La sentenza emessa nei confronti del curatore dell’eredità giacente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 gennaio 2023| n. 2725.

La sentenza emessa nei confronti del curatore dell’eredità giacente

In tema di successione ereditaria, la sentenza emessa nei confronti del curatore dell’eredità giacente fa stato e ha efficacia di giudicato anche nei confronti di coloro che, con l’accettazione, abbiano poi acquistato la qualità di erede, determinando la cessazione della curatela, atteso che il giudicato produce i suoi effetti nei confronti degli eredi e aventi causa delle parti originarie ovvero di chi subentra nella titolarità dei beni affidati, in assenza di un’iniziale accettazione, alla gestione e alla cura del curatore dell’eredità giacente.

Ordinanza|30 gennaio 2023| n. 2725. La sentenza emessa nei confronti del curatore dell’eredità giacente

Data udienza 13 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: SUCCESSIONI E DONAZIONI – ACCETTAZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8773/2022 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6254/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/09/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/01/2023 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie dei ricorrenti.

La sentenza emessa nei confronti del curatore dell’eredità giacente

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) conveniva in giudizio i figli e la moglie di (OMISSIS), al fine di ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferire la proprieta’ di un immobile, giusta contratto preliminare del 30 maggio 1986 rimasto inadempiuto.
Avendo i convenuti dichiarato che non intendevano accettare l’eredita’ del promittente venditore, il Tribunale di Roma disponeva la prosecuzione del giudizio nei confronti del curatore dell’eredita’ giacente e, con sentenza n. 13542/1998, disponeva il trasferimento in favore del (OMISSIS) “previo pagamento del residuo prezzo di Lire 27.000.000”.
Nelle more (OMISSIS), avendo conseguito il riconoscimento giudiziale della paternita’ nei confronti di (OMISSIS), accettava l’eredita’ del genitore con atto del 24 gennaio 2000 ed inviava a far data dal 2001 una serie di richieste al (OMISSIS) di pagamento del corrispettivo ancora dovuto per effetto della menzionata sentenza.
Quindi, poneva in esecuzione la sentenza, procedendo al pignoramento dell’immobile appartenuto al promissario acquirente e poi passato agli eredi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS), stante il decesso del loro dante causa.
Gli esecutati promuovevano opposizione ex articolo 615 c.p.c., ed il Tribunale di Roma la rigettava con sentenza n. 7558/2015.
A seguito di appello degli eredi (OMISSIS), la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 6254 del 27 settembre 2021 ha rigettato il gravame, ritenendo che il Tribunale avesse in realta’ deciso sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva della (OMISSIS), giusta il richiamo alla documentazione versata in atti.
Osservava, altresi’, che la procedura di curatela dell’eredita’ giacente del (OMISSIS) si era chiusa a seguito dell’accettazione dell’eredita’ da parte dell’appellata, occorrendo altresi’ rilevare che la stessa aveva interrotto la prescrizione con raccomandata contenente atto di costituzione in mora del 4/5/2001, rinnovando l’interruzione con successivo atto del 2008, sicche’ alla data della notificazione del titolo esecutivo e del precetto (avvenute, la prima, il 3 agosto 2010 e, la seconda, il 13/8/2011), non era maturata alcuna prescrizione. Peraltro, esisteva una missiva sottoscritta dal difensore di (OMISSIS), nella quale si disconosceva l’esistenza del credito vantato dall’opposta.
Infine, rigettato anche il terzo motivo, condannava gli appellanti al rimborso delle spese del grado.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di due motivi, illustrati da memorie.
L’intimata resiste con controricorso.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ degli articoli 475 e 480 c.c..
Si deduce che e’ stata disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione attiva all’esecuzione in capo alla (OMISSIS), con una motivazione solo apparente, il che determina la violazione della previsione di cui all’articolo 112 c.p.c..
