L’esclusione della garanzia per i vizi della cosa con riferimento alla vendita forzata compiuta nell’ambito dei procedimenti esecutivi

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 gennaio 2023| n. 2064.

L’esclusione della garanzia per i vizi della cosa con riferimento alla vendita forzata compiuta nell’ambito dei procedimenti esecutivi

L’esclusione della garanzia per i vizi della cosa, prevista dall’art. 2922, comma 2, cod. civ. con riferimento alla vendita forzata compiuta nell’ambito dei procedimenti esecutivi, si riferisce alle fattispecie previste dagli artt. da 1490 a 1497 cod. civ. (vizi della cosa e mancanza di qualità) e non riguarda quindi l’ipotesi di “aliud pro alio” tra bene oggetto dell’ordinanza di vendita e quello oggetto dell’aggiudicazione, configurabile sia quando la cosa appartenga a un genere del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza (ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale), sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all’uso che, preso in considerazione nell’ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l’offerta d’acquisto.

Ordinanza|24 gennaio 2023| n. 2064. L’esclusione della garanzia per i vizi della cosa con riferimento alla vendita forzata compiuta nell’ambito dei procedimenti esecutivi

Data udienza 1 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita giudiziaria – Vednita aliud pro alio – Vizio del consenso – Nullità della domanda di aggiudicazione – Opposizione – Art. 2922 cc – Estensione – Presupposti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. CONDELLO A.P.Pasqualina – rel. Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24308/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta delega in calce al ricorso, dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SOC. COOP. A R.L., (OMISSIS), CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS), in persona del Curatore, (OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante;
– intimati –
avverso la sentenza del Tribunale di Taranto n. 1404/2020, pubblicata in data 3 agosto 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1 dicembre 2022 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.

L’esclusione della garanzia per i vizi della cosa con riferimento alla vendita forzata compiuta nell’ambito dei procedimenti esecutivi

