L’appello al Consiglio di Stato non deve essere limitato a una generica riproposizione dei motivi di ricorso

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 15 ottobre 2020, n. 6264.

L’appello al Consiglio di Stato, alla luce del combinato disposto degli artt. 38 e 40, comma 1, lett. d) c.p.a., non deve essere limitato a una generica riproposizione dei motivi di ricorso disattesi dal giudice di primo grado, ma deve contenere una critica ai capi della sentenza appellati; a tal fine, non è richiesto l’impiego di formule sacramentali, mentre si esige l’onere specifico, a carico dell’appellante, di formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza appellata in modo che il giudice di appello sia posto nella condizioni di comprendere con chiarezza i principi, le norme e le ragioni per cui il primo giudice avrebbe dovuto decidere diversamente.

Sentenza 15 ottobre 2020, n. 6264

Data udienza 14 luglio 2020

Tag – parola chiave: Area P.I.P. – Assegnazione lotti zona PIP – Graduatoria – Assegnazione lotti residui – Non mantenuta distinzione tra lotti industriali e lotti artigianali – Legittimità – Controversia – Appello – Formulazione – Ammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5967 del 2011, proposto dal signor
El. Pa. El., quale legale rappresentante della El. Ti. di Pa. El. & C., rappresentato e difeso dall’avvocato Fe. An., con domicilio eletto presso l’avvocato Ma. Sa. in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. An., con domicilio eletto presso l’avvocato Gi. Ma. Ri. in Roma, via (…)
nei confronti
signor An. An., rappresentato e difeso dall’avvocato Ra. Ma., con domicilio eletto presso l’avvocato Gi. Ma. Ri. in Roma, via (…)
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Seconda n. 4195/2010
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e del signor An. An.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica telematica del giorno 14 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84 commi 5 e 6 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il Cons. Cecilia Altavista;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il signor El. Pa., quale legale rappresentante della El. Ti. di Pa. El. e &, ha partecipato ad una procedura per l’assegnazione di lotti in zona PIP del Comune di (omissis), avviata con la delibera del Consiglio comunale n. 136 del 1 agosto 1986, richiedendo la assegnazione di un lotto industriale.
Il signor An. aveva presentato domanda per un lotto artigianale.
Con la delibera della giunta comunale n. 155 del 16 novembre 1992 è stata conclusa la procedura con l’approvazione della graduatoria (per i lotti industriali e per i lotti artigianali).
Con la delibera del Consiglio comunale n. 94 del 26 ottobre 1998 è stata approvata la variante al piano per insediamenti produttivi, adottata con la delibera n. 56 del 1998, per cui si rendevano disponibili ulteriori lotti sia industriali che artigianali, le cui dimensioni erano state ridotte.
Con la delibera n. 95 del 26 ottobre 1998 per i lotti artigianali e con la delibera n. 96 del 26 ottobre 1998 per i lotti industriali, si stabiliva di procedere all’assegnazione di tali ulteriori lotti in base alla graduatoria approvata il 16 novembre 1992, integrata con “istanze pervenute successivamente alla approvazione della suddetta e fino alla data odierna, ordinate secondo gli stessi criteri”.
Con la delibera del Consiglio comunale n. 132 del 25 novembre 1998, si dava atto che erano stati soddisfatti tutti i richiedenti, tramite il dimezzamento anche dei lotti industriali, e si stabiliva quindi di assegnare i lotti, prescindendo “dalla formazione di una specifica graduatoria”.
Era altresì indicato, con riferimento ai lotti artigianali, che, in caso di rinuncia degli assegnatari si sarebbe proceduto “ad ulteriori assegnazioni seguendo i criteri della delibera 95/1998”.
La El. Pa. risultava assegnataria del lotto industriale 3/c.
Il lotto industriale 3/a era stato assegnato alla società CRE.
Al signor An. era assegnato il lotto artigianale n. 62.
