Nei casi in cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’improcedibilità della procedura esecutiva

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 20 febbraio 2019, n. 4961.

La massima estrapolata:

Nei casi in cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’improcedibilità (o l’estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via né sommaria né provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.; diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con il reclamo ai sensi dell’art. 624 c.p.c.. Al fine di distinguere tra le due ipotesi deve ritenersi decisivo indice della natura definitiva del provvedimento la circostanza che con esso sia disposta (espressamente, o quanto meno implicitamente, ma inequivocabilmente) la liberazione dei beni pignorati.

Ordinanza 20 febbraio 2019, n. 4961

Data udienza 13 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 2848 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – I.N.P.S. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del rappresentante per procura, (OMISSIS) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS))
– intimata –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Foggia n. 2313/2015, depositata in data 28 ottobre 2015 (e notificata in data 23 novembre 2015);
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 13 dicembre 2018 dal consigliere Tatangelo Augusto.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia ha dichiarato improcedibile l’esecuzione forzata di un titolo giudiziale (sentenza) da essa promossa (nelle forme dell’espropriazione di crediti presso terzi) nei confronti dell’INPS, ritenendo estinto il credito fatto valere e disponendo la liberazione delle somme pignorate.
L’opposizione e’ stata accolta dal Tribunale di Foggia, che ha dichiarato nulla l’ordinanza impugnata e ha condannato l’INPS al pagamento delle spese e competenze del processo esecutivo, per Euro 942,13, oltre accessori, nonche’ alle spese del giudizio di opposizione, liquidate in Euro 4.600,00 per onorario ed Euro 141,00 per esborsi, oltre accessori.
Ricorre l’INPS, sulla base di tre motivi.
L’intimata ha depositato memoria di costituzione datata 21 luglio 2017.
Il ricorso e’ stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere accolto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va in primo luogo dichiarata inammissibile la memoria scritta depositata dalla parte intimata (in cui comunque non si prospettano questioni altrimenti rilevabili di ufficio diverse da quelle di cui appresso), al di fuori dei termini perentori fissati per la notificazione ed il deposito del controricorso ai sensi dell’articolo 370 c.p.c..
Nel giudizio di Cassazione il contraddittorio si instaura – ed al contempo si tutela – con la notificazione alla controparte di un controricorso (tra le altre: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3218 del 03/04/1987, Rv. 452281 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19570 del 30/09/2015, Rv. 636971 – 01), entro il termine rigorosamente stabilito dall’articolo 370 c.p.c.; ne’ puo’ giovarsi l’intimata (v. gia’, in tal senso: Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24835 del 20/10/2017, Rv. 645928 – 01, e n. 24837 del 20/10/2017) di interpretazioni di tutela del diritto di difesa della parte intimata indotte dall’entrata in vigore della riforma di cui alla L. n. 197 del 2016, visto che comunque, essendo questa entrata in vigore quando ancora ella avrebbe avuto la possibilita’ di ottemperare al disposto dell’articolo 370 c.p.c., sarebbe stato suo onere dapprima notificare il controricorso, quand’anche tardivamente, per potere poi ancora interloquire in vista dell’adunanza camerale non partecipata con la memoria prevista dall’articolo 380 bis c.p.c. (a contrario: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13093 del 24/05/2017, Rv. 644387 – 01).
2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione degli articoli 616, 617 e 618 c.p.c. in relazione all’articolo 289 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 4)”.
Il motivo e’ in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato, come gia’ ritenuto da questa Corte in fattispecie analoghe (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13108 del 24/05/2017, Rv. 644389 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanze nn. 14332, 14333 e 14334 del 08/06/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanze nn. 15282 e 15283 del 20/06/2017; Sez. 6 – 3, Ordinanze nn. 15605, Rv. 644810 – 01, e 15606 del 22/06/2017; conf., sul principio di diritto: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10946 del 08/05/2018, Rv. 648877 – 01), in cui sono stati affermati i seguenti principi di diritto:
“Nei casi in cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’improcedibilita’ (o l’estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via ne’ sommaria ne’ provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, e’ impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c.; diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta percio’ pendente, e’ impugnabile con il reclamo ai sensi dell’articolo 624 c.p.c.. Al fine di distinguere tra le due ipotesi deve ritenersi decisivo indice della natura definitiva del provvedimento la circostanza che con esso sia disposta (espressamente, o quanto meno implicitamente, ma inequivocabilmente) la liberazione dei beni pignorati.
