Nel caso in cui l’amministrazione eccepisca solo in appello la tardività del ricorso introduttivo del giudizio

Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Ordinanza 4 febbraio 2020, n. 2482.

La massima estrapolata:

Nel caso in cui l’amministrazione eccepisca solo in appello la tardività del ricorso introduttivo del giudizio, depositando copia dell’avviso di ricezione della raccomandata di spedizione dell’atto impositivo, se il contribuente deduce la nullità della notifica disconoscendo espressamente, in tale sede, l’autenticità della sottoscrizione del proprio legale rappresentante, senza che l’amministrazione produca l’originale dell’avviso di ricezione la copia dello stesso non può avere l’efficacia dell’atto pubblico. Quindi nei suoi confronti non è possibile la querela di falso, il cui giudizio si deve necessariamente svolgere sull’originale.

Ordinanza 4 febbraio 2020, n. 2482

Data udienza 21 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17323/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS) e dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e’ domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria di II grado di Trento, n. 52//01/2013, depositata il 13 maggio 2013.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 21 novembre 2019 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

RILEVATO

che:
1. La Commissione tributaria di II grado di Trento accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria di I grado di Trento, che aveva accolto il ricorso presentato dalla (OMISSIS) s.r.l. contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dalla Agenzia delle entrate, per l’anno 2004, con applicazione degli studi di settore di cui al Decreto Legge n. 331 del 1993, articolo 62 bis. In particolare, il giudice di appello accoglieva l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso di primo grado sollevata dalla Agenzia delle entrate, per la prima volta, in sede di appello, in quanto l’avviso di accertamento era stato notificato alla societa’ il 5-12-2008 ed il ricorso era stato spedito per la notifica il 5-2-2009, quindi tardivamente. Per la Commissione di II grado la data di ricezione dell’avviso di accertamento e’ quella del 5-12-2008, e non quella del 9-12-2008, come sostenuto dalla societa’, anche in ragione della distinta del portalettere da cui risultava che l’atto era stato consegnato il 5-12-2008. La questione in ordine alla illegibilita’ della data di ricezione dell’avviso era stata sollevata tardivamente dalla contribuente, come pure tardiva era la deduzione che la firma apposta dal “titolare” della societa’ sull’avviso ( (OMISSIS)), nello spazio riservato alla firma del destinatario, non era stata mai apposta dal (OMISSIS). La societa’ avrebbe dovuto, dunque, proporre querela di falso.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la societa’, depositando anche memoria scritta.
3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

CONSIDERATO

che:
1. Con il primo motivo di impugnazione la societa’ deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e con riferimento al combinato disposto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60 e della L. n. 890 del 1982, articolo 4, comma 3 (per aver ritenuto che la data di notifica a mezzo posta possa essere provata in base alla copia semplice dell’avviso di accertamento ed alla copia semplice della distinta del portalettere)”, in quanto il solo documento idoneo a provare il perfezionamento della notifica degli atti impositivi e’ rappresentato dall’originale dell’avviso di ricevimento. Incombeva sulla Agenzia delle entrate l’onere di provare il momento di decorrenza del termine di decadenza dell’impugnazione producendo copia autentica dell’atto impugnato.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “nullita’ della sentenza per omessa pronuncia in ordine all’eccezione relativa all’illegibilita’, nell’avviso di ricevimento, della data di ricezione dell’atto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e con riferimento all’articolo 112 c.p.c.”, in quanto, a fronte della eccezione di inammissibilita’ del ricorso di primo grado per tardivita’, sollevata per la prima volta in sede di appello dalla Agenzia delle entrate, la societa’ appellata, con le controdeduzioni, ha evidenziato che la data dell’avviso era del tutto illeggibile nella indicazione del giorno (ma non del mese) di ricevimento della notifica a mezzo posta. Il giudice di appello ha, quindi, omesso di pronunciare su tale questione, limitandosi ad affermare la tardivita’ della eccezione.