Con la delibera n. 49 del 24 maggio 1999 venivano disposte le assegnazioni, prevedendo per tutte le assegnazioni l’attribuzione in proprietà ; in tale delibera è stata confermata la assegnazione del lotto industriale 3/c alla El. Pa.; del lotto industriale 3/a alla società CRE; del lotto artigianale n. 62 al signor An..
Peraltro, essendo stati assegnati lotti di dimensioni ridotte, a seguito della delibera n. 132 del 1998, l’11 marzo 1999 la società CRE richiedeva l’assegnazione di un ulteriore lotto, facendo presente l’insufficienza del lotto assegnato rispetto alle proprie esigenze produttive.
Anche il signor An., con nota del 15 marzo 1999, aveva rilevato l’insufficienza del lotto artigianale rispetto alle esigenze della propria azienda e richiesto l’assegnazione di un lotto industriale, anche per l’ampliamento della azienda; il 22 marzo 1999 presentava, altresì, relazione riguardante l’ampliamento della azienda.
Il signor An. l’11 maggio 1999 accettava l’assegnazione del lotto artigianale.
Nel frattempo il Comune aveva sollecitato la CRE a presentare la documentazione per l’accettazione del lotto industriale 3/a.
Con istanza del 19 maggio 1999 la ditta An. richiedeva l’assegnazione del lotto industriale originariamente assegnato alla CRE al posto di quello artigianale a cui avrebbe rinunciato.
La Tipografica di El. Pa. il 3 giugno 1999 presentava richiesta di assegnazione del lotto originariamente assegnato alla società C.R.E. (3/a originato dalla suddivisione del medesimo lotto di quello 3/c assegnato alla stessa Pa.), lamentando la insufficienza del lotto assegnato.
Con la delibera del Consiglio comunale di Torremaggiore n. 72 del 22 dicembre 2000 è stata disposta la revoca della assegnazione alla C.R.E., non essendo pervenuta l’accettazione.
Con la delibera n. 73 in pari data è stata revocata la precedente assegnazione del lotto artigianale n. 62 al signor An.. Con la delibera n. 74 il medesimo 22 dicembre 2000 è stata disposta l’assegnazione del lotto industriale 3/a alla ditta An..
La delibera n. 74 del 2000 è stata impugnata dal signor Pa. davanti al Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, proponendo censure di eccesso di potere e difetto di motivazione, sostenendo in primo luogo che il lotto 3/a non potesse essere attribuito alla ditta An., in quanto assegnato ad altra ditta (la C.R.E.), la quale non aveva mai rinunciato alla assegnazione; di violazione di legge in relazione alle delibere del Consiglio comunale n. 136 del 1986 e n. 132 del 1998, lamentando che l’assegnazione sarebbe dovuta avvenire rispettando le differenti graduatorie industriali e artigianali approvate con la delibera del 16 novembre 1992; che la domanda di Pa. era stata del tutto ignorata; che i lotti residui avrebbero dovuto essere eventualmente assegnati, in base al criterio di priorità stabiliti dalla delibera n. 136 del 1 agosto 1986; la violazione del principio di imparzialità .
Con ordinanza del 1 marzo 2001 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
Con la sentenza n. 4195 del 15 dicembre 2010, il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse la censura relativa alla mancata rinuncia della C.R.E., non essendo stata impugnata anche la delibera n. 72/2000 del Consiglio Comunale, con la quale era stata revocata l’assegnazione del lotto alla C.R.E; ha respinto nel merito le ulteriori censure ritenendo legittima l’assegnazione ad An., per la posteriorità della domanda di Pa., in quanto la delibera del Consiglio comunale n. 132 del 15 novembre 1998 aveva accolto tutte le istanze e stabilito che si poteva prescindere dalla formazione di una specifica graduatoria; il Comune aveva dunque fatto correttamente applicazione del criterio cronologico di presentazione delle domande.
