L’assenza di riscontri diagnostici strumentali impedisce il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 28 settembre 2020, n. 20339.

La massima estrapolata:

Non l’assenza di riscontri diagnostici strumentali impedisce il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, ma piuttosto l’assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest’ultimo caso munito dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c.

Ordinanza 28 settembre 2020, n. 20339

Data udienza 2 luglio 2020

Tag/parola chiave: REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4837-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 20666/2018 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il 29/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA GORGONI.

RILEVATO

che:
(OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per la cassazione della sentenza n. 20666/18 del Tribunale di Bologna, pubblicata il 29 giugno 2018, articolando due motivi, illustrati con memoria.
Nessuna attivita’ difensiva e’ svolta dagli intimati.
I ricorrenti espongono in fatto di aver riportato gravi lesioni personali, a seguito di un tamponamento avvenuto ad opera di una Porsche Cayenne condotta da (OMISSIS), assicurata con (OMISSIS) SPA, il 1 settembre 2014 in (OMISSIS), mentre erano nella vettura SEAT AROSA guidata da (OMISSIS), assicurata per la r.c.a. da (OMISSIS).
Non essendo riusciti, nonostante numerosi tentativi, a provocare la formulazione rituale di una proposta risarcitoria, convenivano separatamente in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Bologna, (OMISSIS) e (OMISSIS), per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti. (OMISSIS) resisteva, in entrambi i giudizi, contestando la risarcibilita’ del danno biologico permanente, invocando la lettura restrittiva della L. n. 27 del 2012, articolo 32, commi 3 ter e 3 quater.
(OMISSIS) restava contumace.
Con sentenza n. 1734/17 il Giudice di Pace, riuniti i procedimenti, respingeva la richiesta risarcitoria di (OMISSIS), perche’ la sua presenza quale terzo trasportato non veniva ritenuta provata e per mancata corrispondenza tra il danno patrimoniale richiesto e quello effettivamente subito dal veicolo, ed accoglieva parzialmente quella di (OMISSIS), nella misura di Euro 552,34, per il periodo di invalidita’ temporanea al 75% riconosciuto dalla CTU. Le spese di lite venivano compensate.
Il Tribunale di Bologna, cui si rivolgevano gli odierni ricorrenti, formulando un gravame articolato in sei motivi (erronea valutazione delle prove circa la presenza del terzo trasportato, erronea valutazione delle prove circa la ricorrenza del danno non patrimoniale, mancato riconoscimento dell’invalidita’ temporanea media e minima, erronea valutazione delle prove in atti circa l’accertamento strumentale, erronea valutazione delle spese mediche, erronea decisione in materia di spese di lite), recepiva solo in parte l’appello.
In particolare, il giudice a quo non riconosceva agli appellanti il risarcimento del danno morale, sub specie di disagio psicofisico, sostanziandosi lo stesso in una normale conseguenza del danno e non in un pregiudizio di rilevante entita’, tale da integrare il punto base di cui all’articolo 139 Cod. Ass., comma 3; aderendo all’interpretazione restrittiva formulata da (OMISSIS), negava la risarcibilita’ del danno biologico permanente non strumentalmente accertato, ritenendo che l’articolo 139 Cod. Ass. dovesse interpretarsi nel senso che il danno biologico permanente di lieve entita’ non sia risarcibile, se non dimostrato strumentalmente; che tale interpretazione della norma sia imposta dalla giurisprudenza costituzionale; che non potesse percio’ condividersi il diverso orientamento espresso da questa Corte a partire dalla sentenza 18773/16; escludeva che gli accertamenti anche strumentali prodotti dagli appellanti avessero valore probatorio.
Condannava, quindi, (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, al pagamento di Euro 366,00 e alla somma di Euro 351,60 + Euro 175,80, corrispondente all’invalidita’ temporanea per 15 giorni al 75%, per 15 giorni al 50% e per altri 15 giorni al 25%, a favore di (OMISSIS), oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria’ condannava al pagamento della somma di Euro 366,00 e di Euro 527,40 piu’ Euro 157,80 corrispondente all’invalidita’ temporanea per 15 giorni al 75%, per 15 giorni al 50% e per altri 15 giorni al 25% a favore di (OMISSIS), oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria; compensava le spese di lite nella misura del 50% e condannava (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento in solido della parte residua per il primo ed il secondo grado e poneva a loro carico il 50% delle spese di CTU, compensando quelle residue; poneva a carico di (OMISSIS) e di (OMISSIS) il pagamento in solido di quanto gia’ anticipato dagli appellanti per la quota di loro pertinenza.
Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione di norme di legge (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); violazione della L. n. 27 del 2012, articolo 32, commi 3 ter e 3 quater, della L. n. 124 del 2017, articolo 1, comma 19, dell’articolo 139 Cod. Ass. private nel considerare l’accertamento strumentale della lesione di lieve entita’ gerarchicamente sovraordinato alle diverse modalita’ di accertamento.
Il motivo e’ fondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. tra le piu’ recenti decisioni la n. 7753 del 08/04/2020; la n. 5820 del 28/02/2019, la n. 10816 del 18/04/2019; la n. 11218 del 24/04/2019; la n. 26249 del 16/10/2019) che il danno alla salute puo’ essere provato con fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali e che non vi sono limiti normativamente imposti alla risarcibilita’ del danno.
Cio’ che e’ indispensabile, e trova conferma nelle norme indicate nell’epigrafe del mezzo impugnatorio, e’ che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dimostri l’esistenza “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”; per contro non e’ nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili, ma non probabili.
Tale conclusione trova fondamento dal punto di vista letterale nella definizione normativa di danno biologico, essendo tale solo quello “suscettibile di accertamento medico legale”, cioe’ quello la cui esistenza sia dimostrabile non gia’ sulla base di mere intuizioni, illazioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia accertativa medico-legale.
Tale criteriologia non si limita ovviamente a considerare solo la storia clinica documentata della vittima. Essa ricorre altresi’ all’analisi della vis lesiva e della sintomatologia, all’esame obiettivo, alla statistica clinica, tant’e’ vero che “un corretto accertamento medico-legale potrebbe pervenire a negare l’esistenza di un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall’esito positivo (come nel caso d’una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell’infortunio per come emersa dall’istruttoria); cosi’ come, all’opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l’esistenza d’un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell’articolo 2729 c.c., dell’esistenza del danno e della sua genesi causale”.
Dal punto di vista finalistico le novita’ introdotte e invocate dai ricorrenti hanno lo scopo dichiarato di rilanciare l’economia, favorire la concorrenza, incentivare sia i consumi che il risparmio (cosi’ la relazione illustrativa), anche contrastando le truffe assicurative, e massimamente quelle legate alla sinistrosita’ stradale, anche quelle agevolate dalla semplice negligenza colposa, dalla benevola tolleranza o dal superficiale lassismo nell’accertamento dei microdanni, al fine di ridurre i costi degli indennizzi e, di conseguenza, favorire l’abbassamento dei premi.
Sono irrilevanti; ai fini del presente ricorso, le decisioni della Corte costituzionale richiamate dal Tribunale (p. 7 della sentenza): la n. 235/2014 e la n. 242/2015.
Come gia’ rilevato da Cass. 28/11/2019, n. 31072, da intendersi qui interamente richiamata, nel primo caso, la Consulta era chiamata a stabilire se fosse conforme a Costituzione l’articolo 139 Cod. Ass., nella parte in cui fissava un tetto massimo al risarcimento del danno alla salute; nel secondo il giudice delle leggi era chiamato,a pronunciarsi sulla legittimita’ costituzionale del Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 32, comma 3-ter, sollevata con riferimento agli articoli 3, 24 e 22 Cost. e, dichiarando manifestamente infondata la questione, presupponendo che non fosse irragionevole “la limitazione imposta all’accertamento” del danno alla salute con postumi permanenti, ha ritenuto fondata l’esigenza di evitare il “rischio di estensione (del risarcimento) a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati” e non contrastante con il dettato costituzionale l’interpretazione rigorosa fatta propria dal giudice remittente, ma non ha escluso, non essendo ne’ una decisione interpretativa di rigetto ne’ una pronuncia additiva, altre possibili interpretazioni, quale quella adottata da questa Corte nella pronuncia n. 18773/2016; pronuncia accusata, dal giudice a quo, di non aver prestato la necessaria precisione per la delicatezza della materia e le ovvie funzioni di indirizzo e di unitarieta’ interpretativa riservate alla Corte di legittimita’, tanto che l’estensore in un eccesso di semplificazione sarebbe incorso in un lapsus calami nell’intento di voler encomiabilmente enfatizzare la necessita’ di un rilievo obiettivo della lesione e dei postumi, ingenerando il dubbio che un accertamento strumentale non sia piu’ necessario per l’accertamento del danno biologico permanente, e cio’ pur avendo condiviso la posizione assunta dalla Consulta con la decisione n. 235/2014 sull’indispensabilita’ che il danno biologico permanente venga fatto oggetto di un accertamento clinico strumentale obiettivo (p. 10 del decisum).
