La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|10 maggio 2021| n. 18113.

La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia produce effetto solo dal momento in cui l’imputato sia assisto da un nuovo difensore (di fiducia o d’ufficio) e sia decorso il termine a difesa eventualmente concesso, con la conseguenza che il difensore, rinunciante o revocato, è tenuto a garantire l’assistenza difensiva fin quando non sia decorso il termine a difesa concesso, ai sensi dell’art. 108 cod. proc. pen., al nuovo difensore nominato. (In motivazione, la Corte ha precisato che il termine a difesa è finalizzato ad assicurare una difesa piena ed effettiva, sicché nessun “vulnus” può discendere dal fatto che la parte – nelle more della decorrenza del termine – sia assistita dal difensore rinunciante, che è già pienamente a conoscenza della vicenda processuale).

Sentenza|10 maggio 2021| n. 18113. La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

Data udienza 11 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Difensore – Rinuncia al mandato – Effetti – Parte assistita da un nuovo patrocinante – Decorrenza del termine a difesa eventualmente concesso

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giusepp – Presidente

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere

Dott. BASSI Alessandr – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 10/07/2020 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale De Masellis Mariella, che ha concluso chiedendo il ricorso sia rigettato.

La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato l’appellata sentenza del 26 luglio 2019, con cui il Tribunale di Alessandria ha condannato (OMISSIS) alla pena di legge per i reati di maltrattamenti e di lesioni personali in danno della nonna (OMISSIS), per i reati di lesioni personali e minacce aggravate nei confronti della sorella (OMISSIS) nonche’ per il porto abusivo di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4.
2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, (OMISSIS) chiede l’annullamento della sentenza per l’unico motivo – di seguito sunteggiato ex articolo 173 disp. att. c.p.p. – con cui eccepisce la violazione di legge processuale in relazione all’articolo 107 c.p.p., comma 3, ed il vizio di motivazione quanto al rigetto dell’eccezione preliminare di nullita’ della sentenza per violazione del diritto di difesa. A sostegno della doglianza, la difesa evidenzia che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto corretta la decisione del Giudice di primo grado allorche’, sulla scorta di una lettura – inesatta – del disposto dell’articolo 107 c.p.p., ha consentito lo svolgimento dell’attivita’ processuale al difensore rinunciante e che, in particolare, il principio della ultrattivita’ del mandato fino alla scadenza del termine a difesa concesso al difensore nominato di ufficio – previsto da detta norma – non puo’ comportare una violazione del diritto dell’imputato ad una difesa effettiva e piena. A conforto di tale impostazione, il ricorrente richiama la decisione di questa Corte regolatrice nella quale si e’ affermato che, con l’assistenza del difensore rinunziante, possono essere compiute le sole attivita’ processuali il cui svolgimento risulti incompatibile con il decorso del termine concesso al difensore subentrante, sottolineando come, nel caso di specie, non sussistessero esigenze di particolare urgenza.

 

La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ destituito di fondamento per le ragioni di seguito illustrate.
2. Ai fini del corretto inquadramento della questione sottoposta al vaglio del Collegio, mette conto di ricostruire sinteticamente la vicenda processuale che viene in rilievo nel caso di specie.
2.1. A seguito della rinuncia dell’avv. (OMISSIS), il Tribunale di Alessandria nominava, quale difensore d’ufficio di (OMISSIS), l’avvocato (OMISSIS), il quale – in data 17 maggio 2017 – depositava la nomina fiduciaria da parte dell’imputato; il medesimo avv. (OMISSIS) rinunciava, tuttavia, al mandato il 6 novembre 2017, quattro giorni prima dell’udienza del 10 novembre 2017, gia’ fissata per l’audizione dei testimoni; lo stesso 6 novembre 2017, il Tribunale designava come difensore di ufficio l’avv. Tamburelli, notificando la nomina a quest’ultimo ed all’avv. (OMISSIS), con la specificazione che, a norma dell’articolo 107 c.p.p., comma 3, la nuova nomina non avrebbe avuto effetto fintanto che non fosse decorso il termine a difesa concesso ex articolo 108 c.p.p. e che il difensore rinunciante al mandato era pertanto tenuto a comparire all’udienza successiva se fissata nei sette giorni dalla comunicazione di rinuncia al mandato; all’udienza del 10 novembre 2017, si presentava unicamente l’avv. (OMISSIS), il quale non formulava alcuna eccezione in merito ad un’ipotetica violazione del diritto di difesa, ed il Tribunale procedeva, pertanto, all’assunzione dei testimoni, con il contro-esame da parte del difensore rinunciante.
3. Ricostruiti i principali snodi processuali della vicenda, si tratta adesso di appurare se – come eccepito dal ricorrente – la celebrazione dell’udienza di assunzione delle prove orali in data 10 novembre 2017, quattro giorni dopo la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia e la disposta nomina del difensore d’ufficio, in pendenza del termine a difesa concesso a quest’ultimo, integri o meno un vizio processuale dante luogo a nullita’ delle prove assunte all’udienza medesima e, per riverbero, a nullita’ della sentenza di primo grado.

