La sopravvenuta dichiarazione di fallimento del debitore determina l’inopponibilità alla massa dei creditori concorsuali del decreto ingiuntivo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 aprile 2021| n. 9465.

La sopravvenuta dichiarazione di fallimento del debitore determina l’inopponibilità alla massa dei creditori concorsuali del decreto ingiuntivo in precedenza emesso se, all’epoca del fallimento, il termine per la proposizione dell’opposizione non sia ancora decorso, a nulla rilevando che il decreto stesso sia munito della clausola di provvisoria esecutività, occorrendo invece, per il prodursi di tale opponibilità, che il decreto ingiuntivo acquisti efficacia di giudicato sostanziale, conseguibile solo a seguito della dichiarazione di esecutorietà ai sensi dell’articolo 647 del Cpc.

Ordinanza|9 aprile 2021| n. 9465

Data udienza 5 febbraio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Decreto ingiuntivo privo della esecutorietà ex art. 647 cpc prima del fallimento – Inopponibilità al fallimento – Irrilevanza della provvisoria esecutorietà – Conseguenza – Assenza della prova del credito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 11556-2015 r.g. proposto da:
(OMISSIS), (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore, dall’Avvocato (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., (cod. fisc. e P.Iva (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore il curatore fallimentare Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), e dall’Avvocato (OMISSIS), con i quali elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Bergamo, depositato in data 8 aprile 2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/2/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione allo stato passivo presentata da (OMISSIS) nei confronti del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. avverso il provvedimento del g.d. di diniego della richiesta di ammissione al passivo per Euro 168.093, di cui Euro 160.000 in via privilegiata ex articolo 2745 c.c..
L’odierna ricorrente aveva dedotto – a sostegno della sua domanda di ammissione al passivo fallimentare – che: a) in data 29 aprile 2009 aveva stipulato con la societa’ poi dichiarata fallita un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un immobile sito in (OMISSIS) per il prezzo complessivamente concordato di Euro 165.000, con il versamento contestuale della somma di Euro 25.000, a titolo di caparra confirmatoria; b) per l’acquisto dell’immobile aveva versato l’ulteriore importo di Euro 125.000, a mezzo di bonifici bancari; c) successivamente le parti contrattuali avevano risolto consensualmente il contratto preliminare e la (OMISSIS) s.r.l., allora in bonis, si era impegnata a restituire le somme gia’ versate, provvedendo tuttavia alla materiale restituzione solo della minor somma di Euro 15.000 e residuando pertanto un credito restitutorio a suo favore pari ad Euro 160.000; d) aveva richiesto ed ottenuto dal Tribunale di Bergamo decreto ingiuntivo n. 1957/2013, immediatamente esecutivo, per il pagamento della predetta somma non ancora restituita, decreto ingiuntivo opposto dalla societa’ debitrice.
Il tribunale ha ritenuto che la (OMISSIS) non avesse adeguatamente provato i fatti costitutivi del diritto di credito gia’ monitoriamente azionato per gli importi e le causali sopra esposte, non avendo prodotto in giudizio il contratto preliminare di compravendita immobiliare del 29.4.2009 con la conseguente mancata dimostrazione dell’asserito accordo per l’immediato versamento di Euro 125.000, di cui Euro 25.000 a titolo di acconto; ha inoltre evidenziato che l’accordo di risoluzione, contenuto nella scrittura privata del 17 luglio 2002, era stato disconosciuto, nella sottoscrizione e nella confomita’ all’originale, da (OMISSIS) s.r.l. e peraltro non era neanche opponibile al fallimento perche’ privo di data certa; ha infine osservato che anche le contabili bancarie relative ai bonifici bancari eseguiti dalla (OMISSIS) in favore della societa’ fallita non dimostravano l’imputabilita’ dei pagamenti al contratto preliminare del 29 aprile 2009, con la conseguente mancata dimostrazione della fondatezza del reclamato diritto restitutorio oggetto della domanda di insinuazione al passivo; ha peraltro evidenziato che non era probante della fondatezza del predetto diritto creditorio neanche il documento attestante la ricezione, in data 1 ottobre 2012, da parte della (OMISSIS) della somma pari ad Euro 15.000 tramite bonifico della (OMISSIS) s.r.l., non riportando tale disposizione alcuna causale e difettando dunque la prova che il versamento della citata somma fosse stato effettuato in adempimento dell’obbligo restitutorio asseritamente assunto dalla (OMISSIS) s.r.l.. ed essendo evidente che la “datio” di una somma di denaro non vale di per se’ a fondare una richiesta restitutoria allorquando, pur ammessa la ricezione da parte dell’accipiens, questi non confermi anche il titolo posto ex adverso alla base della pretesa restitoria, stante la possibile imputazione della somma anche ad altre causali.