3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 57 (laddove si ritiene inammissibile in quanto tardiva l’eccezione riguardante l’illeggibilita’ della data – in relazione al giorno apposta sull’avviso di ricevimento relativo alla notifica a mezzo posta dell’atto impositivo)”, in quanto proprio perche’ l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso di primo grado per tardivita’ era stata sollevata, per la prima volta, in sede di appello dalla Agenzia delle entrate, la appellata societa’ non poteva che sollevare le sue difese in sede di controdeduzioni in appello, palesando l’illegibilita’ della data apposta sull’avviso di ricevimento.
4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 57 (laddove si ritiene inammissibile in quanto tardiva l’eccezione riguardante la mancata firma di (OMISSIS), legale rappresentante della ricorrente, dell’avviso di ricevimento relativo alla notifica a mezzo posta dell’atto impositivo)”, in quanto proprio perche’ l’Agenzia delle entrate solo in sede di appello aveva sollevato l’eccezione di tardivita’ del ricorso di primo grado, producendo in quella sede la copia dell’avviso di accertamento, la societa’ appellata non poteva che esporre le sue difese in sede di controdeduzioni in appello.
5. Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “violazione e /o falsa applicazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 54, comma 2, (laddove si ritiene che le eccezioni riguardanti l’illeggibilita’ della data – in relazione al giorno – apposta sull’avviso di ricevimento relativo alla notifica a mezzo posta dell’atto impositivo e la nullita’ della notifica a causa della mancata firma da parte di (OMISSIS), legale rappresentante della ricorrente, dell’avviso di ricevimento de quo, avrebbero dovuto essere oggetto di specifico motivo di appello incidentale)”, in quanto sul punto mancava l’interesse ad impugnare, non essendovi soccombenza, in quanto il giudice di primo grado non si e’ pronunciato sull’eccezione riguardante la nullita’ della notificazione dell’avviso di accertamento, sia in relazione alla illeggibilita’ della data sia in relazione alla sottoscrizione di (OMISSIS).
6. Con il sesto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 221 c.p.c., dell’articolo 2700 c.c. e degli articoli 2714, 2717, 2718 e 2719 c.c. (laddove si contesta alla odierna ricorrente di non aver proposto la querela di falso in assenza dell’originale dell’atto pubblico)”, in quanto la querela di falso puo’ essere proposta contro l’originale dell’atto pubblico, ma non contro una mera copia semplice. Nel caso in esame la societa’ ha disconosciuto la scrittura privata prodotta in copia, in quanto ha disconosciuto la sottoscrizione ad opera del suo legale rappresentante. Il giudice di appello non puo’, quindi, ritenere che l’avviso di ricevimento in copia, disconosciuto, possa avere la stessa efficacia dell’originale. Non doveva, allora, essere proposta querela di falso, essendo stata disconosciuta la copia dell’atto.
6.1. I motivi primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati, per le ragioni di cui in motivazione.
Invero, la societa’ ricorrente, dopo avere ricevuto la notificazione dell’avviso di accertamento e dopo aver proposto ricorso, ha dedotto, in sede di appello, quando l’Agenzia delle entrate ha, per la prima volta, sollevato la questione della tardivita’ del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, che la data della ricezione era illeggibile, sicche’ non poteva essere identificata con sicurezza nel 5-12-2008 (come chiedeva l’Agenzia delle entrate), ma nel 9-122008, e che la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, prodotto in copia semplice, non era dell’apparente sottoscrittore ( (OMISSIS)), disconoscendo espressamente, quindi, tale sottoscrizione.
6.2. La prima questione che va affrontata attiene al riparto dell’onere della prova in ordine alla tempestivita’ della impugnazione.
La societa’ invoca la giurisprudenza di legittimita’ per cui, in tema di contenzioso tributario, quando il ricorrente deduca che la tardivita’ del ricorso e’ dipesa dall’omessa notifica del provvedimento impugnato, in applicazione dei criteri di cui all’articolo 2697 c.c., non e’ suo onere fornire la prova negativa dell’omessa notifica, ma incombe alla parte cui sia stato notificato il ricorso, qualora eccepisca l’inosservanza del termine di decadenza di cui al Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 21, provarne il momento di decorrenza producendo copia autentica dell’atto impugnato, corredata dalla relata di notifica (Cass. 24 luglio 2009, n. 17387). In tale pronuncia si legge che “se e’ vero che e’ onere dell’impugnante dare la prova della tempestivita’ dell’impugnazione”, tuttavia “questa Corte ha avuto modo di chiarire che, a norma dell’articolo 2697 c.c., la stessa parte impugnante non deve dimostrare che il provvedimento non le sia stato notificato, mentre incombe alla parte cui sia stato notificato un atto d’impugnazione, qualora eccepisca la necessita’ dell’osservanza del termine di decadenza per detta impugnazione e l’avvenuto superamento del medesimo, provarne il momento di decorrenza, producendo copia autentica dell’atto impugnato, corredata della relata di notificazione” (anche Cass., 19072/2004; Cass., 6239/1996).