 

La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

La questione e’ obbiettivamente controversa, essendosi affermati al riguardo due orientamenti ermeneutici di segno opposto.
3.1. Secondo un primo indirizzo interpretativo, la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia non ha effetto finche’ la parte non sia assistita da un nuovo difensore, come nel caso in cui non sia decorso il termine a difesa concesso, ai sensi dell’articolo 108 c.p.p., al nuovo difensore nominato, con la conseguenza che, in tale ipotesi, deve ritenersi legittima la trattazione del dibattimento alla presenza del precedente difensore rinunciante, in quanto la pendenza del termine a difesa funge da condizione sospensiva dell’efficacia della rinuncia al mandato ai sensi dell’articolo 107 c.p.p., comma 3 (Sez. 5, n. 38944 del 13 aprile 2015, Lico, Rv. 265503; conf. Sez. F, n. 38876 del 20/08/2015, Morreale e altro Rv. 264701-01).
Il principio e’ stato declinato anche in relazione al caso della revoca del difensore di fiducia da parte dell’imputato con nomina di un nuovo difensore che chieda un termine a difesa, la’ dove si e’ affermato che il giudice puo’ legittimamente rigettare la contestuale istanza di rinvio presentata dal fiduciario subentrante in ragione di un concomitante impegno professionale, e nominare per la celebrazione dell’udienza un difensore d’ufficio in sostituzione di quello originario non comparso, attesa la permanenza nell’incarico del primo difensore, il cui mandato mantiene efficacia fino alla decorrenza del termine a difesa, in forza di quanto previsto dagli articoli 107 e 108 c.p.p. (Sez. 2, n. 15778 del 17/03/2015, P.G. in proc. Corrado, Rv. 263831).
3.2. In senso opposto, la Sezione Quinta di questa Corte ha affermato – in un arresto, per vero, rimasto isolato – che, in tema di diritto di difesa, il giudice, durante la decorrenza del termine concesso ex articolo 108 c.p.p. al difensore subentrato a quello revocato o rinunciante, puo’ legittimamente compiere continuando ad avvalersi del difensore originario, ovvero sostituendolo ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., comma 4, – solo le attivita’ processuali il cui svolgimento risulti in concreto incompatibile con il decorso del predetto termine, essendo, invece, tenuto al differimento delle altre, salvo che l’avvicendamento dei difensori risulti avere finalita’ meramente dilatorie (Sez. 5, Sentenza n. 38239 del 06/04/2016, Gallo, Rv. 267787-01). Nella specie, la Sezione Quinta ha ritenuto illegittima la decisione del giudice dibattimentale che, dopo aver concesso il termine di difesa ex articolo 108 c.p.p. al difensore subentrato a quello rinunciante non comparso, aveva sostituito quest’ultimo con uno d’ufficio, procedendo poi alla discussione ed adottando la sentenza. Nell’affermare il principio, ha precisato che il riconoscimento dell’indiscriminata facolta’ di procedere del giudice, non solo svuoterebbe di significato la disposizione di cui all’articolo 108 c.p.p., ma, soprattutto, frustrerebbe ingiustificatamente l’effettivita’ del diritto di difesa, in violazione dell’articolo 111 Cost., comma 3, e articolo 6, par. 3, lettera b) e c), CEDU.
4. Giudica la Corte condivisibile il primo orientamento ermeneutico.

