Mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 6 marzo 2019, n. 9858.

La massima estrapolata:

Puo’ essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita’, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello

Sentenza 6 marzo 2019, n. 9858

Data udienza 14 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/04/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ROSA PEZZULLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. LORI PERLA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13 aprile 2016 la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma della senteria del Tribunale di Lanciano del 29 ottobre 2013, emessa nei confronti di (OMISSIS), ha escluso la continuazione tra i reati di cui all’articolo 612 c.p., comma 2 e articoli 339 e 582 c.p., rideterminando la pena in mesi 3 di reclusione per il delitto di minaccia ed Euro 600 di multa per quello di lesioni.
1.1. All’imputato, in particolare, era stata ascritta la condotta dell’aver minacciato di morte (OMISSIS), aggredendolo, lanciandogli un mattone e cagionandogli escoriazioni.
7. Avverso la predetta sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, con i quali lamenta:
– con il primo motivo, l’inosservanza della legge penale e la nullita’ del giudizio di primo grado; invero, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari fu consegnato a mani proprie al ricorrente, ma era sprovvisto della indicazione dell’obbligo di comunicare ogni variazione del domicilio e cio’ avrebbe dovuto comportare l’applicazione del regime di cui agli articoli 157 e 159 c.p.p., richiamato dall’articolo 161 c.p.p., comma 4, relativo al caso in cui l’imputato non risulti in grado di comunicare il cambiamento del luogo dichiarato o eletto; di conseguenza, il decreto di rinvio a giudizio avrebbe dovuto essere notificato ai sensi dell’articolo 157 c.p.p., comma 8 presso la casa comunale dove l’imputato risultava residente, con successiva affissione dell’avviso di deposito; la notificazione tramite il c.d. rito degli irreperibili risulta evidentemente illegittima, posto che l’indirizzo presso il quale e’ stata eseguita la notifica dell’avviso ex articolo 415 bis c.p.p., non poteva ritenersi inidonea alla comunicazione degli atti, posto che rappresentava l’indirizzo di abitazione del (OMISSIS);
– con i secondo motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione, posto che i giudici di merito hanno dato atto della assoluta attendibilita’ alle dichiarazioni della p.o., nonostante queste riguardassero circostanze palesemente false; inoltre, la richiesta integrazione probatoria e’ stata ritenuta non necessaria, benche’ i due indicati testimoni, presenti all’alterco, avrebbero potuto certamente illustrare il comportamento dell’imputato e la lesione lamentala dal (OMISSIS), stante anche la genericita’ del referto medico.
considerato in diritto
Il ricorso e’ inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1. Con il primo motivo di ricorso l’imputato adduce la nullita’ del procedimento notificatorio e conseguentemente del giudizio di primo grado, atteso che l’avviso di conclusione delle indagini preliminari non conteneva l’indicazione dell’obbligo di comunicare ogni variazione del domicilio per le notificazioni e tale situazione era da ritenersi equiparabile a quella contemplata dall’articolo 161 c.p.p., comma 4, u.p., a termini della quale “quando risulta che per caso fortuito o forza maggiore l’imputato non e’ stato nelle condizioni di comunicare il luogo dichiarato od eletto si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159 c.p.p.”.
Tale assunto e’ palesemente infondato. Ed invero, la notifica dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari e’ stata effettuata all’imputato a mani proprie in data 25.6.2010, presso la sua residenza, alla (OMISSIS), come evidenziato dalla Corte territoriale, senza contestazioni sul punto da parte del (OMISSIS). La sentenza impugnata ha messo in risalto, altresi’, come effettivamente l’avviso di conclusione delle indagini non contenesse l’avvertimento di cui all’articolo 161 c.p.p., comma 1, e che il successivo decreto di citazione a giudizio e’ stato notificato all’imputato mediante il rito degli irreperibili, essendo risultate infruttuose le ricerche dello stesso espletate dalla P.G., con conseguente emissione in data 24.12.2010 del decreto di irreperibilita’, ai sensi dell’articolo 159 c.p.p., e successiva notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore di ufficio, all’uopo nominato, avv. (OMISSIS).
– tanto premesso, nessuna nullita’ puo’ ritenersi prodotta nel procedimento notificatorio e nella corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’imputato. Invero, il mancalo invito ex articolo 161 c.p.p., comma 1, nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari senz’altro non puo’ comportare le conseguenze di cui al medesimo articolo, comma 4, u.p., non essendo all’evidenza equiparabile la condizione del caso fortuito o forza maggiore nella comunicazione del mutamento del luogo dichiarato od eletto alla situazione in cui l’invito a dichiarare uno dei luoghi di cui all’articolo 157 c.p.p., ovvero ad eleggere domicilio manchi.
Peraltro, ove anche volesse ravvisarsi un profilo di invalidita’ per la mancanza dell’invito ex articolo 161 c.p.p., ebbene tale nullita’ sarebbe di natura relativa e, pertanto, andava eccepita a pena di decadenza entro il termine di cui all’articolo 491 c.p.p. subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti (arg. ex Sez. 5, n. 34515 del 04/07/2014, Rv. 264272); o comunque prima della deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 6, n. 2382 del 28/12/2017), eccezione questa che l’imputato non ha indicato di aver effettuato.
2. Generico e comunque manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso. Ed invero, la sentenza impugnata ha dato atto che le dichiarazioni della p.o. (OMISSIS), si presentano lineari, logiche, prive di contraddizioni ed intrinsecamente credibili, e sono state confermate dagli altri elementi di prova acquisiti; inoltre, sebbene nessuno abbia assistito ai fatti, il Carabiniere (OMISSIS), intervenuto subito dopo, rilevava sia le lesioni lamentate dalla p.o., sia la presenza di un mattone a terra, come riferito dalla stessa p.o. mentre la documentazione medica in atti attesta la presenza, in un momento successivo ai fatti, di lesioni compatibili con la prospettazione accusatoria.
2.1. In proposito, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi piu’ volte affermati dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui le dichiarazioni della parte offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilita’ soggettiva e dell’attendibilita’ intrinseca del racconto (cfr. S.U., n. 41461 del 19.7.2012 ed ex multis e ha le piu’ recenti Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251661; Sez. 3, n. 28913 del 03/05/2011, C., Rv. 251075; Sez. 3, n. 1818 del 03/12/2010, dep.2011, L. C., Rv. 249136; Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis, Rv.240524). Inoltre, costituisce principio incontroverso l’affermazione che la valutazione della credibilita’ della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto, che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non puo’ essere rivalutata in sede di legittimita’, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr. ex plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv. 227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232), non ravvisabili nella fattispecie.
3. Per quanto concerne, poi, la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, la Lotte territoriale ha dato adeguatamente conto delle ragioni per le quali non ha ritenuto di accedervi, in considerazione della non necessita’ ai fini del decidere delle ulteriori prove richieste, ovvero della nuova escussione dei testimoni. Sul punto, e’ sufficiente richiamare i principi piu’ volte affermati da questa Corte, secondo cui alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello, di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 1, puo’ ricorrersi solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilita’ unicamente quando i dati probatori gia’ acquisiti siano incerti, nonche’ quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze, ovvero sia di per se’ oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Rv. 256228). Inoltre, puo’ essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita’, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014).
3. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, nonche’, trattandosi di causa di inammissibilita’ t iconducibile a colpa del ricorrente, al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma: che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2000,00, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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