di adeguarsi alle indicazioni fornite.
5.2. Il secondo motivo di censura e’ invece infondato.
5.2.1 E’ pur vero che la corte territoriale non si e’ pronunciata sull’ulteriore profilo di inammissibilita’ della proposta concordataria dedotta dalla curatela in sede di reclamo e relativo al trattamento dei fornitori aventi ad oggetto la rivalsa Iva; tuttavia la censura (riguardante, invero, una questio iuris) deve ritenersi, nel merito, giuridicamente infondata e dunque non apprezzabile in questa sede al fine dell’accoglimento del motivo di censura dedotto come violazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’articolo 112 c.p.c., dovendosi ricordare che, per unanime affermazione di questa Corte, il difetto di motivazione – che riguardi (come nel caso in esame) una questione di diritto infondata – non puo’ determinare, per ragioni di economia processuale, la cassazione del provvedimento impugnato con regressione alla precedente fase del giudizio (Cass. 3388/2005; Cass. 8561/2006; Cass. 28663/2013; Cass. Sez. Un. 2731/2017).
5.2.2 Sul punto, e’ infatti necessario ricordare che, sempre secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte (cfr., Sez. 1, n. 24970/2013), anche nel concordato preventivo, come riformato dal Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, vale la regola generale, secondo cui, a differenza che nel fallimento, la mancanza nel compendio patrimoniale del debitore del bene gravato da privilegio non impedisce l’esercizio del diritto di prelazione, con la conseguenza che il credito va soddisfatto integralmente; cio’ a condizione, pero’, che il proponente non si sia avvalso della facolta’, introdotta dalla L. Fall., novellato articolo 160, comma 3, di limitare la soddisfazione dei creditori privilegiati alla sola parte del loro credito, che troverebbe capienza nell’ipotesi di liquidazione del bene gravato.
5.2.3 Cio’ posto, osserva la Corte come dalla stessa enunciazione del motivo di doglianza prospettato dalla curatela ricorrente si evinca che il privilegio speciale di cui all’articolo 2758 c.c., comma 2, – che non consentirebbe, almeno per i crediti di rivalsa, la collocazione dei fornitori dei farmaci nelle due categorie di creditori chirografari strategici e non strategici indicati nel piano (classe F e classe G) – riguarda beni farmaceutici, in realta’, oramai confusi nel magazzino e, peraltro, in parte anche consumati, e dunque non individuabili nella loro consistenza ed entita’.
Risulta, dunque, corretta l’indicazione dei predetti creditori nelle classi dei creditori chirografari sopra indicate.
5.3 Il terzo e quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente e devono essere rigettati.
5.3.1 Sul punto, occorre fornire continuita’ applicativa a quella giurisprudenza gia’ espressa da questa Corte, secondo la quale, in materia di concordato preventivo, la regola generale e’ quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati, sicche’ l’adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della liquidazione, in caso di concordato cosiddetto “liquidativo”) equivale a soddisfazione non integrale degli stessi in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, rispetto ai tempi “normali”, con il quale i creditori conseguono la disponibilita’ delle somme ad essi spettanti (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10112 del 09/05/2014; Sez. 1, Sentenza n. 20388 del 2 6/09/2014; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2422 del 04/02/2020).
5.3.2 Occorre ricordare che, con la riforma della L. Fall., articolo 160, operata con il Decreto Legislativo n. 169 del 2007, “la proposta puo’ prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purche’ il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d)”. Coerentemente, poi, la nuova formulazione dell’articolo 177, comma 3, prevede che, ai fini della legittimazione al voto, “i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”. Va anche ricordato che, nel regime previgente, anche i creditori muniti di privilegio speciale su beni non piu’ esistenti (o non rinvenuti) erano esclusi dalle operazioni di voto, salvo che avessero rinunciato alla prelazione. Inoltre, l’ammissione dell’imprenditore al concordato preventivo postulava l’integrale pagamento dei crediti privilegiati immediatamente dopo l’omologazione del concordato, sia perche’ l’articolo 160, ante riforma, nel condizionare la proposta di concordato al pagamento, entro sei mesi, dei crediti chirografari, e, in caso di dilazione maggiore, alla prestazione di garanzie anche per il pagamento degli interessi, implicitamente presupponeva l’immediato pagamento dei crediti privilegiati, sia perche’ solo l’obbligo dell’immediata soddisfazione di tali crediti giustificava l’esclusione dei creditori privilegiati dal voto per l’approvazione del concordato e la necessita’, per partecipare ad esso, della loro rinunzia alla prelazione (Cass. Sez. 1, n. 12632/1992; Cass., Sez. 1, n. 6901/2010).