Va anche evidenziato che non puo’ l’amministrazione finanziaria far valere il principio secondo cui grava sull’opponente l’onere di provare la tempestivita’ dell’iniziativa giudiziaria da lui intrapresa, posto che tale regola presuppone che l’atto, contro cui l’opposizione sia stata rivolta, sia stato “validamente notificato in data certa”; dovendosi altrimenti escludere che sia positivamente identificabile l’esatto dies a quo per il decorso del termine decadenziale di impugnazione (Cass., 13 novembre 2018, n. 29133; Cass., 17 agosto 2016, n. 17122).
Non era, dunque, onere della societa’ contribuente, una volta da quest’ultima eccepita la mancata notificazione dell’atto impositivo, fornire la dimostrazione che quest’ultimo le era stato recapitato il 9-12-2008, dovendo, invece, essere l’ente impositore a fornire la prova, mediante la produzione dell’originale dell’avviso di ricevimento (dopo l’espresso disconoscimento della propria sottoscrizione da parte della societa’, avvenuto in udienza subito dopo la produzione di copia dell’avviso di ricezione da parte dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di secondo grado), della data certa di avvenuta notificazione.
Nella specie, come detto, la societa’ ha disconosciuto espressamente la firma del legale rappresentante ” (OMISSIS)” apposta sull’avviso di ricezione, eccependo di non avere mai ricevuto la notificazione dell’atto impositivo.
6.3. Quanto alla ritenuta tardivita’ delle contestazioni della societa’ all’avviso di ricevimento prodotto in copia semplice dalla Agenzia delle entrate, nel giudizio di appello, deve rilevarsi che tali contestazioni non potessero essere escluse dal divieto di eccezioni nuove in appello di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 57, in quanto la societa’ appellata, in sede di controdeduzioni, si e’ limitata a contestare la leggibilita’ della data di consegna di avviso di ricezione ed a disconoscere la sottoscrizione del legale rappresentante. Trattasi, quindi, di eccezioni che non potevano essere sollevate dalla parte se non in sede di appello, quando l’Agenzia ha prodotto l’avviso di ricevimento in copia ed ha sollevato l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per tardivita’.
In tal senso si e’ espressa questa Corte, seppure con riferimento al giudizio di primo grado, in cui l’Agenzia delle entrate aveva eccepito la tardivita’ del ricorso della contribuente in sede di controdeduzioni, e quest’ultima aveva eccepito la nullita’ della notifica dell’atto impugnato, solo con la memoria notificata alla controparte ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 546 del 1992, articolo 24. Per questa Corte, infatti, la parte ha facolta’ di contraddire in ordine a questioni rilevate o rilevabili d’ufficio dal giudice o introdotte dalla controparte, nei limiti in cui cio’ non determini un allargamento della causa petendi, individuata in relazione ai motivi di impugnazione dedotti con il ricorso introduttivo (Cass. 4 ottobre 2018, n. 24305). In tal caso, infatti, l’allegazione del contribuente (in relazione alla nullita’ della notifica dell’atto impugnato) non determina un’alterazione della originaria causa petendi, risolvendosi nell’illustrazione di un’argomentazione a sostegno della sussistenza di uno dei requisiti di ammissibilita’ del ricorso (la sua tempestivita’).
Ne’ doveva essere proposto appello incidentale da parte della societa’, in quanto non vi era stata soccombenza sul punto, essendo stato accolto il ricorso di primo grado nel merito. Solo in sede di appello l’Agenzia delle entrate per la prima volta ha sollevato l’eccezione di tardivita’ del ricorso originario della contribuente, limitandosi a produrre solo la copia dell’avviso di ricezione della raccomandata, senza il deposito dell’originale, anche dopo il formale disconoscimento della sottoscrizione da parte della societa’.
