L’ufficio di testimone per la persona già indagata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 settembre 2021| n. 34562.

L’ufficio di testimone per la persona già indagata.

Non sussiste incompatibilità ad assumere l’ufficio di testimone per la persona già indagata, la cui posizione sia stata definita con provvedimento di archiviazione, in quanto la disciplina limitativa della capacità di testimoniare prevista dagli artt. 197, comma 1, lett. a) e b), 197-bis, e 210 cod. proc. pen. si applica solo all’imputato, al quale è equiparata la persona indagata, nonché al soggetto già imputato, salvo che sia stato irrevocabilmente prosciolto per non aver commesso il fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non necessaria l’acquisizione di elementi di riscontro ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. che suffragassero le dichiarazioni testimoniali di un coindagato nei cui confronti era stata disposta l’archiviazione, in applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 323-ter cod. pen.).

Sentenza|16 settembre 2021| n. 34562. L’ufficio di testimone per la persona già indagata

Data udienza 7 luglio 2021

Integrale

Tag – parola: L’ufficio di testimone per la persona già indagata – Misura cautelare degli arresti domiciliari – Concussione – Abuso costrittivo del pubblico agente – Induzione indebita – Pressione morale più tenue – Persona indagata e assolta in procedimento di archiviazione può testimoniare

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. ROSATI Marti – rel. Consigliere

Dott. TRIPICCIONE Debora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 26/04/2021 del Tribunale di Salerno;
letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Martino Rosati;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Senatore Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni dei difensori del ricorrente, avv.ti (OMISSIS) ed (OMISSIS), che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.

