Liquidazione degli onorari di avvocato ed il valore della controversia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 maggio 2022| n. 14470.

Liquidazione degli onorari di avvocato ed il valore della controversia.

In caso di rigetto della domanda, nei giudizi per pagamento di somme o di risarcimento di danni, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato a carico dell’attore soccombente il valore della controversia è quello corrispondente alla somma da quest’ultimo domandata, dovendo seguirsi soltanto il criterio del disputatum, non trovando applicazione il correttivo del decisum, sicché il valore della controversia è quello corrispondente alla somma domandata dall’attore.

Ordinanza|6 maggio 2022| n. 14470. Liquidazione degli onorari di avvocato ed il valore della controversia

Data udienza 10 febbraio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Diffamazione – Risarcimento danni – Esclusione – Condanna a 23mila euro di spese parametrare sulla domanda (100mln)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 32843/2019 proposto da:
(OMISSIS) Ltd, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Fondazione (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5166/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/7/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/02/2022 dal Cons. Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

Liquidazione degli onorari di avvocato ed il valore della controversia

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 29/7/2019 la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame interposto dalla societa’ (OMISSIS) Ltd in relazione alla pronunzia Trib. Roma 21/10/2015, di rigetto della domanda proposta nei confronti del sig. (OMISSIS) e della Fondazione (OMISSIS) di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di “diffamazione” per “intervenuta diffusione, da parte dei convenuti, di gravi illazioni e giudizi denigratori e offensivi sull’operato della societa’ attrice circa assunti inadempimenti contrattuali e violazioni del contratto, stipulato con (OMISSIS) ed avente ad oggetto l’analisi del portafoglio di attivita’ mobiliari della Fondazione al fine di valutarne la rispondenza alla best practice internazionale ed eventuali profili di rischio”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la societa’ (OMISSIS) Ltd propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso la Fondazione (OMISSIS) e l’ (OMISSIS), che hanno presentato anche memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito non abbia considerato che le affermazioni dell’ (OMISSIS) sono “risultate false ed incorrispondenti al vero”, sicche’ “non ci si poteva limitare ad un esame del tutto parziale, sommario e decontestualizzato delle affermazioni rese pubblicamente da (OMISSIS), come ha erroneamente ed illogicamente fatto la Corte d’Appello. A fortiori in quanto le cifre dei bilanci fornite in atti parlano chiaro in punto di danno. La (OMISSIS) ha subito la perdita dei maggiori clienti, dimezzando il proprio fatturato…. I bilanci della (OMISSIS) sono precipitati… le enormi perdite hanno costretto (OMISSIS) a ridurre drasticamente il personale e gli investimenti effettuati. La stessa (OMISSIS) e’ stata trasformata in s.r.l. in conseguenza e dipendenza delle perdite subite e della conseguente riduzione del capitale sociale, avendo registrato una considerevole riduzione dei bilanci… a seguito del disastroso calo di fatturato registrato nel biennio 2010/2012 e della trasformazione della s.p.a. in s.r.l. la (OMISSIS)… comunicava alla (OMISSIS) la revoca di tutte le linee di credito, intimando l’immediato pagamento di ogni oltre a 900.000 Euro e segnalando la societa’ attrice alla centrale rischi per sofferenza… al danno da perdita economica… si e’ dunque aggiunto un danno finanziario… la revoca dei mandati e l’immediato rientro dei fidi imposto a (OMISSIS) in conseguenza e dipendenza della diffusione di giudizi denigratori ed offensivi sul proprio operato ha annullato il fatturato di (OMISSIS), perpetuando un danno sull’avviamento aziendale stimabile in almeno 6 milioni di Euro, pari ad un altro quinquennio che normalmente costituisce il ciclo di performance di un avviamento aziendale. Appare pertanto inconfutabile ed evidente che gli attacchi e le denigrazioni professionali attuate pubblicamente dai convenuti ed odierni resistenti nei confronti della societa’ ricorrente abbiano determinato una grave lesione della reputazione professionale, commerciale ed imprenditoriale della (OMISSIS) Ltd ed il conseguente discredito della stessa nel settore finanziario in cui opera, determinando ingenti danni patrimoniali”.
Con il 2 motivo denunzia “violazione o falsa applicazione” dell’articolo 92 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole non essersi dalla corte di merito disposta la compensazione delle spese di lite.
Lamenta che le spese sono state erroneamente liquidate sulla somma domandata e anziche’ su quella attribuita.
Il ricorso e’ sotto plurimi profili inammissibile.