In entrambi i casi, quando e’ stata proposta una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento che sospende o chiude il processo, deve contestualmente fissare il termine per l’instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione (salvo che l’opponente stesso vi rinunzi) e, in mancanza, sara’ possibile per la parte interessata chiedere l’integrazione del provvedimento ai sensi dell’articolo 289 c.p.c., ovvero procedere direttamente alla instaurazione del suddetto giudizio di merito (Cass. n. 22033/2011 e successive conformi). Peraltro, solo se il processo esecutivo non e’ stato definito, ma resta pendente, e’ eventualmente possibile, all’esito dell’opposizione, la riassunzione dell’esecuzione. Se, invece, il processo esecutivo e’ stato definito con liberazione dei beni pignorati e non vi e’ stata opposizione accolta agli atti esecutivi, il giudicato sull’opposizione all’esecuzione potra’ fare stato tra le parti solo ai fini di futuri eventuali nuovi processi, ma non sara’ possibile la riassunzione dell’esecuzione, definitivamente chiusa”.
Alla luce dei principi sopra esposti, nel caso di specie va in primo luogo rilevata l’inammissibilita’ del motivo di ricorso in esame, per difetto di specificita’, ai sensi dell’articolo 366, c.p.c. comma 1, n. 6, nella parte in cui esso non richiama espressamente il contenuto dell’atto di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. che, a dire dell’istituto ricorrente, esso avrebbe avanzato nel corso del processo esecutivo, nonche’ quello del provvedimento del giudice dell’esecuzione, nella parte in cui abbia eventualmente manifestato l’intenzione di provvedere esclusivamente in ordine a tale ricorso, senza esercitare i propri poteri officiosi di rilievo del difetto del titolo esecutivo.
Il motivo di ricorso e’ comunque manifestamente infondato, in quanto l’avvenuta liberazione del beni pignorati (espressamente disposta dal giudice dell’esecuzione, secondo quanto dichiarato dallo stesso istituto ricorrente: cfr. pag. 5 del ricorso), e’ indice inequivocabile ed incontrastabile della definitivita’ del provvedimento impugnato, della cui assoggettabilita’ all’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., non puo’ quindi dubitarsi.
3. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione o falsa applicazione dell’articolo 480 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”. Il motivo e’ inammissibile, per difetto di specificita’, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Risulta dagli atti che, prima della notificazione dell’atto di precetto, l’INPS aveva provveduto al pagamento delle somme portate dal titolo esecutivo (nella specie costituito da sentenza di condanna al pagamento delle spese di un precedente giudizio, distratte in favore del procuratore costituito della parte ai sensi dell’articolo 93 c.p.c.), oltre a spese successive per Euro 113,37, e che la (OMISSIS) ha intimato precetto per ottenere il pagamento del residuo importo di Euro 281,29 a titolo di spese successive, non coperto dalla cifra a tal fine corrisposta dall’istituto.
Il Tribunale – contrariamente a quanto statuito dal giudice dell’esecuzione – ha ritenuto legittima l’intimazione del pagamento di tali ulteriori spese.
Nel ricorso, peraltro, l’istituto ricorrente non specifica ne’ quali siano le spese successive alla formazione del titolo riconosciute e pagate prima dell’intimazione, ne’ quali siano le spese di cui la creditrice ha intimato il pagamento. La trascrizione dell’atto di precetto risulta sul punto incompleta: il ricorrente omette di trascriverne in ricorso i decisivi passaggi nei quali la creditrice, dopo avere dato atto dei pagamenti parziali ricevuti, doveva verosimilmente avere indicato i motivi per i quali non li riteneva satisfattivi e si era indotta ad intimare il pagamento di ulteriori somme.
Di conseguenza, la tecnica o modalita’ di redazione del ricorso priva questa Corte della stessa possibilita’ di esaminare la fondatezza della doglianza in rapporto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che si incentra sostanzialmente sul carattere non esaustivo dei pagamenti effettuati dall’istituto intimato e riconosciuti dalla precettante (ratio decidendi che fonda la reiezione dell’analoga censura avanzata dall’istituto ricorrente in sede esecutiva e che e’ stata riconosciuta fondata in quella stessa sede dal giudice dell’esecuzione col provvedimento oggetto dell’opposizione agli atti esecutivi definita con la sentenza oggi gravata).
Poiche’ il ricorso sul punto difetto di specificita’, non e’ consentito alla Corte di pervenire all’esame nel merito del secondo motivo.
4. Con il terzo motivo del ricorso si denunzia “violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’articolo 91 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4 (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.
Il motivo e’ manifestamente fondato.
La liquidazione dell’importo di Euro 4.600,00 a titolo di onorario di avvocato, per una causa il cui valore era inferiore ad Euro 1.100,00 (considerato che l’importo precettato ammontava ad Euro 281,29) risulta certamente violare i valori massimi previsti dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.
La pronuncia impugnata va pertanto cassata con riguardo al capo relativo alla liquidazione delle spese di lite, la cui regolazione andra’ nuovamente effettuata in sede di rinvio, e in ogni caso mantenuta nell’ambito dei valori previsti dal suddetto decreto ministeriale.
5. Il primo motivo del ricorso e’ rigettato, il secondo e’ dichiarato inammissibile, mentre e’ accolto il terzo motivo.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Foggia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il primo motivo del ricorso; dichiara inammissibile il secondo; accoglie il terzo e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Foggia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

Per aprire la mia pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *