Laddove l’accordo tra Comune e parte privata ha avuto oggetto obbligazioni “esterne” al titolo edilizio

Consiglio di Stato, Sentenza|26 aprile 2021| n. 3309.

Laddove l’accordo tra Comune e parte privata ha avuto oggetto obbligazioni “esterne” al titolo edilizio, ancorché strumentali a consentire la miglior fruibilità dei parcheggi da realizzare da parte di una Società e ad assicurare all’Amministrazione un’adeguata contropartita, si tratta di un mero accordo civilistico, sia pure connesso al rilascio del permesso di costruire, e non di un accordo riconducibile allo schema generale dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Sentenza|26 aprile 2021| n. 3309

Data udienza 11 marzo 2021

Integrale
Tag – parola chiave: Urbanistica ed edilizia – Realizzazione di un parcheggio pertinenziale – Permesso di costruire – Convenzione – Contratto – Mancato rispetto delle condizioni e dei termini decadenziali – Mancato avveramento delle condizioni

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10028 del 2020, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lu. Na. in Roma, via (…),
contro
la Società Ia.. Se. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Do. Ru. e Ca. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, n. 4992 del 2020, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Ia.. Se. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021 – tenutasi in videoconferenza da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 – il consigliere Silvia Martino;
Viste le note di udienza depositate dagli avvocati Do. Ru. e Da. Gi. ai sensi e per gli effetti delle testé citate disposizioni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società odierna appellata impugnava, innanzi al TAR per la Campania, il provvedimento recante la “revoca” del permesso di costruire n. 138 del 23 novembre 2011 e successiva variante n. 104 del 14 dicembre 2016.
Tale revoca sarebbe stata conseguenziale all'”inefficacia sopravvenuta per mancato rispetto delle condizioni o comunque dei termini decadenziali innanzi rappresentati”.
Il permesso di costruire era stato rilasciato per la realizzazione di un parcheggio pertinenziale interrato al Viale (omissis), ai sensi della legge n. 122 del 1989 (c.d. legge Tognoli), sul suolo dalla superficie di circa 8.000 mq, in catasto terreni al foglio (omissis), p.lle (omissis), di cui la società ricorrente era promissaria acquirente.
Al riguardo, in data 16 novembre 2011 era stata sottoscritta tra le parti una convenzione preliminare contenente reciproci impegni e la condizione in base alla quale la ricorrente avrebbe dovuto acquistare la proprietà del suolo entro sessanta giorni.
In particolare, nella convenzione preliminare, il Comune di (omissis), dopo aver espressamente preso atto, in primo luogo, della intenzione della società Ia.. Se. S.r.l. di voler edificare, ai sensi della l. n. 122/1989 (c.d. legge Tognoli) un “parcheggio pertinenziale interrato” al di sotto del suolo “sito nel Comune di (omissis), al v.le (omissis), in Catasto Terreni al foglio (omissis), p.lle (omissis), della superficie di mq. 8.000 circa”, di cui detta società all’epoca era solo promissaria acquirente e, in secondo luogo, del fatto che il progetto predisposto per la realizzazione del detto parcheggio “prevede che l’accesso ai realizzandi box pertinenziali avvenga attraverso il fronte strada di v.le (omissis) attraversando, per tale esigenza, la fascia di terreno di proprietà comunale che corre, per una larghezza di mt. 3, lungo tutto il confine della proprietà frontista”, si era impegnato a trasferire alla società la piena ed esclusiva proprietà della “zona di terreno sita a ridosso del marciapiede di v.le (omissis), per una larghezza di mt 3 lungo tutto il confine della consistenza immobiliare che la società concessionaria intende acquistare per una superficie complessiva di mq. 280 circa, meglio individuata e descritta nella allegata planimetria ove l’area concessa figura tratteggiata in verde” cosicché fosse possibile realizzare “l’accesso ai realizzandi box pertinenziali”, altrimenti inaccessibili.
La società Ia.. Se. S.r.l., dal canto suo, a fronte dall’impegno assunto dal Comune di (omissis) al trasferimento in suo favore della proprietà della indicata zona di terreno sita a ridosso del marciapiede di viale Campania, si era a sua volta impegnata a trasferire in favore del Comune “senza ulteriore corrispettivo, l’area della superficie di mq. 2700 circa, da distaccarsi dalla maggiore consistenza oggetto della compravendita a stipularsi e meglio individuata e descritta nell’allegata planimetria ove la stessa figura tratteggiata in rosso allo scopo di permettere l’installazione in loco di un’isola ecologica obbligandosi, altresì, ad eseguire a propria cura e spese, gli interventi necessari per la relativa realizzazione, oltre quelli già previsti a suo carico di sistemazione anche dell’area ceduta secondo quanto previsto dal progetto e dalle prescrizioni della Soprintendenza dei Beni CC.AA.”.
Le parti avevano altresì previsto all’art. 8, che “Il presente contratto preliminare è sottoposto alla condizione sospensiva dell’acquisto da parte della IA.. s.r.l., entro il termine di sessanta giorni da oggi, dell’area oggetto del preliminare di compravendita intervenuto tra la predetta società e le sigg. La. e Fi. Ca.. Verificatasi la circostanza di cui sopra il presente preliminare acquisterà piena e definitiva efficacia e le parti sopra costituite saranno obbligate a darvi esecuzione adempiendo alle reciproche obbligazioni da esso derivanti”.
A tale convenzione aveva fatto seguito il rilascio del permesso di costruire n. 138 del 23 novembre 2011, la cui efficacia era poi stata prorogata con atti del 26 novembre 2014 e del 16 novembre 2016.
Una variante in corso d’opera era stata rilasciata il 14 dicembre 2016 ed era stata prorogata il 20 marzo 2017.
In data 17 dicembre 2018 la ricorrente aveva comunicato l’ultimazione parziale dei lavori.
Con nota del 2 ottobre 2019, prot. 64869, il Comune aveva tuttavia notificato l’avvio del procedimento finalizzato alla dichiarazione di inefficacia del permesso di costruire e della successiva variante.
Successivamente, dopo avere valutato le osservazioni dell’interessata, l’Amministrazione aveva adottato l’impugnato provvedimento.
Le motivazioni della revoca possono essere così sintetizzate.
Il provvedimento richiama in primo luogo la circostanza che, al permesso di costruire n. 138 del 2011, era stata apposta una condizione sospensiva, relativa al rispetto delle pattuizioni riportate nell’art. 8 del contratto preliminare di convenzione, secondo cui “il presente contratto preliminare è sottoposto alla condizione sospensiva dell’acquisto da parte della IA.. srl entro il termine di 60 giorni da oggi (ndr. 16.01.2012), dell’area oggetto del preliminare di compravendita intervenuto tra la predetta società Soc. e le Sigg.rE La. e Fi. Ca.”.
L’acquisto della proprietà da parte della società IA.. era tuttavia avvenuto in data 16 aprile 2012 come da compravendita Rep. N. 31758 Raccolta n. 6121 a rogito del notaio dott. Francesco Regine.
Pertanto, alla data del 16 gennaio 2012, si sarebbe verificata la condizione di decadenza dell’efficacia del Pdc n. 138/2011 che, quindi, non avrebbe potuto essere nemmeno oggetto di variante.
Inoltre, quale ulteriore condizione al Pdc era stato stabilito che, prima dell’ultimazione dei lavori, dovesse essere stipulato il contratto di convenzione definitivo tra il Comune di (omissis) e la società IA.. S.r.l..
Anche tale ultima condizione era stata disattesa in quanto il contratto di convenzione definitivo tra l’Ente e la IA.. non era stato stipulato.
Per quanto riguarda il permesso in variante esso era stato rilasciato in un momento in cui il Pdc n. 138 del 2011 era già divenuto inefficace.
Peraltro, l’intervenuta inefficacia della convenzione preliminare a far data dal 16 novembre 2017 non avrebbe consentito allo stato alla società di potere disporre della fascia di terreno di proprietà comunale indispensabile per realizzare l’opera per come era stata originariamente approvata.
Tale stato dei fatti avrebbe reso impraticabile anche un futuro e diverso intervento sullo stato delle opere attraverso un nuovo titolo autorizzativo non essendo più la predetta fascia di terreno di proprietà comunale in concessione o comunque nella disponibilità della società.
1.2. Il ricorso introduttivo di primo grado era affidato ai seguenti motivi:
1. Sul difetto di istruttoria e sul travisamento dei fatti posti a fondamento dell’assunto del Dirigente del Comune di (omissis) secondo cui “alla data del 16.1.2012 si verificava la condizione di decadenza dell’efficacia del PdC n° 138/2011 che, quindi, non poteva essere oggetto di variante”.
In forza del principio di autonomia contrattuale le parti possono, anche successivamente alla conclusione dell’accordo originario, modificare i tempi precedentemente convenuti per il verificarsi dell’evento dedotto in condizione e stabilire quindi che il contratto possa avere comunque efficacia ed esecuzione nonostante l’evento dedotto in condizione si sia verificato in un momento successivo rispetto a quello originariamente concordato. Nel caso di specie doveva ritenersi che le parti avessero comunque inteso dare esecuzione al contratto preliminare di convenzione tra di loro sottoscritto in data 16 novembre 2011 nonostante l’evento dedotto in condizione si fosse verificato in un momento successivo rispetto a quello entro il quale, secondo l’originaria previsione contrattuale, si sarebbe dovuto verificare.
Il Comune di (omissis), infatti, aveva certamente dato esecuzione al contratto preliminare di convenzione nonostante la società si fosse resa acquirente soltanto in data 16 aprile 2012, e, dunque, con 91 giorni di ritardo rispetto al termine del 16 gennaio 2012 originariamente convenuto.
Detta volontà era chiaramente ed inequivocabilmente desumibile dal comportamento che le parti avevano reciprocamente tenuto nei successivi lunghi nove anni durante i quali avevano continuato, con regolarità, a dare esecuzione all’accordo contrattuale intervenuto.