5.3.3 Del resto, era stato correttamente osservato nel precedente arresto sopra ricordato: “che la norma innanzi indicata avesse natura innovativa e, dunque, non interpretativa, era perfettamente chiaro al Legislatore, posto che nella Relazione illustrativa del D.Lgs., c.d. “correttivo” e’ esplicitata la ragione dell’innovazione evidenziandosi che “la normativa precedentemente in vigore non consentiva, in sede di concordato preventivo, ed a differenza di quanto poteva invece accadere nell’ambito di un concordato fallimentare, di offrire un pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, neppure con riferimento a quella parte del loro credito destinata a rimanere comunque insoddisfatta avuto riguardo al presumibile valore di realizzo dei beni sui quali il privilegio cade” (cfr. Cass. n. 10112/2014, cit. supra).
Deve, dunque, ritenersi che il legislatore abbia voluto incentivare ulteriormente il ricorso allo strumento concordatario della soluzione della crisi di impresa, eliminando cosi’ un’illogica diversita’ di disciplina rispetto al concordato fallimentare e prevedendo che anche la proposta di concordato preventivo possa contemplare il pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, sempreche’ la misura del soddisfacimento proposta non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di vendita dei beni sui quali il privilegio cade.
5.3.4 La conferma della tesi favorevole all’ammissibilita’ della dilazione del pagamento dei crediti privilegiati trova, oggi, l’appiglio normativo previsto dalla L. Fall., articolo 186 bis, lettera c), (introdotto con Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012) secondo il quale, nel concordato con continuita’ aziendale, piano puo’ prevedere, fermo quanto disposto dall’articolo 160, comma 2, una moratoria sino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto”.
Qui l’esclusione del diritto di voto – con una sorta di “moratoria” coatta paragonabile a quella di cui all’abrogato istituto dell’amministrazione controllata – vale come conferma – a contrario, per i concordati senza continuita’ aziendale – del principio generale sancito dalla L. Fall., articolo 177, comma 3, secondo il quale “i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito” (cosi’, sempre Cass. n. 10112/2014, cit. supra).
Deve, pertanto, concludersi nel senso che, anche alla luce delle finalita’ perseguite dal legislatore con il decreto c.d. correttivo, cosi’ come esplicitate anche nella Relazione illustrativa, se la regola generale e’ quella del pagamento non dilazionato dei crediti privilegiati, allora il pagamento dei crediti medesimi con dilazione superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della stessa liquidazione, in caso di concordato c.d. “liquidativo”) equivale a soddisfazione non integrale di essi e cio’ a causa della perdita economica conseguente al ritardo (rispetto ai tempi “normali”) con il quale i creditori conseguono la disponibilita’ delle somme ad essi spettanti.
5.3.5 Venendo ad affrontare le questioni sopra esaminate nell’ambito del concordato con continuita’ aziendale (che riguarda, piu’ da vicino, il caso oggi qui in esame), va detto che – per quanto gia’ precisato in relazione alla giurisprudenza richiamata – il contenuto del piano concordatario, puo’ contenere, secondo la espressa previsione normativa dettata dall’articolo 186 bis, comma 2, lettera c), una moratoria fino ad un anno dalla omologazione per il pagamento dei crediti muniti di privilegio, pegno ovvero ipoteca, a meno che il piano stesso non preveda la liquidazione dei beni sui quali sussiste la causa di prelazione.
Sul punto, la dottrina ha evidenziato l’opportunita’ di tale previsione normativa in relazione al cosiddetto concordato di ristrutturazione, cioe’ quello in cui l’attivita’ prosegue con lo stesso imprenditore, opportunita’ che e’ stata evidenziata in relazione, da un lato, all’esigenza di chiarire i tempi massimi ex lege previsti per il pagamento dei creditori privilegiati e, dall’altro lato, alla possibilita’ di pagare con dilazione anche i creditori privilegiati, possibilita’ gia’ ammessa nella prassi applicativa e la cui introduzione tuttavia risolve un problema interpretativo assai dibattuto in passato.
