Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 ottobre 2021| n. 28939.
L’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo produce i suoi effetti solo per la fase monitoria (e quindi, in definitiva, principalmente ai fini della notifica dell’atto di citazione in opposizione), giusta la previsione dell’art. 645, primo comma, cod. proc. civ., secondo cui l’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente “nei luoghi di cui all’art. 638 cod. proc. civ.”, e quindi nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nel ricorso per decreto ingiuntivo. Pertanto, qualora il creditore opposto resti contumace nel giudizio di opposizione, la sentenza conclusiva di tale giudizio è ritualmente notificata a lui personalmente, anche ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, a norma dell’ultimo comma dell’art. 292 cod. proc. civ. non rilevando più l’originaria elezione di domicilio fatta per la fase monitoria (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte d’appello, nel dichiarare inammissibile il gravame per tardività, aveva rilevato: in punto di fatto, che la sentenza di primo grado era stata notificata a mezzo P.E.C. alla società soccombente, all’indirizzo di posta elettronica risultante dai pubblici registri; e, in punto di diritto, che la notifica della sentenza, effettuata personalmente alla parte rimasta contumace, fosse idonea a far decorrere il termine breve ex art. 325 cod. proc. civ., a nulla rilevando né che la contumacia potesse essere stata erroneamente dichiarata, né che la parte soccombente avesse eletto domicilio presso il proprio avvocato nel ricorso per decreto ingiuntivo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 7 aprile 1987, n. 3355; Cassazione, sezione civile L, sentenza 5 settembre 1985, n. 4625).
Ordinanza|19 ottobre 2021| n. 28939. L’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo
Data udienza 4 maggio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Opposizione a decreto ingiuntivo – Mancata costituzione del creditore opposto – Contumacia – Ritualità della notificazione della sentenza al contumace personalmente – Efficacia dell’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo limitata alla fase monitoria – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19129-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del legale /Ce rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 243/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 04/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/05/2021 dal Consigliere Dott. ROSSETTI MARCO.
L’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2014 la societa’ (OMISSIS) s.r.l. (d’ora innanzi, “la (OMISSIS)”) chiese ed ottenne dal Tribunale di Spoleto un decreto ingiuntivo nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.r.l. (d’ora innanzi, “la (OMISSIS)”).
2. La (OMISSIS) propose opposizione tardiva al suddetto decreto ex articolo 650 c.p.c..
Nel giudizio di opposizione tardiva il Tribunale dichiaro’ la contumacia della (OMISSIS).
Quindi, con sentenza 13 novembre 2015 n. 542 il Tribunale di Spoleto accolse l’opposizione e revoco’ il decreto ingiuntivo, ritenendo non sussistente la prova del credito.
La sentenza venne appellata dalla societa’ soccombente, (OMISSIS).
3. Con sentenza 4 aprile 2018 n. 243 la Corte d’appello di Perugia dichiaro’ inammissibile il gravame per tardivita’.
La Corte d’appello ha rilevato in punto di fatto che la sentenza di primo grado era stata notificata a mezzo PEC alla societa’ soccombente, all’indirizzo di posta elettronica risultante dai pubblici registri.
Ha quindi osservato in diritto che la notifica della sentenza, effettuata personalmente alla parte rimasta contumace, e’ idonea a far decorrere il termine breve di cui all’articolo 325 c.p.c., a nulla rilevando:
– ne’ che la contumacia possa essere stata erroneamente dichiarata;
– ne’ che la parte soccombente avesse eletto domicilio presso il proprio avvocato nel ricorso per decreto ingiuntivo.
4. La sentenza e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS), con ricorso fondato su quattro motivi.
La (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la societa’ ricorrente lamenta che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto valida, ai fini del decorso del termine breve per impugnare, la notificazione della sentenza di primo grado effettuata personalmente alla suddetta societa’, invece che nel domicilio che, nel ricorso per decreto ingiuntivo, aveva eletto presso il proprio difensore.
Sostiene che tale decisione sarebbe erronea per due ragioni:
a) perche’ nessun provvedimento formale di contumacia era stato mai adottato in primo grado;
b) perche’ la societa’ intimante non poteva ritenersi “contumace, avendo essa eletto domicilio presso il proprio avvocato nel ricorso introduttivo per decreto ingiuntivo”.
A tal riguardo sostiene la ricorrente che il giudizio monitorio e’ unitario, anche se articolato in due fasi.
Da cio’ trae la conclusione che “non e’ mai configurabile una contumacia del creditore-opposto, la cui costituzione e’ gia’ avvenuta ex articolo 638 c.p.c. con il deposito del ricorso introduttivo”.
1.1. La prima delle suesposte censure e’ infondata.
Il termine breve per l’impugnazione decorre, nei confronti della parte che sia rimasta contumace, dal momento della notificazione della sentenza effettuata personalmente, ai sensi dell’articolo 292 c.p.c., comma 4, a nulla rilevando che sia mancata una espressa declaratoria di contumacia (Sez. 1, Sentenza n. 2486 del 22/04/1982, Rv. 420354 – 01).