A tal proposito la società faceva osservare che il Comune di (omissis), sebbene fosse pienamente consapevole, fin dal lontano 20 luglio 2012, del ritardo di 91 giorni con il quale si era verificato l’evento originariamente dedotto in condizione, aveva comunque consentito la prosecuzione dei lavori provvedendo, in particolare:
– ad autorizzare espressamente, per ben due volte la proroga dell’efficacia del permesso di costruire n. 138/2011;
– a rilasciare, in data 14 dicembre 2016, ossia a distanza di ben 5 anni dalla data di sottoscrizione del contratto preliminare di convenzione, l’ulteriore permesso di costruire in variante n. 104/2016;
– ad autorizzare espressamente la proroga dell’efficacia dell’ulteriore permesso di costruire in variante n. 104/2016;
– ad assentire la Denunzia di Inizio Attività in “variante non sostanziale per la realizzazione di un parcheggio interrato PdC n. 138/2011” presentata in data 8 settembre 2013.
Il comportamento del Comune risultava peraltro coerente e conforme anche a quanto le parti avevano espressamente convenuto nel richiamato contratto preliminare di convenzione del 16 novembre 2011.
Le parti avevano infatti condizionato l’efficacia dell’accordo concluso al verificarsi dell’evento ivi dedotto ma non avevano fissato un termine essenziale decorso il quale, nell’ipotesi di mancato verificarsi dell’evento dedotto in condizione, l’accordo sarebbe stato considerato definitivamente risolto.
La società evidenziava per altro verso che, comunque, il Comune di (omissis) non avrebbe potuto legittimamente rilasciare il permesso di costruire n. 138 del 23 novembre 2011 apponendovi condizioni che non fossero espressamente previste da una norma di legge.
Significativa sarebbe stata altresì la circostanza che, con deliberazione n. 758 del 24 novembre 2016, la Giunta Comunale del Comune di (omissis), a distanza di ben 5 anni dalla data del 16 gennaio 2012, avesse espressamente approvato una variante al progetto avente ad oggetto la realizzazione dell’isola ecologica che la società si era impegnata a realizzare e quindi a cedere al Comune;
2. Sull’abnormità, sulla violazione di legge, sulla carenza di potere e sull’eccesso di potere che caratterizzano l’atto impugnato. Sulla violazione del principio del contrarius actus. Sulla violazione del principio di attribuzione dei poteri e competenze ex art. 21 quinquies della Legge 241/90. Sulla mancata indicazione dell’interesse perseguito con l’atto impugnato. Sulla violazione e falsa applicazione disposto dell’art. 21 nonies della Legge 241/90 – eccesso di potere – carenza di motivazione – difetto di istruttoria – violazione del giusto procedimento – ingiustizia manifesta – erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – illogicità – violazione dell’art. 97 della costituzione – violazione del principio di imparzialità della P.A..
Il Dirigente che aveva adottato gli atti impugnati aveva travalicato i limiti del potere-dovere di “vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia” disciplinato dall’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001.
Egli aveva accertato – senza peraltro avere nessun potere o competenza al riguardo – l’intervenuta risoluzione del più volte richiamato contratto preliminare di convenzione del 16 novembre 2011 che, a suo dire, sarebbe stata determinata dal “mancato rispetto delle condizioni o comunque dei termini decadenziali” ivi convenuti.
Tale determinazione era tuttavia in evidente contraddizione con quanto precedentemente ritenuto dalla Giunta Comunale del Comune di (omissis).
La valenza di regolazione urbanistica, e non solo edilizia, del contratto preliminare di convenzione esigeva infatti che gli eventuali successivi atti idonei ad incidere su di esso dovessero essere necessariamente adottati dagli organi di indirizzo politico che avevano precedentemente autorizzato la sua sottoscrizione.
Al contrario, la Giunta Comunale del Comune di (omissis), con la propria deliberazione n. 758 del 24 novembre 2016, aveva espressamente dichiarato “che la realizzazione del suddetto centro di raccolta (ecopunto) rientra tra gli obiettivi generali dell’azione dell’A.C. al fine dell’aumento della percentuale di raccolta differenziata”, in tal modo confermando la perdurante efficacia del suddetto accordo.
Sotto altro profilo la società sottolineava che il provvedimento era del tutto privo di indicazioni in merito all’interesse pubblico perseguito.
Il provvedimento era stato comunque adottato ben oltre il limite temporale massimo di diciotto mesi fissato per l’esercizio del potere di autotutela dal disposto dell’art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990 Il Dirigente si era limitato ad affermare che “l’opera attualmente realizzata…è assolutamente diversa da quella assentita dall’ente ed ha la sola utilità per il privato (essendo stati realizzati i box interrati) ma non per il pubblico (stante la mancata realizzazione della parte sovrastante)”.
Essa risultava “priva di utilità per l’ente e, quindi, per la collettività, proprio in ragione della predetta mancata realizzazione, ovvero realizzazione parziale, della parte da cedere al Comune e da destinare ad utilità pubblica”.
La società evidenziava tuttavia, al riguardo, che l’art. 9, comma 2, della l. n. 122 del 1989 (cosiddetta legge Tognoli) consente l’edificazione, nel sottosuolo di fondi privati, di parcheggi da destinare a pertinenza delle sovrastanti o contigue unità immobiliari, mediante segnalazione certificata di inizio attività, anche in deroga agli strumenti urbanistici.