A fronte dell’accertamento operato dai giudici nel doppio grado di giudizio di merito, e delle conclusioni raggiunte dalla corte di merito nell’impugnata sentenza (secondo cui la lettura, durante un incontro con le sigle nazionali di categoria e una conferenza stampa convocata dalla Fondazione (OMISSIS), da parte dell’ (OMISSIS) – vice Presidente vicario di quest’ultima – di un comunicato contemplante “assunti inadempimenti contrattuali e violazioni” del contratto stipulato dalla odierna ricorrente “con (OMISSIS) ed avente ad oggetto l’analisi del portafoglio di attivita’ mobiliari della Fondazione al fine di valutarne la rispondenza alla best practice internazionale ed eventuali profili di rischio”, non ha nella specie leso la reputazione della societa’ odierna ricorrente, in quanto “affermare che la societa’ (OMISSIS) e’ stata inadempiente, nel momento in cui si preannuncia una azione legale, non puo’… equivalere alla affermazione di una circostanza non vera, sulla base del rilievo che quella domanda e’ stata poi valutata dal giudice infondata, salva la prova della malafede,… qui non offerta”, restando “del tutto ininfluente… che la domanda di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) per danni da inadempimento contrattuale sia stata rigettata”, come dalla stessa poi “documentato”; dovendo trovare altresi’ “conferma il giudizio… espresso da parte del primo giudice… anche per l’utilizzazione della locuzione analisi superficiale, che in ogni caso puo’ trovare giustificazione nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di critica nel contesto del duro contrasto determinatosi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) durante lo svolgimento del rapporto contrattuale”), l’odierna ricorrente, nell’inammissibilmente proporre (avuto in particolare riferimento al 1 motivo) una denunzia di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio ex n. 5 dell’articolo 360 c.pc.., comma 1 (in violazione del consolidato principio in base al quale ricorre l’ipotesi di “doppia conforme” ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, con conseguente inammissibilita’ della censura di omesso esame di fatti decisivi ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non solo quando la decisione di secondo grado e’ interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che come nella specie il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione gia’ assunta dal primo giudice (v. Cass., 9/3/2022, n. 7724)), in realta’ si duole non essersi da tale giudice considerato che “assume carattere manifestamente lesivo della reputazione di una societa’ l’attribuzione a questa di “violazione del contratto”, di “violazione della clausola di riservatezza”, di aver compiuto una “analisi superficiale”, di “valutazioni espresse nonostante non costituissero oggetto del contratto tra le parti”, di “diffusione di notizie infondate e allarmistiche”, tutte espressioni rimaste inconsiderate dal Giudice del gravame ma che in campo economico-finanziario inequivocabilmente definiscono uno stato di inaffidabilita’, inattendibilita’ e di irrimediabile superficialita’ ed inefficienza della societa’ alla quale sono riferiti”.
Orbene, a parte il rilievo che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ il vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053) non puo’ in ogni caso essere dedotto per censurare (non gia’ un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica bensi’) come nella specie l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014 n. 8053, e, conformemente, da ultimo, Cass., 8/4/2022, n. 11484), emerge a tale stregua evidente come, oltre a formulare una censura in termini apodittici e inammissibilmente prospettante una rivalutazione del merito della vicenda e del compendio probatorio comportanti accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimita’ (atteso che solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, restando invero estraneo al giudizio di legittimita’ l’accertamento relativo alla capacita’ diffamatoria delle affermazioni in contestazione: cfr. Cass., 28/2/2019, n. 5811), le deduzioni dell’odierna ricorrente si risolvano in realta’ nella mera inammissibile prospettazione di una rivalutazione del merito della vicenda e delle emergenze processuali e probatorie laddove in sede di legittimita’ in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita’ non e’ un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto gia’ considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
Avuto in particolare riferimento al 2 motivo, va ulteriormente osservato che l’odierno ricorrente omette invero di specificamente censurare la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “in ordine al quantum il giudice ha fatto correttamente riferimento, quanto al valore della causa, all’importo domandato (cento milioni di Euro), posto che la domanda e’ stata rigettata” (la corte di merito avendo al riguardo altresi’ sottolineato di aver proceduto a “liquidazione in misura minima, tenendo conto che le parti processuali convenute erano due”).
Ratio decidendi conforme al principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ in base al quale in caso di rigetto della domanda, nei giudizi (per pagamento di somme o come nella specie) di risarcimento di danni, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato a carico dell’attore soccombente il valore della controversia e’ quello corrispondente alla somma da quest’ultimo domandata, dovendo seguirsi soltanto il criterio del disputatum, non trovando applicazione il correttivo del decisum, sicche’ il valore della controversia e’ quello corrispondente alla somma domandata dall’attore (v. Cass., 31/5/2021, n. 15106; Cass., 26/4/2021, n. 10984; Cass., 9/9/2019, n. 22462; Cass., 7/11/2018, n. 28417; Cass., 30/11/2011, n. 25553; Cass., 11/3/2006, n. 5381; Cass., 15/7/2004, n. 13113).
Sotto tale profilo, il ricorso e’ pertanto inammissibile anche ex articolo 360 bis c.p.c..
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 23.200,00, di cui Euro 23.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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