L’ufficio di testimone per la persona già indagata

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Salerno, accogliendo l’appello proposto ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore, ha applicato a (OMISSIS) gli arresti domiciliari, in relazione al delitto di induzione indebita ex articolo 319-quater c.p., che egli avrebbe commesso, in concorso con i coindagati (OMISSIS) e (OMISSIS), nella sua qualita’ di custode giudiziario e delegato all’attivita’ di vendita nella procedura esecutiva immobiliare pendente nei confronti dell’impresa edile ” (OMISSIS) s.r.l.”, legalmente rappresentata da (OMISSIS).
Secondo l’ipotesi d’accusa, d’intesa con (OMISSIS), ingegnere nominato suo ausiliario tecnico nella medesima procedura, il ricorrente avrebbe alterato i valori di stima degli immobili sottoposti a pignoramento, in tal modo consentendo al (OMISSIS) di ottenere una riduzione dello stesso e la restituzione di parte di quel compendio, ma chiedendo ed ottenendo da questi, quale indebita remunerazione, la somma di 20.000 Euro in contanti, corrisposta in varie tranches, per lo piu’ nelle mani di (OMISSIS), cugino di (OMISSIS) e da quest’ultimo incaricato della relativa riscossione.
Il Tribunale ha ritenuto fondate tali accuse, sulla base delle dichiarazioni del (OMISSIS), poiche’ particolareggiate, riscontrate dai dati delle indagini tecniche (intercettazioni di conversazioni e tabulati del traffico telefonico), confermate dalla confessione di (OMISSIS) e dalle dichiarazioni di (OMISSIS) (che si e’ limitato a professare la sua buona fede sulla causale dei versamenti riscossi) e prive di qualsiasi ragione per un’accusa calunniosa nei confronti del solo (OMISSIS).
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), per il tramite dei propri difensori, rassegnando tre doglianze.
2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione in punto di gravita’ indiziaria: il pignoramento eseguito nei confronti del (OMISSIS) era ampiamente sproporzionato per eccesso rispetto all’importo del suo debito; la riduzione del vincolo, quindi, gli sarebbe legittimamente spettata; di conseguenza, nessun indebito profitto gli avrebbero fatto conseguire (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali avrebbero agito soltanto quali consiglieri esperti della materia, per consentirgli di ottenere un risultato che esulava del tutto dalle funzioni e dai poteri loro spettanti in ragione dell’incarico ricoperto.
La loro condotta potrebbe percio’ integrare, al piu’, gli estremi della truffa aggravata.
2.2. Violazione dell’articolo 192 c.p.p., in relazione alla valutazione degli elementi indiziari.
(OMISSIS) non ha chiesto ne’ concordato alcun pagamento, non ha riscosso alcunche’, non ha avuto rapporti con l’esattore (OMISSIS). Le accuse a suo carico provengono dalle dichiarazioni del denunciante e dei coindagati, ma: a) il primo, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, non puo’ considerarsi un testimone puro e semplice, poiche’ la sua posizione e’ stata soltanto successivamente archiviata, per esclusione della punibilita’ a norma dell’articolo 323-ter c.p., dovendo percio’ trovare applicazione il disposto dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, con la conseguente necessita’ di “riscontri”, invece mancanti; b) (OMISSIS) ha reso dichiarazioni non genuine, perche’ dettate dal solo intento di alleggerire la sua posizione ottenendo benefici processuali; c) l’unico dato obiettivo e’ quello riveniente dai tabulati telefonici, tuttavia dallo stesso Giudice per le indagini preliminari ritenuto inconsistente; d) il Tribunale, infine, ha illegittimamente valorizzato a fini probatori l’esercizio di un diritto dell’indagato, qual e’ quello di non rispondere all’interrogatorio in sede di convalida del fermo.
2.3. Vizi di motivazione in punto di esigenze cautelari e, comunque, di scelta della misura, avendo il Tribunale trascurato l’intervenuta sospensione dell’indagato dall’albo degli avvocati, la sopraggiunta revoca degli analoghi incarichi ricevuti, la presentazione dell’istanza di cancellazione dall’elenco dei custodi giudiziari: fatti – si deduce – che avrebbero determinato il venir meno della probabilita’ di occasioni prossime favorevoli alla reiterazione del reato, necessaria per ritenere sussistenti esigenze cautelari munite del carattere dell’attualita’ richiesto dalla legge processuale.
Inoltre, l’ordinanza impugnata non spiegherebbe perche’ non possa ritenersi adeguata una misura interdittiva, anziche’ quella coercitiva custodiale applicata.
3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso.
4. Hanno depositato conclusioni scritte i difensori ricorrenti, sostanzialmente ribadendo le argomentazioni esposte con il ricorso ed insistendo per l’accoglimento dello stesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile, per la manifesta infondatezza dei motivi.
2. Quanto al primo, la tesi per cui, avendo il debitore (OMISSIS) diritto alla riduzione del pignoramento, non si sarebbe potuto configurare l’ipotizzato delitto di cui all’articolo 319-quater c.p., ma, semmai, quello di truffa, non solo e’ del tutto infondata, ma probabilmente suscettibile di aprire il varco a piu’ gravi addebiti.
Emerge indiscutibilmente, infatti, dalle risultanze istruttorie esposte nell’ordinanza impugnata, che quegli si sia determinato a pagare non gia’ in quanto tratto in inganno da (OMISSIS) e dai sodali di questi, ma piuttosto perche’ condizionato dal bisogno economico e dal timore che il custode ed il tecnico, organi di fatto plenipotenziari nell’ambito della relativa procedura giudiziaria, potessero ulteriormente pregiudicarlo con eventuali loro determinazioni.
