La violazione del principio di proporzionalità conseguente alla mancata o errata valutazione comparativa dei redditi dei due genitori

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23336.

La violazione del principio di proporzionalità conseguente alla mancata o errata valutazione comparativa dei redditi dei due genitori é doglianza esterna all’esatta interpretazione della norma di legge, ossia alla violazione di legge in senso proprio, ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito

Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23336

Data udienza 15 settembre 2020

Tag/parola chiave: FAMIGLIA MATERNITA’ ED INFANZIA – FILIAZIONE – FILIAZIONE NATURALE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 11279-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 25/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa PARISE CLOTILDE.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.La Corte d’appello di Cagliari- sezione distaccata di Sassari, con ordinanza n. 194/2019 depositata il 25-1-2019, in accoglimento, per quanto di ragione, del reclamo presentato da (OMISSIS) avverso l’ordinanza emessa in data 2510-2018 dal Tribunale di Nuoro, ha stabilito l’obbligo del padre reclamante di versare alla madre (OMISSIS) la somma di Euro 900,00 (cosi’ ridotta quella di Euro 1.200, riconosciuta dal Tribunale) quale contributo al mantenimento della figlia maggiorenne (OMISSIS), annualmente indicizzato a mezzo Istat, fino all’autosufficienza economica della figlia.
2. Avverso detta ordinanza (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione affidato ad un motivo, resistito con controricorso da (OMISSIS).
3. Con unico articolato motivo le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 147, 315 bis c.c., articolo 316 bis c.c., comma 1 e articolo 337 ter c.c., comma 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Lamentano errata applicazione di norme di diritto, nonche’ illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Dolendosi della violazione dei suindicati articoli, deducono che il mantenimento dovuto dal padre alla figlia (OMISSIS), nata il 27 maggio 2000, e’ stato quantificato senza rispettare il principio di proporzionalita’, che richiede una valutazione comparativa dei redditi dei due genitori. Ad avviso delle ricorrenti la Corte territoriale, pur avendo dato atto della palese sproporzione dei redditi dei due genitori, non ha considerato che la madre risulta di fatto priva di redditi, risultando esiguo il reddito dalla stessa guadagnato nel 2017 quale rappresentante di (OMISSIS) s.a.s., ne’ ha considerato la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti solo dalla madre. Deducono, inoltre, che le attuali esigenze della figlia non sono state valutate in concreto, ossia tenendo conto del “livello sociale economico in cui si colloca la figura del padre”, e lamentano che sia stata omessa un’indagine esaustiva e comparativa di tutte le “sostanze” delle parti e dei bisogni e prospettive di vita della figlia, essendo la motivazione dell’ordinanza impugnata meramente apparente. Richiamano la giurisprudenza di questa Corte e le risultanze probatorie sulla situazione economica dei due genitori e sostengono che sia incontestabile l’incongruita’ dell’importo del contributo di mantenimento come quantificato dalla Corte territoriale (Euro900 mensili).
4. Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
4.1. Con la censura che e’ stata articolata sub specie del vizio di violazione di legge le ricorrenti non deducono l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, che implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, ma, viceversa, allegano un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa.
Le ricorrenti assumono, infatti, che la violazione del principio di proporzionalita’ consegua dalla mancata o errata valutazione comparativa dei redditi dei due genitori, e quindi il vizio denunciato e’ mediato dalla valutazione delle risultanze istruttorie. La doglianza cosi’ formulata e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge, ossia alla violazione di legge in senso proprio, ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, lamentando le ricorrenti l’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta (Cass. n. 24054/2017).
4.2. In parte manifestamente infondata e in parte inammissibile e’ la doglianza con cui si denuncia il vizio motivazionale, consistente, ad avviso delle ricorrenti, nell’apparenza della motivazione per avere la Corte territoriale ridotto l’assegno di mantenimento, benche’ avesse accertato la notevole sproporzione tra i redditi dei due genitori, nonche’ nell’omessa considerazione sia della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti solo dalla madre, sia dei bisogni e prospettive di vita della figlia, in relazione al “livello sociale economico in cui si colloca la figura del padre”.
La Corte territoriale, dopo aver esaminato le questioni di carattere economico, dando conto in dettaglio della situazione reddituale di ciascun genitore in base alle risultanze istruttorie, ha ritenuto, con adeguata motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014), congruo l’importo di Euro900 del mantenimento posto a carico del padre per la figlia, ponderando in concreto ogni aspetto della fattispecie (pag. 4 ordinanza impugnata-eta’, scuola frequentata, inclinazioni della ragazza, citta’ dove vive, livello economico sociale della figura del padre).
Non e’, dunque, in alcun modo ravvisabile la mera apparenza della motivazione lamentata dalle ricorrenti, da intendersi nel senso chiarito dalla Giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte con la citata sentenza, avendo i Giudici d’appello espresso, con motivazione ben piu’ che superiore al “minimo costituzionale”, il proprio convincimento, basato sulla valutazione dei fatti di rilevanza. Detta valutazione rientra nel sindacato di merito, incensurabile in cassazione, ove adeguatamente motivato, come nella specie.
Sono inammissibili le deduzioni relative all’omessa considerazione sia della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti solo dalla madre, sia dei bisogni e prospettive di vita della figlia, in quanto volte a sollecitare una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimita’, senza che, peraltro, neppure sia allegata la decisivita’ dei fatti il cui esame sembra essere prospettato come omesso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 30 giugno 2003 n. 196, articolo 52.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro2.200, di cui Euro100 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 30 giugno 2003 n. 196, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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