Corte di Cassazione, penale, Sentenza|23 luglio 2021| n. 28959.
Molestia o disturbo e ripetuto invio di messaggi di posta elettronica.
Non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone in caso di ripetuto invio di messaggi di posta elettronica.
Sentenza|23 luglio 2021| n. 28959. Molestia o disturbo e ripetuto invio di messaggi di posta elettronica
Data udienza 4 maggio 2021
Integrale
Tag – parola: CONTRAVVENZIONI – CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L’ORDINE PUBBLICO E LA TRANQUILLITA’ PUBBLICA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONI Monica – Presidente
Dott. LIUNI Teresa – Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
Dott. ALIFFI Francesco – rel. Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/03/2019 del TRIBUNALE di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. FRANCESCO ALIFFI;
lette le conclusioni scritte, depositate ex Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. PICARDI ANTONIETTA che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
Molestia o disturbo e ripetuto invio di messaggi di posta elettronica
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Roma ha âEuroËœdichiarato (OMISSIS), colpevole del reato di molestie, cosi’ derubricata l’originaria imputazione di atti persecutori, e per l’effetto, l’ha condannata alla pena di Euro 300,00 di multa, concedendole i benefici della pena sospesa e della non menzione della condanna.
Alla luce delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dai testimoni nonche’ della documentazione di riscontro e delle ammissioni provenienti dalla stessa imputata, il Tribunale ha ritenuto accertata la consumazione da parte della (OMISSIS) di una pluralita’ di condotte di intrusione nella sfera personale di (OMISSIS) nella consapevolezza della loro idoneita’ ad arrecargli disturbo.
In particolare, la (OMISSIS), ancora invaghita del (OMISSIS) – con il quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale di pochi mesi nel 2005 – a partire dal 2010 e fino alla data della denuncia, sporta nel 2015:
– gli aveva inviato numerosissime email nonostante il destinatario non le avesse risposto, mostrando disinteresse, proseguendo anche dopo essere stata espressamente invitata a smettere ogni contatto;
– lo aveva incontrato in due occasioni, nel novembre del 2014 e nell’aprile del 2016, nei pressi del luogo di lavoro chiedendogli, la prima volta, il numero di telefono e se l’amasse e, la volta successiva, allontanandosi solo dopo essersi accorta che il (OMISSIS) le aveva scattato una foto;
– nell’ottobre del 2015, infine, gli aveva lasciato sulla moto un pacchetto contenente, tra l’altro, una pennetta USB con foto, mail ed un audio messaggio con cui gli chiedeva di tornare insieme.
2. Ricorre avverso la sentenza, (OMISSIS) per il tramite del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), articolando due motivi sintetizzabili nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1 come segue.
2.2. Con il primo motivo deduce l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato di cui all’articolo 660 c.p., anche sotto il profilo dell’illogicita’ della motivazione.
In contrasto con i canoni interpretativi enucleati dalla giurisprudenza di legittimita’, richiamati in dettaglio, il Tribunale avrebbe, in primo luogo, attribuito rilevanza a condotte prive delle caratteristiche richieste dalla fattispecie incriminatrice, con particolare riferimento all’elemento costitutivo “della petulanza o di altro biasimevole motivo”, ancorando la sua valutazione alle percezioni soggettive della persona offesa, pur ritenuta scarsamente credibile.
Anche tenendo conto della natura eventualmente abituale del reato di cui all’articolo 660 c.p., le condotte contestate, anche se considerate nel loro complesso, non possono qualificarsi come “molestia”.
– l’incontro del (OMISSIS) e’ stato casuale, si e’ protratto per pochi minuti, con modalita’ civili, senza alcuna invasione nella quiete privata della persona offesa;
– l’invio di mail, peraltro dal contenuto metaforico e poetico ed in continuita’ con le forme comunicative adottate nel passato, non e’ riconducibile, indipendentemente dalla sua qualita’ e dal suo contenuto, alla fattispecie incriminatrice di molestia avendo da tempo la giurisprudenza di legittimita’ chiarito che, a differenza di cio’ che avviene con l’uso del telefono, non determina una immediata interazione fra il mittente ed il destinatario, quindi una intrusione nella sfera privata di quest’ultimo il quale puo’ decidere di volta in volta se accedere o meno al contenuto della comunicazione,
– il mero deposito del pacchetto sul motoveicolo della persona offesa, peraltro contenente oggetti, supporti audio e scritti di carattere poetico, artistico e sentimentale e con modalita’ espressive inidonee a turbare la quiete del destinatario, non ha arbitrariamente imposto alcuna forma di interazione alla persona offesa, la quale, d’altra parte consapevole dell’identita’ del mittente che aveva visto allontanarsi, lo aveva aperto solo in un secondo tempo, con un atto volontario ed autonomo, alla presenza della moglie solo quando aveva deciso di recarsi dal suo legale.
