Motivazione della sentenza con decisione assorbente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 novembre 2022| n. 32977.

Motivazione della sentenza con decisione assorbente

In tema di motivazione della sentenza, quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande, l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento, potendosi, al più, contestare le ragioni dell’assorbimento contestando utilmente la decisione ritenuta “assorbente” (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto infondati anche i motivi d’impugnazione con i quali parte ricorrente aveva denunciato il vizio di omesso esame di motivi d’appello, in quanto, nella circostanza, la corte territoriale, applicando il principio della “ragione più liquida”, aveva ritenuto tali motivi assorbiti dalla pronuncia di conferma del rigetto della domanda attorea) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 12 novembre 2018, n. 28995).

Ordinanza|9 novembre 2022| n. 32977. Motivazione della sentenza con decisione assorbente

Data udienza 24 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Sentenza – Assorbimento in senso improprio – Ricorrenza quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni – Determinazione di un implicito rigetto di altre domande – Omissione di pronuncia – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUBINO Lina – Presidente

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 17992-2019 proposto da:
(OMISSIS) SRL, e per essa la mandataria (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del procuratore speciale del Rappresentante Generale per l’Italia, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
nonche’ contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 2272/2019 della CORTE DI APPELLO di ROMA, depositata il 02/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 24/06/2022 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

 

Motivazione della sentenza con decisione assorbente

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ (OMISSIS) S.r.l. (o meglio, per essa, la sua mandataria societa’ (OMISSIS) S.p.a.) ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 2272/19, del 2 aprile 2019, della Corte di Appello di Roma, che respingendone il gravame esperito avverso la sentenza n. 20802/16, del 9 novembre 2016, del Tribunale di Roma – ha confermato il rigetto della domanda proposta nei confronti del notaio (OMISSIS), di condanna dello stesso al risarcimento del danno, stimato dall’attrice in Euro 28.256,72.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che la societa’ (OMISSIS) S.p.a., oggi (OMISSIS), conveniva in giudizio (nella gia’ ricordata qualita’ di mandataria di (OMISSIS) S.r.l.) il predetto Notaio, per farne valere la responsabilita’ professionale e ottenerne la condanna al risarcimento del danno. L’iniziativa veniva assunta in relazione all’omesso annotamento di postergazione del grado ipotecario, prevista di modo che l’ipoteca nascente da un contratto di mutuo fondiario (intervenuto nel 1997 tra la (OMISSIS) a tale (OMISSIS) e collegato ad un contratto di compravendita, relativo ad un immobile sito del Comune di (OMISSIS), del quale il (OMISSIS) acquistava la proprieta’) prevalesse su ogni altra ipoteca esistente sullo stesso bene. Difatti, sin dal primo atto dispositivo dell’immobile “de quo”, era stato stabilito che la parte venditrice, in quel caso la societa’ (OMISSIS) S.r.l., prestasse consenso a future postergazioni di grado ipotecario, autorizzando ogni successivo acquirente a richiedere, di volta in volta, l’annotamento di postergazione, in caso di futuri mutui fondiari.

 

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Orbene, non avendo l’ (OMISSIS) – che aveva rogitato tanto il ridetto contratto di mutuo del 24 marzo 1997, quanto l’atto di erogazione e quietanza del 7 aprile 1997 – provveduto al descritto incombente, la societa’ resasi cessionaria “in blocco” di tutti i crediti spettanti al mutuante (OMISSIS), tra cui quello nascente dal contratto concluso con il (OMISSIS), quantunque fosse risultata aggiudicataria (all’esito dell’intrapresa procedura esecutiva innanzi al Tribunale di Viterbo, in ragione del sopravvenuto inadempimento del mutuatario) di un cespite di importo pari a Euro 62.000,00, dei quali Euro 58.000,00 assegnati in prededuzione, Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, ex articolo 41 si vedeva costretta a restituire alla societa’ (OMISSIS) la somma di Euro 28.256,72, essendo la stessa risultata, in ragione dell’omesso annotamento di postergazione di ipoteca, creditrice ipotecaria di primo grado.
Per conseguire il ristoro del danno subito (e costituito dalla necessita’ di restituire tale importo), veniva radicato il giudizio di responsabilita’ verso il professionista, il quale era autorizzato a chiamare in causa il proprio assicuratore, (OMISSIS), per essere dallo stesso eventualmente manlevato.
L’adito Tribunale di Roma, tuttavia, pur riconoscendo che il notaio non aveva adempiuto all’obbligo di provvedere tempestivamente all’annotazione della postergazione di ipoteca, rigettava la domanda, sul presupposto che la societa’ resasi cessionaria – ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 58 del credito della mutuante, non avesse fornito prova della titolarita’ del credito anche nei confronti del Notaio (OMISSIS), avendo acquisito con la cessione in blocco la titolarita’ dei soli crediti pecuniari della societa’ mutuante, ma non pure dei diritti nascenti dal contratto di mandato, da questa concluso con il professionista.
Esperito gravame dall’attrice soccombente, il giudice di appello – facendo dichiarata applicazione del principio della “ragione piu’ liquida” – lo rigettava con stringata motivazione, tutta fondata sul rilievo che, nella specie, il Notaio (OMISSIS), sin dal primo grado di giudizio, avesse eccepito di essere stato convenzionalmente esonerato dalle parti del contratto di mutuo dall’adempimento relativo all’annotazione della postergazione dell’ipoteca, incombente che l’articolo 5 del contratto poneva a carico del mutuatario (OMISSIS).
3. Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la societa’ (OMISSIS), in persona della sua mandataria, sulla base – come detto – di quattro motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Si censura la sentenza impugnata per non aver preso minimamente in considerazione il fatto che il Notaio (OMISSIS), nella propria comparsa di risposta innanzi al Tribunale, in merito al mancato annotamento che gli veniva imputato, affermava di avere, invece, effettuato la relativa richiesta in data 19 marzo 1998 presso la Conservatoria di Viterbo (allegando copia della stessa).

