La sentenza che abbia inflitto una pena illegale per eccesso in ordine alla sua quantità

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 27 febbraio 2020, n. 7892

Massima estrapolata:

Il giudice d’appello, anche in mancanza di uno specifico motivo di gravame, ha il dovere, in forza del principio costituzionale di legalità della sanzione, di modificare la sentenza che abbia inflitto una pena illegale per eccesso in ordine alla sua quantità. (Fattispecie relativa a reato continuato in cui il giudice d’appello aveva provveduto a rideterminare la pena base – fissata dal giudice di primo grado in termini superiori al massimo edittale stabilito per la fattispecie – con conseguente riduzione della pena finale).

Sentenza 27 febbraio 2020, n. 7892

Data udienza 23 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – rel. Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/01/2019 della CORTE ASSISE APPELLO di SALERNO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BIANCHI MICHELE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CESQUI ELISABETTA che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
uditi i difensori:
l’avvocato (OMISSIS) del foro di SALERNO in difesa delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), che conclude come da conclusioni scritte che deposita insieme alla nota spese;
l’avvocato (OMISSIS) del foro di SALERNO in difesa di (OMISSIS) che conclude per l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS) del foro di SALERNO in difesa di (OMISSIS) che conclude per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata in data 21.1.2019 la Corte di assise di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 28.9.2017 dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Salerno, ha ridotto la pena inflitta a (OMISSIS) ad anni sedici e mesi otto di reclusione, con conferma nel resto.
(OMISSIS) e’ stato riconosciuto colpevole dell’omicidio volontario di (OMISSIS), compiuto colpendolo ripetutamente con strumento da punta e da taglio, (capo 1) e il connesso porto ingiustificato fuori dalla propria abitazione di detto strumento (capo 2), fatti commessi in (OMISSIS).
Nella serata del 20.2.2016 i carabinieri, su segnalazione di (OMISSIS), intervenivano nella abitazione di (OMISSIS), trovandolo, cadavere, steso a terra.
Al successivo accertamento medico legale risultava che l’uomo era stato attinto con strumento da punta e da taglio, presentando due profonde ferite.
(OMISSIS), fidanzato di (OMISSIS), aveva confessato di aver accoltellato l’anziano, aggiungendo che cio’ era avvenuto nel corso di una colluttazione ed utilizzando un coltello che aveva con se’.
Il primo giudice ha quindi ritenuto la responsabilita’ dell’imputato, precisando, da una parte, che non poteva essere riconosciuta la causa di giustificazione della legittima difesa dato che la scena del delitto era risultata in ordine e senza segni di colluttazione alcuna e, dall’altra, che il movente del delitto era da individuare nelle molestie che la vittima da tempo aveva compiuto nei confronti del giovane.
E’ stata esclusa l’aggravante del rapporto parentale con la vittima, che era genitore della sua fidanzata; sono state negate le attenuanti generiche, sul rilievo che l’imputato non aveva reso piena confessione, rendendo diverse versioni del fatto e non consentendo il recupero dell’arma utilizzata.
Il primo giudice ha quindi fissato la pena base per il piu’ grave reato in anni 29 di reclusione, aumentata per la continuazione con il capo 2 ad anni 30 di reclusione, infine ridotta per la scelta del rito abbreviato alla pena di anni 20 di reclusione.
2. Adita con impugnazione relativa alla condanna per il capo 2 e al mancato riconoscimento, con riferimento al capo 1, delle attenuanti generiche e della attenuante della provocazione, la Corte di assise di appello ha rilevato la illegalita’ della pena base fissata in anni 29 di reclusione dal primo giudice, in quanto la norma incriminatrice prevede la cosi’ detta forbice edittale da 21 a 24 anni di reclusione, e quindi ha rideterminato la pena base in anni 24 di reclusione e, di conseguenza, la pena finale in anni sedici e mesi otto di reclusione, con conferma nel resto.
Quanto alla responsabilita’ in ordine al capo 2, la Corte territoriale ha rilevato che la colpevolezza dell’imputato era fondata sulle sue, iniziali, dichiarazioni relative all’utilizzo di coltello che egli stesso aveva portato con se’.
Nelle successive dichiarazioni, l’imputato, pur negando di aver portato il coltello, aveva comunque dichiarato di averlo portato via dalla casa della vittima, e solo con l’ultima dichiarazione, spontaneamente resa nel giudizio di appello, aveva negato anche di aver portato via l’arma.
Quest’ultima dichiarazione era ritenuta non credibile, sia perche’ resa solo nel giudizio di appello sia perche’ smentita dalle precedenti dichiarazioni dello stesso imputato.
L’attenuante della provocazione non poteva essere riconosciuta, in quanto l’imputato si era recato a casa dell’anziano portando con se’ il coltello e quindi con l’intenzione di uccidere, senza essere a cio’ provocato da alcuna specifica condotta della vittima.
Le attenuanti generiche non erano concedibili in assenza di elementi idonei a giustificarle; in particolare, la confessione era stata resa solo dopo che erano stati acquisiti elementi probatori assai significativi, come il ritrovamento a casa dell’imputato di un indumento con macchie di sangue della vittima, e comunque, in ragione della molteplicita’ delle versioni rese, non era indice di effettiva resipiscenza.