5.3.5.1 Cosi’ deve ritenersi – per quanto qui rilevi, in relazione alle censure contenute nel ricorso – che l’ammissione al voto possa essere affermata sulla base della considerazione che il sacrificio del diritto del voto risulta giustificato solo dall’indifferenza rispetto al concordato, che esiste solamente se il pagamento e’ integrale all’omologazione ovvero, secondo taluni, se dilazionato con il riconoscimento degli interessi.
Tuttavia, una simile soluzione interpretativa comporterebbe l’accettazione di una opzione ermeneutica sostanzialmente abrogativa ovvero fortemente riduttiva della portata innovatrice della norma.
Ne consegue che, a fronte della introduzione di una specifica norma che consenta la possibilita’ per il piano concordatario di “una moratoria sino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca”, risulta plausibile ritenere che, in tal caso, la dilazione non richieda l’ammissione al voto e neanche l’inserimento di tali creditori in una specifica classe, trattandosi dell’utilizzazione da parte dell’imprenditore proponente il piano concordatario di una facolta’ prevista
dalla legge.
Per contro, deve ritenersi che, nella misura in cui la moratoria per il soddisfacimento dei creditori privilegiati ecceda il termine di un anno dalla omologazione previsto dalla norma, i creditori privilegiati, al pari di quanto avveniva in passato, saranno chiamati ad approvare la proposta di concordato, se del caso, previo inserimento in un’apposita classe.
Occorre altresi’ aggiungere che nulla vieta che la proposta – nei limiti e alle condizioni di cui alla L. Fall., articolo 160, comma 2, – preveda la mancata integrale soddisfazione dei creditori privilegiati qualora il bene su cui grava il privilegio sia incapiente. Sul punto, attenta dottrina ha evidenziato la diversa terminologia dettata dall’articolo 186 bis, comma 2, lettera c), il cui testo riporta il “pagamento” dei creditori privilegiati, rispetto all’articolo 160, commi 1 e 2, all’interno del quale si parla invece di “soddisfazione” dei creditori (cfr. comma 1), ivi compresi i privilegiati (comma 2). Com’e’ noto, il termine “soddisfazione” dei creditori riveste un contenuto piu’ ampio di quello di “pagamento”, atteso che la soddisfazione puo’ avvenire in forme diverse rispetto al pagamento, come accade nella ipotesi di operazioni straordinarie di conversione del credito nel capitale di rischio ovvero nelle diverse ipotesi di datio in solutum. Deve, pertanto, concludersi nel senso che, qualora la “soddisfazione” del creditore privilegiato non avvenga con un pagamento, a tale creditore dovrebbe essere riconosciuto il diritto di voto.
5.3.5.2 Come sopra rilevato, l’articolo 186 bis, prevede, pertanto, quale speciale beneficio concesso per incentivare la continuita’ aziendale, che, fermo quanto disposto dall’articolo 160, comma 2 (ossia, fatta salva la possibilita’ che creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca non vengano soddisfatti integralmente, in caso di incapienza dei beni oggetto di prelazione, purche’ in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di alternativa liquidazione), il piano possa contemplare una moratoria sino ad un anno dalla omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca.
Come gia’ in premessa tratteggiato, la norma introduce espressamente la possibilita’, che prima della riforma era oggetto di incerte applicazioni nella prassi, di pagare con dilazione anche i creditori privilegiati, ponendo, tuttavia, un limite di tempo massimo alla dilazione, cioe’ il termine annuale dalla omologazione del concordato.
Sul punto, va precisato che la clausola di salvezza in relazione a quanto disposto dall’articolo 160, comma 2, serve a chiarire che, quando la parte del credito prelatizio degradi al chirografo per incapienza del bene su cui grava la prelazione, la dilazione del pagamento puo’ riguardare comunque la residua parte del credito che resta garantita dalla prelazione stessa.