Con l’atto di appello è stata in primo luogo contestata la dichiarazione di carenza di interesse rispetto al motivo di ricorso relativo alla revoca della C.R.E., in quanto le censure proposte dalla difesa ricorrente avevano per presupposto proprio la revoca del lotto C.R.E. e quindi la disponibilità del detto lotto; inoltre, la parte appellante non aveva alcun interesse ad impugnare la delibera con cui era stata revocata l’assegnazione del lotto alla C.R.E., avendo essa stessa fatto richiesta di assegnazione di tale lotto. E’ stata poi riproposta la censura relativa alla violazione delle delibere comunali che avevano disciplinato la procedura, dovendo essere mantenuta anche ai fini della successiva assegnazione la distinzione tra lotti industriali e artigianali, mentre l’An. aveva rinunciato ad un lotto artigianale per l’assegnazione di un lotto industriale, nella cui graduatoria non era mai stato inserito; è stato poi contestato il riferimento al criterio della priorità cronologica delle domande, a cui aveva fatto riferimento il giudice di primo grado, ma che non era stato indicato nelle delibere comunali; in ogni caso le delibere fissavano il termine ultimo per la presentazione delle domande al 26 ottobre 1998; pertanto la domanda di An. del 19 maggio 1999 non avrebbe comunque potuto esser presa in considerazione.
Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio e, nella memoria per l’udienza pubblica, ha eccepito la inammissibilità dell’appello per la genericità dei motivi e per la mancata specifica impugnazione del capo della sentenza relativo alla carenza di interesse; ha altresì contestato la fondatezza dell’appello.
Anche la ditta controinteressata nella memoria per l’udienza pubblica ha proposto analoghe eccezioni di inammissibilità e ha contestato la fondatezza dell’appello.
Nella memoria depositata il 12 giugno 2020 la parte appellante ha insistito per la fondatezza dell’appello.
Il Comune di (omissis) ha presentato altresì memoria di replica a sostegno delle proprie argomentazioni difensive
Il 10 luglio 2020 la difesa del Comune ha presentato istanza per il passaggio in decisione.
L’11 luglio 2020 anche la difesa del signor An. ha chiesto il passaggio in decisione.
All’udienza pubblica telematica del giorno 14 luglio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84 commi 5 e 6 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il giudizio è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità dell’appello proposte dalle difese della parte appellata e del controinteressato nelle memorie per l’udienza pubblica, ma comunque rilevabili d’ufficio.
Nelle memorie hanno eccepito la inammissibilità dell’appello, in quanto non rispetterebbe i requisiti di specificità dei motivi, richiesti dall’art. 101 c.p.a., nonché per la mancata contestazione in ordine al capo di sentenza relativo alla carenza di interesse alle censure riguardanti la mancata revoca dell’assegnazione del lotto alla C.R.E.
Ritiene il Collegio la infondatezza di tali eccezioni, in relazione ai consolidati orientamenti giurisprudenziali, per cui – se il principio di specificità dei motivi di impugnazione, posto dall’art. 101, comma 1, c.p.a., impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo – peraltro l’appello è, comunque, da ritenersi ammissibile se dallo stesso sia possibile desumere quali siano le argomentazioni fatte valere da chi ha proposto l’impugnazione in contrapposizione a quelle evincibili dalla sentenza impugnata. Pur se i vizi non risultano scanditi in specifici ordini di censure, è, quindi, sufficiente che sia rivolta una diretta critica alle argomentazioni svolte dalla sentenza impugnata (cfr. di recente Consiglio di Stato Sez. VI, 3 febbraio 2020, n. 857; Sez. II, 12 maggio 2020, n. 3430).
L’appello al Consiglio di Stato, alla luce del combinato disposto degli artt. 38 e 40, comma 1, lett. d) c.p.a., non deve essere limitato a una generica riproposizione dei motivi di ricorso disattesi dal giudice di primo grado, ma deve contenere una critica ai capi della sentenza appellati; a tal fine, non è richiesto l’impiego di formule sacramentali, mentre si esige l’onere specifico, a carico dell’appellante, di formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza appellata in modo che il giudice di appello sia posto nella condizioni di comprendere con chiarezza i principi, le norme e le ragioni per cui il primo giudice avrebbe dovuto decidere diversamente (Cons. Stato Sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5761; Sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3980).