Nel caso in esame, tuttavia, le parti avevano ritenuto necessario fare ricorso ad un permesso di costruire “convenzionato” poiché ritenevano che i box pertinenziali che la società Ia.. Se. S.r.l. aveva in animo di edificare avrebbero dovuto trovare necessariamente accesso “attraverso il fronte strada di v.le (omissis) attraversando, per tale esigenza, la fascia di terreno di proprietà comunale che corre, per una larghezza di mt. 3, lungo tutto il confine della proprietà frontista”.
Di conseguenza, facendo ricorso al permesso di costruire convenzionato, le parti avevano convenuto che il Comune di (omissis) avrebbe dovuto trasferire in favore della società Ia.. Se. S.r.l. la proprietà della “fascia di terreno di proprietà comunale che corre, per una larghezza di mt. 3, lungo tutto il confine della proprietà frontista” ottenendo, contestualmente, in permuta, dalla detta ultima società, “senza ulteriore corrispettivo, l’area della superficie di mq. 2700 circa, da distaccarsi dalla maggiore consistenza oggetto della compravendita a stipularsi…… allo scopo di permettere l’installazione in loco di un’isola ecologica” che sempre detta ultima società avrebbe dovuto provvedere “ad eseguire a propria cura e spese”.
Tuttavia, allorquando le parti avrebbero dovuto procedere alla stipula del contratto definitivo di convenzione era emerso che la fascia che il Comune di (omissis) avrebbe dovuto trasferire alla società Ia.. Se. S.r.l. non era in realtà del Comune.
La società era infatti venuta in possesso della certificazione prot. 39681 del 16 giugno 2010 secondo la quale il Consiglio Comunale non aveva apposto il vincolo preordinato all’esproprio e il relativo iter procedimentale era stato annullato.
La società l’aveva quindi acquistata, unitamente all’ulteriore più ampia zona di terreno al di sotto della quale erano già stati realizzati i garage pertinenziali oggetto del permesso di costruire n. 138/2011, con il citato atto per notar Francesco Regine del 16 aprile 2012 nel quale, peraltro, le venditrici, all’art. 4, avevano espressamente preteso che fosse precisato che “con riferimento all’area rappresentata dalla p.lla (omissis), la parte acquirente si dichiara edotta in merito alle contestazioni in merito alla effettiva proprietà della stessa in capo alla parte venditrice, sicché, solo limitatamente a tale area, la presente vendita, ai sensi dell’art. 1488, comma 2°, c.c., è effettuata ad esclusivo rischio e pericolo della parte acquirente medesima che, pertanto, in caso di evizione totale o parziale (o, comunque, in caso di molestie di ogni genere) nulla potrà pretendere dalla parte venditrice, rinunziando fin d’ora ad ogni conseguente e relativo diritto, ivi compresi quelli alla risoluzione del contratto, alla restituzione e/o riduzione del prezzo, al risarcimento di eventuali danni ed al rimborso di eventuali spese”.
La mancata stipula del contratto definitivo di convenzione sarebbe stata quindi imputabile solo ed esclusivamente alla impossibilità di adempiere del Comune di (omissis) alle obbligazioni assunte nel più volte richiamato preliminare di convenzione del 16 novembre 2011 (nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet).
Tale circostanza non avrebbe tuttavia inficiato la legittimità dell’opera realizzata dalla società L’edificazione dei box pertinenziali sarebbe stata infatti possibile anche senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, anche considerando che l’accesso ad essi avviene oggi attraverso l’area erroneamente ritenuta “di proprietà comunale”, identificata con la particella (omissis) del foglio (omissis) del Catasto Terreni del Comune di (omissis).
Inoltre, in virtù del principio inadimplenti non est adimplendum, l’oggettiva impossibilità per il Comune di (omissis) di trasferire alla società Ia.. Se. la proprietà di tale area, avrebbe escluso l’obbligo per la società di provvedere a trasferire in favore del Comune “senza ulteriore corrispettivo, l’area della superficie di mq. 2700 circa, da distaccarsi dalla maggiore consistenza oggetto della compravendita a stipularsi” e di “eseguire a propria cura e spese” le opere necessarie “allo scopo di permettere l’installazione in loco di un’isola ecologica”.
L’eventuale inefficacia del contratto preliminare di convenzione, non avrebbe quindi inciso sulla legittimità urbanistica dell’opera realizzata dalla società Ia.. Se. S.r.l..
La società deduceva infine che, quand’anche la fattispecie fosse stata assimilabile ad un provvedimento di annullamento, avrebbe dovuto farsi luogo al procedimento prescritto dall’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001.
L’Amministrazione avrebbe quindi dovuto verificare la possibilità di “rimozione dei vizi delle procedure amministrative” e quindi valutare che l’opera avrebbe dovuto essere nuovamente assentita mediante “segnalazione certificata di inizio attività”, così come previsto dal disposto dell’art. 9 della legge n. 122/1989.