6.4. Va affrontata, ora, la questione della efficacia del disconoscimento della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento prodotto solo in copia dalla Agenzia delle entrate in sede di appello.
6.5. L’articolo 2719 c.c. prevede sul punto che “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformita’ con l’originale e’ attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non e’ espressamente disconosciuta”.
L’articolo 2712 c.c. (riproduzioni meccaniche) dispone che “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche…formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformita’ ai fatti o alle cose medesime”.
L’articolo 214 c.p.c., poi, prevede che “colui contro il quale e’ prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla e’ tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione”.
L’articolo 215 c.p.c., comma 1, n. 2, stabilisce, quindi, che “La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta: … 2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione”.
Sul punto va anzitutto chiarito che, nel processo tributario, in forza del rinvio operato dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 1, comma 2, alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l’istituto del disconoscimento delle scritture private, con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma, il giudice ha l’obbligo di accertare l’autenticita’ delle sottoscrizioni, essendogli altrimenti precluso tenerne conto ai fini della decisione, e a tale accertamento procede ove ricorrano le medesime condizioni che il codice di rito prescrive per l’esperibilita’ della procedura di verificazione nonche’, in caso positivo, con l’esercizio dei poteri istruttori e nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il processo tributario (Cass., sez. 5, 31 marzo 2011, n. 7355). La tempestivita’ del disconoscimento deve valutarsi con riferimento alla proposizione del ricorso con cui e’ impugnato l’atto impositivo fondato sulla scrittura privata, quando e’ il contribuente onerato del disconoscimento (Cass., sez 5, 17 maggio 2019, n. 13333):
6.6. Per questa Corte l’articolo 2719 c.c. esige l’espresso disconoscimento della conformita’ con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche e si applica tanto al disconoscimento della conformita’ della copia al suo originale quanto al disconoscimento dell’autenticita’ di scrittura o di sottoscrizione, dovendosi ritenere, in assenza di espresse indicazioni, che in entrambi i casi la procedura sia soggetta alla disciplina di cui agli articoli 214 e 215 c.p.c.. Ne consegue che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformita’ all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione, mentre il disconoscimento onera la parte della produzione dell’originale, fatta salva la facolta’ del giudice di accertare tale conformita’ anche “aliunde” (Cass., 13 giugno 2014, n. 13425; Cass., sez. 2, 20 febbraio 2018, n. 4053, per la quale il disconoscimento deve avvenire in modo formale e specifico; Cass., sez. 3, 25 febbraio 2009, n. 4476; Cass.,sez. 5, 18 giugno 2004, n. 11419; Cass., 20 giugno 2019, n. 16557, che richiede per il disconoscimento formale una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale).
Inoltre, si e’ affermato che la copia fotostatica di un documento ha lo stesso valore dell’originale e la sua stessa efficacia probatoria solo se la sua conformita’ all’originale non viene contestata dalla parte contro cui e’ prodotta, secondo il principio fissato dall’articolo 2712 c.c., applicabile anche nel processo tributario (Cass., 22 maggio 2003, n. 8108).
Si e’ precisato da parte di questa Corte che la contestazione della conformita’ all’originale di un documento prodotto in copia non puo’ avvenire con clausole di stile e generiche, quali “impugno e contesto” ovvero “contesto tutta la documentazione perche’ inammissibile ed irrilevante”, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass., sez 3, 3 aprile 2014, n. 7775; sez. 5 Cass., 13 dicembre 2017, n. 29993). Il disconoscimento di un documento in copia, ai sensi dell’articolo 2719 c.c., deve essere specifico, quindi riferito ad una copia concretamente individuata e successivo, effettuato cioe’ dopo la produzione in giudizio della copia medesima (Cass., sez. 5, 30 gennaio 2006, n. 1991).
6.7. Il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 22, comma 4, prevede, poi, che “unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, o i documenti che produce, in originale o fotocopia”.
L’articolo 221, comma 5, quindi, dispone che “ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi”.