2. Il decreto, pubblicato il 8.4.2015, e’ stato impugnato da (OMISSIS) con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

CHE:
1. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione della L.Fall., articoli 93 e 99 e dell’articolo 2697 c.c., evidenzia che la prova del credito di Euro 168.093, oggetto della domanda di insinuazione al passivo, era stata fornita tramite la produzione del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bergamo con i relativi allegati relativi al contratto preliminare del 2009 ed ai bonifici bancari attestanti i pagamenti effettuati in favore della societa’ fallita.
2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., commi 3, 4 e 5, violazione degli articoli 2702 e 2712 c.c. Evidenzia il ricorrente che la circostanza che i bonifici allegati disponessero una destinazione diversa da quella indicata nell’istanza di ammissione al passivo si spiegava con il fatto che sia il marito che il figlio lavoravano per la (OMISSIS) s.r.l., dimostrando cio’ che tale diversa imputazione era stata preordinata al fine di ottenere da parte della societa’ fallita il necessario credito bancario tramite l’evidenza di una molteplicita’ di transazioni immobiliari poste in essere dalla societa’ venditrice. Si denuncia, infine, il vizio di ultrapetizione nella parte in cui il tribunale si sarebbe pronunciato sulla rilevanza probatoria del contratto preliminare, nonostante la mancata contestazione dello stesso da parte della societa’ fallita, e sull’accordo risolutorio di cui era stata evidenziata la non opponibilita’ al fallimento.
2. Il terzo mezzo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione di legge in relazione al profilo della ritenuta contestazione del contratto preliminare del 2009, nonostante l’assenza di contestazione da parte della (OMISSIS) s.r.l. ed in relazione alla circostanza che la domanda di insinuazione al passivo non era fondata sulla scrittura privata del 17.7.2012 di risoluzione del preliminare (oggetto di querela di falso), quanto piuttosto sul versamento delle predette somme e sul conseguente diritto al loro rimborso nei confronti dell’accipiens. Si evidenzia inoltre che la ricorrente aveva comunque prodotto, nel corso del giudizio di opposizione ed unitamente alla memoria L.Fall., ex articolo 99, il preliminare di compravendita. Osserva ancora la ricorrente che la circostanza della datio delle somme in favore della (OMISSIS) s.r.l. per l’acquisito dell’immobile di cui al contratto preliminare non era stato oggetto di contestazione e dunque pacifico doveva ritenersi il diritto di credito alla restituzione delle somme versate.
4. Il ricorso e’ infondato e va rigettato.
4.1 Il primo motivo e’ infondato.
4.1.1 Sul punto, giova ricordare che e’ principio incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui non e’ opponibile alla procedura fallimentare il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, di esecutorieta’ ex articolo 647 c.p.c., poiche’, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, solo in virtu’ della dichiarazione giudiziale di esecutorieta’ il decreto passa in giudicato, non rilevando l’avvenuta concessione della provvisoria esecutorieta’ ex articolo 642 c.p.c. o la mancata tempestiva opposizione alla data della dichiarazione di fallimento (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21583 del 03/09/2018; v. inoltre: Sez. 1, Sentenza n. 6085 del 26/03/2C)04). Ne consegue che la sopravvenuta dichiarazione di fallimento del debitore determina l’inopponibilita’ alla massa dei creditori concorsuali del decreto ingiuntivo in precedenza emesso se, all’epoca del fallimento, il termine per la proposizione dell’opposizione non sia ancora decorso, a nulla rilevando che il decreto stesso sia munito della clausola di provvisoria esecutivita’, occorrendo invece, per il prodursi di tale opponibilita’, che il decreto ingiuntivo acquisti efficacia di giudicato sostanziale, conseguibile solo a seguito della dichiarazione di esecutorieta’ ai sensi dell’articolo 647 c.p.c. (Sez. 1, Sentenza n. 1650 del 27/01/2014; Sez. 1, Sentenza n. 2112 del 31/01/2014).
