Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 novembre 2024| n. 28333.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
Massima: Nel giudizio rescissorio susseguente alla cassazione con rinvio sussiste il litisconsorzio necessario tra le parti nei confronti delle quali venne pronunciata la sentenza cassata, di modo che, ove una di esse, nelle more, abbia cessato di esistere, la riassunzione ex art. 392 c.p.c. dev’essere compiuta nei confronti del relativo successore. (Principio affermato dalla S.C. in una fattispecie in cui, a fronte di un giudizio rescindente cui aveva preso parte la società cooperativa costruttrice di un immobile – successivamente estintasi per cancellazione dal registro delle imprese -, il giudizio rescissorio era stato riassunto nei confronti non già degli ex soci della stessa, bensì del condominio venutosi a formare nell’edificio).
Ordinanza|4 novembre 2024| n. 28333. Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
Data udienza 5 luglio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Giudizio di rinvio – Procedimento – Riassunzione – In genere cassazione con rinvio – Rapporti tra giudizio rescindente e rescissorio – Litisconsorzio processuale necessario – Sussistenza – Estinzione di una parte prima del giudizio di rinvio – Conseguenze – Evocazione in giudizio del successore – Necessità – Fattispecie.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere Rel.
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24425/2022 R.G. proposto da:
Ma.Fi., domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. DELLA VE.FR. (c.f. Omissis), domiciliazione telematica come in atti
– ricorrente –
contro
Gr.Si., domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. DE.LI. (c.f. Omissis), domiciliazione telematica come in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
Pa.Cr., CONDOMINIO (Omissis) e FALLIMENTO SI. Srl
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 584/2022 depositata il 17/5/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5/7/2024 dal Consigliere CHIARA GRAZIOSI:
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 7 agosto 1997 Gi.Do. conveniva davanti al Tribunale di Salerno, sezione distaccata di M, Ma.Fi. perché fosse dichiarata responsabile di infiltrazioni pervenute in un suo locale terraneo da un terrazzo ad esso sovrastante, di proprietà della convenuta, e perché fosse condannata a eseguire i lavori necessari per impedirle in futuro e a risarcirgli i danni patiti.
La convenuta si costituiva, resistendo; adduceva di essere assegnataria di un alloggio derivato dall’appalto che Cooperativa (Omissis) a r.l. aveva conferito a SI. Srl e sosteneva che responsabili del grave dissesto del terrazzo di copertura del locale attoreo erano la cooperativa e l’appaltatrice, oltre al direttore dei lavori, ing. Pa.Cr.; otteneva l’autorizzazione a chiamarli, proponendo nei loro confronti domanda di condanna al risarcimento dei danni e comunque domanda di tenerla indenne dalle pretese attoree.
La cooperativa e il direttore dei lavori si costituivano, resistendo, mentre l’appaltatrice rimaneva contumace.
Con sentenza n. 77/2005 il Tribunale condannava la Ma.Fi. a risarcire all’attore danni derivati dalle infiltrazioni nella misura di Euro 1.491,00 e a corrispondergli l’importo necessario per l’eliminazione delle infiltrazioni stesse nella misura di Euro 3.486,08 oltre accessori; accoglieva altresì la domanda della Ma.Fi., condannando l’appaltatrice a tenerla indenne.
Mediante esecuzione forzata il Gi.Do. otteneva poi dalla Ma.Fi., per tali condanne, una somma totale di Euro 15.249,79.
La Ma.Fi. proponeva appello, chiedendo che, accertata la responsabilità della cooperativa e del direttore dei lavori, pure questi fossero solidalmente condannati a manlevarla.
Si costituivano resistendo il Gi.Do., il Pa.Cr. e la cooperativa; l’appaltatrice rimaneva contumace.
La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 109/2014, rigettava il gravame.
La Ma.Fi. ricorreva per cassazione, resistendo il Gi.Do.
Cass. sez. 2, ord. 28 settembre 2018 n. 23570 accoglieva il ricorso, affermando che il giudice d’appello aveva indebitamente omesso di esaminare il gravame presentato avverso la prima sentenza “nella parte in cui non aveva affrontato le posizioni della cooperativa (Omissis) e dell’ing. Pa.Cr. ai fini della chiesta manleva “da qualsiasi responsabilità inerente ai vizi originari del terrazzo”.