5.3.5.3 La norma in esame non si esprime expressis verbis sulla possibilita’ di una moratoria ultra annuale.
Si deve tuttavia concludere, per le osservazioni gia’ sopra riportate, nel senso della possibilita’ di tale previsione nel piano concordatario con continuita’ aziendale, previa previsione del diritto di voto per i creditori privilegiati “dilazionati” e corresponsione degli interessi (in tal senso, v. anche Sez. 1, Sentenza n. 17834 del 03/07/2019 per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed i piani del consumatore).
5.3.6 Ebbene, emerge dalla lettura del provvedimento impugnato e dallo stesso ricorso introduttivo come, nel caso in esame, la societa’ debitrice avesse proposto, ai sensi del sopra richiamato L. Fall., articolo 186 bis, un piano concordatario con continuita’ aziendale che prevedeva una dilazione ultrannuale nel pagamento dei creditori privilegiati che deve ritenersi legittima, per quanto sopra osservato, qualora accompagnato dalla previsione del diritto di voto e del pagamento degli interessi. Sul punto, e’ anche emerso, come circostanza pacificamente ammessa dalle parti, che, in sede di modifica della proposta concordataria, la societa’ debitrice avesse previsto il pagamento degli interessi per il credito privilegiato.
5.3.7 Deve, ora, essere affrontata la questione della determinazione in 1,’ concreto della perdita relativa al mancato pagamento immediato del credito privilegiato, oggetto di dilazione nella previsione del piano, questione rilevante ai fini del computo del voto dei creditori privilegiati che, pur integrando un accertamento in fatto rimesso al giudice del merito, richiede tuttavia la fissazione di regole applicative di carattere generale.
5.3.7.1. Sul punto, soccorre, in parte, il criterio dettato dal legislatore nel nuovo “Codice della crisi di impresa”, per come regolato nel Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, articolo 86, norma che, pur entrando in vigore il 15.8.2020, puo’ essere utilizzata anche per la regolamentazione della materia in esame in relazione ai concordati ricadenti sotto l’egida applicativa dell’attuale legge fallimentare, essendo identici i principi regolanti la materia dell’esercizio del diritto di voto da riconoscersi ai creditori privilegiati “dilazionati”. Deve, pertanto, ritenersi estraibile dalla norma da ultimo citata il principio di “attualizzazione” dei pagamenti previsti dal piano concordatario, calcolati sul valore alla data di presentazione della domanda di accesso alla procedura concorsuale (come deve risultare dall’attestazione del professionista incaricato), con l’esclusione, tuttavia, del riferimento al tasso di sconto di cui al Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, articolo 5.
5.3.7.2 Per altra parte, occorre far riferimento, come principio regolatore, alla disciplina di cui all’articolo 2426 c.c., punto 8, come modificata dal Decreto Legislativo n. 139 del 2015, ed ai corrispondenti principi contabili OIC, secondo i criteri oramai normativizzati del costo ammortizzato e dell’attualizzazione del valore dei crediti.
Ne consegue che – sulla base del differenziale tra il valore del credito al momento della presentazione della domanda di concordato e quello al momento del termine della “moratoria” (la cui concreta determinazione deve essere rimessa, come accertamento in fatto, ai giudici del merito) potra’ essere calcolato il diritto di voto dei creditori privilegiati dilazionati, con la precisazione, tuttavia, che i criteri per tale determinazione dovranno essere contenuti nel piano concordatario e certificati nella loro effettivita’ e veridicita’ dal professionista, a pena di inammissibilita’ della proposta.
Del resto, la soluzione qui prospettata deve ritenersi preferibile rispetto alla possibilita’ di attribuire il diritto di voto per l’intero ammontare del credito, alternativa quest’ultima che attribuirebbe un peso eccessivo al voto dei privilegi dilazionati e creerebbe, dunque, un rischio di inquinamento delle maggioranze, in favore di creditori, cioe’, destinati ad essere soddisfatti per intero, come peraltro gia’ prospettato dalla giurisprudenza di questa Corte (cosi’ Cass. n. 10112/2014, cit. supra), ove era stato ritenuto determinante, ai fini del computo del voto, la perdita economica conseguente al ritardo nel conseguimento della disponibilita’ delle somme spettanti ai creditori.
6. Si impone pertanto la cassazione della sentenza in esame con rinvio alla Corte di appello di (OMISSIS) che decidera’ anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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