 

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Di tale richiesta, peraltro avvenuta solo un anno dopo la stipula del contratto di mutuo fondiario, non risultava, pero’, traccia presso la predetta Conservatoria, come controeccepito dell’attrice, senza che su tali circostanze si esprimesse ne’ il primo giudice, ne’ quello di appello, innanzi al quale tale tema veniva riproposto.
La circostanza relativa all’esistenza di tale (asserita) richiesta presenta, tuttavia, importanza decisiva – secondo la ricorrente – ai fini del presente giudizio, giacche’ attesta come il Notaio (OMISSIS) avesse inteso assumere personalmente, a prescindere dalle previsioni contrattuali, l’incombente della postergazione, cosi’ rinunciando all’esonero di cui all’articolo 5 del contratto di mutuo.
3.2. Il secondo motivo denuncia – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – violazione degli articoli 1173, 1176, 1218 e 2697 c.c., nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c., oltre che della L. 16 febbraio 1913, n. 89, articoli 28 e 47.
Evidenzia la ricorrente come il contratto di mutuo fondiario, rogitato dal notaio, prevedesse testualmente – all’articolo 2 – che “il mutuo sara’ erogato alla parte mutuataria (…) dopo che (…) saranno state cancellate o postergate le formalita’ di cui al successivo articolo 5”.
Orbene, poiche’ al notaio spetta – in base alla giurisprudenza di questa Corte relativa all’applicazione della L. n. 89 del 1913 – un’attivita’ maieutica che consenta di inquadrare i reali obiettivi delle parti e di suggerire loro la soluzione migliore per realizzarli, qualora lo stesso venga meno a tali obblighi incorre in una responsabilita’ per inadempimento del contratto di prestazione d’opera, senza poter invocare, pero’, le limitazioni di responsabilita’ di cui all’articolo 2236 c.c.
Orbene, poiche’ con la richiesta di annotazione della postergazione d’ipoteca il notaio (OMISSIS) avrebbe mostrato una volonta’ abdicativa della facolta’ di avvalersi dell’esonero, egli avrebbe assunto su di se’ l’obbligo di procedere a tale adempimento sulla base del contratto d’opera stipulato, cio’ che avrebbe richiesto, pero’, la necessaria diligenza imposta dall’articolo 1176 c.c., comma 2.
Nella specie, per contro, tale diligenza sarebbe mancata, innanzitutto perche’ il predetto articolo 2 del contratto di mutuo prevedeva che l’espletamento di tale formalita’ precedesse (e non seguisse) la stipula dell’atto di erogazione e quietanza; d’altra parte, la carenza di diligenza del professionista sarebbe confermata dal fatto che, nelle premesse di tale atto, si riferiva dell’inesistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli, ad eccezione di quella in favore della societa’ (OMISSIS), in relazione alla quale, tuttavia, si attestava essere “stata presentata domanda di annotamento di postergazione”, mentre in realta’ il professionista non vi aveva ancora (o meglio, per niente) provveduto.
Sotto questo profilo, inoltre, si rileva che – anche ad ammettere che il Notaio (OMISSIS) fosse stato effettivamente esonerato dall’esecuzione dell’annotamento – egli risultava, comunque, tenuto alla verifica dell’avvenuta, corretta, effettuazione di tale adempimento; verifica, invece, non espletata, se e’ vero che e’ lo stesso professionista ad attestare che soltanto un anno dopo la conclusione del rogito la richiesta di annotamento sarebbe stata presentata, senza, oltretutto, che di cio’ vi sia riscontro.
Il motivo in esame, infine, lamenta violazione dell’articolo 2697 c.c., censura formulata dalla ricorrente sul rilievo di avere ampiamente dimostrato il titolo della propria pretesa e l’inadempimento del notaio, il quale, invece, non e’ stato in grado di fornire alcuna prova volta ad escludere la propria responsabilita’.
3.3. Il terzo motivo denuncia – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – omessa pronuncia circa un motivo di appello, e dunque violazione dell’articolo 112 c.p.c., con conseguente nullita’ della sentenza.
Si lamenta che la Corte capitolina avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui si censurava la sentenza del Tribunale per aver escluso che, con la cessione in blocco dei crediti del mutuante, fosse stato ceduto anche il “contratto di mandato professionale” con il Notaio (OMISSIS).