La Ma.Fi. riassumeva il giudizio davanti alla Corte di Salerno come giudice di rinvio, convenendo Condominio (Omissis), Pa.Cr., il Fallimento SI. Srl (essendo la società SI. fallita nelle more), Do.An. e Gi.Vi. nonché Gr.Si. – quest’ultima poi risultando unica erede – quali eredi di Gi.Do., deceduto nelle more del giudizio.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
La Corte d’Appello, con sentenza del 17 maggio 2022, dichiarava la Ma.Fi. non responsabile delle infiltrazioni e perciò condannava in manleva il Pa.Cr. a corrispondere alla Gr.Si. la somma di Euro 2.342,71, oltre accessori; condannava la Gr.Si. a restituire alla Ma.Fi. la somma di Euro 15.365,36, oltre interessi; compensava le spese di tutti i gradi.
La Ma.Fi. ha presentato ricorso principale basato su unico motivo; si è difesa con controricorso soltanto la Gr.Si., che ha presentato ricorso incidentale composto di sette motivi, illustrato poi anche con memoria.
RAGIONI DI DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso incidentale, per il suo contenuto ictu oculi dirimente e assorbente di ogni altra censura, merita subitaneo vaglio.
1.1 Il motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza o in subordine del procedimento per violazione degli articoli 392, 331, 110 e 101 c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o in subordine falsa applicazione degli articoli 2511, 2519, 2545 duodecies e 2495 c.c.
Si rileva che il giudice di rinvio, nella pagina 6 della pronuncia qui impugnata, tratta la questione della vocatio al giudizio di rinvio del Condominio (Omissis) – al cui amministratore la Ma.Fi. aveva notificato l'”atto introduttivo” – pervenendo a disattendere l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal condominio stesso: ciò per “coincidenza tra la sua “soggettività” e quella della Cooperativa (Omissis)”, la quale era stata oggetto di cancellazione dal registro delle imprese ed estinzione, da questo essendo sorta, sempre ad avviso del giudice di rinvio, “la legittimazione di ogni suo singolo membro ed indi, unitariamente considerati, da intendere membri del costituito ente di gestione”. Qui il giudice di rinvio invoca Cass. 4156/2019 (non massimata) come “riguardante le vicende di una società nonché dei soci della stessa” (tale arresto però, si può fin d’ora osservare, non sorregge la sentenza in esame, non occupandosi del tema del condominio quale successore).
1.2 Cooperativa (Omissis) – osserva allora la ricorrente incidentale – era stata chiamata dalla Ma.Fi. quale committente dell’appalto e non quale gestore di beni comuni; la sua successione avrebbe dunque dovuto seguire l’insegnamento di S.U. 6070/2013, conferendosi pertanto agli ex soci, ai sensi dell’articolo 110 c.p.c. La nota sentenza nomofilattica insegna invero che l’impugnazione di una sentenza pronunciata nei confronti della società venuta meno “deve provenire o essere indirizzata, in pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci”. Nel caso in esame, quindi, si sarebbero dovuti chiamare in giudizio gli ex soci della Cooperativa (Omissis), che si era estinta; e Cass. 4156/2019 afferma che la mancata notifica agli ex soci successori va equiparata alla mancata notifica alla società, per cui deve applicarsi l’articolo 331 c.p.c.
Avrebbe dunque errato il giudice di rinvio nel rigettare “l’eccezione di carenza di legittimazione dedotta dal Condominio”, non essendo stato adempiuto l’obbligo di cui all’articolo 331 c.p.c., per cui la sentenza dovrebbe essere dichiarata nulla e cassata con rinvio, potendo la nullità “essere sanata con effetto retroattivo dalla riassunzione della causa innanzi al giudice del rinvio”.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
2.1 Per ben comprendere la presente censura, va subito rammentato che, originariamente, il Gi.Do. aveva agito nei confronti della Ma.Fi. quale proprietaria dell’immobile sovrastante (appartamento con terrazzo) da cui sarebbero derivate infiltrazioni nel suo terraneo locale; la Ma.Fi. aveva ottenuto di chiamare come responsabili del dissesto del terrazzo la Cooperativa (Omissis), l’appaltatrice SI. (poi fallita) e il direttore dei lavori Pa.Cr.
