L’intervento di demolizione e ricostruzione di un manufatto

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 9 ottobre 2020, n. 5998.

L’intervento di demolizione e ricostruzione di un manufatto che non rispetti la sagoma dell’edificio preesistente, ossia che sia difforme dalla conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale, si configura come intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia.

Sentenza 9 ottobre 2020, n. 5998

Data udienza 22 settembre 2020

Tag – parola chiave: Permessi di costruire – Annullamento in autotutela – Intervento di nuova costruzione – Normativa distanze – Violazione distanze dai confini

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1982 del 2011, proposto da
An. Ma. Di Be., rappresentata e difesa dall’avvocato con domicilio eletto presso lo studio Gi. Fi. in Roma, largo (…), rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ma. Di Gi., rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. No., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ba. in Roma, via (…);
nei confronti
Comune di (omissis), Di Gi. Gi. Commissario Ad Acta della Provincia di L’Aquila non costituiti in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Provincia di L’Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. Lu., con domicilio eletto presso lo studio Em. Fr. Ju. in 00195, piazza (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo Sezione Prima n. 00667/2010, resa tra le parti, concernente permessi di costruzione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ma. Di Gi.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 settembre 2020 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione Prima n. 00667/2010, d’accoglimento del ricorso proposto dal sig. Ma. Di Gi. avverso l’annullamento tutorio disposto dalla Provincia di L’Aquila dei permessi di costruire nn. 25/2004 e 4/2005, rilasciategli dal comune di (omissis).
2. La sig. An. Ma. Di Be., proprietaria d’immobile confinate a quello del ricorrente oggetto d’intervento, controinteressata nel giudizio di prime cure, e la Provincia di L’Aquila, con autonomo ricorso – da qualificarsi, ex artt. 96, comma 2, c.p.a. e 333 c.p.c., come appello incidentale autonomo – hanno appellato la sentenza ribadendo congiuntamente la sussistenza dei vizi – disattesi dalla sentenza appellata – riscontrati dal commissario ad acta nominato dalla Provincia che l’avevano indotta ad annullare i permessi di costruire: l’errata qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia anziché come nuova costruzione; l’avvenuto rilascio del primo permesso di costruire da parte del Sindaco, vizio d’incompetenza assoluta non sanato dal successivo permesso di costruire; la violazione dell’art. 31, punto 15, N.T.A del P.R.G. del comune di (omissis).
3. Si è costituto in giudizio il sig. Ma. Di Gi., instando per la reiezione dell’appello.
4. Alla pubblica udienza del 22.09.2020 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. Con il primo motivo di censura, la ricorrente e la Provincia lamentano l’errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nel qualificare l’intervento eseguito dall’appellato di ristrutturazione anziché di nuova costruzione.
A sostegno le appellanti richiamano la documentazione tecnica prodotta in giudizio, dalla quale s’evincerebbe che le opere hanno avuto comportato la demolizione di due fabbricati preesistenti e la realizzazione di un nuovo edificio diverso quanto a sagoma, volumi ed area di sedime.
6. Il motivo è fondato.
L’intervento di demolizione e ricostruzione di un manufatto che non rispetti la sagoma dell’edificio preesistente, ossia che sia difforme dalla conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale, si configura come intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015 n. 1763).
La relazione tecnica del commissario ad acta è a riguardo dirimente: l’appellato ha realizzato un nuovo edificio, diverso per volumetria e sagoma rispetto a quello preesistente.
La qualificazione dell’intervento, contrariamente a quanto adombrato dal TAR che ha incentrato la l’indagine sull’art. 31 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune, deve essere condotta facendo perspicuo riferimento alla disciplina recata dal testo unico dell’edilizia.
Vale a dire che sono interventi di ristrutturazione edilizia quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 3, lett. d), d.P.R. 380/2001, sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto – va sottolineato – a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente.
Ratione temporis, nel regime normativo vigente al momento del rilascio dei titoli annullati, secondo l’univoco indirizzo giurisprudenziale qui condiviso, la ristrutturazione caratterizzata da demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato era pur sempre subordinata alla ricostruzione di un fabbricato identico per sagoma e volume (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2017, n. 1847; Id., sez. IV, 2 febbraio 2017, n. 443).
7. La fondatezza del motivo di censura in esame, con la conseguente errata qualificazione dell’intervento realizzato dall’appellato di ristrutturazione edilizia anziché di nuova costruzione, sollecita l’immediata trattazione del motivo d’appello, incentrato sulla violazione della distanza dai confini fra immobili limitrofi
Si deduce l’errata applicazione, frutto d’inadeguata interpretazione, dell’art. 31 delle N.T.A. del PRG del Comune di (omissis).
8. Il motivo è fondato.
L’intervento, di nuova costruzione, per cui è causa ricade in zona di Completamento (omissis), nella quale sono consentite costruzioni d’uso residenziale con distacco minimo dal confine di ml. 5,00.
L’edificazione a confine di lotti non edificati è subordinata, ex art. 31, punto 15 N.T.A. cit., alla sottoscrizione d’accordo formale “tra i proprietari confinanti da allegare alla richiesta di concessione e da riportare in quest’ultima”.
La distanza fra costruzioni limitrofe, oltre ad essere (reciprocamente) integrativa, ai sensi degli artt. 872 ess c.c., della disciplina civilistica, è preordinata a salvaguardare la salubrità degli edifici e trova riscontro normativo con specifico riferimento alla pianificazione urbanistica nell’art. 9 del D.M. 1444/68.
Sicché la conclusione attinta dal Tar che la delibera comunale n. 44 del 9.11.1997 avrebbe modificato il regime giuridico delle distanze sui lotti non edificati collide in apicibus già sul piano del rapporto delle fonti di diritto: l’eccezione alla regola, che trova saldo presidio nella disciplina civilistica, nel D.M. richiamato e nel contenuto testuale dell’art. 31 N.T.A. cit., scaturirebbe da delibera del consiglio comunale.
9. Di fatto, come emerge dalla relazione redatta dal commissario ad acta, il fabbricato dell’appellato non rispetta la distanza nel lotto inedificato prospicente la proprietà dell’appellante, senza aver conseguito l’assenso di quest’ultima.
10. La fondatezza dei motivi d’appello assorbe la residua censura sull’incompetenza del sindaco a rilasciare il primo titolo edilizio, poi sostituito da quello, avente medesimo oggetto ed adottato – in via “d’anomala” sanatoria – dal responsabile dell’ufficio tecnico comunale.
11. Conclusivamente l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, deve essere respinto il ricorso di prime cure.
Le spese del doppio grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso di prime cure.
Condanna il sig. Ma. Di Gi. e il comune di (omissis), in solido ed in parti uguali, al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore della sig.ra An. Ma. Di Be. e della Provincia di L’Aquila che si liquidano complessivamente in 8000,00 (ottomila) euro, oltre diritti ed accessori di legge, da dividersi fra loro in parti uguali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Antonella Manzione – Consigliere

 

 

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