Ne consegue che – diversamente da quanto osservato dalla ricorrente – la prova del credito non puo’ ritenersi estraibile dal decreto ingiuntivo opposto e non munito di formula di esecutorieta’ ex articolo 647 c.p.c., per quanto allegato e versato in atti da parte della ricorrente stessa sia nel corso del giudizio di verificazione dei credito che in quello successivo di opposizione allo stato passivo.
4.1.2 Ne’ la parte ricorrente ha dimostrazione, con deduzione autosufficiente, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, che il contratto preliminare di compravendita era stata effettivamente versato nel giudizio di opposizione allo stato passivo, attraverso la produzione del fascicolo processuale del giudizio monitorio, contrariamente a quanto invece espressamente affermato dal Tribunale lombardo che, sul punto, ha escluso la produzione in giudizio di detto documento.
4.1.3 Ne consegue che anche la censura articolata dalla ricorrente sotto l’egida applicativa dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risulta all’evidenza infondata, posto che il “fatto decisivo” – del cui omesso esame si duole oggi la ricorrente – si radica su circostanze (neanche, peraltro, “fatti storici”, come vorrebbe la norma processuale da ultimo citata, secondo l’esegesi fornita sul punto dalla giurisprudenza di vertice di questa Corte: v. ssuu. n. 8053/2014) – relative ad elementi valutativi di giudizio (decreto ingiuntivo; giudizio di opposizione a d.i.) che, per come allegati, si rivelano del tutto irrilevanti al fine di scrutinare la fondatezza del diritto della ricorrente ad essere ammessa al passivo fallimentare.
4.2 Il secondo motivo e’ invece inammissibile.
4.2.1 In primis, la censura non supera il vaglio di ammissibilita’ in ragione della sua evidente genericita’ di formulazione, posto che – per quanto concerne il dedotto vizio di ultrapetizione (declinato, peraltro, solo nella parte argomentativa della censura, senza alcun richiamo o riferimento nella rubrica alla necessaria indicazione della violazione dell’articolo 112 c.p.c.) – la relativa doglianza non spiega per quali ragioni il Tribunale sarebbe incorso nella denunciata ultrapetizione. Ed invero, le ragioni della decisione si fondano sui diversi profili della mancata produzione in giudizio del contratto preliminare di compravendita (nelle cui clausole negoziali sarebbe stato previsto contrattualmente l’obbligo di immediato versamento del prezzo per Euro 125.000) e nella non opponibilita’ del successivo accordo risolutorio del 17.7.2012 al fallimento per mancanza di data certa.
4.2.2 Ne’ la parte ricorrente dimostra diversamente – con deduzione, anche in questo caso, specifica ed autosufficiente ex articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, – che i fatti sottostanti ai predetti documenti contrattuali non erano stati oggetto di contestazione, posto che diversamente il provvedimento impugnato da’ atto dell’esatto contrario.
4.2.3 Ma la censura risulta formulata in modo vieppiu’ inammissibile se solo si considera che la stessa dimentica – non censurandole – le rationes decidendi poste a sostegno del diniego alla richiesta di ammissione al passivo, e cioe’, da un lato, la mancata produzione in giudizio del documento contrattuale relativo al negozio preliminare di compravendita immobiliare e la non opponibilita’ al fallimento dell’accordo risolutorio sopra ricordato per mancanza di data certa e, dall’altro, la non imputabilita’ dei pagamenti tramite bonifici bancari all’operazione di compravendita immobiliare di cui si sta qui discorrendo.
4.3 Il terzo motivo di censura e’ del pari inammissibile.
Ancora una volta le doglianze non censurano le rationes decidendi della motivazione impugnata (e gia’ sopra ricordate), richiamando – con accenni, peraltro, generici e volti a far ripetere un giudizio di fatto (inibito a questa Corte) – la violazione del principio tra chiesto e pronunciato, senza spiegare tuttavia ove sarebbe maturata la denunciata ultrapetizione e senza neanche allegare in quale atto processuale sarebbe maturata la non rilevata (da parte dei giudici del merito) non contestazione dei fatti costitutivi dell’azionato diritto di credito.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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