Il Tribunale aveva condannato la Ma.Fi. nei confronti dell’attore e aveva condannato a rivalerla parzialmente, ex articolo 1669 c.c., solo l’appaltatrice.
Nella seguente sentenza d’appello la Ma.Fi. veniva ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 2051 c.c.; tuttavia, nel successivo intervento del giudice di legittimità, è stato accolto il suo ricorso anche in forza della sopravvenuta S.U. 9449/2016 e dichiarato altresì che la Corte d’Appello si era “sollevata indebitamente dall’esaminare… la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale nella parte in cui non aveva affrontato le posizioni della cooperativa (Omissis) e dell’ing. Pa.Cr. ai fini della chiesta malleva “da qualsiasi responsabilità inerente i vizi originari del terrazzo””.
2.2 Quindi nel giudizio di rinvio si sarebbero dovute affrontare due questioni: la sussistenza o meno della responsabilità della Ma.Fi. in riferimento anche alla sopravvenuta pronuncia delle Sezioni Unite; la responsabilità dell’appaltante e del direttore dei lavori, essendo nelle more fallita l’appaltatrice.
Invece in tale sede la Ma.Fi. ha citato – per la prima volta in tutta la sequenza processuale – il Condominio (Omissis) “quale successore della società cooperativa committente” (così lo definisce la sentenza, pagina 4); quest’ultimo si è costituito “rappresentando la sua diversità rispetto alla Cooperativa (Omissis)” ed eccependo il difetto di legittimazione, non essendo il successore della cooperativa (così riassume ancora la sentenza, pagina 5).
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
2.3 Il giudice di rinvio ha preso in esame l’eccezione, rigettandola (sentenza, pagina 6) “perché la cooperativa, oltre ad essere, all’epoca dei fatti, committente, aveva anche la gestione del complesso edilizio poi divenuto condominio”, onde quest’ultimo sarebbe “destinatario, ex art. 110 c.p.c., per la risultata cancellazione ed estinzione della società cooperativa, il cui evento determina la legittimazione di ogni suo singolo membro ed indi unitariamente… membri del costituito ente di gestione”; e ha invocato, come già si è visto, la non pertinente Cass. 4156/2019.
Quest’ultima, però, non afferma che, in conseguenza della cancellazione e della estinzione di una società cooperativa, gli ex soci che – come insegna la giurisprudenza sortita da S.U. 12 marzo 2013 n. 6070 – le succedono debbano poi essere “unitariamente considerati… membri del costituito ente di gestione”, cioè il condominio dell’immobile costruito dalla cooperativa: ribadisce soltanto, invece, proprio l’insegnamento di S.U. 6070/2013, dichiarando che, nel caso in suo esame, il giudice d’appello aveva correttamente ritenuto ben instaurato il giudizio di secondo grado perché “l’atto di impugnazione non fu notificato a un soggetto inesistente… bensì, tempestivamente essendo applicabile il dispositivo di cui all’articolo 331 c.p.c., ai soggetti che ne erano i successori, cioè a coloro che ne erano stati soci” (Cass. 4156/2019, pagina 10).
2.4 Nel motivo ora al vaglio, sufficientemente comprensibile pur non essendo argomentato in modo del tutto lineare, la Gr.Si. deduce – come già si è visto – che “nel caso di specie non risulta adempiuto l’obbligo derivante dal criterio apportato dall’art. 392 c.p.c. secondo cui alla fase del processo scaturita dalla sentenza di rinvio devono partecipare tutti e solo i soggetti che hanno preso parte al giudizio definitivo della sentenza cassata”, e qui pertanto “si è al cospetto di un’errata instaurazione del giudizio di rinvio”.
Avendo errato il giudice di rinvio nel rigettare “l’eccezione di carenza di legittimazione” sollevata dal Condominio Europa e non essendo stato adempiuto l’obbligo di riassunzione nei confronti di chi ne era realmente legittimato, la sentenza dovrebbe dichiararsi nulla ed essere cassata con rinvio, tale nullità potendo “essere sanata con effetto retroattivo dalla riassunzione della causa innanzi al giudice del rinvio”.
Anche qui, allora, insorgono due questioni, una sottoposta espressamente dalla ricorrente – chi avrebbe dovuto essere chiamato a partecipare nel giudizio di rinvio – e un’altra inclusa in quest’ultima- se il condominio non avesse dovuto essere chiamato, quali sarebbero gli effetti della sua chiamata se non lo si ritiene legittimato, in quanto non è stata impugnata dal condominio (che pure aveva eccepito il difetto di legittimazione passiva) la sentenza della corte territoriale -.