– – nell’incontro del 27 aprile, la (OMISSIS) si e’ limitata a sostare, silente ed immobile, davanti all’ingresso della scuola di musica, mossa unicamente dalla necessita’ di chiedere al (OMISSIS) la restituzione del plico recapitatogli in precedenza, salvo poi allontanarsi immediatamente dopo essere stata fotografata senza imporre la sua presenza.
Le accertate condotte, in definitiva, non integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’articolo 660 c.p., anche se valutate complessivamente, perche’ difetta il necessario carattere di assiduita’ e ripetitivita’ idoneo a renderle per se’ stesse moleste. Tra ogni condotta asseritamente molesta e’, infatti, intercorso un ampio arco temporale. In disparte delle e-mail, peraltro, la dinamica relazionale non e’ andata oltre al mero incontro privo di contatti fisici o verbali.
2.2. Con il secondo motivo deduce insistenza dell’elemento soggettivo inteso come coscienza e volonta’ dell’agente di molestare e disturbare terze persone.
Il Tribunale ha ignorato che il (OMISSIS) non ha mai adeguatamente comunicato alla (OMISSIS) la necessita’ di astenersi da qualunque forma di interazione; anzi quest’ultima, alla luce della condotta, meramente passiva, tenuta dal (OMISSIS), non solo ha ritenuto che i testi delle e-mail inviati fossero apprezzati ma ha, altrettanto ragionevolmente, interpretato le mail di risposta inviatele nel (OMISSIS), per il loro contenuto ambiguo, non come una diffida o una intimazione ad interrompere i contatti, ma come comunicazioni non serie o reazioni emotive non attendibili.
Molestia o disturbo e ripetuto invio di messaggi di posta elettronica
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo, che propone una pluralita’ di censure relative all’elemento oggettivo del reato sotto il profilo della violazione della norma incriminatrice e del vizio motivazionale, e’ fondato solo laddove si duole della sussunzione nella fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 660 c.p.p. della condotta consistita nel ripetuto invio di e-mail per quanto le stesse provochino turbamento o fastidio nel destinatario.
1.2. Va ribadito anche in questa sede che, per integrare la contravvenzione prevista e punita dall’articolo 660 c.p., devono concorrere, oltre alla condotta molesta del soggetto attivo, alternativamente gli ulteriori elementi della pubblicita’ o dell’apertura al pubblico del luogo dell’azione ovvero l’utilizzazione del telefono come mezzo del reato. E il mezzo telefonico assume rilievo – ai fini dell’ampliamento della tutela penale altrimenti limitata alle molestie arrecate in luogo pubblico o aperto al pubblico – proprio per il carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non puo’ sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, con conseguente lesione, in tale evenienza, della propria liberta’ di comunicazione, costituzionalmente garantita (articolo 15 Cost., comma 1).
Partendo da questa premessa in plurime, condivisibili, decisioni la giurisprudenza di legittimita’, in rigorosa applicazione del principio della tipicita’ che deve presiedere all’interpretazione della legge penale, ha precisato che, ai fini della configurabilita’ della contravvenzione de qua, allo strumento del telefono possono essere equiparati altri mezzi di trasmissione, tramite rete telefonica e rete cellulare delle bande di frequenza, di voci e di suoni purche’ imposti al destinatario, senza possibilita’ per lui di sottrarsi alla immediata interazione con il mittente (Sez. 1, n. 36779 del 27/9/2011, Ballarino e altro, Rv. 250807).
