Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 febbraio 2021| n. 2945.

L’accertamento della volontà contrattuale in relazione al contenuto di un negozio si traduce in un’indagine di fatto, demandata all’apprezzamento del giudice di merito, la quale non è sindacabile in sede di legittimità se condotta secondo le norme di ermeneutica dettate dalla legge e se l’interpretazione adottata sia giustificata da motivazione adeguata ed immune da vizi. Tali principi, tuttavia, non autorizzano il giudice di merito che, nell’indagine volta ad accertare la comune intenzione delle parti, reputi sufficiente limitarsi al senso letterale delle parole, a leggere parzialmente il testo della clausola da interpretare, perché il “senso letterale delle parole” può essere apprezzato solo prendendo in esame le pattuizioni nella loro interezza. In altri termini, solo una lettura completa è il presupposto di una corretta comprensione del significato letterale della convenzione e, suo tramite, della comune intenzione delle parti; per contro, l’enucleazione di singole parole può comportare uno stravolgimento del significato della clausola, qualora ne derivi l’esclusione di elementi testuali che la caratterizzano (Nel caso di specie, relativo ad una controversia in materia di coassicurazione, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio il decreto impugnato avendo il giudice del merito, stravolgendo il significato della clausola negoziale in contestazione per effetto della enucleazione di singole parole, desunto il significato della pattuizione da tre sole parole senza curarsi del successivo tenore della convenzione)

Ordinanza|8 febbraio 2021| n. 2945

Data udienza 20 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: CONTRATTO – INTERPRETAZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 5491/2016 proposto da:
(OMISSIS), in proprio e quale delegataria in rappresentanza di (OMISSIS) e (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente agli Avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, in persona del commissario liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto del Tribunale di Genova depositato il 22/1/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/10/2020 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

