Le clausole inserite in un contratto notarile e gli effetti dell’articolo 1341 c.c.

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|10 ottobre 2022| n. 29353.

Le clausole inserite in un contratto notarile e gli effetti dell’articolo 1341 c.c.

Le clausole inserite in un contratto notarile, ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non sono comunque qualificabili come “predisposte” ai sensi ed agli effetti dell’articolo 1341 del codice civile, e, quindi non abbisognano – comunque – di una specifica approvazione.

Sentenza|10 ottobre 2022| n. 29353. Le clausole inserite in un contratto notarile e gli effetti dell’articolo 1341 c.c.

Data udienza 14 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di compravendita – Clausola risolutiva espressa – Esercizio di un diritto potestativo che spetta alla parte non inadempiente – Sussistenza dei presupposti di operatività al momento della dichiarazione – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. MASSAFRA Annachiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28832/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), E (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
ISMEA – ISTITUTO DI SERVIZI PER IL MERCATO AGRICOLO ALIMENTARE, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2715/2017, pubblicata il 26.4.2017.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aldo Ceniccola, che ha chiesto di respingere il ricorso.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14.9.2022 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 14656/2011, il Tribunale ha accolto la domanda proposta dall’ISMEA – gia’ Cassa per la formazione della proprieta’ agricola – e ha dichiarato la risoluzione, per inadempimento degli acquirenti (OMISSIS) e (OMISSIS), del contratto di vendita di un lotto di terreno seminativo sito nel Comune di (OMISSIS), rilevando che i convenuti non avevano versato due annualita’ consecutive del prezzo della vendita, violando la clausola risolutiva espressa apposta al contratto.
La sentenza e’ stata confermata in appello.
La Corte distrettuale di Roma ha ritenuto che l’Ismea, pur avendo incamerato in pendenza di causa talune rate di prezzo, non avesse rinunciato ad avvalersi della clausola risolutiva, ponendo in rilievo che il pagamento era stato effettuato dopo che l’Ismea aveva preannunciato di voler risolvere il contratto e allorquando la morosita’ si era ulteriormente aggravata.
Inoltre – secondo la pronuncia – detta clausola non poteva considerarsi vessatoria ai sensi dell’articolo 1341 c.c., essendo contenuta nell’atto di vendita stipulato con l’intervento del notaio.
La cassazione della sentenza e’ chiesta da (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso in due motivi, cui l’Ismea resiste con controricorso e con ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo, illustrato con memoria.
La causa e’ stata decisa in Camera di consiglio nelle forme di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni con L. n. 176 del 2020, non essendo stata richiesta la discussione orale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 1181, 1456 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, lamentando che la Corte di merito, pur correttamente affermando che l’Ismea non aveva inteso rinunciare agli effetti della clausola risolutiva, avrebbe dovuto considerare che il pagamento parziale effettuato in corso di causa, per un importo pari a circa la meta’ del prezzo vendita, escludeva la colpa degli acquirenti e la stessa sussistenza dell’inadempimento.
Il motivo e’ infondato.
In presenza di una clausola risolutiva espressa, la risoluzione e’ effetto dell’esercizio di un diritto potestativo che compete alla parte non inadempiente e che discende dalla semplice dichiarazione di volersene avvalere (Cass. 10201/2012; Cass. 16993/2007; Cass. 20595/2004; Cass. 8881/2000), cristallizzando a tale momento la situazione delle parti.
I presupposti di operativita’ della clausola risolutiva devono quindi sussistere al momento della dichiarazione, che resta inefficace solo qualora la controparte abbia gia’ adempiuto alle proprie obbligazioni contrattuali, anche se cio’ sia avvenuto oltre i termini, atteso che, solo fino a quando il creditore non effettua detta dichiarazione, il debitore puo’ adempiere, seppure tardivamente (Cass. 4911/1995; Cass. 4926/1979).
Era quindi del tutto ininfluente il pagamento effettuato in pendenza di giudizio, essendo l’inadempimento gia’ integrato dal mancato pagamento delle rate al momento in cui l’Ismea, notificando la citazione, aveva inteso avvalersi della clausola risolutiva.
2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’articolo 1341 c.c., sostenendo che la clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di vendita era vessatoria, richiedendo una specifica sottoscrizione degli acquirenti, benche’ il contratto fosse stato redatto per atto pubblico, non potendo ritenersi che la lettura dell’atto da parte del notaio conferisse alle singole pattuizioni maggiore evidenza e attenzionasse le parti sulle conseguenze che derivano dalla loro approvazione.
Il motivo e’ infondato.
La clausola risolutiva espressa non ha carattere vessatorio, non essendo riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 1341 c.c., comma 2, neanche in relazione all’eventuale aggravamento delle condizioni di uno dei contraenti derivante dalla limitazione della facolta’ di proporre eccezioni, in quanto la possibilita’ di chiedere la risoluzione e’ connessa alla stessa posizione di parte del contratto e la clausola risolutiva si limita soltanto a rafforzarla (Cass. 17603/2018; Cass. 23065/2016; Cass. 15365/2010; Cass. 20818/2006; Cass. S.u. 193/1992 che, proprio con riferimento alle clausole inserita nei contratti di vendita degli enti pubblici, ha ribadito che non e’ “vessatoria” una clausola risolutiva espressa posta in relazione a un adempimento di indiscutibile rilevanza, correlata quest’ultima ai fini istituzionali di uno dei contraenti).
Per altro verso, le clausole inserite in un contratto notarile, ancorche’ si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non sono comunque qualificabili come “predisposte” ai sensi ed agli effetti dell’articolo 1341 c.c., e, quindi non abbisognano – comunque di una specifica approvazione (in tal senso, da ultimo, Cass. 15253/2020, Cass. 15237/2017; Cass. 4188/1998; Cass. 4269/1998; Cass. 17289/2004.).
Il ricorso e’ quindi respinto, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato e con aggravio delle spese processuali liquidate in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e condanna i ricorrenti principali al pagamento solidale delle spese processuali che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 7300,00, per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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