In definitiva il provvedimento impugnato sarebbe stato:
– adottato in grave e palese violazione del principio del legittimo affidamento ingenerato nella società Ia.. Se. S.r.l. dallo stesso Comune di (omissis) che, con il proprio comportamento univoco, coerente e determinato, aveva continuato, con regolarità, nel lungo periodo di tempo intercorrente tra l’anno 2011 e l’anno 2017, a dare esecuzione all’accordo contenuto nel contratto preliminare di convenzione del 16 novembre 2011;
– adottato in palese e grave violazione del principio del contrarius actus, nonché del principio di attribuzione dei poteri e delle competenze sancito in tema di “revoca del provvedimento” dal disposto dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/90;
– affetto da carenza di motivazione, tenuto conto del fatto che, avuto riguardo alla particolarità che connota la fattispecie in esame, avrebbe dovuto esplicitare, in maniera chiara e specifica, il pubblico interesse, del tutto sottaciuto, evidentemente diverso da quello al semplice ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato;
– affetto da contraddittorietà in quanto assunto in inconciliabile contrasto con la diversa manifestazione di volontà espressa dalla Giunta Comunale del Comune di (omissis) nella propria deliberazione n. 758 del 24 novembre 2016 dove era stato espressamente precisato che “la realizzazione del suddetto centro di raccolta (ecopunto) rientra tra gli obiettivi generali dell’azione dell’A.C. al fine dell’aumento della percentuale di raccolta differenziata”;
– tardivamente adottato ben oltre il limite temporale massimo di diciotto mesi fissato per l’esercizio del potere di autotutela dal disposto dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990;
– affetto da travisamento dei fatti e grave difetto di istruttoria.
2. Il TAR, nella resistenza del Comune di (omissis), accoglieva il ricorso, annullava il provvedimento impugnato e condannava il Comune alla rifusione delle spese in favore della società controinteressata.
2.1. Gli snodi logico – concettuali della sentenza possono essere così sintetizzati.
Il TAR ha rilevato, in primo luogo, che il permesso di costruire è stato rilasciato in favore della società promissaria acquirente prima della scadenza del termine della condizione sospensiva.
Tuttavia “lo sviluppo fisiologico del rapporto avrebbe voluto che si attendesse prima l’avveramento della condizione, rilasciando solo dopo il titolo (alla Società divenuta a quel punto proprietaria).
Il Comune ha invece rovesciato tale progressione e, con il rilascio del titolo, ha finito con il trasformare (ove ciò fosse possibile) una condizione sospensiva in risolutiva; tant’è che ha rinvenuto nel mancato avveramento della condizione posta a quel tempo una decadenza del titolo edilizio, disponendone la “revoca””.
Il primo giudice ha poi sottolineato che “Quanto alla decadenza del permesso di costruire, l’art. 15 del D.P.R. n. 380 del 2001 non comprende altre ipotesi rispetto al mancato inizio o ultimazione dei lavori (co. 2), ovvero all’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche (co. 4).
Per altro verso, il titolo edilizio non è revocabile, ai sensi dell’art. 11, secondo comma, del D.P.R. n. 380/01. Va inoltre considerato che il permesso di costruire non può essere subordinato a una condizione di efficacia”.
Il TAR ha altresì riqualificato il potere esercitato dal Comune come annullamento d’ufficio del permesso di costruire n. 138 del 2011, disposto “addebitando alla Società privata di non aver provveduto, se non parzialmente, alla sistemazione del soprassuolo e della parte da cedere al Comune, non potendovi più provvedere a causa del decorso del termine finale di sei anni di efficacia delle pattuizioni tra le parti, di cui all’art. 5 del preliminare di convenzione.
Sennonché, il Comune non poteva esimersi dal valutare se ciò fosse effettivamente imputabile alla Società che, viceversa, riversa sul Comune la responsabilità sul punto, supponendo che l’Ente non sia in grado di rispettare i propri reciproci impegni.
Sta di fatto che, in ogni caso, non sono adeguatamente rappresentate le motivazioni sul pubblico interesse che debbono sorreggere l’annullamento a considerevole distanza di tempo, sia per quanto ora detto sia anche in relazione alla precedente attività del Comune la quale, in contrasto con la volontà da ultimo manifestata, si è concretizzata in successive proroghe dell’efficacia del permesso di costruire e nel rilascio di una variante […]”.
3. La sentenza è stata appellata dal Comune di (omissis) che ha dedotto quanto segue.
4. In primo luogo, il Comune ha ricordato che il contratto preliminare di vendita intercorso tra la società e i signori Ca. era “assoggettato alla condizione sospensiva del rilascio della sopra descritta autorizzazione” (ossia il permesso di costruire richiesto dalla società per la realizzazione del parcheggio e sistemazione a verde del soprassuolo).
Il contratto preliminare in data 16 novembre 2011 tra Comune e la società IA.. prevedeva, a sua volta, la “condizione sospensiva dell’acquisto da parte di IA.. srl” – da effettuare entro il termine di sessanta giorni – “dell’area oggetto del preliminare di compravendita intervenuto tra la predetta società e le sigg. La. e Fi. Ca.”.
Gli obblighi derivanti da tale preliminare (sottoscrizione degli atti per la cessione dell’uso delle aree e l’apertura al pubblico del parco) sarebbero, quindi, divenuti efficaci tra le parti solo dopo l’acquisto del terreno da parte della società, per il quale, tuttavia, era necessario il previo rilascio del permesso di costruire.
Quest’ultimo doveva quindi essere necessariamente il primo atto della sequenza, in assenza del quale non sarebbe stato possibile dare avvio agli atti successivi.