Del pari e’ irrilevante, per i fini di cui all’articolo 292 c.p.c., comma 4, l’eventuale errore commesso dal giudice nel compiere la dichiarazione di contumacia (o nel reputare corretta, in appello, la dichiarazione di contumacia compiuta dal giudice di primo grado).
E’ infatti pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che quando una parte sia dichiarata contumace, la notifica della sentenza alla parte personalmente e’ idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, a nulla rilevando che quella dichiarazione sia stata erronea od illegittima (Sez. 1 -, Ordinanza n. 6478 del 06/03/2020, Rv. 657085 – 01; Sez. 3 -, Ordinanza n. 29037 del 13/11/2018, Rv. 651637 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6571 del 14/03/2013, Rv. 625391 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 4894 del 02/03/2007, Rv. 595083 – 01; Sez. U, Sentenza n. 8394 del 09/07/1992, Rv. 478124 – 01).
1.2. La seconda delle suesposte censure pone una questione che vede divisa la giurisprudenza di legittimita’.
E’ pacifico che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il creditore-opposto, ove non si costituisca, debba essere dichiarato contumace. Contrasti, invece, si registrano per quanto attiene il luogo ove debba essere notificata la sentenza conclusiva del giudizio di opposizione, per i fini di cui all’articolo 325 c.p.c..
Il contrasto riguarda in particolare la perdurante efficacia (c.d. “ultrattivita’”) dell’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo.
1.3. Secondo un primo orientamento l’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo produce i suoi effetti solo per la fase monitoria (e quindi, in definitiva, principalmente ai fini della notifica dell’atto di citazione in opposizione), giusta la previsione dell’articolo 645 c.p.c., comma 1, (secondo cui l’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente “nei luoghi di cui all’articolo 638 c.p.c.”, e quindi nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nel ricorso per decreto ingiuntivo).
Pertanto, qualora il creditore opposto resti contumace nel giudizio di opposizione, la sentenza conclusiva di tale giudizio e’ ritualmente notificata a lui personalmente, anche ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, a norma dell’articolo 292 c.p.c., ultimo comma, non rilevando piu’ l’originaria elezione di domicilio fatta per la fase monitoria (cosi’ Sez. L, Sentenza n. 4625 del 05/09/1985, Rv. 442088 – 01).
1.4. Di opinione diversa e’ un secondo orientamento, secondo il quale l’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo ha un effetto permanente, e vale per “tutti gli atti” che si debbano notificare al creditore-opposto. Cio’ in quanto “il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non costituisce un processo autonomo, completamente avulso e separato dal procedimento sommario di ingiunzione, ma solo l’ulteriore sviluppo, sia pure eventuale, della fase monitoria, caratterizzato dalla cognizione piena nel contraddittorio delle parti”.
Da questa premessa si trae la conclusione che, una volta effettuata dal creditore l’elezione di domicilio nel ricorso per decreto ingiuntivo, questa continua a spiegare efficacia anche nel giudizio di opposizione, in tutti i casi nei quali un atto processuale debba essere notificato personalmente alla parte (Sez. 2, Sentenza n. 3355 del 07/04/1987, Rv. 452394 – 01, la quale riguardava tuttavia una controversia inerente al luogo di notifica dell’atto di riassunzione del giudizio interrotto, e non della sentenza per i fini di cui all’articolo 325 c.p.c.).
1.5. Ritiene il Collegio che, tra i suddetti due orientamenti, debba preferirsi il primo, per varie ragioni di ordine logico, giuridico e sistematico.
1.5.1. Sul piano dell’interpretazione logica, innanzitutto, ammettere la perdurante efficacia dell’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo condurrebbe ad evidenti incongruenze.
E’, infatti, pacifico che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo possa e debba dichiararsi la contumacia del creditore-opposto, se questi non si costituisca.
Ma la contumacia ha per conseguenza l’applicabilita’ dell’articolo 292 c.p.c., u.c., e articolo 285 c.p.c., e cioe’ la possibilita’ per la parte vittoriosa di notificare la sentenza al contumace personalmente.
Sarebbe dunque illogico per contraddittorieta’ ammettere che il creditore opposto possa essere dichiarato contumace, e poi negare l’applicabilita’ degli effetti della contumacia.
Se poi, per aggirare l’ostacolo, volesse ipotizzarsi che il creditore opposto, rimasto contumace nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non debba essere considerato “contumace”, si perverrebbe a conseguenze assurde: ad esempio, che al creditore contumace non dovrebbero essere notificati ne’ l’ordinanza ammissiva del giuramento, ne’ quella dell’interrogatorio formale, ne’ i documenti da lui sottoscritti e prodotti in corso di giudizio, ex articolo 292 c.p.c.; se poi si verificasse un evento interruttivo che colpisca la sua persona il processo non potrebbe essere dichiarato interrotto; la sua condotta potrebbe essere qualificata come “non contestazione” ex articolo 115 c.p.c. dei fatti dedotti dall’opponente; in caso di rigetto dell’opposizione potrebbe addirittura pretendere le spese del giudizio di opposizione.