Quanto al trattamento sanzionatorio, infine, il secondo giudice ha rilevato che l’atto di appello non aveva proposto alcun motivo di impugnazione in ordine alla commisurazione della pena base e dell’aumento per la continuazione, e quindi era solo dovuta la rideterminazione della pena nella misura legale, emendando l’errore compiuto dal primo giudice.
3. Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di (OMISSIS), chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
Con il primo motivo viene denunciato violazione di legge e difetto di motivazione del trattamento sanzionatorio.
A fronte della sentenza di primo grado che aveva illegalmente – stante il massimo edittale di anni 24 di reclusione – commisurato la pena base del capo 1 in anni 29 di reclusione, il secondo giudice, rideterminando la pena base in anni 24 di reclusione, pari al massimo edittale, aveva violato il principio del divieto di reformatio in pejus, dato che il primo giudice non aveva commisurato il massimo (30 anni) della previsione sanzionatoria che, erroneamente, aveva ritenuto di dover applicare.
Inoltre, la commisurazione della pena, sia per quanto riguarda la pena base del reato piu’ grave sia in relazione all’aumento di pena per il reato cosi’ detto satellite, era stata fissata nel massimo senza alcuna motivazione.
Con il secondo motivo si denuncia difetto di motivazione della ordinanza, pronunciata all’udienza 14.1.2019, che aveva respinto la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria.
La difesa aveva chiesto nuova perizia medico legale, che considerasse i dati desumibili dall’esame del dna effettuato dal R.I.S., nella prospettiva di una diversa ricostruzione della dinamica del fatto omicidiario, rilevante ai fini del riconoscimento delle attenuanti richieste dalla difesa.
Con il terzo motivo si denuncia difetto di motivazione del diniego delle attenuanti generiche e dell’attenuante della provocazione.
Con il quarto motivo si denuncia difetto di motivazione del giudizio di colpevolezza concernente il capo 2.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso propone motivi manifestamente infondati e con contenuto di merito, e va percio’ dichiarato inammissibile.
I motivi proposti riguardano la condanna per il capo 2 e il complessivo trattamento sanzionatorio.
1. Con riferimento al giudizio di penale responsabilita’ in ordine alla contravvenzione ascritta al capo 2, il quarto motivo di ricorso ha contenuto di merito.
Infatti, a fronte della motivazione resa dalla Corte territoriale che ha condiviso il giudizio di non attendibilita’ della versione dei fatti resa dall’imputato solo nel giudizio di appello, il motivo esprime dissenso dal giudizio formulato evidenziando come l’utilizzo di un coltello rinvenuto nella stessa abitazione della vittima era riscontrato dal fatto che in quella casa vi era un ceppo porta-coltelli che risultava mancante di un coltello.
Viene quindi compiuta una lettura del compendio probatorio nella prospettiva di ottenere in questa sede un nuovo giudizio di merito, ben al di la’ dei limiti del sindacato sulla motivazione consentito in sede di legittimita’.
La sentenza di appello ha preso in esame quanto esposto nell’atto di appello sul punto, precisando che solo con l’ultima versione, resa nel giudizio di appello, l’imputato aveva accusato (OMISSIS) di aver fatto sparire il coltello, contestualmente all’intervento dei carabinieri.
In ordine alla motivazione del giudizio di non attendibilita’ di quest’ultima dichiarazione il ricorso non ha proposto alcuna specifica censura, limitandosi a ribadire il dissenso rispetto alle conclusioni cui erano giunti i giudici del merito.
2. I motivi primo, secondo e terzo riguardano, sotto diversi profili, il trattamento sanzionatorio.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia il difetto di motivazione dell’ordinanza con la quale il secondo giudice aveva respinto la istanza di rinnovazione della istruttoria.
Con l’atto di appello, che, con riferimento alla condanna per il capo 1, aveva impugnato solo il diniego delle attenuanti generiche e della attenuante della provocazione, la difesa aveva chiesto “… un approfondimento di temi istruttori rimasti parzialmente sconosciuti ed incompleti se non, addirittura, controversi, mediante assunzione ex novo di perizia medico-legale e criminologica…”.
Il motivo di ricorso ha precisato che la perizia era stata chiesta al fine di “accertare che il (OMISSIS) aveva effettivamente cagionato quel graffio al (OMISSIS)… ed a ricostruire una dinamica simmetrica alla versione sempre sostenuta dall’imputato, nella prospettiva di adeguata sua punibilita’ con le invocate attenuanti…”.
Dunque, solo con il ricorso la difesa precisa l’oggetto specifico della perizia che aveva chiesto – se la vittima avesse graffiato al volto l’imputato – e ne deduce la rilevanza con riferimento al riconoscimento delle attenuanti.
Il motivo ha contenuto di merito ed e’ comunque articolato genericamente.