Tuttavia, mentre il Comune avrebbe diligentemente eseguito i propri obblighi rilasciando il titolo edilizio, non altrettanto avrebbe fatto la società che ad oggi non ha sottoscritto il contratto definitivo con l’Ente ritenendo di aver acquisito aliunde la proprietà della particella n. (omissis).
1. L’efficacia del titolo edilizio sarebbe stata legittimamente subordinata alle condizioni che erano state oggetto di previo specifico accordo tra le parti, allo scopo di consentire che i lavori fossero avviati ed ultimati dal nuovo ed effettivo titolare dei terreni.
Diversamente da quanto ritenuto dal TAR l’acquisto del terreno da parte della società non era la condizione per il rilascio del titolo edilizio, bensì condizione sospensiva degli effetti del preliminare stipulato tra Comune e IA.. in data 16 novembre 2011.
Il preliminare tra il Comune e IA.., in estrema sintesi, non prevedeva affatto, né comportava, che “lo sviluppo fisiologico del rapporto avrebbe voluto che si attendesse prima l’avveramento della condizione, rilasciando solo dopo il titolo (alla società divenuta a quel punto proprietaria)”, come erroneamente sostenuto dal TAR.
Né potrebbe sostenersi che il Comune abbia trasformato la condizione apposta al Pdc n. 138/2011 in risolutiva.
Il Comunque sostiene infatti di avere disposto la “revoca” del titolo edilizio a causa della mancata sottoscrizione del contratto definitivo da parte di IA.., nonostante l’intervenuto acquisto del terreno avesse fatto avverare la condizione sospensiva di efficacia del preliminare e, quindi, fatto scattare l’obbligo di sottoscrivere il contratto con l’Ente al quale era subordinata a pena di decadenza l’efficacia del titolo medesimo.
Il Comune ha peraltro sottolineato che il Pdc n. 138/2011 non è mai stato impugnato dalla società per il fatto di essere stato rilasciato in forma “condizionata”.
Le condizioni alle quali era subordinata l’efficacia erano soltanto la conseguenza di impegni ed obblighi che le parti avevano liberamente assunto in via negoziale.
L’atto impugnato sarebbe pertanto un atto di revoca sanzionatoria ovvero di “decadenza accertativa”.
Essa costituirebbe esercizio di una potestà pubblicistica di carattere sanzionatorio/ripristinatorio.
III. Il provvedimento non sarebbe nemmeno riqualificabile quale annullamento d’ufficio, così come prospettato dal TAR.
1. Le ragioni del mancato avveramento delle condizioni sospensive apposte al rilascio del titolo sarebbero comunque addebitabili in via esclusiva a IA…
Il progetto presentato in data 4 marzo 2011 dalla società appellata prevedeva l’accesso al parcheggio dalla p.lla (omissis), derivante dalla p.lla 290, espropriata dal Prefetto di Napoli in favore del Comune di (omissis) con decreto in data 19 febbraio 1966, n. 43821, trascritto alla Conservatoria, cosi come si ricaverebbe dalla documentazione depositata agli atti di primo grado.
E’ per tale ragione che la società appellata chiedeva al Comune la disponibilità del predetto terreno e sottoscriveva il preliminare di convenzione più volte richiamato.
Cinque mesi dopo, però, IA.. sottoscriveva con i signori Ca. il contratto di compravendita della p.lla (omissis) (mq. 7.717), con il quale “acquistava” anche la p.lla (omissis) (mq. 300).
Tale acquisto sarebbe avvenuto nella consapevolezza che la parte alienante non ne fosse proprietaria.
Il mancato avveramento delle condizioni di efficacia si sarebbe poi concretizzato con l’ultimazione (parziale) dei lavori poiché la società non è addivenuta, come concordato, alla stipula del contratto definitivo di convenzione.
4. Si è costituita, per resistere, la società appellata articolando, con dovizia di argomentazioni, le proprie difese.
Essa ha sostenuto di avere tuttora concreto, specifico ed attuale interesse a procedere alla stipula della convenzione definitiva con il Comune e si è dichiarata pronta ad offrire la prestazione dovuta (sempre che, ovviamente, il Comune di (omissis) offra contestualmente la propria controprestazione).
Tuttavia, quanto alla proprietà dell’area in contestazione, la società ha sottolineato che, allo stato, non vi è alcuna certezza che il decreto prefettizio in data 19 febbraio 1966, n. 43821, si riferisca alla particella in contestazione.
In questo senso sarebbe significativo che lo stesso Comune di (omissis), con delibera di Giunta Comunale n. 348 del 26 novembre 2020, abbia ritenuto necessario conferito ad un legale di fiducia l’incarico di “intraprendere tutte le necessarie azioni a tutela dell’Ente al fine di consentire la corretta trascrizione presso la Conservatoria della proprietà individuata al Catasto al foglio (omissis), particella (omissis) (sita in Viale (omissis) oggi Viale (omissis)) in favore del Comune di (omissis)”.
5. Le parti hanno depositato ulteriori memorie, conclusionali e di replica.
6. L’appello, infine, è stato assunto in decisione alla pubblica udienza dell’11 marzo 2021, ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020.
7. Giova richiamare per una migliore comprensione dei fatti di causa, il contenuto dei patti intercorsi tra il Comune e la società appellata, nonché del permesso di costruire la cui revoca è oggetto del contendere.