La tesi sostenuta da Cass. 3355/87, e invocata dalla societa’ odierna ricorrente, pertanto, non puo’ condividersi perche’ porterebbe ad una non consentita disapplicazione degli articoli 285 e 292 c.p.c., ed a conseguenze paradossali ed inique.
1.5.2. Sul piano dell’interpretazione sistematica, la “struttura unitaria” del processo monitorio, valorizzata dalla ricorrente, e’ nozione che deve essere rettamente intesa.
Essa, infatti, non vuoi dire affatto che la fase sommaria e la fase di merito siano, sempre ed a tutti gli effetti, strettamente connesse ed inscindibili, sicche’ tutto quel che avviene nella prima, riverbera effetti nella seconda. La fase di opposizione al decreto ingiuntivo, infatti:
a) costituisce una successione di carattere solamente temporale e non funzionale;
b) da’ luogo ad un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, non limitato alla correttezza del decreto ingiuntivo, ma esteso alla fondatezza del diritto azionato;
c) il giudizio di opposizione puo’ richiedere la produzione mezzi di prova diversi da quelli posti a base del decreto ingiuntivo, indipendentemente dalla sufficienza, validita’ o regolarita’ degli elementi in ragione dei quali il decreto stesso sia stato emesso.
Da tali rilievi questa Corte ha gia’ tratto la conclusione che “il processo vero e proprio inizia, pertanto, con l’opposizione, mentre con il ricorso per ingiunzione inizia solo la fase sommaria” (cosi’ Sez. L, Sentenza n. 16140 del 2001).
1.5.2. Infine, sul piano dei principi generali, va ricordato che la costituzione in giudizio e’ cosa ben diversa dalla elezione di domicilio: ci si puo’ costituire in giudizio senza eleggere un domicilio (nel qual caso le comunicazioni avverranno nella cancelleria del giudice: articolo 638 c.p.c., comma 2), cosi’ come si puo’ eleggere domicilio nel ricorso per decreto ingiuntivo, senza poi costituirsi nel giudizio di opposizione.
Pertanto la circostanza che nel ricorso per decreto ingiuntivo sia stato eletto domicilio ha il solo effetto di consentire in quel luogo la notificazione di qualsiasi atto fino alla citazione in opposizione. Ma, una volta che sia avvenuta quest’ultima, la vocatio in ius in essa contenuta non ammette alternative: o il creditore opposto si costituisce nel giudizio di opposizione, oppure sara’ dichiarato contumace, con le conseguenze di cui all’articolo 292 c.p.c., comma 4, ai fini della notifica della sentenza conclusiva del giudizio di opposizione.
2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia errato nel ritenere valida la notifica dell’atto di citazione in opposizione, e la procura ad esso allegata.
2.1. Il motivo e’ inammissibile per estraneita’ alla ratio decidendi.
La Corte d’appello, infatti, ha ritenuto tardivo il gravame, e non si e’ occupata (ne’ avrebbe dovuto farlo) della ritualita’ dell’atto introduttivo del primo grado del giudizio di opposizione.
3. Col terzo motivo la societa’ ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 650 c.p.c. e delle norme sulla notificazione a mezzo del servizio postale. Lamenta anche in questo caso che erroneamente il giudice di primo grado abbia ritenuto ammissibile l’opposizione tardiva proposta dalla (OMISSIS) s.r.l..
3.1. Anche questo motivo e’ inammissibile per le stesse ragioni per cui e’ inammissibile il secondo motivo, e cioe’ l’estraneita’ alla ratio decidendi.
A fronte di una dichiarazione di inammissibilita’ dell’appello per tardivita’, infatti, non mette conto andare a sindacare se il giudice di primo grado abbia o non abbia errato, nel ritenere ammissibile un’opposizione tardiva.
4. Col quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 645 c.p.c. e della L. n. 53 del 1994, articolo 9.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che la societa’ (OMISSIS), dopo aver proposto opposizione al decreto ingiuntivo, ha omesso di comunicare al cancelliere del Tribunale di Spoleto l’avvenuta introduzione del giudizio, e questo fatto ha impedito alla (OMISSIS) “di potersi costituire nel giudizio di opposizione, in quanto al momento dell’accesso al fascicolo telematico della fase monitoria non risultava l’annotazione dell’opposizione”.
La ricorrente ne trae la conclusione della “nullita’ degli atti del giudizio di opposizione della sentenza di primo grado”.
4.1. Anche questo motivo e’ inammissibile, per le medesime ragioni gia’ esposte con riferimento al secondo ed al terzo motivo di ricorso.
Questa Corte puo’ sindacare gli errori commessi dal giudice d’appello: ed il giudice d’appello nella sentenza impugnata non si e’ occupato di altra questione che la tardivita’ del gravame.
Pertanto, una volta escluso che tale statuizione sia stata erronea, qualunque altra questione concernente eventuali errores in procedendo verificatisi nel processo di primo grado.
5. Le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di cassazione:
(-) rigetta il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibili gli altri;
(-) condanna (OMISSIS) s.r.l. alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 3.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2; (-) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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