Applicando tali coordinate giurisprudenziali al caso di specie, si deve ritenere che l’appello proposto, anche se in parte riproduttivo delle argomentazioni del primo grado, abbia comunque introdotto dirette critiche alle argomentazioni della sentenza impugnata e debba, quindi, sotto tale profilo ritenersi ammissibile.
Ciò deve affermarsi anche con riferimento al capo di sentenza relativo alla inammissibilità per la mancata impugnazione della delibera n. 72 del 2000, riguardante la revoca dell’assegnazione del lotto alla C.R.E.; infatti, anche con riferimento a tali argomentazioni del giudice di primo grado, sono state proposte specifiche contestazioni con l’atto di appello.
Anzi, sul punto, ritiene il Collegio di precisare che il giudice di primo grado ha dichiarato il difetto di interesse solo con riferimento alla prima censura – sub a) – del ricorso introduttivo, con cui il ricorrente lamentava che la revoca dell’assegnazione alla società C.R.E. fosse basata su una rinuncia della stessa all’assegnazione mai formalizzata.
Anche se dal tenore complessivo del ricorso di primo grado si comprende che la censura era stata proposta solo a sostegno della illegittimità dell’intero procedimento seguito dal Comune, a tale contestazione, indubitabilmente, il ricorrente non aveva interesse, in quanto il suo interesse a ricorrere era basato proprio sulla richiesta da lui stesso presentata di subentrare nell’assegnazione del lotto 3/a originariamente assegnato alla C.R.E..
Tale capo di sentenza relativo alla carenza di interesse deve essere, quindi, confermato.
Venendo alle censure di merito dell’appello, la difesa appellante sostiene che, anche successivamente alla conclusione del procedimento di assegnazione dei suoli PIP, il Comune avrebbe dovuto mantenere la distinzione tra lotti industriali e lotti artigianali, cosicché non avrebbe potuto legittimamente procedere all’assegnazione del lotto industriale 3/a all’An., che era collocato nella graduatoria dei lotti artigianali; contesta poi il riferimento al criterio della priorità cronologica della domanda, erroneamente richiamato dal giudice di primo grado, in quanto mai indicato nelle delibere comunali; deduce poi che le delibere comunali fissavano il termine ultimo per la presentazione delle domande al 26 ottobre 1998; pertanto la domanda del 19 maggio 1999 non avrebbe comunque potuto esser presa in considerazione.
Tali motivi sono infondati.
In primo luogo, l’ultimo profilo relativo al termine di presentazione delle domande del 26 ottobre 1998, non è rilevante rispetto alle circostanze di fatto della vicenda.
Infatti, le delibere n. 95 (per i lotti artigianali) e n. 96 (per i lotti industriali) del 26 ottobre 1998, si riferiscono alle domande pervenute tra l’approvazione originaria delle graduatoria con la delibera del 16 novembre 1992 e quelle del 26 ottobre 1998, per cui il termine ultimo deve essere considerato quello del 26 ottobre 1998; invece, il presente giudizio ha ad oggetto una domanda pervenuta successivamente sia alle delibere del 26 ottobre 1998 che alla delibera n. 132 del 25 novembre 1998, con cui erano stati individuati gli assegnatari dei lotti sia industriali che artigianali, quindi successivamente alla conclusione della procedura di assegnazione.
Si tratta, dunque, di valutare se il Comune potesse ancora procedere all’assegnazione di lotti eventualmente residui per domande pervenute successivamente al 26 ottobre 1998 e in tal caso quali criteri dovesse adottare per l’assegnazione.
Ritiene il Collegio che il riferimento fondamentale che aveva l’Amministrazione comunale, in presenza di ulteriori domande di assegnazione, fosse costituito dalla delibera n. 132 del 1998, con cui erano stati assegnati tutti i lotti, previa riduzione delle dimensioni dei lotti, così da esaurire le richieste.
In tale delibera, infatti, il consiglio comunale aveva stabilito espressamente di prescindere “dalla formazione di una specifica graduatoria”.