Con il “contratto preliminare di convenzione” del 16 novembre 2011 il Comune di (omissis) si è obbligato a “concedere” alla società “la disponibilità della zona di terreno sita a ridosso del marciapiede diV.le (omissis), per una larghezza di mt. 3 lungo tutto il confine della consistenza immobiliare che la società concessionaria intende acquistare […]” (art. 2), con la precisazione che quest’ultima “potrà servirsi della zona di terreno in parola allo scopo di effettuarvi gli interventi necessari a consentire l’accesso al parcheggio pertinenziale che la società ha in animo di realizzare, e alla sistemazione della stessa alla stregua del progetto all’uopo presentato presso il Comune concedente […]” (art. 3).
La società si è obbligata, “dal canto suo a concedere al Comune di (omissis) che accetta, senza ulteriore corrispettivo, l’area della superficie di mq. 2700 circa da distaccarsi dalla maggiore consistenza oggetto della compravendita a stipularsi e meglio individuata e descritta nell’allegata planimetria […] allo scopo di permettere l’installazione in loco di un’isola ecologica obbligandosi altresì ad eseguire a propria cura e spese, gli interventi necessari per la relativa realizzazione, oltre quelli già previsti a suo carico di sistemazione anche dell’area ceduta secondo quanto previsto dal progetto e dalla prescrizioni della Soprintendenza dei Beni CC.AA. […]” (art. 4).
Secondo l’art. 5 “Le reciproche concessioni nascenti dalla presente convenzione avranno la durata di anni 6 […], salvo rinnovo, a far tempo dalla sottoscrizione del relativo contratto”.
L’art. 8 stabilisce altresì che “Il presente contratto è sottoposto alla condizione sospensiva dell’acquisto da parte della IA.. srl, entro il termine di sessanta giorni da oggi, dell’area oggetto del preliminare di compravendita intervenuto tra la predetta società e le sigg. La. e Fi. Ca.. Verificatasi la circostanza di cui sopra il presente preliminare acquisterà piena e definitiva efficacia e le parti…saranno obbligate a darvi esecuzione adempiendo alle reciproche obbligazioni da esso derivanti”.
Il permesso di costruire n. 138 del 2001 è stato poi rilasciato all’amministratore della società in quanto avente “titolo a poter richiedere il permesso di costruire […] in qualità di promittente [rectius promissario] acquirente […] dei sigg. Ca. La., Ca. Fi. e Ca. Gi. quali proprietari dell’immobile oggetto dell’intervento […]”.
Viene altresì dato espressamente atto del non “contrasto con quanto previsto dalla legge 122/89” e della sussistenza, in particolare, degli assensi paesaggistici.
Il permesso è stato sottoposto, per quanto qui interessa, “alle seguenti condizioni sospensive che se non eseguite ne fanno decadere l’efficacia:
– che siano soddisfatte le condizioni riportate nell’art. 8 del preliminare di convenzione […];
– che sia stipulato, prima dell’ultimazione dei lavori e pertanto prima di effettuare atti di compravendita di boxes realizzati, il contratto di convenzione definitivo tra il Comune di (omissis) e la soc. IA.. […]”.
Nel provvedimento di revoca impugnato viene rilevato che:
– “L’acquisto della proprietà da parte della società IA.. srl è avvenuto in data 16.04.2012 […];
– che, pertanto, alla data del 16.1.2012 si verificava la condizione di decadenza dell’efficacia del PdC n. 138/2011 che, quindi, non poteva essere oggetto di variante;
– che, inoltre, quale ulteriore condizione al PdC era stabilito che, prima dell’ultimazione dei lavori dovesse essere stipulato il contratto di convenzione definitivo […];
– anche tale ultima condizione è stata disattesa in quanto, ad oggi, il contratto di convenzione definitivo non è stato stipulato: [..];
– che […] l’intervenuta inefficacia della convenzione preliminare non consente allo stato alla società […] di poter realizzare l’opera per come è stata originariamente approvata ed autorizzata […];
– che di conseguenza tale stato dei fatti rende impraticabile anche un futuro e diverso intervento sullo stato delle opere attraverso un nuovo titolo autorizzativo non essendo più la predetta fascia di terreno di proprietà comunale in concessione e/o comunque nella disponibilità della società IA. s.r.l”.
8. Ciò posto, va in primo luogo evidenziato che il thema decidendum della presente controversia non è la valutazione dell’efficacia della convenzione preliminare intercorsa tra il Comune e la società appellata, ovvero dei contenuti delle rispettive obbligazioni, bensì esclusivamente quella relativa alla legittimità dell’esercizio di potestà amministrative in materia di rilascio di titoli abilitativi edilizi.
Per quanto occorrer possa si osserva comunque che, indipendentemente dalla terminologia adoperata dalle parti nei loro scritti difensivi, la convenzione preliminare del 16 novembre 2011 non è in alcun modo assimilabile alla figura del c.d. “permesso convenzionato” di cui all’articolo 28-bis del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
In tale ipotesi infatti il “convenzionamento” serve a sopperire a esigenze di urbanizzazione dell’area senza dover necessariamente ricorrere a un piano attuativo, laddove invece nella specie l’accordo tra Comune e parte privata ha avuto oggetto obbligazioni “esterne” al titolo edilizio, ancorché strumentali a consentire la miglior fruibilità dei parcheggi da realizzare da parte della società e ad assicurare all’Amministrazione un’adeguata contropartita.
