In caso di lesioni personali commesse contro una persona convivente nel delitto di maltrattamenti

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 16 aprile 2019, n. 16576.

La massima estrapolata:

In caso di lesioni personali commesse contro una persona convivente nel delitto di maltrattamenti non può essere applicata l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di relazioni domestiche o di coabitazione, perché assorbito nel delitto abituale di maltrattamenti in famiglia.

Sentenza 16 aprile 2019, n. 16576

Data udienza 23 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. MOGINI Stefan – rel. Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/03/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO MOGINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore TAMPIERI LUCA che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio in accoglimento del terzo motivo di ricorso;
udito il difensore avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA, in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS) del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE il quale insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che ha confermato quella di primo grado del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con la quale e’ stato condannato per i reati di maltrattamenti nei confronti della convivente aggravati ai sensi dell’articolo 61 c.p., n. 5 per minorata difesa (capo A); lesioni personali aggravate dall’abuso di relazioni domestiche e di coabitazione ed in occasione del delitto di cui all’articolo 572 c.p., nonche’ con l’uso di strumenti atti ad offendere (capo B); tentata violenza privata (capo C), ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione.
2. Il ricorrente deduce i seguenti motivi.
2.1. Travisamento delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che, essendo smentite su plurimi dati fattuali dalle testimonianze (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e dell’esame dell’imputato, avrebbero dovuto essere ritenute completamente inattendibili.
2.2. Violazione degli articoli 56 e 610 c.p. e mancanza di motivazione in relazione al giudizio di responsabilita’ relativo al capo C, poiche’ mancherebbe nel caso di specie ogni opposizione minacciosa o violenta del ricorrente, nell’occasione completamente ebbro, rispetto alla determinazione della persona offesa di andare a sporgere denuncia presso i Carabinieri.
2.3. Erronea applicazione dell’articolo 61 c.p., n. 11, articolo 585 c.p., articolo 576 c.p., n. 5 in relazione all’articolo 15 c.p. e mancanza di motivazione, poiche’ l’aggravante dell’abuso di relazione domestica contestata per il reato di lesioni personali di cui al capo B – secondo l’imputazione commesso in occasione del delitto di maltrattamenti di cui al capo A e percio’ aggravato ai sensi dell’articolo 576 c.p., n. 5 – e’ elemento costitutivo del pure ritenuto reato di maltrattamenti di cui al capo A.
2.4. Travisamento delle prove rappresentate dalle testimonianze (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al mancato riconoscimento del vizio parziale di mente per ubriachezza cronica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato, nei limiti e termini di seguito descritti.
1.1. Il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso sono inammissibili. Essi rappresentano infatti la mera riproposizione di censure di merito alle quali la sentenza impugnata ha dato puntuale e congrua risposta.
La Corte territoriale ha ampiamente giustificato la propria adesione alla ricostruzione in fatto e in diritto operata dal Tribunale in ordine a tutte le condotte oggetto di contestazione e condanna (pp. 3-5, ove anche riferimento a quanto occorso in occasione della denuncia del 31/1/2017,).
In particolare, accurato e immune da vizi logici e giuridici deve ritenersi il giudizio di piena attendibilita’ espresso dalla Corte di appello in ordine alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, puntualmente riscontrate da plurime deposizioni testimoniali ( (OMISSIS), (OMISSIS), M.llo (OMISSIS)) e da molteplici prove documentali, quali i certificati medici attestanti le lesioni a lei cagionate dal ricorrente, con riferimento alle abituali condotte violente, minacciose e aggressive poste in essere dal (OMISSIS) nei confronti della convivente e alla loro valenza maltrattante (pp. 6-8).
Del pari corretto risulta il concorde argomentare dei collegi di merito in ordine alla rilevata mancanza di prova circa la sussistenza, predicata dal ricorrente senza alcun idoneo supporto dimostrativo, di un vizio parziale di mente per ubriachezza cronica (p. 8).
1.2. Deve al contrario ritenersi fondato il terzo motivo di ricorso.
Il ricorrente e’ stato infatti condannato per il reato di maltrattamenti contro persona convivente previsto dall’articolo 572 c.p., aggravato ai sensi dell’articolo 61 c.p., n. 5, e per il reato di lesioni personali in danno della stessa persona convivente, aggravato ex articolo 585 c.p., articolo 576 c.p., n. 5 e articolo 61 c.p., n. 11 per aver commesso il fatto abusando di relazioni domestiche e di coabitazione ed in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti, nonche’ con l’uso di strumenti atti ad offendere.
Orbene, in caso di concorso di norme penali che regolano la stessa materia, il criterio di specialita’ (articolo 15 c.p.) richiede che, ai fini della individuazione della disposizione prevalente, il presupposto della convergenza di norme puo’ ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra le norme stesse, alla cui verifica deve procedersi mediante il confronto strutturale tra le previsioni astratte e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, Giordano e altri, Rv. 248864).
Occorre quindi rilevare che, in materia di lesioni personali, ai fini della configurazione dell’aggravante di cui all’articolo 576, comma 1, n. 5, e’ sufficiente accertare – come avvenuto nel caso di specie – che i fatti lesivi abbiano costituito alcuni degli episodi attraverso i quali e’ stato consumato il reato di maltrattamenti (Sez. 6, n. 3368 del 12/01/2016, P.G. in proc. C., Rv. 266009). Ne consegue che in caso di lesioni personali commesse contro persona convivente in occasione del delitto di maltrattamenti e’ preclusa, in ragione del principio di specialita’, la possibilita’ di applicare l’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 11, contestata per aver commesso il fatto con abuso di relazioni domestiche e di coabitazione, che rimane assorbita dalla concorrente circostanza di cui all’articolo 576 c.p., n. 5, consistente nell’avere commesso il fatto in occasione della commissione del delitto abituale previsto all’articolo 572 c.p. in danno della stessa persona convivente.
L’abuso di relazioni domestiche e di coabitazione rappresenta, in vero, elemento costitutivo del delitto di maltrattamenti e, per effetto del richiamo alla fattispecie di cui all’articolo 572 c.p. operato dall’articolo 576 c.p., n. 5, quest’ultima circostanza aggravante, contestata per il delitto di lesione personale di cui al capo B ex articolo 585 c.p., contiene ed assorbe quella di cui all’articolo 61 c.p., n. 11, che non puo’ quindi essere nuovamente valutata per determinare un piu’ pesante trattamento sanzionatorio del medesimo delitto di lesione personale.
2. La sentenza impugnata va quindi annullata limitatamente all’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 11 contestata al capo B, che deve essere eliminata.
Ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., lettera l), l’annullamento puo’ essere disposto senza rinvio, ritenendo il Collegio di poter rideterminare, sulla base delle statuizioni dei giudici di merito, l’aumento di pena a titolo di continuazione per il reato di lesioni aggravate ex articolo 585 c.p. e articolo 576 c.p., n. 5 in mesi tre di reclusione, con riduzione di mesi uno di reclusione rispetto al corrispondente aumento disposto dal Tribunale, e confermato in appello, in riferimento al reato di cui al capo B aggravato anche dalla circostanza eliminata. Sicche’ la pena definitivamente inflitta al ricorrente per i reati a lui ascritti deve essere rideterminata in anni due e mesi undici di reclusione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 11.
contestata al capo B; per l’effetto ridetermina la pena in anni due e mesi undici di reclusione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

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