 

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3.4. Il quarto motivo denuncia – sempre in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – omessa pronuncia circa un motivo di appello, e dunque violazione dell’articolo 112 c.p.c., con conseguente nullita’ della sentenza.
Ci si duole, in questo caso, dell’omessa pronuncia del motivo di gravame (il secondo) che investiva la decisione del giudice di prime cure nella parte in cui addebitava, all’allora attrice, di non aver allegato la documentazione inerente il contratto d’opera professionale concluso con il Notaio (OMISSIS).
4. Hanno resistito all’impugnazione, con distinti controricorsi, gli (OMISSIS) e l’ (OMISSIS), per chiedere che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, depositando, inoltre, memoria, con cui insistono nelle proprie argomentazioni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso va rigettato.
5.1. Il primo motivo – che denuncia un vizio di “omesso esame” di un fatto decisivo per il giudizio – e’, infatti, inammissibile.
5.1.1. Invero, il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e’ ipotizzabile solo quando l’omissione investa un “fatto vero e proprio” (non una “questione” o un “punto” della sentenza) e, quindi, “un fatto principale, ex articolo 2697 c.c. (cioe’ un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioe’ un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purche’ controverso e decisivo” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 5, sent. 8 settembre 2016, n. 17761, Rv. 641174-01; nello stesso senso Cass. Sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238, Rv. 646308-01), vale a dire “un preciso accadimento, ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico” (Cass. Sez. 5, sent. 8 ottobre 2014, n. 21152, Rv. 632989-01; Cass. Sez. Un., sent. 23 marzo 2015, n. 5745, non massimata), “un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto” (cfr. Cass. Sez. 1, ord. 5 marzo 2014, n. 5133, Rv. 629647-01), e “come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni” (Cass. Sez, 6-1, ord. 6 settembre 2019, n. 22397, Rv. 655413-01).
Nella specie, invece, cio’ che il giudice di appello avrebbe omesso di esaminare non e’ un accadimento in senso naturalistico, bensi’ l’argomentazione difensiva – svolta dal convenuto (OMISSIS) nella propria comparsa di risposta innanzi al Tribunale, nel prendere posizione in merito al mancato annotamento che gli veniva imputato – consistente nell’affermazione di avere, invece, effettuato la relativa richiesta in data 19 marzo 1998 presso la Conservatoria di Viterbo (allegando copia della stessa), argomentazione che comproverebbe, secondo l’odierna ricorrente, come il professionista avesse rinunciato alla facolta’ di esonero dall’incombente.
Gia’ sotto questo profilo, dunque, deve escludersi l’ammissibilita’ del presente motivo, giacche’ l’omissione investe, appunto, un’argomentazione difensiva.
Corrobora, del resto, la conclusione circa l’inammissibilita’ del motivo l’ulteriore rilievo che tale (asserito) “fatto”, di cui si assume essere stato omesso l’esame, non risulta neppure “decisivo”, nel senso chiarito da questa Corte, e cioe’ che la sua disamina “avrebbe determinato un esito diverso della controversia” (cfr., tra le molte, Cass. Sez. 2, ord. 29 ottobre 2018, n. 27415, Rv. 651028-01), evenienza sussistente, pero’, solo quando il fatto ommesso sia tale “da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento” (cosi’ Cass. Sez. 3, ord. 20 giugno 2018, n. 16812, Rv. 649421-01).

 