Era, altresì, indicato, anche se con riferimento ai lotti artigianali, che, in caso di rinuncia degli assegnatari, si sarebbe proceduto “ad ulteriori assegnazioni seguendo i criteri della delibera 95/1998” che richiamava, anche se non chiaramente, i criteri applicati alla graduatoria approvata nel 1992.
Sulla base di tali premesse di fatto si deve, quindi, ritenere, in primo luogo, che, non essendovi alcuna graduatoria approvata o vigente, fosse ammissibile l’esame di ulteriori domande per l’assegnazione dei lotti residuati a seguito di eventuali successive rinunce.
Tale interpretazione è confermata dalla previsione contenuta nella delibera n. 132 del 1998, per cui in caso di rinuncia degli assegnatari si sarebbe proceduto “ad ulteriori assegnazioni seguendo i criteri della delibera 95/1998”.
Tale indicazione, anche se riferita espressamente ai soli lotti artigianali, doveva ritenersi applicabile anche in caso di rinuncia ad un lotto industriale, essendovi alla base la medesima esigenza di completamento dell’assegnazione dei lotti del PIP, a seguito di eventuali rinunce degli assegnatari.
Inoltre, la mancanza di qualsiasi graduatoria, a seguito di quanto stabilito con la delibera n. 132 del 1998, comportava anche – evidentemente – che le eventuali domande successive potessero anche prescindere dalla appartenenza ad una originaria graduatoria (industriale o artigianale).
Il presupposto di fatto di tale delibera è costituito proprio dalla circostanza che tutti i richiedenti fossero stati soddisfatti, sia per i lotti industriali che per i lotti artigianali, per cui le domande successivamente pervenute dovevano essere considerate come domande nuove da soddisfare in relazione al lotto che si fosse reso disponibile per rinuncia.
Ciò comporta la infondatezza delle argomentazioni proposte in appello sotto il profilo della commistione tra le graduatorie dei lotti artigianali e di quelli industriali, non essendovi, alla data della delibera impugnata in primo grado – 22 dicembre 2000 – più alcuna graduatoria in atto.
Peraltro, poiché i lotti erano stati ridotti al fine di soddisfare tutti i richiedenti, si è verificata la circostanza di fatto che non tutti i richiedenti fossero stati effettivamente integralmente soddisfatti, con la conseguenza della mancata accettazione della C.R.E., della ulteriore richiesta della Pa. e della rinuncia al lotto artigianale di An..
Rispetto alla presente questione, tali vicende devono essere considerata un elemento di mero fatto, in quanto la delibera n. 132 del 1998, che ha ridotto anche i lotti industriali al fine di soddisfare tutte le richieste, non è stata oggetto di specifica impugnazione, con la conseguenza che la riduzione dei lotti non è stata oggetto di alcuna contestazione.
Ciò comporta che, rispetto al presente giudizio, la originaria domanda della ditta Pa. di assegnazione del lotto industriale deve ritenersi integralmente soddisfatta con l’assegnazione del lotto 3 /c, a seguito della delibera n. 132 del 1998 e della successiva delibera del 24 maggio 1999, con ulteriore profilo di inesistenza di una graduatoria o di una particolare posizione di affidamento del Pa. che dovesse essere particolarmente tutelata.
In tale situazione, successiva all’assegnazione dei lotti del PIP, sono state dunque presentate le domande di assegnazione del lotto industriale residuo 3/c a seguito della mancata accettazione della società C.R.E., quella presentata dal signor An. il 15-22 marzo 1999 e ribadita il 19 maggio 1999 con riferimento specifico al lotto 3/a, previa rinuncia al lotto artigianale 62 già assegnato; quella della ditta Pa. del 3 giugno 1999 relativa alla assegnazione di un lotto ulteriore rispetto a quello già assegnato al fine di estenderlo per le esigenze della sua azienda.
Le due domande non potevano, dunque, ritenersi analoghe.