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Taranto ha rigettato l’opposizione ex articolo 617 c.p.c. con la quale (OMISSIS) aveva chiesto dichiararsi la nullita’/annullabilita’ della gara telematica terminata in data 2 aprile 2017 e dell’ordinanza di aggiudicazione dell’autocarro Iveco 150 tg. (OMISSIS), emessa in suo favore nell’ambito della procedura esecutiva mobiliare promossa dal creditore procedente (OMISSIS) in danno di (OMISSIS) (successivamente dichiarato fallito), oltre che la condanna dell’Istituto Vendite giudiziarie di Taranto alla restituzione del prezzo o al risarcimento del danno. L’opposizione era stata proposta in quanto, successivamente al versamento del prezzo e solo dopo il ritiro del bene, l’aggiudicatario, in occasione della revisione del veicolo, aveva potuto constatare, sulla base della carta di circolazione, che il bene era stato immatricolato nel 1993, diversamente da quanto risultante dalla descrizione dello stesso bene riportata sull’annuncio pubblicato sul portale dell’Istituto Vendite Giudiziarie e in tutti gli atti successivi della procedura, ove era stata, invece, indicata, quale data di immatricolazione, quella del 9 giugno 2006; l’aggiudicatario, pertanto, aveva lamentato che il bene aggiudicato fosse da ritenersi diverso da quello pubblicizzato e descritto negli atti di vendita. Il Tribunale di Taranto, disattesa l’eccezione di tardivita’ dell’opposizione ed accolta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’I.V.G., ha rigettato l’opposizione, ritenendo che “l’erronea informazione resa in merito alla reale data di immatricolazione del veicolo, di 13 anni anteriore rispetto a quella indicata sul sito ufficiale dell’asta giudiziaria e nei successivi atti di gara, non valeva di certo a delineare una radicale diversita’ del bene oggetto di vendita forzata”, non potendo l’autocarro Iveco, seppure immatricolato molti anni prima, considerarsi ontologicamente diverso da quello sul quale era caduta l’offerta dell’aggiudicatario. Ha, inoltre, rilevato che il (OMISSIS) non aveva allegato, ne’ provato specifici vizi del bene che lo rendessero inidoneo all’assolvimento della sua naturale funzione economico-sociale o alla destinazione d’uso presupposta al momento dell’offerta d’acquisto, essendosi l’aggiudicatario limitato ad evidenziare che l’immatricolazione, di ben tredici anni antecedente a quella indicata nel bando di vendita, rendesse il valore dell’autoveicolo di gran lunga inferiore rispetto a quella per la quale aveva fatto l’offerta d’acquisto. Il Giudice del merito ha, infine, ritenuto inammissibile l’ampliamento della domanda effettuato dall’opponente con la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, considerato che nell’atto di citazione non si rinvenivano argomentazioni difensive riguardanti la sussistenza di un errore quale vizio della volonta’, ma solo un riferimento ad un’ipotesi di “nullita’ e/o annullabilita’ della gara telematica” che, di per se’, non lasciava trasparire l’intenzione dell’opponente di far valere quello specifico vizio di volonta’, di cui, peraltro, non risultavano neppure descritti i fondamentali caratteri dell’essenzialita’ e della riconoscibilita’.
3. (OMISSIS) ricorre per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di cinque motivi.
L’Istituto Vendite Giudiziarie di Taranto soc. coop. a r.l., (OMISSIS), la Curatela del Fallimento di (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, deducendo la “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1427, 1428, 1429 e 2929 c.c. e articolo 183 c.p.c.”, il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui il Tribunale ha considerato tardivo e, quindi, inammissibile, l’ampliamento della domanda effettuato con il deposito della prima memoria ex articolo 183 c.p.c..
Richiamando arresti giurisprudenziali di questa Corte che ammettono l’emendatio libelli in sede di prima memoria ex articolo 183 c.p.c., ribadisce che, avendo proposto opposizione al fine di contestare l’aggiudicazione di un bene da lui non voluto, chiedendone la nullita’ in forza del principio dell’aliud pro alio ovvero, in via subordinata, l’annullamento, per essersi determinato all’acquisto sulla scorta di un errore del consenso che aveva alterato la sua volonta’, vizio causato dall’I.V.G. che aveva pubblicizzato il bene con caratteristiche diverse da quelle reali, lamenta che il Tribunale ha erroneamente considerato la precisazione della domanda, contenuta gia’ nel ricorso introduttivo e solo esplicitata nella prima memoria ex articolo 183 cod. proc civ., come tardiva.
1.1. Il motivo e’ infondato.
1.2. Il Tribunale ha accertato che con l’atto introduttivo del giudizio di merito le deduzioni difensive svolte dall’odierno ricorrente e i precedenti di legittimita’ richiamati a supporto delle stesse si sono incentrate sulla “questione della rilevanza delle ipotesi di vendita giudiziaria di aliud pro alio” e che soltanto con la prima memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, il thema decidendum e’ stato ampliato, allargando le contestazioni alla diversa questione della sussistenza di un errore quale vizio del consenso, idoneo a determinare l’annullamento dell’aggiudicazione. Ha, pertanto, ritenuto che tale ulteriore contestazione integrasse domanda nuova, come tale non ammissibile per effetto delle preclusioni imposte dal codice di rito.
1.3. Il percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata e’ corretto e si pone in linea con la giurisprudenza di legittimita’ che esclude sia consentito, nelle opposizioni esecutive, proporre ragioni di contestazione ulteriori rispetto a quelle dedotte con l’originario atto introduttivo del giudizio (Cass., sez. U, 14/12/2020, n. 28387).
Questa Corte ha ripetutamente ribadito che il giudizio di opposizione e’ un ordinario processo di cognizione nel quale vige il principio della domanda (Cass., sez. 3, 28/07/2011, n. 16541), con conseguente inammissibilita’ di motivi nuovi (Cass., sez. 6-3, 09/06/2014, n. 12981; Cass., sez. 3, 07/08/2013, n. 18761), soprattutto nell’opposizione agli atti esecutivi, dove la loro proposizione e’ soggetta al rigoroso termine decadenziale di venti giorni dalla conoscenza dell’atto (Cass., sez. 3, 03/09/2019, n. 21996; Cass., sez. 3, ord. 06/04/2022, n. 11237).