2.5 Sotto il primo profilo, deve rilevarsi che la stretta correlazione tra judicium rescindens e judicium rescissorium derivante dalla cassazione con rinvio crea una sorta di specchio del giudizio precedente in quello sorto dalla sua cassazione sotto il profilo della identificazione dei litigatores. L’intervento di questa Suprema Corte nella fattispecie di cassazione con rinvio, in effetti, non infrange il fenomeno giurisdizionale finallora in atto, bensì, dopo averlo corretto/recuperato appunto sotto il profilo della legittimità, lo fa “ripartire”: e i soggetti che scendono nuovamente sul campo del contrasto giuridico devono essere gli stessi che vi erano prima dell’intervento del giudice di legittimità.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
L’impulso processuale, dunque, che compete a chi opera la riassunzione è già predeterminato nel suo contenuto in modo integrale, non essendovi alcuna facoltà di scelta in ordine ai destinatari della in ius vocatio, nel senso che non è possibile espungere e “abbandonare” una o qualcuna delle parti del giudizio svoltosi dinanzi al giudice di legittimità, in quanto il giudizio di rinvio ne è un puro e assoluto proseguimento.
2.6 Da tempo, chiara è la giurisprudenza in questo senso.
Tra gli arresti massimati, già Cass. sez. 2, 17 marzo 1971 n. 742 insegnava: “Tra ‘judicium rescindens’ e ‘judicium rescissorium’ vi è perfetta correlazione quanto al rapporto processuale e perciò, annullata la sentenza in Cassazione e disposto il rinvio per nuovo esame della causa, non può ritenersi istituito tale rapporto avanti al giudice di rinvio se non vengano chiamate in giudizio tutte le parti nei confronti delle quali sono state pronunciate la sentenza di annullamento e quella cassata con rinvio. Dalla mancata riassunzione nei confronti di qualcuna delle parti non deriva l’estinzione del processo, o la necessità della cassazione senza rinvio, con passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, ma la sola necessità della integrazione del contraddittorio, da disporsi da altro giudice di rinvio”. Sulla stessa linea si è collocata Cass. sez. L, 14 aprile 1980 n. 2422, precisando che ciò avviene “in quanto la citazione in riassunzione in sede di rinvio non integra un atto di impugnazione, bensì un atto di impulso processuale in forza del quale la controversia, per il carattere e i limiti del giudizio di rinvio, dà luogo a litisconsorzio necessario processuale fra gli stessi soggetti che furono parti nel processo di cassazione”.
La riassunzione dunque sprigiona, per così dire, anche un integrale e in via dinamica integrante effetto futuro, non appena viene espletata seppure in misura parziale: così Cass. sez. 2, 28 giugno 1989 n. 3154 ha dichiarato che il giudizio di rinvio “deve svolgersi tra tutte le parti nei confronti delle quali sono state pronunciate la sentenza di annullamento e quella cassata, con la conseguenza che, vertendosi in tema di litisconsorzio necessario, la tempestiva riassunzione della causa nei confronti di uno solo dei litisconsorzio è sufficiente ad evitare ogni decadenza, e quindi ad impedire l’estinzione del processo prevista dall’art. 393 c.p.c. purché la riassunzione nei confronti degli altri litisconsorzio venga effettuata nel termine assegnato dal giudice”.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
2.7 Questi netti arresti non sono stati rinnegati dalla giurisprudenza successiva: conformi, tra gli arresti massimati, sono Cass. sez. L, 9 dicembre 1991 n. 13241 (per cui, appunto, non valendo la citazione in riassunzione quale atto d’impugnazione bensì “come atto di impulso processuale, in forza del quale la controversia, per il carattere e i limiti del giudizio di rinvio, dà luogo a litisconsorzio necessario processuale fra gli stessi soggetti che furono parti nel processo di cassazione”, deve reputarsi che, “pur potendosi il giudizio di rinvio ritenere tempestivamente instaurato con la citazione di una sola di dette parti entro il termine di legge, il giudice adito, in