 

La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

4.1. Innanzitutto, occorre muovere dal dato testuale delle disposizioni processuali di riferimento di cui agli articoli 107 e 108 c.p.p..
Orbene, l’articolo 107 (Non accettazione, rinuncia o revoca del difensore) dispone che: “1. Il difensore che non accetta l’incarico conferitogli o vi rinuncia ne da’ subito comunicazione all’autorita’ procedente e a chi lo ha nominato. 2. La non accettazione ha effetto dal momento in cui e’ comunicata all’autorita’ procedente. 3. La rinuncia non ha effetto finche’ la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine eventualmente concesso a norma dell’articolo 108. 4. La disposizione del comma 3 si applica anche nel caso di revoca”.
L’articolo 108 (Termine per la difesa) recita che: “1. Nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilita’, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell’imputato o quello designato d’ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento. 2. Il termine di cui al comma 1 puo’ essere inferiore se vi e’ consenso dell’imputato o del difensore o se vi sono specifiche esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell’imputato o la prescrizione del reato. In tale caso il termine non puo’ comunque essere inferiore a ventiquattro ore. Il giudice provvede con ordinanza”.
Leggendo il combinato disposto delle due disposizioni nelle parti regolanti l’ipotesi di specie – id est di rinuncia al mandato difensivo con successiva nomina di un difensore d’ufficio cui sia concesso un termine a difesa – segnatamente l’articolo 107 c.p.p., comma 3, e l’articolo 108 c.p.p., comma 1, si trae la regula iuris secondo la quale “la rinuncia (al mandato n. d.e.) non ha effetto finche’ la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine eventualmente concesso a norma dell’articolo 108”.
4.2. L’analisi testuale delle – non equivoche – disposizioni rende manifesto come il difensore rinunciante continui – dunque sia tenuto – a prestare il proprio patrocinio fintanto che non vengano a maturare due condizioni (giusta la congiunzione “e” che lega le due proposizioni): a) che la parte sia assistita da un nuovo legale, essendo del tutto equivalente a detti fini che l’assistenza sia prestata da un difensore di fiducia piuttosto che da un difensore d’ufficio, come rivelato dalla preposizione disgiuntiva o alternativa (“o”) che lega le due figure; b) che sia decorso il termine a difesa eventualmente concesso al nuovo difensore ex articolo 108.
In altre parole, la rinuncia al mandato produce effetto solo quando la parte sia assistita da un nuovo patrocinante e sia decorso il termine a difesa eventualmente concesso.
4.3. La ratio del combinato disposto degli articoli 107 e 108 codice di rito e’ quella di assicurare la continuita’ dell’assistenza difensiva, sotto il duplice aspetto formale e sostanziale.
Il legislatore ha difatti voluto assicurare, per un verso, che alla parte sia sempre garantita l’assistenza di un difensore; per altro verso, che il patrocinante sia pero’ in grado di prestare una difesa “effettiva” ed “informata”, cioe’ che sia reso possibile il “passaggio delle consegne” fra il difensore rinunciante (o revocato) ed il difensore subentrante, funzionale al trasferimento e, comunque, all’acquisizione dei contenuti informativi necessari all’espletamento al meglio delle prerogative difensive.
E’ dunque certamente condivisibile il paragrafo nel quale la Sezioni Quinta ha notato che “non e’ in dubbio, infatti, che tanto la proroga del difensore rinunziante o revocato, quanto il diritto di quello subentrante di ottenere un congruo termine per preparare la difesa, sono previsioni dettate innanzitutto al fine di evitare soluzioni di continuita’ nell’assistenza dell’imputato, a maggior ragione nelle fasi, come quelle dibattimentali, nelle quali la partecipazione del difensore e’ ritenuta dalla legge processuale come necessaria. Ma che lo scopo prioritario della disciplina in esame sia quello illustrato risulta particolarmente evidente proprio dalla lettura dell’articolo 107 c.p.p., comma 3 il quale impone la proroga del difensore rinunziante o revocato non solo fino alla nomina di un nuovo difensore, ma altresi’ fino alla decorrenza del termine a difesa eventualmente concesso a quest’ultimo ai sensi dell’articolo 108 c.p.p.. Il senso della prima norma e’ infatti e per l’appunto quello di garantire l’effettivita’ della difesa anche durante il tempo necessario al nuovo difensore per prendere conoscenza della materia processuale e svolgere quindi pienamente il proprio mandato, obiettivo questo che chiarisce il significato della seconda norma citata”.
5. Non e’ di contro condivisibile il passaggio logico argomentativo ulteriore, quello in cui la Sezione Quinta ha fatto discendere dalla regola processuale fissata dal combinato disposto dell’articolo 107, comma 3, e articolo 108, l’ulteriore regola – non scritta nel codice di rito, ne’ logicamente o sistematicamente conseguente secondo la quale il patrono rinunciante o revocato potrebbe svolgere soltanto solo le attivita’ processuali il cui svolgimento risulti in concreto incompatibile con il decorso del predetto termine, con il conseguente diritto della parte o del difensore appena nominato ad ottenere un rinvio dell’udienza, o comunque della data di compimento dell’atto processuale in vista del quale e’ stata compiuta la nomina, ad un momento successivo alla scadenza del termine a difesa, salvo che l’avvicendamento dei difensori risulti avere finalita’ meramente dilatorie traducendosi in un abuso del diritto.
5.1. Da un lato, non puo’ non essere rilevato come dal disposto dell’articolo 107, comma 3 (sopra ricordato nel paragrafo 4.1), non possa trarsi alcuna indicazione nel senso che la sospensione degli effetti della rinuncia e, dunque, l’ultrattivita’ delle prerogative difensive in capo al difensore dismesso abbiano effetto esclusivamente nel caso in cui la sostituzione del patrono abbia una finalita’ mera mente dilatatoria.