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Tanto comporta che, nella presente opposizione agli atti esecutivi, che aveva ad oggetto originariamente la domanda di nullita’ dell’ordinanza di aggiudicazione per pretesa vendita di aliud pro alio, fosse preclusa la deducibilita’, con la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, della domanda di annullamento dell’ordinanza di aggiudicazione fondata su un asserito vizio del consenso, introdotta oltre il termine di venti giorni dalla conoscenza del provvedimento impugnato.
1.4. L’illustrazione del motivo si impernia in effetti sull’asserita applicabilita’ al caso in esame dell’insegnamento delle Sezioni Unite del 15 giugno 2015, n. 12310 ed attinge da tale pronuncia argomentazioni per addivenire alla conclusione che la modifica della originaria domanda fosse ben possibile, perche’ riguardante la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l’atto introduttivo. L’arresto giurisprudenziale invocato, secondo cui “la modificazione della domanda ammessa ex articolo 183 c.p.c., puo’ riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda cosi’ modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, percio’ solo, si determini la compromissione delle potenzialita’ difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali”, ha, in realta’ chiarito che il mutamento del fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio costituisce modifica della domanda ammessa se la nuova domanda non si aggiunga a quella iniziale, ma la sostituisca e si ponga in rapporto di alternativita’ rispetto ad essa in quanto tendente a realizzare la medesima vicenda sostanziale (Cass., sez. 3, 31/07/2017, n. 18956; Cass., sez. 3, 26/06/2018, n. 16807).
La domanda puo’, quindi, essere anche modificata, ma non puo’ essere affiancata, poiche’ l’introduzione di una domanda ulteriore in aggiunta – come nel caso di specie, in cui alla iniziale domanda di nullita’ dell’aggiudicazione fondata sull’ipotesi di vendita giudiziaria di aliud pro alio si e’ aggiunta la domanda di annullabilita’ dell’aggiudicazione per dedotta sussistenza di un errore quale vizio della volonta’ – subisce lo stesso trattamento che, prima del revirement del 2015, era applicato alla mutatio libelli.
L’intervento delle Sezioni Unite che, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato travisato si pone, in realta’, in contrasto con la prospettazione del ricorrente e fonda la correttezza della decisione del giudice del merito, poiche’, anche in disparte le peculiarita’ delle opposizioni esecutive ed in particolare della loro istituzionale inemendabilita’ successiva, la modificazione della domanda, da effettuarsi nei limiti delle memorie previste dall’articolo 183 c.p.c., non include l’introduzione di ulteriori domande accanto a quella originaria e – modificata o no – mantenuta (Cass., sez. 1, 26/02/2016 n. 3806; Cass., sez. 1, 13/03/2017 n. 6389, Cass. sez. 2, 10/04/2017 n. 9192; Cass., sez. 3, 31/07/2017 n. 18956; Cass., sez. 1, 9/02/2018 n. 3254).
2. Con il secondo motivo, censurando la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1427, 1428, 1429 e 2922 c.c., il ricorrente assume che l’affermazione del Tribunale secondo cui “…l’erronea informazione resa in merito alla reale data di immatricolazione del veicolo…non vale di certo a delineare una radicale diversita’ del bene oggetto di vendita forzata…” contrasta con le disposizioni normative evocate. Considerando il “bando di vendita” alla stregua di quella che nella vendita volontaria sarebbe la “proposta contrattuale di compravendita” e tenuto conto che l’1.V.G. avrebbe dovuto verificare l’esatta corrispondenza del bene pubblicizzato a quello pignorato e messo in vendita, il ricorrente rimarca che e’ stato aggiudicato un bene assolutamente diverso da quello pubblicizzato e che dal comportamento colpevole degli incaricati dell’Istituto Vendite giudiziarie non puo’ che derivare l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione.
3. Con il terzo motivo – rubricato: “violazione e falsa applicazione degli articoli 1427, 1428, 1429, 2929 e 2697 c.c.” – il ricorrente, censurando la sentenza impugnata la’ dove si afferma che non sono stati allegati, ne’ provati specifici vizi del bene che lo rendono inidoneo all’assolvimento della sua naturale funzione, assume di avere dato dimostrazione dell’errore che aveva viziato la formazione del suo consenso e che tale circostanza non poteva che determinare l’invalidita’ dell’atto esecutivo, con conseguente restitutio ad integrum dell’aggiudicatario e risarcimento del danno. Soggiunge che nel fascicolo telematico dell’esecuzione non si rinveniva documentazione fiscale relativa ai beni pignorati (Fiat Doblo’ e autocarro Iveco), in quanto detta documentazione era stata acquisita dagli incaricati dell’I.V.G. solo in data successiva al pignoramento, ossia quando era stata loro consegnata insieme ai beni mobili registrati.