E’ stata, conseguentemente, esclusa, a contrario, l’ipotizzabilita’ del reato in esame nel caso di molestie recate con il mezzo della posta elettronica, “perche’ in tal caso nessuna immediata interazione tra il mittente ed il destinatario si verificherebbe ne’ veruna intrusione diretta del primo nella sfera delle attivita’ del secondo (“La modalita’ della comunicazione e’ asincrona. L’azione del mittente si esaurisce nella memorizzazione di un documento di testo (colla possibilita’ di allegare immagini, suoni o sequenze audiovisive) in una determinata locazione dalla memoria dell’elaboratore del gestore del servizio, accessibile dal, destinatario; mentre la comunicazione si perfeziona, se e quando il destinatario, connettendosi, a sua volta, all’elaboratore e accedendo al servizio, attivi una sessione di consultazione della propria casella di posta elettronica e proceda alla lettura del messaggio”: Sez. 1, n. 24510 del 17/6/2010, D’Alessandro, Rv. 247558). Dunque, contrariamente alla molestia recata con il telefono, alla quale il destinatario non puo’ sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, nel caso di molestia tramite posta elettronica una tale forzata intrusione nella liberta’ di comunicazione non si potrebbe verificare (Sez. 1, n. 36779/2011; Sez. 1, n. 24510/2010 cit.), con la necessaria precisazione, imposta dal progresso tecnologico, nella misura in cui esso consente con un telefono “attrezzato” la trasmissione di voci e di suoni in modalita’ sincrona, che avvertono non solo l’invio e la contestuale ricezione di sms (short messages system), ma anche l’invio e la ricezione di posta elettronica (in tal senso gia’, Sez. 3, n. 28680 del 26/3/2004, Modena, Rv. 229464).
1.3. L’eliminazione dell’inoltro ripetuto di e-mail dal novero delle condotte ritenute integranti il reato contestato non determina, tuttavia, l’insussistenza dell’addebito, continuando a mantenere rilevanza penale quelle ulteriori, poste in essere dalla ricorrente anche dopo essere stata diffidata dal (OMISSIS) “a smettere ogni contatto”.
Infatti, secondo l’accertamento del giudice del merito, condotto in base a criteri non manifestamente illogici e contestato in questa sede con censure, di tipo controfattuale, che si risolvono nella sollecitazione di nuovi apprezzamenti estranei al giudizio di legittimita’, la (OMISSIS), oltre ad inviare le e-mail, dal novembre del 2014 all’aprile 2016, non solo aveva imposto la sua presenza fisica in piu’ incontri al (OMISSIS), ma:
– in un’occasione aveva esplicitato la richiesta di riprendere il rapporto affettivo, riprendendo i temi di cui aveva diffusamente parlato nelle e-mail;
– in un altro episodio, dopo avere aspettato che la persona offesa sopraggiungesse, aveva lasciato sul sedile della sua moto un pacco contenente, oltre ad un audio lettera in cui chiedeva al (OMISSIS) di “tornare insieme”, testi musicali, foto e scritti in parte evocativi della pregressa relazione sentimentale per il resto dimostrativi della perfetta conoscenza dei suoi attuali spostamenti e dei luoghi frequentati da lui personalmente e dal figlio;
– si era appostata nei pressi del luogo di lavoro del (OMISSIS), allontanandosi solo dopo essersi accorta che quest’ultimo le aveva scattato una fotografia.
Si tratta di condotte che, indipendentemente dal lasso temporale intercorso tra le stesse o meglio dalla loro stessa reiterazione, singolarmente considerate integrano il reato di cui all’articolo 660 c.p., che, non avendo natura necessariamente abituale, si consuma ogni qual volta l’agente compia una sola azione suscettibile di determinare nella persona offese gli effetti tipici della molestia e del disturbo, attraverso le piu’ svariate forme di invasione dell’altrui sfera privata, che possono consistere anche nella semplice instaurazione, con modalita’ oggettivamente fastidiose, pressanti ed indiscrete, di un rapporto comunicativo e confidenziale non gradito dalla vittima. Le condotte accertate a carico della (OMISSIS) hanno, senz’altro, prodotto effetti di questo tipo.
L’imputata, infatti, consapevole della decisa contrarieta’ del (OMISSIS) anche solo a continuare la corrispondenza via e-mail, lo aveva appositamente fermato su una pubblica via per esternargli le sue proposte sentimentali, lo aveva seguito fino al luogo di lavoro rimanendovi a lungo appostata, lo aveva seguito, riuscendo nell’intento di recapitarli oggetti evocativi non solo della perdurante intenzione di proseguire il corteggiamento o, quanto meno, la relazione interpersonale, ma anche di acquisire informazioni sui suoi familiari e suoi spostamenti e, in tal guisa, aveva, di volta in volta, interferito sgradevolmente nella sfera privata della controparte, disturbandola.