Si e’ ritenuto che, in tema di contenzioso tributario, ai sensi del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 22, comma 4, la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce modalita’ idonea per introdurre la prova nel processo, atteso che, ai sensi dell’articolo 2712 c.c., e’ onere dell’Amministrazione finanziaria contestarne la conformita’ all’originale, in presenza della quale il giudice e’ tenuto a disporre la produzione del documento in originale ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 cit., ex articolo 22, comma 5, (Cass., sez. 5, 27 aprile 2015, n. 8446; Cass., sez 5, 23 ottobre 2016, n. 22770; Cass. Sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11435).
6.8. L’articolo 2702 c.c. prevede che “la scrittura privata fa piena prova fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura e’ prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa e’ legalmente considerata come riconosciuta”.
L’articolo 2700 c.c. dispone che “l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonche’ delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Pertanto, se la copia dell’atto pubblico non e’ stata disconosciuta ritualmente e tempestivamente ex articoli 214 e 215 c.p.c., ha la stessa efficacia delle “autentiche”, ai sensi dell’articolo 2719 c.c., in quanto quest’ultima norma e’ applicabile sia alle copie delle scritture private che alle copie degli atti pubblici.
6.9. Va chiarito, pero’, che l’avviso di ricevimento ha natura di atto pubblico, per costante giurisprudenza di questa Corte. In particolare si e’ affermato che, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, l’avviso di ricevimento, il quale e’ parte integrante della relata di notifica, avendo natura di atto pubblico, costituisce il solo documento idoneo a provare – in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione – l’intervenuta consegna del plico con la relativa data e l’identita’ della persona alla quale e’ stato recapitato, salvo che detta data manchi o sia incerta, ipotesi nelle quali i termini decorrono dal giorno riportato nel timbro postale; pertanto, la parte che intenda contestarne il contenuto deducendo l’incompatibilita’ tra la data di ricezione ivi apposta e quella risultante dal menzionato timbro ha l’onere di proporre querela di falso, a meno che dallo stesso contesto dell’atto non emerga in modo evidente che il pubblico ufficiale ha compiuto un mero errore materiale nella sua redazione, il quale ricorre nel caso di indicazione di data inesistente o anteriore a quella della formazione dell’atto notificato o non ancora maturata (Cass., sez 6-2, 21 marzo 2019, n. 8082; Cass., sez 6-2, 3 settembre 2019, n. 22058; Cass., sez 6-5, 5 dicembre 2017, n. 29022, in relazione alla notifica di cartella di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 26; Cass., sez 5, 5 agosto 2016, n. 16448).
Infatti, in caso di notifica a mezzo del servizio postale, l’avviso di ricevimento prova, fino a querela di falso, la consegna al destinatario a condizione che l’atto sia stato consegnato presso il suo indirizzo e che il consegnatario abbia apposto la propria firma, ancorche’ illeggibile o apparentemente apocrifa, nello spazio dell’avviso relativo alla “firma del destinatario o di persona delegata”, risultando irrilevante, in quanto non integra una nullita’ ex articolo 160 c.p.c., l’omessa indicazione dell’indirizzo del destinatario sulla ricevuta di ritorno (Cass., sez 6-5, 31 luglio 2015, n. 16289; Cass. Sez. un., 27 aprile 2010, n. 9962).
6.10. Infatti, l’articolo 2719 c.c. si applica anche alle copie di atti pubblici.
Invero, per questa Corte la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’articolo 149 c.p.c., richiesta dalla legge in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, puo’ avvenire anche mediante l’allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito, poiche’ la regola posta dall’articolo 2719 c.c. – per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformita’ all’originale e’ attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformita’ non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attivita’ di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace – trova applicazione generalizzata per tutti i documenti (Cass., sez. 6-3, 8 settembre 2017, n. 21003; Cass., sez 5, 27 luglio 2012, n. 13439).
6.11. Pertanto, poiche’ la societa’, in sede di controdeduzioni in appello, ha disconosciuto espressamente la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento dal proprio legale rappresentante, l’Agenzia delle entrate avrebbe pero’ dovuto produrre il documento in originale, al fine di consentire alla ricorrente di proporre querela di falso, il cui giudizio deve necessariamente svolgersi sull’originale (Cass., 30 settembre 2011, n. 19987).