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Sotto questo profilo, infatti, deve rilevarsi che il dedotto vizio di omesso esame, oggetto del presente motivo di ricorso, non puo’ che essere valutato congiuntamente al secondo motivo dell’odierna impugnazione, perche’ solo se si accede all’idea che il Notaio (OMISSIS) abbia rinunciato all’esonero, cosi’ assumendo “de facto” (o meglio, a dispetto dell’espressa previsione contrattuale dell’articolo 5, che poneva a carico del mutuatario l’onere dell’annotamento) l’impegno ad espletare tale incombente, il “fatto” di cui sarebbe stato omesso l’esame si presenterebbe, nel senso dianzi illustrato, come “decisivo”.
Senonche’, la tesi della rinuncia all’esonero – che, peraltro, non esaurisce il secondo motivo di ricorso (per i cui aspetti ulteriori si veda “infra”) – risulta non correttamente posta.
Immaginare, infatti, che il Notaio (OMISSIS), pur non essendovi specificamente tenuto, si fosse obbligato spontaneamente ad effettuare l’annotamento, equivale a ipotizzare l’avvenuta integrazione del contenuto del contratto di prestazione d’opera a norma dell’articolo 1375 c.c., cio’ che, pero’, avrebbe richiesto la deduzione, con il secondo motivo di ricorso, della violazione di tale norma, piu’ che (o meglio, piu’ che solo) dell’articolo 1176 c.c.
Ne consegue, pertanto, che il primo motivo di ricorso, non essendo “correlato” ad una censura di tal fatta, risulta, appunto, inammissibile anche per carenza di “decisivita’”.
5.2. Quanto, invece, alle ulteriori censure in cui si articola il secondo motivo, esse sono inammissibili e comunque infondate.
5.2.1. Si addebita, infatti, al Notaio (OMISSIS) di essere venuto meno agli obblighi nascenti dal contratto di prestazione d’opera professionale per aver attestato, nel rogito relativo al mutuo, una circostanza non ancora realizzata (il gia’ avvenuto annotamento), ovvero per essere venuto meno all’obbligo di “verificarla”.
Sul punto, tuttavia, in disparte il rilievo sulla novita’ della questione (visto che in base a quanto si legge non solo in sentenza, ma anche a pag. 3 del ricorso, un simile profilo di responsabilita’ non risulta essere mai stato prospettato in primo grado a carico del professionista, donde allora la necessita’ di dare seguito al principio secondo cui, “ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimita’ ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa”; Cass. Sez. 2, ord. 24 gennaio 2019, n. 2038, Rv. 652251-02), deve rilevarsi, nel senso dell’infondatezza, quanto segue.
La tesi della ricorrente, secondo cui il contratto di mutuo presupponeva gia’ effettuato l’annotamento della postergazione, urta con la previsione contrattuale che faceva carico al mutuatario di provvedervi, cio’ che conferma come si trattasse di incombente non ancora espletato, bensi’ “in fieri”.
Ne’, infine, puo’ dirsi fondata la censura di violazione dell’articolo 2697 c.c., perche’ – nel caso di specie – e’ proprio la prova del “titolo” di responsabilita’ del professionista cio’ che la Corte capitolina ha ritenuto mancante, avendo espresso il convincimento, sulla base del testo contrattuale, dell’avvenuto esonero del notaio dall’annotamento e della previsione che fosse, invece, il mutuatario a dover provvedere all’espletamento dell’incombente.
Resta, poi, in ogni caso inteso che la “violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), e’ configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 65884001); evenienza, quella appena indicata, che non risulta lamentata nel caso di specie, restando, invece, inteso che “laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti”, essa “puo’ essere fatta valere ai sensi del numero 5 del medesimo articolo 360” (Cass. Sez. 3, sent. 17 giugno 2013, n. 15107, Rv. 626907-01), ovviamente “entro i limiti ristretti del “nuovo”” suo testo (Cass. Sez. 3, ord. n. 13395 del 2018, cit.), e dunque deducendo la presenza, nella motivazione, di profili – qui, per vero, neppure denunciati – di “irriducibile contraddittorieta’” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01; Cass. Sez. 63, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv. 650880-01) o di inconciliabilita’ logica (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628-01), tali da rendere le sue “argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01, nonche’, piu’ di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 654145-01).

 

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5.3. I motivi terzo e quarto – da scrutinare congiuntamente, data la loro connessione, deducendo entrambi il vizio di omesso esame di motivi di appello – non sono fondati.
5.3.1. Avendo il giudice di appello dichiaratamente fatto applicazione del principio della “ragione piu’ liquida”, ha ritenuto i motivi di gravame – dei quali l’odierna ricorrente (e gia’ appellante) lamenta l’omesso esame – evidentemente assorbiti.
Va, dunque, dato seguito al principio secondo cui, “quando la decisione assorbente esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre questioni” (come, appunto, nel caso in esame), “ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande, l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realta’, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione e’ proprio quella dell’assorbimento” (Cass. Sez. 1, ord. 12 novembre 2018, n. 28995, Rv. 65158001), potendosi, al piu’, contestare le ragioni dell’assorbimento contestando utilmente – cio’ che nella specie non pare avvenuto, dato l’ipotizzato esito dei primi due motivi di ricorso – la decisione ritenuta “assorbente”.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato.
7. Le spese seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico della ricorrente e liquidate come da dispositivo.
8. A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando la societa’ (OMISSIS) S.r.l. (o meglio, per essa, la sua mandataria, societa’ (OMISSIS) S.p.a.), a rifondere, agli (OMISSIS) e a (OMISSIS), le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 5.300,00, piu’ Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

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