Si aggiunge, poi, che l’intimata ha in realta’ accettato l’eredita’ del padre solo in data 24 gennaio 2000, e cioe’ ben oltre il decennio dalla data di apertura della successione, verificatasi il 19 marzo 1987. In tal modo si e’ tenuto conto, ai fini di ritenere che vi fosse stata valida accettazione dell’eredita’, di un atto intervenuto allorche’ il decennio di cui all’articolo 480 c.c., era abbondantemente decorso.
Tale considerazione rende quindi tardive e prive di efficacia le successive messe in mora della controparte, trattandosi di atti posti in essere da un soggetto che non aveva ritualmente acquisito la qualita’ di erede.
Il mancato acquisto della qualita’ di erede le precludeva, quindi, la possibilita’ di avvalersi della sentenza che aveva previsto il pagamento del residuo corrispettivo, atteso che trattasi di sentenza emessa nei confronti del curatore dell’eredita’ giacente.
Il motivo e’ manifestamente infondato.
Risulta, infatti, che successivamente al decesso del (OMISSIS), la madre della controricorrente intraprese un giudizio per il riconoscimento giudiziale della paternita’ della figlia (OMISSIS), giudizio concluso con la sentenza di accoglimento n. 19/89 del 24 giugno 1989.
Tale sentenza e’ poi passata in cosa giudicata solo in data 8 settembre 1990, per mancata impugnazione, stante il decorso del termine lungo di cui all’articolo 327 c.c., all’epoca ancora pari ad un anno.
La successiva accettazione dell’eredita’ paterna e’ avvenuta da parte della controricorrente in data 24 gennaio 2000, e cioe’ entro il termine di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di riconoscimento della paternita’, all’epoca definita naturale, oggi avvenuta al di fuori del matrimonio.
Ancora in data 6 maggio 2000, il Tribunale di Roma, prendendo atto dell’intervenuta accettazione dell’eredita’, ha disposto la chiusura della procedura di eredita’ giacente ai sensi dell’articolo 532 c.c..
Cosi’ ricostruite le vicende in fatto, deve sicuramente escludersi che ricorra la violazione dell’articolo 112 c.p.c., avendo la Corte distrettuale espressamente deciso sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo all’appellata, per l’asserita carenza della qualita’ di erede, facendo riferimento alla documentazione dalla medesima prodotta, e ritenuta gia’ dal Tribunale idonea a comprovare la qualita’ di erede.
Una volta, quindi, esclusa la dedotta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la tesi di parte ricorrente, per negare alla controparte la qualita’ di erede del promittente venditore, appare evidentemente destituita di fondamento, in quanto e’ ancorata al presupposto, erroneo in punto di diritto, secondo cui anche per il figlio di cui, alla data di apertura della successione, non sia stato accertato lo status di filiazione naturale, il termine per accettare l’eredita’ decorra dalla data di apertura della successione, Trattasi pero’ di assunto che e’ chiaramente contraddetto dalla costante giurisprudenza di legittimita’ che, a far data dalla riforma del 1975 del diritto di famiglia, ha affermato che per i figli dichiarati tali dopo la morte del genitore, il termine di cui all’articolo 480 c.c., decorre dal giorno del passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Trattasi di soluzione che si impone in ragione del fatto che, anteriormente all’intervento del giudice, i figli non rivestono la qualita’ di vocati alla successione e, quindi, non possono compiere atti di accettazione, essendo per gli stessi giuridicamente impossibile accettare l’eredita’ (Cass. n. 2326/1990; Cass. n. 5076/1987; Cass. n. 10333/1993).
Tale interpretazione ha poi ricevuto l’autorevole avallo anche della Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 191/1983, pur disattendendo la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 480 c.c., nella parte in cui non prevedeva che il termine di prescrizione per l’accettazione dell’eredita’ decorresse solo dall’accertamento giudiziale della paternita’, ha pero’ reputato che i dubbi avanzati dovessero essere superati proprio alla luce dell’esegesi delle norme compiuta dal giudice di legittimita’, che aveva appunto individuato nel passaggio in giudicato della sentenza sullo stato di filiazione il dies a quo della prescrizione del diritto di accettazione dell’eredita’.