applicazione dei principi che governano il litisconsorzio necessario nelle fasi di gravame, non può esimersi dal disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti alle quali non sia stata effettuata la notificazione dell’atto introduttivo”), Cass. sez. 3, 18 dicembre 1992 n. 13431 (per cui, essendosi instaurato “litisconsorzio necessario processuale fra gli stessi soggetti che furono parti nel processo di cassazione”, e “dovendosi disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti di quei litisconsorti necessari ai quali non sia stato notificato l’atto di riassunzione, a norma dell’art. 102 c.p.c., la tempestiva riassunzione della causa nei confronti di uno solo dei litisconsorti è sufficiente ad evitare ogni decadenza, e quindi ad impedire l’estinzione del processo prevista dall’art. 393 c.p.c. purché la riassunzione nei confronti degli altri litisconsorti venga effettuata nel termine assegnato dal giudice”),
Cass. sez. 1, 13 luglio 1998 n. 6829 (la quale rimarca che, qualora non sia stata adempiuta la disposta integrazione del contraddittorio, “l’intero processo andrà ad estinguersi”), Cass. sez. 3, 17 dicembre 1999 n. 14244, Cass. sez. 2, 28 maggio 2004 n. 10322 (che precisa che nel caso in cui non sia stato eseguito l’ordine di integrazione del contraddittorio disposto ex articolo 393 c.p.c. il processo va dichiarato estinto se è stata avanzata tempestiva eccezione – cioè prima di ogni ulteriore difesa – di parte, in difetto di tale eccezione comunque il giudizio essendosi, per così dire, disinnescato, nel senso che “va emessa una pronuncia di rito cognitiva nell’impossibilità di prosecuzione del giudizio atteso che altrimenti una decisione di merito sarebbe ‘inutiliter data’ “), nonché, in epoca ormai più recente, Cass. sez. 3, 19 marzo 2012 n. 4370 (“Se il giudizio, dopo la cassazione con rinvio della sentenza di merito, è tempestivamente riassunto nei confronti di alcuni soltanto dei litisconsorti necessari, non si verifica l’estinzione del processo, essendo dovere del giudice ordinare l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’articolo 102 c.p.c.; soltanto ove tale ordine non sia tempestivamente eseguito potrà essere dichiarata l’estinzione del processo”), Cass. sez. L, 8 settembre 2014 n. 18853 (che significativamente sottolinea l’illegittimità dell’omissione, da parte del giudice, di disporre la necessaria integrazione del contraddittorio rispetto alle parti del giudizio di legittimità, vale a dire l’inaccettabilità di una modifica riduttiva della presenza dei litigatores dopo il giudizio di cassazione, di cui il giudizio di rinvio integra una perfetta e diretta prosecuzione, e dunque un litisconsorzio necessario processuale:
“il giudizio di rinvio, pur risultando tempestivamente instaurato con la citazione anche di una sola di dette parti entro il termine di legge, non può legittimamente proseguire se il giudice adito, in applicazione dei principi in tema di litisconsorzio necessario nelle fasi di gravame, non disponga l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti cui non risulti notificato l’atto introduttivo del giudizio”) e da ultimo Cass. sez. 6-2, ord. 17 gennaio 2020 n. 975 (che così riassume questa solida lettura interpretativa, ritornando al suo incisivo primo dictum: “In conseguenza della cassazione con rinvio, tra il giudizio rescindente e quello rescissorio deve esservi perfetta correlazione quanto al rapporto processuale, che non può costituirsi davanti al giudice di rinvio senza la partecipazione di tutti i soggetti nei cui confronti è stata emessa la pronuncia rescindente e quella cassata; la citazione in riassunzione davanti a detto giudice si configura, infatti, come atto di impulso processuale, in forza del quale la controversia dà luogo ad un litisconsorzio necessario fra coloro che furono parti nel processo di cassazione, senza che abbia rilievo alcuno la natura inscindibile o scindibile della causa, né l’ammissibilità di una prosecuzione solo parziale del giudizio in sede di rinvio”).