La giurisprudenza di questa Corte, in adesione alla medesima opzione ermeneutica, ha ritenuto che il reato di molestia possa, ad esempio, essere integrato dall’inseguimento insistente della persona offesa o del suo veicolo, in modo da interferire nella sfera di liberta’ di questa e da arrecarle turbamento (Sez. 1, n. 11198 del 18/02/2020, Cirioni, Rv. 279048; Sez. 1, n. 18117 del 11/02/2014, Scognamillo, Rv. 259295). D’altra parte, la molestia ed il turbamento di cui all’articolo 660 c.p. non vanno confusi con le piu’ gravi situazioni, materiali o morali, quali lo stato di ansia o paura, il timore per l’incolumita’ propria o altrui e l’alterazione delle abitudini di vita, che sono gli eventi che, disgiuntamente integrano il piu’ grave reato di atti persecutori ex articolo 612 bis c.p. (Sez. 5, n. 36139 del 04/04/2019, D., Rv. 277027).
2. Il secondo motivo, relativo all’elemento soggettivo, e’ generico e comunque manifestamente infondato.
La sentenza impugnata, nell’affrontare il tema, ha, con apparato argomentativo coerente e logico, rilevato che la persona offesa aveva, in piu’ occasioni, comunicato all’imputata la sua netta contrarieta’ a coltivare un rapporto, anche solo virtuale attraverso lo scambio di e-mail, utilizzando all’uopo espressioni dal contenuto talmente inequivoco (il (OMISSIS) aveva rappresentato di “sentirsi stalkerizzato”) che la stessa ricorrente ha dovuto ammettere, con una ricostruzione alternativa invero arditamente prospettata come piu’ plausibile di quella del Tribunale, che esse non esprimevano il reale pensiero di chi le aveva scritte ma erano il frutto di sarcasmo.
3. La parziale fondatezza del ricorso induce a riscontrare l’intervenuta maturazione della causa di estinzione del reato della prescrizione. Considerata l’epoca di commissione dell’ultima condotta accertata, il termine massimo di prescrizione e’ venuto a scadenza il 27 aprile 2021.
3.1. Non vi e’ stata alcuna sospensione o interruzione nell’unico grado del giudizio ne’ ha operato la sospensione prevista dalla normativa sull’emergenza pandemica Covid 19.
A quest’ultimo proposito, le Sezioni unite di questa Corte hanno, di recente, chiarito che la sospensione del corso della prescrizione nel giudizio di legittimita’, prevista dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 3 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, si applica ai procedimenti per i quali ricorra la duplice condizione dell’essere pendenti dinanzi alla Corte di cassazione e di essere pervenuti alla cancelleria della stessa nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020po’ implica che per i procedimenti pervenuti dal 9 marzo, l’effetto sospensivo si produce a partire dal 30 aprile 2020, data di entrata in vigore della legge di conversione che ha introdotto l’articolo 83, comma 3 bis, mentre per quelli iscritti in data successiva al 30 aprile 2020, la sospensione opera fin dal momento della loro iscrizione). Quanto invece alla sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dal successivo articolo 83, comma 4 cit. hanno aggiunto che essa si applica ai procedimenti la cui udienza sia stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all’11 maggio 2020, nonche’ a quelli per i quali fosse prevista la decorrenza, nel predetto periodo, di un termine processuale escludendo che la sospensione della prescrizione possa operare in maniera generalizzata, per tutti i procedimenti pendenti, in quanto “la disciplina introdotta al Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 4, presuppone che il procedimento abbia subito una effettiva stasi a causa delle misure adottate per arginare la pandemia” (Sez Un. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432)
3.2. Risultano, di conseguenza, inapplicabili sia la sospensione del corso della prescrizione nel giudizio di legittimita’ prevista dall’articolo 83, comma 3 bis, perche’ il procedimento e’ pervenuto alla cancelleria della Corte di Cassazione il 21 dicembre 2019, quindi in un periodo diverso da quello intercorrente tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020, sia la sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 4, perche’ la prima udienza dinanzi la Corte di cassazione non e’ stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all’11 maggio 2020, bensi’ originariamente per il 24 giugno 2020 e successivamente per la data odierna del 4 maggio 2021, con provvedimento di rinvio disposto in data 18 maggio 2020, anche esso successivo al giorno 11 maggio 2020.
4. Ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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