Ne’ contrasta con la conclusione qui raggiunta la pronuncia n. 1272/2018 richiamata dal Tribunale per sostenere il proprio ragionamento, nella parte in cui ha ritenuto che l’accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell’integrita’ psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali; tuttavia l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potra’ in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di un patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale.
Alla luce dei rilievi che precedono deve darsi in questa sede continuita’ ai precedenti di questa Corte, ribadendo che l’accertamento del danno alla persona non puo’ che avvenire servendosi della rigorosa applicazione dei criteri medico-legali fissati da una secolare tradizione: e dunque l’esame obiettivo (criterio visivo); l’esame clinico; gli esami strumentali.
Il Tribunale non si e’ attenuto a tali principi, al contrario, ha negato che un danno micropermanente possa essere accertato e quindi risarcito in assenza di diagnostica strumentale, ritenendo di condividere la consulenza tecnica nella quale si affermava che i danni permanenti lamentati fossero insuscettibili di accertamento strumentale (p 12 della sentenza).
Tale valutazione ha effettivamente violato l’articolo 138 Cod. Ass., perche’ ha escluso la risarcibilita’ d’un danno “suscettibile di accertamento medico legale”, sol perche’ quell’accertamento era stato compiuto senza l’ausilio di indagini strumentali. Ma, per quanto detto, non l’assenza di riscontri diagnostici strumentali impedisce il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, ma piuttosto l’assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purche’ in quest’ultimo caso munito dei requisiti di cui all’articolo 2729 c.c. (cfr. Cass. 28/11/2019, n. 31072, tra le pronunce piu’ recenti).
2. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione di norme di legge (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); violazione degli articoli 1226 e 2056 c.c. (quantificazione del danno) e dell’articolo 139 Cod. Ass. private cosi’ come modificato dalla L. n. 124 del 2017, articolo 1, comma 19, nel considerare la liquidazione del danno morale e del danno relazionale dovuta solo in caso di pregiudizio superiore alla media per quella data menomazione.
L’errore attribuito alla sentenza e’ quello di aver tenuto conto solo dell’articolo 139 del codice delle assicurazioni private, che prevede un solo incremento di un quinto della liquidazione ove sussistano oltre al danno biologico, indifferentemente danni morali o relazionali, o entrambi, e non anche dell’articolo 138 anch’esso rinnovato, il quale per i pregiudizi di grave entita’ prevede due incrementi del punto base del danno biologico, uno di quello relativo al danno morale di cui al comma 2, lettera e, automatico, l’altro fino al 30% spettante in casi di rilevante e comprovata incidenza sulla vita di relazione. Dal raffronto tra tale due norme si dedurrebbe, secondo i ricorrenti, che anche per le micropermanenti sia dovuto il risarcimento se sia adeguatamente provata la sofferenza, per un ingiustificata disparita’ di trattamento a seconda dell’entita’ della lesione permanente.
Il motivo e’ assorbito, giacche’ solo dopo aver accertato e liquidato il danno per invalidita’ permanente puo’ decidersi in ordine al riconoscimento del danno morale.
Va, pero’, ribadito quanto al danno morale che esso e’ risarcibile solo a condizione che il danneggiato provi anche presuntivamente di, avere subito una menomazione, degli aspetti dinamico relazionali non gia’ liquidati con il danno biologico, il quale comprende gli aspetti dinamico-relazionali che sono una conseguenza normale del danno alla salute.
Ne consegue che il primo motivo e’ meritevole di accoglimento, il secondo e’ assorbito.
La sentenza viene cassata con riferimento al motivo accolto, la controversia viene rinviata ad altro magistrato del Tribunale di Bologna che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

 

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