Ne consegue che, se la leva che ha determinato (OMISSIS) a tale prestazione non va rinvenuta nell’inganno, bensi’ nella coartazione del suo volere, la circostanza per cui il vantaggio attraverso la stessa avuto di mira non fosse indebito, bensi’ gli spettasse, farebbe addirittura declinare la fattispecie concreta verso la concussione, anziche’ verso la ritenuta induzione. E’ ormai ius receptum, infatti, che il delitto di concussione e’ caratterizzato da un abuso costrittivo del pubblico agente, che si attua mediante violenza o minaccia, anche soltanto implicita, di un danno contra ius, tale per cui il destinatario viene posto di fronte all’alternativa di subire il danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di un’utilita’ non dovuta; mentre, nell’induzione indebita, la condotta dell’agente pubblico si configura come pressione morale con piu’ tenue valore condizionante della liberta’ di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di piu’ ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, in quanto motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale cui altrimenti non avrebbe diritto (per tutte, Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014, Maldera, Rv. 258470).
3. Anche la seconda doglianza presenta vari profili di manifesta infondatezza.
3.1. Tanto dicasi, anzitutto, con riferimento alla qualifica processuale del (OMISSIS) come persona informata sui fatti, anziche’ come indagato ex articolo 192 c.p.p., comma 3.
Invero – per giurisprudenza ormai consolidata, a partire da Sez. U, n. 12067 del 17/12/2009, dep. 2010, De Simone, Rv. 246376 – non sussiste incompatibilita’ ad assumere l’ufficio di testimone per la persona gia’ indagata in procedimento definito con provvedimento di archiviazione. La disciplina limitativa della capacita’ di testimoniare, prevista dall’articolo 197 c.p.p., comma 1, lettera a) e b), articoli 197-bis e 210 c.p.p., si applica, infatti, solo all’imputato, al quale e’ equiparata la persona indagata nonche’ il soggetto gia’ imputato, sempre che non irrevocabilmente prosciolto per non aver commesso il fatto: con la conseguenza che, al di fuori di tali ipotesi (e dunque anche per l’indagato ormai archiviato), non trova applicazione il disposto dell’articolo 192, comma 3, cit., richiamato dal successivo articolo 197-bis, comma 6.
3.2. Egualmente priva di ogni sostegno giuridico e’ la dedotta violazione del diritto al silenzio dell’indagato: in tema di valutazione della prova, infatti, l’omessa prospettazione da parte dell’imputato di una ricostruzione alternativa e plausibile dai fatti in addebito, pur non potendo essere valutata come prova a carico, ben puo’ essere valorizzata dal giudice come argomento di supporto della assenza di ipotesi suscettibili di minare il giudizio di colpevolezza al di la’ di ogni ragionevole dubbio, gia’ espresso sulla base delle prove acquisite (Sez. 6, n. 50542 del 12/11/2019, Erario, Rv. 277682; in senso analogo, fra altre, Sez. 6, n. 28008 del 19/06/2019, Arena, Rv. 276381).
3.3. Per il resto, ovvero sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle dichiarazioni del (OMISSIS), la censura non solo e’ generica, poiche’ non si confronta puntualmente con le logiche deduzioni del Tribunale sull’attendibilita’ di costui, ma e’ altresi’ funzionale alla rivalutazione del significato del materiale investigativo, e dunque ad un giudizio di merito, che in questa sede non e’ consentito.
4. Analoghi limiti presenta pure il terzo motivo di ricorso, in tema di esigenze cautelari.
Stando all’ordinanza impugnata, al Tribunale risulterebbero essere state documentate solo l’istanza del ricorrente di autosospensione dall’attivita’ di avvocato e la comunicazione da lui inoltrata alla cancelleria delle esecuzioni immobiliari di Nocera: fatti ragionevolmente ritenuti non concludenti da quei giudici, in quanto non seguiti – almeno all’epoca – dai formali provvedimenti consequenziali. L’ulteriore iniziativa della richiesta di cancellazione dall’elenco dei custodi, poi, e’ soltanto del 29 aprile scorso (cfr. atto allegato al ricorso), e dunque addirittura successiva all’ordinanza oggetto d’impugnazione, non potendo percio’ essere presa in considerazione in questa sede, deputata esclusivamente al controllo della correttezza giuridica e della congruita’ logica di quel provvedimento.
Tanto premesso, la motivazione di quest’ultimo non presenta alcuna frattura logica, avendo il Tribunale correttamente evidenziato come le sospensioni dai vari incarichi ed attivita’ professionali non siano decisive ai fini dell’esclusione delle esigenze cautelari, essendo esclusivamente di tipo volontario e legate alle sorti del presente procedimento. Inoltre, l’ordinanza tratteggia efficacemente una personalita’ dell’indagato nient’affatto rassicurante, ponendone in risalto la disinvoltura, la pervicacia, la scaltrezza (presso il proprio studio, ad esempio, egli aveva installato un dispositivo di schermatura da intercettazioni) ed il collaudato modus operandi, da lui e dai suoi collaboratori sperimentato anche in altre procedure giudiziarie analoghe, nonche’ rilevando che si tratta di fatti recenti e di attivita’ delittuosa non cessata spontaneamente ma solo a seguito del fermo di polizia giudiziaria.
Infine, congruamente e logicamente motivata si presenta pure la scelta della misura custodiale, giustificata in ragione dei probabili contatti dell’indagato con i suoi fidati collaboratori in tale sistematica attivita’ delittuosa rimasti in liberta’, come ad esempio il legale da lui imposto al (OMISSIS).
4. L’inammissibilita’ del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. – la condanna del proponente alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilita’ (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta inconsistenza delle doglianze, va fissata in tremila Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p..

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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