7. Ne’ puo’ trovare applicazione la giurisprudenza di legittimita’, invocata dalla Agenzia delle entrate in sede di controricorso, in ordine alla notifica dell’atto all’addetto alla sede della societa’ di cui all’articolo 145 c.p.c..
Infatti, va precisato che la societa’ ricorrente ha ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento presso la propria sede sociale, con atto sottoscritto apparentemente dal legale rappresentante della stessa ( (OMISSIS)), ma con sottoscrizione apposta sul rigo destinato alla firma del “destinatario della persona giuridica”, con a fianco la dicitura “Titolare”.
Per questa Corte, se la notifica e’ effettuata ai sensi dell’articolo 145 c.p.c. presso la sede legale ad un soggetto che si qualifica come “addetto alla sede”, si presume che quel soggetto abbia poi comunicato l’avvenuta ricezione.
Infatti, ai fini della regolarita’ della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (articolo 145 c.p.c., comma 1), senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, e’ sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente ma in virtu’ di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, puo’ risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, e’ da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la societa’, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (Cass., 20 novembre 2017, n. 27420).
Si e’ aggiunto che la disposizione dell’articolo 46 c.c., secondo cui, qualora la sede legale della persona giuridica sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima, vale anche in tema di notificazione, con conseguente applicabilita’ dell’articolo 145 c.p.c. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario o postale risulti, in tali sedi, la presenza di una persona che si trovava nei locali, e’ da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione, laddove la societa’, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare la mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio (Cass., se 5, 7 marzo 2012, n. 3516). La societa’, in tali ipotesi, deve, quindi, provare che la persona che ha ricevuto l’atto non era alle sue dipendenze, non era addetta neppure alla ricezione di atti, per non averne nai ricevuto incarico alcuno (Cass., sez 3, 14 giugno 2005, n. 12754; Cass., sez 2, 23 gennaio 2001, n. 904).
Nel caso in esame, invece, la sottoscrizione di ” (OMISSIS)” e’ stata apposta sull’avviso di ricevimento, non nella casella “addetto alla sede”, ma in quella “destinatario persona giuridica”, con a fianco la specificazione “Titolare”.
Il giudice di appello, quindi, ha errato nell’affermare che la societa’, dopo aver espressamente disconosciuto la sottoscrizione di ” (OMISSIS)” vergata nella copia dell’avviso di ricezione, avrebbe dovuto e potuto “tempestivamente proporre querela di falso, lasciando all’amministrazione in quella sede il dovere di produrre il richiesto originale”. Non puo’, dunque, essere condivisa l’affermazione del giudice di appello per cui “poiche’ tale querela non e’ stata mai presentata, l’avviso di ricevimento deve ritenersi regolare in ragione della sua natura di atto pubblico munito di fede privilegiata”. Con il tempestivo ed espresso disconoscimento della sottoscrizione, apparentemente vergata dal legale rappresentante, da parte della societa’, la copia dell’avviso di ricezione, depositata in appello dalla Agenzia delle entrate, in assenza della produzione in giudizio dell’originale da parte di quest’ultima, non ha l’efficacia dell’atto pubblico.
Inoltre, quanto alla asserita illeggibilita’ della data apposta sull’avviso di ricezione, la questione potra’ essere affrontata dal giudice del rinvio.
8. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria di II grado di Trento, in diversa composizione, che si adeguera’ al seguente principio di diritto “in tema di processo tributario, nel caso in cui l’Amministrazione eccepisca solo in appello la tardivita’ del ricorso introduttivo del giudizio, depositando copia dell’avviso di ricezione della raccomandata di spedizione dell’atto impositivo, ove il contribuente deduca la nullita’ della notifica disconoscendo espressamente, in tale sede, l’autenticita’ della sottoscrizione del proprio legale rappresentante, senza che l’Amministrazione produca l’originale dell’avviso di ricezione, la copia dello stesso non puo’ avere l’efficacia dell’atto pubblico; sicche’ nei suoi confronti non deve essere esperita la querela di falso, il cui giudizio deve necessariamente svolgersi sull’originale”, e provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria di II grado di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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