In applicazione di tali principi, emerge, quindi, che la (OMISSIS) ha provveduto ad accettare l’eredita’ paterna nel termine di cui all’articolo 480 c.c., decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza a se’ favorevole, e che alla data delle prime messe in mora (27/4/2001), non era ancora maturata la prescrizione dell’actio iuidcati, decorrente dalla sentenza che aveva disposto il trasferimento della proprieta’ in favore del dante causa dei ricorrenti (sentenza appunto emessa nel 1998).
Quanto poi all’espressa previsione oggi contenuta nell’articolo 480 c.c., a seguito della novella di cui del Decreto Legislativo n. 154 del 2013, articolo 69, che ricalca il principio di diritto sopra esposto, deve reputarsi che la norma abbia carattere meramente confermativo dell’indirizzo gia’ affermatosi in giurisprudenza, avendo il legislatore in occasione della riforma della filiazione ritenuto opportuno tradurlo in norma di legge, ma senza che possa annettersi a tale scelta una portata innovativa rispetto al quadro interpretativo previgente.
Ne consegue che l’opposta ha validamente compiuto un atto di accettazione dell’eredita’ nel termine decennale, per lei decorrente dall’accertamento dello status filiationis, il che denota l’assoluta infondatezza della tesi di parte ricorrente, a detta della quale l’accettazione sarebbe intervenuta allorche’ era ormai decorso il termine di dieci anni dall’apertura della successione, di fatto rendendo prive di rilievo anche le successive lettere di costituzione in mora ed i successivi atti interruttivi della prescrizione del diritto di credito azionato in via esecutiva.
3. Le suesposte considerazioni danno altresi’ contezza dell’infondatezza del secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 324 c.p.c., articoli 2909 e 2942 c.c..
Assumono nel motivo i ricorrenti che, pur dovendosi annettere efficacia di giudicato alla sentenza del Tribunale di Roma n. 13542/1998, con la quale e’ stato disposto ex articolo 2932 c.c., il trasferimento della proprieta’ immobiliare in favore del loro dante causa, la medesima e’ stata emessa nei confronti dell’eredita’ giacente del (OMISSIS), avendo la stessa sentenza accertato che quelli che erano i suoi potenziali eredi legittimi non avevano accettato l’eredita’ del promittente venditore.
La sentenza impugnata ha, invece, riconosciuto la possibilita’ per la controparte di avvalersi della detta sentenza in via esecutiva, negando in tal modo l’accertamento nella stessa contenuto circa l’assenza di eredi che avessero accettato nel termine di legge.
Giova a tal fine rilevare che se accertamento vi e’ stato in merito alla mancata accettazione dell’eredita’, lo stesso ha riguardato solo i soggetti che si palesavano come legittimi chiamati alla data di apertura della successione, ma non anche nei confronti di chi, come l’odierna controricorrente ancora non aveva acquisito, in ragione della necessita’ del riconoscimento giudiziale della paternita’, la qualita’ di chiamata.
In assenza di una valida accettazione dell’eredita’, e’ stata quindi disposta l’apertura della curatela dell’eredita’ giacente, dovendosi quindi ritenere che la sentenza emessa nei confronti del curatore faccia stato ed abbia efficacia di giudicato anche nei confronti di coloro che abbiano poi ad acquistare la qualita’ di eredi con l’accettazione (situazione questa, come detto, idonea a determinare la cessazione della curatela).
Il tempestivo acquisto della qualita’ di erede da parte della (OMISSIS), in data successiva alla pronuncia della sentenza azionata in via esecutiva, consente alla stessa di potersene avvalere, appunto, quale erede del soggetto titolare del credito riconosciuto in sentenza, e cio’ proprio in applicazione della regola secondo cui il giudicato produce i suoi effetti nei confronti degli eredi ed aventi causa delle parti originarie, ovvero di chi subentra nella titolarita’ dei beni affidati, in assenza di un’iniziale accettazione, alla gestione ed alla cura del curatore dell’eredita’ giacente.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
5. Poiche’ il ricorso e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese che liquida in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

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