L’esclusione della garanzia per i vizi della cosa con riferimento alla vendita forzata compiuta nell’ambito dei procedimenti esecutivi

3.1. Il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi, possono essere congiuntamente scrutinati, ma non possono essere accolti.
3.2. Come ben chiarito da questa Corte (Cass., sez. 3, 02/04/2014, n. 7708; Cass., sez. 3, 29/01/2016, n. 1669), la risoluzione della questione prospettata non puo’, prescindere dalla peculiare natura della vendita esecutiva, “normalmente definita dalla giurisprudenza una vendita sui generis, affine alla vendita solo per gli effetti che ne conseguono e, invece, propria del processo per la struttura e la funzione, giacche’ realizza congiuntamente l’interesse pubblico (connesso a ogni processo giurisdizionale) e l’interesse privato (dei creditori concorrenti e dell’aggiudicatario). Consegue da cio’ la giustificazione dell’esclusione, sul piano normativo, della garanzia per vizi della cosa e, in via di interpretazione, l’inapplicabilita’ alla vendita esecutiva delle regole dettate per la compravendita in tema di tutela dell’acquirente (e segnatamente, l’esclusione, oltre che della garanzia per vizi di cui all’articolo 1490 c.c., della rescissione per lesione ex articolo 1448 c.c., come dell’actio redhibitoria, della risoluzione del contratto, nonche’ dell’actio quanti minoris, della riduzione del prezzo ex articolo 1492 c.c. e dell’azione di risarcimento del danno ex articolo 1494 c.c.)”.
3.3. La vendita forzata, essendo un (sub-)procedimento che si inserisce nel processo esecutivo, il cui nucleo essenziale e’ costituito dalla combinazione tra un provvedimento dell’organo esecutivo ed un atto giuridico unilaterale di natura privata (offerta del terzo acquirente), non e’ regolata dalla disciplina di quella volontaria – a cominciare da quella in tema di interpretazione, ma per proseguire con quella in tema di vizi della volonta’ o validita’ del vincolo negoziale – ma resta piuttosto regolata da una disciplina speciale, nella quale si ravvisano soltanto alcuni dei principi generali della vendita volontaria, assorbiti e coordinati in vista delle esigenze pubblicistiche del procedimento – esecutivo – in cui essa si inserisce (Cass., n. 7708/14, cit.).
3.4. Sebbene questa Corte (Cass., n. 7708/14, cit.) abbia individuato il mezzo idoneo a far valere l’aliud pro alio nella vendita giudiziaria, individuandolo in quello interno al processo esecutivo dell’opposizione agli atti esecutivi, soggetto al termine decadenziale di cui all’articolo 617 c.p.c., la giurisprudenza di questa Corte pone una sostanziale distinzione, in ordine all’estensione della disciplina dell’articolo 2922 c.c., tra vizi della cosa e mancanza di qualita’, da un lato, e consegna di aliud pro alio, dall’altro lato, prevedendo che si ha vizio redibitorio oppure mancanza di qualita’ essenziale della cosa, qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all’uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero qualora essa appartenga, per caratteristiche strutturali, ad un tipo diverso o ad una specie diversa da quella pattuita; mentre ricorre l’aliud pro alio, qualora il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito, in quanto appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res venduta e, quindi, a fornire l’utilita’ richiesta (Cass., sez. 2, 18/05/2011, n. 10916; Cass., sez. 2, 07/03/2007, n. 5202; Cass., sez. 2, 25/09/2002 n. 13925).
3.5. In tale prospettiva, non risulta che la sentenza impugnata si sia discostata, nell’interpretazione del disposto della norma di cui all’articolo 2922 c.c., dall’orientamento largamente condiviso nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 11018/94; Cass., sez. 1, 09/10/1998, n. 10015; Cass., sez. 3, 13/05/2003, n. 7294; Cass., sez. 1, 25/02/2005, n. 4085), secondo cui l’esclusione, ivi prescritta, della garanzia per i vizi della cosa nella vendita forzata si riferisce alle fattispecie prefigurate dagli articoli da 1490 a 1497 c.c. e non riguarda, quindi, l’ipotesi di consegna di aliud pro alio che, secondo la lata accezione considerata da tale giurisprudenza, e’ configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualita’ necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all’uso che, preso in considerazione nell’ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto (Cass., n. 1669/16, cit.; Cass., sez. 6-1, 12/07/2016, n. 14165; Cass., n. 7708/14, cit.; Cass., sez. 1, n. 4085/05, cit.; Cass., sez. 1, n. 10015/98, cit.; Cass., n. 11018/94, cit.); ipotesi queste che il giudice del merito – con valutazione in fatto che resta, anche alla stregua delle contestazioni in concreto mosse in ricorso, insindacabile in questa sede – ha ritenuto entrambe non ricorrenti nella specie.