FATTI DI CAUSA

1. La compagnia (OMISSIS), dopo aver versato un indennizzo di Euro 6.150.000 a (OMISSIS), proprietaria di un immobile in corso di costruzione sito in (OMISSIS) dove si era sviluppato un incendio, richiedeva l’ammissione allo stato passivo di (OMISSIS) in l.c.a. del credito di Euro 3.042.900, vantato in via di regresso, a norma dell’articolo 1910 c.c., comma 4, per l’esistenza di un rapporto di coassicurazione indiretta, posto che per il medesimo rischio la precedente proprietaria dell’immobile, cui (OMISSIS) era subentrata ex articolo 1918 c.c., aveva contratto una polizza assicurativa con (OMISSIS) in bonis.
2. Il commissario liquidatore comunicava l’esclusione dal passivo della procedura del credito “per difetto dei requisiti di indennizzabilita’ della pretesa, anche in base alle esclusioni contenute in polizza”.
3. L’opposizione proposta da (OMISSIS) contro il provvedimento veniva respinta dall’adito Tribunale di Genova con Decreto 22 gennaio 2016.
Il giudice, precisato di volersi attenere al principio della ragione piu’ liquida, ed omesso pertanto l’esame di ogni altra questione dibattuta fra le parti, rilevava che la causa del sinistro, stando alle risultanze istruttorie, era stata individuata in un evento (corto circuito avvenuto in un quadro elettrico, dal quale avevano avuto origine le fiamme) non compreso fra i rischi indennizzabili della polizza stipulata con (OMISSIS), la cui clausola 2.2, lettera h) “esclude la garanzia assicurativa dei danni di fenomeno elettrico”.
4. Per la cassazione di tale decreto la (OMISSIS) ha proposto ricorso, prospettando un unico motivo di doglianza; ha resistito con controricorso (OMISSIS) in l.c.a., la quale ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale.
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il motivo di ricorso principale denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1366, 1370 e 1371 c.c.: la ricorrente deduce che il Tribunale e’ caduto in un “incredibile infortunio interpretativo”, in quanto la clausola richiamata (che esclude “i danni di fenomeno elettrico a macchine ed impianti elettrici ed elettronici, apparecchi e circuiti compresi, a qualunque causa dovuti, anche se conseguenti a fulmine o altri eventi per i quali e’ prestata l’assicurazione”), secondo il senso letterale delle parole utilizzate al suo interno, si limita a escludere dall’indennizzo i danni da incendio subiti da macchine ed impianti elettrici ed elettronici, ma non certo i danni strutturali sopportati dal fabbricato, come quelli richiesti; rileva, inoltre, che il Tribunale non ha tenuto conto neppure della comune intenzione delle parti, dato che non avrebbe avuto senso stipulare una polizza incendio che escludesse la copertura assicurativa nel caso in cui il sinistro fosse stato provocato dalla sua causa piu’ comune, costituita proprio dal fenomeno elettrico; sostiene, ancora, che l’opzione ermeneutica adottata dal giudice viola il principio di interpretazione secondo buona fede previsto dall’articolo 1366 c.c., non tiene conto della necessita’ di realizzare l’equo contemperamento degli interessi delle parti, a mente dell’articolo 1371 c.c., ne’ considera che al cospetto di clausole polisenso occorre fornire un’interpretazione contro il predisponente ex articolo 1370 c.c..
6. Il motivo va accolto.
Occorre premettere che il Tribunale ha ritenuto di poter fondare l’interpretazione della clausola contrattuale controversa sul suo solo significato letterale, senza necessita’ di avvalersi dei concorrenti criteri ermeneutici individuati dagli articoli 1362 c.c. e segg..
Ora, e’ ben vero che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (si vedano, ex multis, le recenti Cass. 16181/2017 e Cass. 27136/2017 e le meno recenti Cass. 679/1967 e Cass. 2206/1965) l’accertamento della volonta’ contrattuale in relazione al contenuto di un negozio si traduce in un’indagine di fatto, demandata all’apprezzamento del giudice di merito, che non e’ sindacabile in sede di legittimita’ se condotta secondo le norme di ermeneutica dettate dalla legge e se l’interpretazione adottata sia giustificata da motivazione adeguata ed immune da vizi (sicche’ rimane del tutto irrilevante, come motivo di ricorso per Cassazione, un eventuale travisamento dei fatti che non si risolva in un difetto di motivazione).
Questi principi, tuttavia, non autorizzano il giudice di merito che, nell’indagine volta ad accertare la comune intenzione delle parti, reputi sufficiente limitarsi al senso letterale delle parole, a leggere parzialmente il testo della clausola da interpretare, perche’ il “senso letterale delle parole” puo’ essere apprezzato solo prendendo in esame le pattuizioni nella loro interezza.
Detto in altri termini, solo una lettura completa e’ il presupposto di una corretta comprensione del significato letterale della convenzione e, suo tramite, della comune intenzione delle parti.
Per contro, l’enucleazione di singole parole puo’ comportare uno stravolgimento del significato della clausola, qualora ne derivi l’esclusione di elementi testuali che la caratterizzano.
Lo stravolgimento frutto di un processo ermeneutico frammentato risulta di tutta evidenza in presenza di pattuizioni limitative dell’efficacia del negozio, rispetto alle quali una lettura incompleta non solo non permette di cogliere appieno la volonta’ dei contraenti, ma soprattutto amplifica o riduce la portata dell’accordo e finisce per alterarne il significato.
L’operazione ermeneutica rivolta alla lettera del negozio deve percio’ dare dimostrazione di aver apprezzato l’intera struttura del testo in analisi e, laddove si focalizzi soltanto su alcune parole, valorizzandole in termini decisivi, deve spiegare perche’ le stesse, nel procedimento di ricostruzione della volonta’ dei contraenti, assumano un rilievo preponderante, tale da rendere irrilevanti i termini trascurati, benche’ presenti all’interno della medesima clausola.
Cio’ soprattutto ove il periodo preso in esame appaia come un’unica convenzione regolante nella sua complessita’ la fattispecie negoziale e non sia scindibile in parti distinte.
Lo stravolgimento del significato della clausola negoziale per effetto dell’enucleazione di singole parole corrisponde a quanto e’ accaduto nel caso di specie, avendo il Tribunale desunto il significato della clausola n. 2.2, lettera h) della polizza da tre sole parole (“di fenomeno elettrico”) senza curarsi del successivo tenore della convenzione.
Una corretta esegesi avrebbe invece dovuto indurre il collegio dell’opposizione a leggere e interpretare la pattuizione tenendo presente l’intero periodo contenuto nella clausola in esame, senza staccare la prima parte (“di fenomeno elettrico”) dalla seconda a cui la precedente porzione si riferiva (“a macchine ed impianti elettrici ed elettronici, apparecchi e circuiti compresi”); il Tribunale inoltre, ove avesse ritenuto che le parole valorizzate costituissero il fulcro determinante della volonta’ dei contraenti, avrebbe dovuto offrire adeguate giustificazioni a questa operazione di parcellizzazione ermeneutica, spiegando le ragioni – di ordine logico, teleologico o sistematico – per cui la residua parte del periodo non aveva valore e una simile operazione non alterava il significato complessivo della clausola.
7. Il provvedimento impugnato deve essere dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Genova in diversa composizione, il quale, nel procedere a un nuovo esame della causa, si atterra’ ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’.
8. Il ricorso incidentale condizionato va invece dichiarato inammissibile, in quanto solleva questioni che il Tribunale non ha esaminato, ritenendole assorbite dal rilievo della ragione piu’ liquida di rigetto dell’opposizione, sulle quali sara’ eventualmente tenuto a pronunciare il giudice del rinvio (cfr. Cass., Sez. U., 15122/2013, Cass. 23558/2014, Cass. 4804/2007).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Genova in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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