La domanda di Pa., infatti, tendeva all’estensione dell’assegnazione originaria, mentre quella dell’An. riguardava un nuovo progetto aziendale mai preso prima in considerazione; doveva essere quindi considerata una domanda nuova pervenuta tardivamente rispetto ad un lotto industriale residuo, anche tenuto conto che l’An. rinunciava all’assegnazione del lotto artigianale 62, venendo quindi escluso dalla originaria assegnazione dei suoli PIP.
Mentre la posizione della ditta Pa., dunque, come evidenziato nel parere dell’UTC allegato alla delibera impugnata, risultava integralmente soddisfatta per i lotti industriali; An. rinunciava all’originaria assegnazione del lotto artigianale, partecipando dunque alla assegnazione di un lotto industriale ex novo.
Tra le due domande non vi era quindi alcuna valutazione o comparazione da compiere, essendo solo quella dell’An. una domanda nuova pervenuta successivamente alla assegnazione dei suoli PIP.
Il Consiglio comunale ha, pertanto, legittimamente ritenuto di prendere in considerazione la sola domanda dell’An., in quanto quella di Pa. era stata già stata soddisfatta dalla assegnazione del lotto industriale 3/c (non contestata con la impugnazione della delibera che ha ridimensionato i lotti), di cui si chiedeva l’estensione; mentre quella dell’An., relativa ad un nuovo progetto industriale costituiva una domanda nuova, che poteva essere valutata ai fini dell’assegnazione del lotto residuo industriale 3/a.
Sotto tale profilo, si deve dare atto che il giudice di primo grado ha erroneamente introdotto il criterio cronologico tra le due domande, che, come sostenuto dalla parte appellante, in effetti non risulta né nei criteri individuati nella delibera del 1 agosto 1986 né nelle successive delibere relative al PIP, né vi ha fatto in alcun modo riferimento la delibera impugnata.
Sostiene, ancora, l’appellante la illegittimità della assegnazione, in quanto non sarebbero stati applicabili gli originari criteri approvati nel 1986 – tra cui quello di priorità ovvero per l’ampliamento delle attività esistenti nel PIP -, che lo avrebbe favorito.
Ritiene il Collegio che tali argomentazioni difensive non possano essere condivise per quanto sopra già evidenziato.
I criteri indicati nella delibera del 1 agosto 1986 (1- anzianità : 2 punti per ogni anno; 2- fattibilità : a disposizione 6 voti per ogni commissario; 3- punti 1 per unità già impegnata nella stessa azienda; 4-punti 0,3 per unità lavorativa da assumere da moltiplicare per il punteggio derivato dal punto 2; 5- esclusione attività che si possono insediare fuori dal PIP; 6-priorità : ampliamento attività esistenti nel PIP) erano già stati applicati alla domanda della ditta Pa., che aveva ottenuto l’assegnazione di un lotto; invece nella domanda presentata il 3 giugno 1999 aveva chiesto l’assegnazione di un lotto in più oltre a quello che gli era stato già assegnato con le delibere n. 132 del 1998 e n. 124 del 1999, né è stata impugnata la delibera n. 132 del 1998 con cui erano suddivisi i lotti industriali.
Anche sotto tale profilo, quindi, l’unica domanda da considerare nuova e riferita ad un impianto aziendale differente rispetto al procedimento concluso era solo quella della An., il quale ha rinunciato anche all’assegnazione del lotto artigianale n. 62, che è stato infatti successivamente assegnato ad altra ditta.
Né, rispetto al momento dell’assegnazione del lotto, rilevano le circostanze successive dedotte in primo grado dall’appellante – anche tramite una perizia e allegata documentazione fotografica-, ma non riproposte con l’atto di appello), circa il mancato utilizzo del lotto industriale 3a) da parte dell’An., eventualmente rilevanti ai fini di una successiva revoca dell’assegnazione, ma non in questa sede in cui l’oggetto del giudizio è costituito dalla legittimità della delibera di assegnazione del 22 dicembre 2000.
In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
In considerazione della particolarità della vicenda sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del presente grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore
Carla Ciuffetti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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