Nel caso in esame, non avrebbe, invero, potuto affermarsi la prospettata ipotesi di vendita di aliud pro alio, in quanto non sono state dedotte, fin dall’atto introduttivo dell’opposizione, circostanze che possano portare a ritenere che l’autoveicolo non fosse idoneo alla sua destinazione, potendosi, dalle contestazioni sollevate (“il bene e’ da ritenersi diverso (aliud pro alio) in quanto l’immatricolazione, di ben tredici anni antecedente quella indicata nel bando di vendita, rende il valore dello stesso di gran lunga inferiore rispetto a quello che il signor (OMISSIS) riteneva e per il quale aveva fatto le relative offerte di acquisto”), profilare al piu’ una differenza quantitativa, ma non qualitativa – in senso stretto – tra il bene oggetto di trasferimento e quello descritto nell’ordinanza di vendita, del tutto irrilevante ai fini del riconoscimento del difetto denunciato.
Data la diversita’ strutturale della vendita forzata rispetto a quella negoziale, ben delineata dalla ricostruzione effettuata dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, e considerato che la nullita’ del decreto di trasferimento e’ ravvisabile solo in ipotesi di radicale o sostanziale diversita’ della cosa oggetto della vendita, in cui, venendo effettivamente meno il nucleo essenziale e l’oggetto stesso della vendita forzata, quale risulta specificato e determinato dall’offerta dell’aggiudicatario e dalla stessa determinazione dell’organo giudicante, la cosa aggiudicata risulti essere ontologicamente diversa da quella sulla quale e’ incolpevolmente caduta l’offerta dell’aggiudicatario, non puo’ che ritenersi l’infondatezza dei vizi di violazione di legge dedotti con i mezzi in esame.
4. Con il quarto motivo, censurando la decisione impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta che il Tribunale ha omesso di prendere in considerazione la questione del vizio del consenso, formatosi nell’aggiudicatario per colpa allo stesso non imputabile, pur trattandosi di fatto decisivo, mai contestato dalle controparti.
4.1. La censura e’ inammissibile.
4.2. Giova rimarcare, invero, che e’ applicabile, nella concreta fattispecie, il contenuto precettivo del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito, con modificazione, nella L. n. 134 del 2012 (entrata in vigore il 12.8.2012), disposto applicabile alla impugnazione per cassazione della sentenza 22.1.2013, giusta la previsione dell’articolo 54, comma 3 citato.
Nella evidente prospettiva della novella introdotta dal legislatore del 2012 – che mira a ridurre drasticamente l’area del sindacato di legittimita’ attorno ai “fatti” – l’omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione nel giudizio afferisce a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti, ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente il giudizio (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
Al contrario, le censure motivazionali formulate dal ricorrente, mediante il richiamo alla “questione del vizio del consenso”, peraltro irrilevante per le ragioni gia’ sopra esposte, non sono riconducibili al paradigma normativo del riformulato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, posto che nessun fatto decisivo trascurato dal Tribunale viene indicato se non gli stessi fatti gia’ valutati dalla sentenza impugnata.
5. Con il quinto motivo, deducendo la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 536 c.p.c., comma 2, Decreto Ministeriale n. 109 del 1997, articoli 2 e 8 e degli articoli 2043 e 2050 c.c.”, il ricorrente contesta al Tribunale di avere affermato che l’Istituto vendite giudiziarie non sia da considerarsi parte del giudizio di opposizione e sottolinea, al contrario, che, proprio per il fatto che l’1.V.G. e’ un soggetto privato che esercita un servizio di pubblica utilita’, deve rispondere del danno derivato all’aggiudicatario dall’operato dei suoi dipendenti. Rimarca, quindi, di essere stato indotto in errore a causa della pubblicazione, sul portale delle vendite telematiche, di un dato essenziale per poter valutare appieno la convenienza dell’acquisto del veicolo, rappresentato dall’anno di immatricolazione del bene, e che il comportamento colposo tenuto dai suoi dipendenti integra una ipotesi di responsabilita’ che impone all’Istituto Vendite giudiziarie di rispondere dei relativi danni cagionati ai terzi.
5.1. Il motivo e’ inammissibile.
5.2. Occorre tenere presente il principio costante nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema d’impugnazione, ove con un’unica sentenza siano adottate distinte statuizioni, ciascuna delle quali sottoposta a diverso mezzo d’impugnazione, ogni statuizione deve essere impugnata soltanto con il mezzo di gravame che le e’ proprio (Cass., sez. 1, 24/03/2005, n. 6376).
Ebbene, nel caso di specie, il ricorso per cassazione proposto contro una sentenza pronunciata in primo grado su un capo di rigetto della domanda di risarcimento del danno e’ inammissibile, in quanto la statuizione oggetto di censura avrebbe dovuto essere impugnata con appello.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi in merito alle spese del presente giudizio di legittimita’, in difetto di attivita’ difensiva delle parti intimate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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