Maltrattamenti anche nei confronti di persona non più convivente

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|7 maggio 2021| n. 17885.

Maltrattamenti anche nei confronti di persona non più convivente.

Il reato di maltrattamenti è configurabile anche nei confronti di persona non più convivente con l’agente quando questi conserva con la vittima una stabilità di rapporti dipendente dai doveri connessi alla filiazione per la perdurante necessità di adempiere gli obblighi di cooperazione nel mantenimento, nell’educazione, nell’istruzione e nell’assistenza morale del figlio – anche naturale – derivante dall’esercizio congiunto della potestà genitoriale. In questo caso, nel rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall’articolo 612-bis del Cp, il reato di maltrattamenti assorbe quello di atti persecutori anche appunto in caso di avvenuta cessazione della convivenza se la tipologia della relazione fra l’agente e la vittima indica il permanere di condizioni che richiedono solidarietà tra i due. Invece, si configura l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, prevista dal comma 2 dell’articolo 612-bis del Cp, in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), o determinati dalla sua esistenza e sviluppo, continuino nonostante la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare o comunque della sua attualità (nella specie, è stata ritenuta corretto l’inquadramento del fatto nel paradigma dell’articolo 572 del Cp in una vicenda in cui l’imputato e la persona offesa avevano generato due figli ancora minorenni all’epoca dei fatti e con i quali l’imputato aveva una ordinaria continuità di rapporti con la connessa necessità di cooperazione tra i genitori, i quali, anche se non più conviventi, dovevano, comunque e per un tempo indeterminato, mantenere una relazione improntata a canoni di cooperazione, di solidarietà e di reciproco rispetto).

Sentenza|7 maggio 2021| n. 17885. Maltrattamenti anche nei confronti di persona non più convivente

Data udienza 11 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Maltrattamenti in famiglia – Assorbimento del reato di stalking – Permanenza del dovere di collaborazione tra genitori nella cura ed educazione di figli minori – Fine della convivenza – Irrilevanza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/12/2019 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Angelo Costanzo;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale Dr. Perla Lori che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
L’avvocato (OMISSIS) del Foro di Firenze, difensore della parte civile (OMISSIS), chiede il rigetto del ricorso e deposita note scritte e nota spese. L’avvocato (OMISSIS) del Foro di Firenze l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 6951 del 2019 la Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna inflitta, a conclusione di un giudizio abbreviato, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze a (OMISSIS) ex articolo 572 c.p. per avere maltrattato la sua convivente (OMISSIS), anche in presenza dei loro figli minorenni, con ingiurie, percosse e lesioni sino a costringerla a allontanarsi da casa e poi perseguitandola e minacciandola nei modi descritti nell’imputazione.
2. Nel ricorso presentato dal difensore di (OMISSIS) si chiede l’annullamento della sentenza deducendo: a) erronea applicazione della legge nel qualificare come maltrattamenti e non come atti persecutori ex articolo 612-bis c.p. anche le condotte dell’imputato successive alla cessazione della convivenza; b) violazioni di legge nel trascurare il criterio di distinzione fra maltrattamenti e atti persecutori fondato sulla cessazione della convivenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nell’atto di appello la difesa di (OMISSIS) aveva argomentato che le condotte dell’imputato non presentano i connotati dell’abitualita’ richiesta per integrare il reato di maltrattamenti perche’ nel corso della convivenza vi fu soltanto un episodio di lesioni ((OMISSIS)) e successivamente alla cessazione della convivenza ((OMISSIS)) si ebbero delle condotte isolate non integranti maltrattamenti.
La Corte di appello ha rilevato che, prima della cessazione della convivenza, le condotte dell’imputato non si limitarono all’episodio del (OMISSIS) e le ha richiamate nella sentenza. Nel ricorso in esame non si contesta questo punto, ma si assume che con la cessazione della convivenza vennero meno le condizioni per ricondurre le successive condotte di (OMISSIS) al reato di maltrattamenti raccordandole con quelle anteriori.
2. L’articolo 572 c.p. e’ applicabile non solo ai nuclei familiari fondati sul matrimonio, ma a qualunque relazione sentimentale che, per la consuetudine dei rapporti creati, implichi l’insorgenza di vincoli affettivi e aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale (Sez. 6, n. 31121 del 18/03/2014, C., Rv. 261472). In particolare, pur mancando vincoli nascenti dal coniugio, il delitto di maltrattamenti in famiglia e’ configurabile nei confronti di persona non piu’ convivente more uxorio con l’agente quando questi conserva con la vittima una stabilita’ di rapporti dipendente dai doveri connessi alla filiazione per la perdurante necessita’ di adempiere gli obblighi di cooperazione nel mantenimento, nell’educazione, nell’istruzione e nell’assistenza morale del figlio minore naturale derivanti dall’esercizio congiunto della potesta’ genitoriale (Sez. 6, n. 37628 del 25/06/2019, Rv. 276697; Sez. 6, n. 25498 del 20/04/2017, I., Rv. 270673; Sez. 6, n. 33882 del 08/07/2014, C., Rv. 262078).
In questo caso, nel rispetto della clausola di sussidiarieta’ prevista dall’articolo 612 bis c.p., comma 1, (Sez. 5, n. 41665 del 04/05/2016, C., Rv. 268464; Sez. 6, n. 7369 del 13/11/2012, dep. 2013, M., Rv. 254026), il reato di maltrattamenti assorbe quello di atti persecutori anche in caso di avvenuta cessazione della convivenza se la tipologia della relazione fra l’agente e la persona indica il permanere di condizioni che richiedono solidarieta’ fra i due. Invece, si configura l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’articolo 612-bis c.p., comma 2) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunita’ familiare (o a questa assimilata), o determinati dalla sua esistenza e sviluppo, continuino nonostante la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare o comunque della sua attualita’ (Sez. 6, n. 8145 del 15/01/2020, S., Rv. 278358; Sez. 6, n. 30704 del 19/05/2016, D’A., Rv. 267942; Sez. 6, n. 7369 del 13/11/2012, dep. 2013, M., Rv. 254026).
3. Nel caso in esame, risulta che l’imputato e la persona offesa hanno generato due figli ancora minorenni all’epoca dei fatti e con i quali l’imputato aveva una ordinaria continuita’ di rapporti con la connessa necessita’ di cooperazione tra i genitori, i quali, anche se non piu’ conviventi, dovevano, comunque e per un tempo indeterminato, mantenere una relazione improntata a canoni di cooperazione, di solidarieta’ e di reciproco rispetto.
Ne deriva che la fattispecie concreta in esame e’ pianamente sussumibile sotto l’articolo 572 c.p. e che, pertanto, il ricorso e’ manifestamente infondato.
4. Dalla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso deriva ex articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 3000.
Ne deriva, inoltre, che l’imputato va condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dal Corte di appello di Firenze con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore del Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di appello di Firenze con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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