Si tratta dunque di un mero accordo civilistico, sia pure connesso al rilascio del permesso di costruire, e non di un accordo riconducibile allo schema generale dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
9. L’appello del Comune va altresì delibato in rapporto alla principale ratio decidendi della pronuncia del TAR che, come sottolineato dalla società IA.., è stata esplicitata in quella parte della sentenza impugnata in cui viene chiarito che “il permesso di costruire non può essere subordinato a una condizione di efficacia” e, di conseguenza, “è illegittimo il provvedimento impugnato che ritira il titolo edilizio per il mancato avveramento della condizione che neppure poteva essere apposta, rispetto alla quale il titolo si mostra intangibile”.
9.1. Le doglianze del Comune – tutto incentrate sul carattere di “revoca sanzionatoria”, del provvedimento impugnato – consentono di apprezzare la correttezza di tali statuizioni, essendo evidente che il provvedimento impugnato costituisce non già esercizio delle prerogative dell’Amministrazione in materia urbanistico-edilizia bensì una atipica forma di autotutela contrattuale rispetto al regolamento di interessi compendiato nella c.d. “convenzione preliminare”.
E’ tuttavia proprio nella finalità perseguita che si annida il vizio rilevato dal primo giudice, il quale ha richiamato i consolidati principi (oggi compendiati negli articoli 11 e 15 del d.P.R. n. 380 del 2001), secondo cui il permesso di costruire:
– è irrevocabile;
– è soggetto a decadenza esclusivamente nelle ipotesi tipizzate dall’art. 15 (mancato inizio o ultimazione dei lavori, entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche);
– non può essere subordinato a condizioni di efficacia “stante la natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale del provvedimento”, con la conseguenza che esso, una volta riscontratane la conformità alla vigente disciplina urbanistica, deve essere rilasciato “senza condizioni che non siano espressamente previste da una norma di legge” (Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2018, n. 2366).
Non è infatti possibile apporre condizioni al titolo edilizio che siano estranee alla fase di realizzazione dell’intervento edilizio né è possibile funzionalizzare l’attività amministrativa ad interessi avulsi rispetto a quelli tipizzati dal legislatore (Cons. Stato, sez. IV, 24 marzo 2001, n. 1702).
9.2. Nella fattispecie, non giova poi al Comune appellante rimarcare che le condizioni apposte al rilascio del permesso di costruire (non importa se sospensive ovvero risolutive) si limitavano a richiamare quelle, oggetto di negoziazione, apposte alla “convenzione” preliminare e che, in ogni caso, la società appellata non ha mai impugnato, in parte qua, il permesso di costruire.
Una condizione illecita, perché contraria ad una norma imperativa, rimane infatti tale anche se è frutto di un accordo.
Inoltre, poiché il permesso di costruire è un atto amministrativo i cui effetti sono tipizzati, su di essi non può in alcun modo influire la volontà dell’Amministrazione o dei privati, non potendo essi modificare i caratteri di un istituto regolato in toto dalla legge.
Ne deriva che eventuali condizioni, estranee al perseguimento di interessi pubblici tipizzati in materia urbanistico – edilizia, sono semplicemente tamquam non essent (vitiatur sed non vitiant).
10. Una volta escluso che il potere di “revoca” potesse essere esercitato in funzione di autotutela contrattuale, perdono di rilievo le ulteriori critiche svolte dal Comune in ordine alla circostanza che il TAR non abbia accertato se il mancato avveramento delle condizioni fosse addebitabile a IA.. ovvero in ordine alle statuizioni con cui il primo giudice ha erroneamente riqualificato il provvedimento impugnato quale annullamento d’ufficio.
Nemmeno rileva, infine, la circostanza che il TAR abbia invertito la sequenza delle pattuizioni intervenute tra le parti e che non abbia valutato che il rilascio del permesso di costruire da parte del Comune era, a sua volta, condizione di efficacia del contratto preliminare di acquisto intervenuto tra la società e i signori Ca..
10.1. Ciò posto, rimane peraltro impregiudicata la questione della perdurante efficacia della convenzione stipulata tra la società IA.. e il Comune di (omissis).
Come già accennato, essa non è, almeno direttamente, l’oggetto del contendere di questo giudizio.
La presente decisione non pregiudica, pertanto, la possibilità per il Comune di agire per l’adempimento o, alternativamente, di chiedere – ove ne sussistano i presupposti – la risoluzione della convenzione e il risarcimento dei danni alla società appellata.
Inoltre, per la parte del progetto edilizio che non è stata realizzata (l’isola ecologica), l’Amministrazione potrà eventualmente valutare se sussistano i presupposti per dichiarare la decadenza del titolo edilizio, secondo il già richiamato paradigma dell’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001.
11. In definitiva, per quanto appena argomentato, l’appello deve essere respinto.
La peculiarità della fattispecie suggerisce però di compensare tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, n. 10028 del 2020, di cui in epigrafe, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021 – tenutasi in videoconferenza da remoto – con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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