 

La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

In assenza di un qualunque addentellato nell’enunciato testuale della norma – neanche qualora letto alla luce dell’articolo 108 – tale soluzione ermeneutica comporta la sostanziale riscrittura della disposizione dell’articolo 107 c.p.p., comma 3. Soprattutto, introduce – per via giurisprudenziale – una disciplina a “doppio binario”, fra l’altro, basata su presupposti indeterminati, la’ dove fa dipendere l’ultrattivita’ o meno del mandato difensivo del pregresso difensore e la sussistenza o meno di un “diritto” al rinvio dell’udienza o dell’incombente da condizioni, non solo non previste dal codice di rito, ma anche dai contorni vaghi, rimettendo al prudente apprezzamento del giudice l’indagine sulla natura indifferibile o meno dell’attivita’ processuale da espletare e sul reale intento che ha mosso il difensore a rinunciare al mandato o la parte a revocarlo (dilatorio o meno), con conseguenti incertezze interpretative ed inevitabili disparita’ di trattamento.
5.2. Dall’altro lato, va osservato come l’esegesi dell’articolo 107, comma 3, suggerita dalla Quinta Sezione non possa giustificarsi neanche alla luce della ratio del successivo articolo 108 e, dunque, dell’interpretazione sistematica in relazione al disposto di tale norma.
Non e’ revocabile in dubbio che l’articolo 108 sancisca un vero e proprio diritto del difensore appena nominato ad ottenere un termine a difesa. Detto diritto va pero’ letto e definito alla luce della sua ratio, che e’ appunto quella di assicurare al nuovo legale l’espletamento del mandato appena ricevuto essendo compiutamente informato delle questioni oggetto della causa, nell’ottica di garantire alla parte patrocinata una difesa effettiva ed efficace. Da che, tuttavia, non discende anche un diritto a condizionare la tempistica processuale.
L’esigenza di garantire all’avvocato neonominato una conoscenza effettiva dell’incartamento processuale – sottostante appunto alla previsione della doverosita’ della concessione del termine a difesa di cui all’articolo 108 – e’ invero funzionale, non a soddisfare un’esigenza “propria” del novello difensore, ma ad assicurare una difesa piena ed effettiva alla parte che assista, cioe’ a dare compiuta realizzazione al diritto presidiato dall’articolo 24 Cost. Ratio, d’altronde, condivisa con la disposizione dell’articolo 107, comma 3, anch’essa strumentale a non lasciare vuoti di difesa in caso di successione dei difensori.
Ed allora, se questa e’ la ratio infusa nelle disposizioni dell’articolo 107, comma 3, e articolo 108, nessun vulnus al diritto di difesa puo’ discendere dal fatto che la parte sia assistita (rectius continui ad essere assistita) – in udienza o nel corso di un atto del procedimento – dal difensore rinunciante, gia’ pienamente edotto della vicenda oggetto del procedimento e, dunque, perfettamente in grado di prestare in modo effettivo ed efficace il proprio patrocinio.
6. A tali considerazioni deve aggiungersi che il nostro ordinamento processuale e’ regolato dal principio di tassativita’ delle nullita’ fissato dall’articolo 177 c.p.p., con la conseguenza che detta causa di invalidita’ puo’ essere ritenuta soltanto in presenza di una situazione espressamente prevista a pena di nullita’ ovvero riconducibile a taluna delle ipotesi di nullita’ di ordine generale previste dall’articolo 178 c.p.p., comma 1.