Pertanto, il litisconsorzio così come si era conformato ab origine e si era quindi dispiegato davanti al giudice di legittimità non è intaccabile dopo l’intervento di quest’ultimo: come un fuoco che non si spegne, deve rimanere vivo finché non si raggiunga l’esito di quel che è stato trasferito come thema decidendum dal giudice di legittimità all’ulteriore giudice di merito.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
2.8 La presenza di una successione avvenuta nelle more, tuttavia, non può non avere effetto, perché non può certo la in ius vocatio rivolgersi nei confronti di un soggetto non più giuridicamente esistente, bensì deve chiamare nella prosecuzione del giudizio – seguendo appunto il sistema sostitutivo regolato dalla legge – chi gli subentra. E qui risiede il nucleo dell’errore in cui la parte riassumente, Ma.Fi., è incorsa, oggettivamente “contagiandone” – a fronte della pur fondata eccezione del soggetto erroneamente chiamato – il giudice di rinvio, sine dubio deviante, nella sentenza impugnata, dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte.
2.9 Alla cooperativa si applica la disciplina dell’articolo 2495 c.c., per cui la cancellazione dal registro delle imprese, avendo natura costitutiva, le apporta l’estinzione (v. Cass. sez.1, 4 maggio 2011 n. 9744, sulla linea di S.U. 22 febbraio 2010 n. 4060). E qualora dall’estinzione non derivi pure il venir meno di ogni rapporto giuridico cui partecipava il soggetto estinto si verifica – come ha chiarito la ben nota S.U. 12 marzo 2013 n. 6070 – “un fenomeno di tipo successorio”, per cui, in sintesi, quel che permane si trasferisce agli ex soci, dal lato attivo o passivo che ricopriva l’entità estinta.
Contrastando allora il chiaro insegnamento nomofilattico, la riassumente non ha rivolto la in ius vocatio agli ex soci della cooperativa estinta, bensì, per così dire, ha direttamente tramutato la cooperativa estinta nel condominio, avendo la cooperativa costruito l’immobile da esso gestito.
Questo singolare “balzo giuridico” è stato condiviso dalla corte territoriale, pur essendosi il condominio costituito per eccepire il difetto di legittimazione passiva. Il giudice di rinvio, in effetti, ha ravvisato un passaggio automatico della soggettività del costruttore dell’edificio all’ente gestore delle – sole – parti comuni dell’edificio stesso (cfr., da ultimo, Cass. sez. 2, ord. 16 gennaio 2024 n. 1615, Cass. sez. 2, ord. 27 novembre 2023 n. 32857 e Cass. sez. 2, ord. 4 ottobre 2023 n. 27996). A prescindere, allora, dalla evidente non sovrapponibilità successoria dei due (se non altro perché la cooperativa non ha eretto solo le parti comuni, bensì tutto l’edificio), è chiaro che gli effettivi successori della cooperativa – agevolmente identificabili alla luce della sopra richiamata S.U. 12 marzo 2013 n. 6070 e della corrente interpretativa che ne è discesa – sono stati “obliterati”, nessuno degli ex soci essendo stato chiamato nel giudizio di rinvio, non integrando così il litisconsorzio necessario processuale.
2.10 Peraltro, il giudice di rinvio, prima di emettere la sua sentenza, giammai ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di quei litisconsorti necessari ai quali non si era notificato l’atto di riassunzione a norma dell’art. 102 c.p.c.; e la tempestiva riassunzione della causa nei confronti di anche uno solo dei litisconsorti – che qui vi è stata, essendo stati chiamati altri litisconsorti, tra i quali pure l’attuale ricorrente – è sufficiente ad evitare ogni decadenza, e quindi ad impedire l’estinzione del processo ai sensi dell’articolo 393 c.p.c.
