Le fatture commerciali non possono costituire piena prova del credito

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|31 marzo 2021| n. 8848.

Le fatture commerciali non possono costituire piena prova del credito, avuto riguardo per la loro formazione unilaterale e per la funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, che ne giustificano l’inquadramento fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito. Pertanto, quando tale rapporto sia contestato fra le parti, la fattura non può costituire un valido elemento di prova.

Ordinanza|31 marzo 2021| n. 8848

Data udienza 17 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di fornitura – Opposizione a decreto ingiuntivo – Fatture comemrciali – Esclusione come prova del credito – Onere della prova della persistenza del contratto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14608-2019 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 68/2019 del TRIBUNALE di GROSSETO, depositata il 01/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA GORGONI.

RILEVATO

che:
(OMISSIS) S.r.L. ricorre per la cassazione della sentenza del Tribunale di Grosseto n. 68/2019, pubblicata 11 febbraio 2019, non notificata, articolando un solo motivo, illustrato con memoria.
Nessuna attivita’ difensiva e’ svolta dall’intimato.
(OMISSIS), titolare dell’impresa individuale (OMISSIS), conveniva in giudizio (OMISSIS) S.r.L., chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo da quest’ultima ottenuto per il mancato pagamento della fornitura di gas.
Il Giudice di Pace di Grosseto, con la sentenza n. 740/2016, rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo, ritenendo documentata la somministrazione in via continuativa della fornitura di gas.
Il Tribunale di Grosseto, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, accoglieva l’appello di (OMISSIS) e revocava il decreto ingiuntivo.
Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:
1. (OMISSIS) S.r.L. deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 2697 c.c. e all’articolo 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto che le fatture commerciali, pur essendo idonee prove ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, non fossero capaci di offrire una piena dimostrazione del diritto di credito ne’ di farne presumere la titolarita’, essendo documenti formati dalla stessa parte che se ne era avvalsa.
Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto che, nel caso di specie, l’esistenza del rapporto tra le parti non era stata contestata, percio’ avrebbe dovuto trovare applicazione il principio pronunciato da Cass. n. 11736/2018, secondo cui in caso di non contestazione del rapporto contrattuale le fatture commerciali acquistano validita’ ed efficacia probatoria del credito per cui e’ causa.
Il motivo e’ infondato.
La ragione per cui le fatture commerciali non sono utilizzabili nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e’ rappresentata dal fatto che esse presuppongono un rapporto commerciale in esecuzione e, quindi, non possono essere impiegate per dimostrare l’esistenza dello stesso.
Cio’ non giova, tuttavia, alla ricorrente, perche’ non trova conferma nei fatti di causa ne’ nella sentenza la mancata contestazione del fatto che le fatture si riferissero ad un rapporto commerciale ancora in essere.
La Corte d’Appello ha ritenuto pacifico che tra le parti fosse stato concluso un contratto di fornitura del gas, ma ha dato altresi’ atto che la controversia era incentrata sull’interruzione del rapporto a far data dal 2012, quindi, in data anteriore ai consumi di cui era stato chiesto il pagamento, nonche’ sull’effettiva erogazione di gas nel periodo in oggetto per intervenuta chiusura del locale cui si riferiva la fornitura.
Spettava, dunque, all’opposta, l’odierna ricorrente, fornire la prova della persistenza del contratto da cui originava il suo diritto di credito.
Di qui la corretta applicazione da parte della Corte territoriale del principio, pacifico, che le fatture commerciali non possono costituire piena prova del credito, avuto riguardo per la loro formazione unilaterale e per la funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, che ne giustificano l’inquadramento fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto gia’ costituito. Pertanto, quando tale rapporto sia contestato fra le parti, la fattura non puo’ costituire un valido elemento di prova (Cass. 28/06/2010, n. 15383; Cass. 12/01/2016, n. 299).
2. Ne deriva il rigetto del ricorso.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
4. Si da’ atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico del ricorrente l’obbligo del pagamento del doppio contributo unificato, se dovuto.
5. Nulla deve essere liquidato per le spese di giudizio, data l’inattivita’ dell’intimata in questa fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso il ricorso.

 

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