6.1. Orbene, a fronte del lineare disposto dell’articolo 107 c.p.p., comma 3, – la’ dove sancisce il principio di ultrattivita’ della difesa prestata dai difensore rinunciante o revocato fino allo spirare dell’eventuale termine a difesa assegnato al nuovo difensore – non solo non sussiste un’ipotesi specifica di nullita’, ma risulta difficilmente ravvisabile una qualunque nullita’ riconducibile al disposto dell’articolo 178, comma 1, lettera c), e, a maggior ragione, dell’articolo 179 c.p.p., comma 1, – come qualunque altro vizio processuale – nel caso in cui, prima del decorso del termine a difesa concesso al nuovo difensore, l’udienza o altra attivita’ processuale si svolgano con l’assistenza del difensore rinunciante o revocato, essendo questi (ancora) il “difensore” della parte a tutti gli effetti, con i pieni poteri e doveri conseguenti.
6.2. Allo stesso modo, non puo’ derivare alcuna nullita’ dall’omesso rinvio dell’udienza o dell’incombente processuale durante la pendenza del termine a difesa ex articolo 108.
A prescindere dalla finalita’ dilatoria o meno del turnoverdei difensori, nessuna norma prescrive in detto caso il rinvio – su impulso di parte, come ex officio – ne’, soprattutto, l’esigenza di una posticipazione dell’udienza o dell’atto processuale puo’ giustificarsi in funzione della necessita’ di assicurare l’effettivita’ della difesa (la cui violazione potrebbe appunto dare luogo ad una nullita’ ex articolo 178, comma 1, lettera c), essendo la difesa compiutamente assicurata alla parte dal patrono rinunciante o revocato, come sopra gia’ chiarito sub paragrafo 5.2.
7. Deve dunque essere riaffermato il principio di diritto secondo cui, in caso di rinuncia al mandato o di revoca del difensore e di nomina di un nuovo difensore, di fiducia o d’ufficio, secondo quanto disposto dall’articolo 107 c.p.p., comma 3, la rinuncia o la revoca non producono effetto finche’ la parte non sia assistita da un nuovo difensore e non sia decorso il termine a difesa eventualmente concesso a norma dell’articolo 108 c.p.p., con la conseguenza che, prima del maturare di tale duplice condizione sospensiva, deve ritenersi legittima la trattazione del dibattimento o qualunque altra attivita’ processuale con il patrocinio del precedente difensore rinunciante o revocato.
8. Acclarata l’assenza di una qualunque ipotesi di nullita’ nel caso di assunzione della prova in presenza del difensore rinunciante in pendenza del termine a difesa accordato al nuovo difensore, non puo’ non essere rilevata la correttezza dell’ulteriore osservazione fatta nella sentenza in verifica, la’ dove la Corte territoriale ha rilevato come, nel caso di specie, anche accedendo all’impostazione seguita dalla Quinta Sezione penale, il vizio derivante dalla celebrazione dell’udienza e dall’assunzione probatoria (quand’anche non indifferibile) con il patrocinio del difensore rinunciante avrebbe natura di nullita’ di ordine generale a regime intermedio, e non assoluta, essendo l’imputato comunque assistito dal difensore (sia pure rinunciante).
Nullita’ che, in ossequio al disposto dell’articolo 182 c.p.p., comma 2, avrebbe, pertanto, dovuto essere tempestivamente eccepita in udienza dall’avv. (OMISSIS), il quale, lungi dal dedurre una qualunque eccezione sul punto, ha invece assistito l’imputato nel corso dell’assunzione delle prove e svolto il contro-esame.
9. Dal rigetto del ricorso discende de iure la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

La rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia

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