Una interpretazione ontologicamente conservativa/preservativa (corrispondente, come è ben noto, a un principio generale racchiuso, al di là del perimetro letterale, nell’articolo 1367 c.c.) della fattispecie processuale che così si è formata conduce allora a constatare che il contenuto della sentenza, pur avendo rigettato l’eccezione del condominio e avendo ritenuto il litisconsorzio integralmente completo, non equivale – e anzi, ne è il contrario, proprio perché reputa integro il litisconsorzio – alla disposizione della necessaria integrazione del litisconsorzio. E allora, non essendo la sentenza passata in giudicato bensì essendo stata oggetto di ricorso per cassazione proprio sotto il presente profilo, deve ritenersi che non sia già stato consumato il potere/dovere del giudice di rinvio di ordinare l’integrazione del litisconsorzio necessario processuale, su cui si è sviluppata chiaramente la giurisprudenza già sopra evocata. Solo nel caso, infatti – qui non ricorrente -, che l’ordine integrativo sia stato emesso e non sia stato correttamente eseguito, la fattispecie può dirsi “chiusa” nel senso dell’articolo 393 c.p.c.: si rimanda per questo alla giurisprudenza, già sopra ampiamente richiamata, sul collegamento del giudizio di rinvio con il precedente giudizio di legittimità e sul litisconsorzio necessario processuale che ne deriva, assoggettato quindi al combinato disposto degli articoli 112 e 331 c.p.c., e solo in ipotesi di violazione di quest’ultimo applicandosi poi l’articolo 393 c.p.c.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
2.11 Lo “spazio di recupero” dalla individuazione errata di uno o alcuni dei litisconsorti necessari, sia del riassumente sia del giudice di rinvio nella sua sentenza, deriva, in ultima analisi, dalla tutela della fruizione del processo, lo strumento dei diritti, che qui si riversa nella intrinseca oggettività degli effetti dell’impulso, anche parziale, alla ripresa – “riassunzione” – del giudizio di merito in seguito a una rettifica in jure del giudice supremo, così da potenzialmente pervenire (nel limite, cioè, evincibile dal combinato disposto degli articoli 331,
392 e 393 c.p.c.) a un completo esito. La sentenza del giudice di rinvio non può elidere tale fruizione, che per la sua valenza oggettiva e quindi non confinata all’interesse del singolo può fondare il ricorso per cassazione anche di un litisconsorte che è stato ritualmente chiamato, come qui è avvenuto.
Deve accogliersi, allora, il motivo per queste ragioni, assorbita ogni altra sua doglianza, dal momento che, nel giudizio di rinvio, non è stata disposta l’integrazione del litisconsorzio necessario processuale nei confronti degli ex soci della cooperativa anteriormente estinta nelle more del processo.
2.12 Il fatto, d’altronde, che nel giudizio di rinvio – che così “cade” per non avere rispettato la regola, di tutela delle parti, di reale acquisizione del litisconsorzio necessario processuale – si sia costituito il condominio e che quest’ultimo non si sia più difeso dopo la pronuncia della sentenza della corte territoriale con cui lo dichiara legittimato passivo in luogo della cooperativa estinta non ha creato alcun giudicato al riguardo, proprio per quanto appena rilevato sulla oggettiva tutela dello strumento processuale e altresì perché altrimenti verrebbero direttamente lesi i diritti, processuali e sostanziali, dei “veri” litisconsorti non chiamati a difendersi in causa, cioè degli ex soci della cooperativa stessa.
L’unico effetto della non costituzione nel presente giudizio di legittimità del condominio è individuabile, in astratto, in termini di spese di lite: tuttavia, in concreto, non essendosi difeso in questa sede, il condominio non ha sostenuto spese processuali, per cui su queste non può affidarsi la decisione al nuovo giudice di rinvio; parimenti, non è affidabile al nuovo giudice di rinvio un vaglio sulle spese sostenute dal condominio nel giudizio di rinvio da cui è sortita la sentenza che qui viene cassata, in quanto non vi è stata pronunciata alcuna sua condanna alle spese processuali.
3. Assorbiti allora gli altri sei motivi del ricorso incidentale e tutto il ricorso principale, in accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale l’impugnata sentenza in conclusione deve essere cassata, con rinvio alla Corte di Salerno in diversa sezione e diversa composizione affinché provveda alla integrazione del litisconsorzio necessario processuale nei confronti degli ex soci della Cooperativa (Omissis) e, a seguito di ciò, celebri il giudizio di rinvio come disposto da Cass. sez. 2, ord. 28 settembre 2018 n. 23570, decidendo anche sulle spese del presente giudizio, tenuto conto comunque di quanto sopra precisato a tale riguardo in relazione al condominio.
Litisconsorzio necessario e riassunzione con successore parte estinta
P.Q.M.
Accogliendo il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri motivi e assorbito il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Salerno perché proceda alla integrazione del litisconsorzio necessario processuale e svolga successivamente il giudizio di rinvio come disposto da Cass. sez. 2, ord. 28 settembre 2018 n. 23570, decidendo anche sulle spese del presente giudizio, tenuto conto comunque di quanto precisato a tale riguardo in motivazione in relazione al condominio.
Così deciso in Roma il 5 luglio 2024
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2024.
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Le sentenze sono di pubblico dominio.
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