La Corte territoriale, che con l’ordinanza dibattimentale aveva rilevato la genericita’ della richiesta volta a sollecitare l’esercizio di poteri istruttori condizionati dal codice di rito al parametro della necessita’, ha, con la motivazione della sentenza, esaminato il tema costituito dal graffio presente sul volto dell’imputato, osservando (a pag. 8) che “… anche a volerlo ascrivere al (OMISSIS), non e’ certo detto che sia stato causato, come preteso dalla difesa, nella fase della precedente aggressione e non piuttosto in quella successiva della difesa dall’aggressione altrui, come pure la natura della lesione indurrebbe a ritenere…”.
Il motivo di ricorso ha tralasciato completamente la motivazione con cui il secondo giudice ha esaminato l’argomento che avrebbe giustificato la perizia richiesta, tornando a riproporre l’istanza e quindi, ancora, sollecitando il collegio ad una rivisitazione del fatto, prospettiva preclusa in sede di legittimita’.
Si tratta, dunque, di motivo articolato genericamente, in quanto non si confronta con la specifica risposta che la sentenza impugnata ha dato all’argomento valorizzato dalla difesa, e con contenuto di merito, in quanto non svolge alcuna censura specifica alla struttura della motivazione, bensi’ propone una rilettura dei dati probatori, con cio’ rimanendo nell’ambito di un, ormai precluso, giudizio di merito.
2.2. Con il terzo motivo viene denunciato difetto di motivazione del diniego delle attenuanti richieste con l’atto di appello.
Il motivo ha contenuto di merito.
Il secondo giudice ha, infatti, esaminato in termini specifici le doglianze proposte con l’atto di appello, osservando, da una parte, che l’imputato si era recato a casa dell’anziano armato di coltello e, dall’altra, che la confessione resa, in ragione dei tempi e dei contenuti, non era significativa di effettiva e piena resipiscenza.
Il ricorrente ha, compiendo una rilettura del compendio probatorio, argomentato il proprio dissenso rispetto ai rilievi svolti dal secondo giudice.
Da una parte, infatti, si sostiene che l’imputato avesse deciso di confessare ancor prima che l’omicidio fosse stato scoperto e che l’ammissione di responsabilita’ non era stata mai revocata e, dall’altra, che l’imputato, gia’ emotivamente alterato per le pregresse molestie della vittima, era stato oggetto di aggressione da parte dell’anziano, in stato di ebbrezza alcolica.
Il motivo, dunque, rimane nell’ambito di un giudizio di merito, al di fuori dei limiti del sindacato sulla motivazione, consentito in sede di legittimita’ solo in relazione alla effettivita’, coerenza e congruita’ logica della giustificazione della decisione.
2.3. Con il primo motivo si denuncia la violazione del divieto di reformatio in pejus e il difetto di motivazione con riferimento alla commisurazione della pena base e dell’aumento per il reato satellite.
Con l’atto di appello aveva solo formulato la richiesta di “… ridurre la pena detentiva ai minimi edittali”, ma non aveva formulato alcun motivo di impugnazione in relazione alla commisurazione della pena base del piu’ grave capo 1 e dell’aumento di pena per il capo 2.
Ineccepibile risulta quindi sia la decisione che la motivazione del secondo giudice, che (a pag. 10) ha dato atto che i menzionati punti non erano stati impugnati, ha rilevato che il giudice di appello non puo’, d’ufficio, riformulare, neanche in melius, la commisurazione della pena, ha quindi proceduto unicamente a sanare la illegalita’ della pena inflitta, in quanto la pena base per il capo 1 era stata fissata in termini superiori al massimo edittale previsto dalla fattispecie incriminatrice.
Il motivo di ricorso prescinde completamente dai limiti della cognizione, in punto pena, del giudice di appello e quindi articola una censura motivazionale che presuppone in capo al secondo giudice un potere di cognizione del quale era privo.
Il motivo e’ quindi manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha fatto applicazione del principio secondo il quale il giudice d’appello, anche in mancanza di uno specifico motivo di gravame, ha il dovere, in forza del principio costituzionale di legalita’ della sanzione, di modificare la sentenza che abbia inflitto una pena illegale per eccesso in ordine alla sua quantita’ (Sez. 1, 21/01/2009, Porreca, Rv. 242973), ed ha quindi riportato la pena base, fissandola in anni 24 di reclusione, nei limiti della previsione legale.
In ordine all’esercizio della discrezionalita’ giudiziale nella commisurazione della pena, l’appellante non aveva devoluto la cognizione al secondo giudice, che quindi si e’ limitato al ricalcolo della pena, riportata la pena base nei limiti legali. 3. Va dunque dichiarata la inammissibilita’ del ricorso, cui consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche al versamento di una somma a favore della Cassa delle Ammende, che si reputa equo determinare in Euro 3.000,00.
Va condannato, inoltre, (OMISSIS) alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), che liquida in Euro 3.600, oltre spese generali, iva e cpa come per legge, e (OMISSIS), ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la cui liquidazione sara’ effettuata dalla Corte di assise di appello di Salerno con decreto di liquidazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna inoltre (OMISSIS) alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili (OMISSIS), che liquida in Euro 3.600, oltre spese generali, iva e cpa come per legge, e (OMISSIS), la cui liquidazione sara’ effettuata dalla Corte di assise di appello di Salerno con decreto di liquidazione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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