La richiesta di incidente di esecuzione

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 24 luglio 2020, n. 22302.

Massima estrapolata:

La richiesta di incidente di esecuzione può essere recapitata a mezzo di posta ordinaria, tuttavia resta a carico del proponente ogni eventuale conseguenza derivante dai vizi formali dell’atto – con particolare riguardo all’identificazione del mittente e alla corretta individuazione dell’ufficio destinatario – e dallo strumento prescelto. (In motivazione la Corte ha chiarito che l’invio della richiesta a mezzo posta, costituisce una modalità irrituale di presentazione dell’atto, idonea ad attivare il meccanismo processuale di cui all’art. 121 cod. proc. pen., con decorrenza, ai fini processuali, dalla data di ricezione da parte della cancelleria del giudice competente e non da quella di spedizione).

Sentenza 24 luglio 2020, n. 22302

Data udienza 6 luglio 2020

Tag – parola chiave: Esecuzione – Errore di calcolo nella determinazione della pena – Incidente di esecuzione – Invio tramite posta ordinaria – Validità – Rilevanza della data di ricezione da parte della cancelleria del giudice competente – Onere dell’interessato di rispettare le formalità per la sua identificazione e per l’individuazione dell’ufficio destinatario – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 20/09/2019 del TRIBUNALE di MILANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere APRILE STEFANO;
lette le conclusioni del PG DALL’OLIO Marco che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato non luogo a procedere sull’istanza formulata nell’interesse di (OMISSIS) con la quale si impugnava, per ritenuti errori di calcolo nella determinazione del fine pena, il provvedimento di esecuzione emesso dal Pubblico ministero in data 9/11/2016.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto irricevibile l’incidente di esecuzione, proposto con atto a firma del difensore di fiducia avv. (OMISSIS), contestualmente nominato dall’interessato, perche’ trasmesso tramite il servizio postale ordinario e non depositato ex articolo 121 c.p.p., unica forma consentita per la trasmissione delle richieste di parte, anche in ragione dell’impossibilita’ di accertare l’identita’ del proponente.
Il giudice dell’esecuzione ha, inoltre, ritenuto di non dovere provvedere sull’istanza perche’ di competenza del Pubblico ministero, mancando un provvedimento reiettivo di questi, esso solo impugnabile ex articolo 666 c.p.p..
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge e il vizio di motivazione, perche’ – in disparte l’irrilevanza della giurisprudenza, citata dal giudice dell’esecuzione, che esclude l’utilizzabilita’ della posta elettronica certificata PEC per la trasmissione delle impugnazioni e delle istanze, in quanto e’ stata utilizzata la posta ordinaria – non e’ applicabile la previsione dell’articolo 121 c.p.p..
A sostegno del ricorso, osserva che non si tratta di una memoria ma di una istanza; che sono certe la paternita’ e la provenienza dell’atto, redatto su carta intestata del difensore e da questi sottoscritto; che ad esso e’ anche allegata la procura rilasciata dall’interessato. Rileva che deve essere consentito al difensore l’uso della posta ordinaria per l’inoltro delle istanze, al pari di quanto previsto per le notificazioni richieste dalle parti private, sostituibili dall’invio di copia dell’atto da parte del difensore mediante lettera raccomandata, a norma dell’articolo 152 c.p.p. e articolo 56 disp. att. c.p.p.. Aggiunge che la giurisprudenza penale ammette la spedizione tramite posta ordinaria dell’opposizione all’archiviazione, atto simile alla richiesta d’incidente di esecuzione, e che la giurisprudenza civile (Sez. U, n. 5160 del 04/03/2009, Rv. 607475) consente pacificamente l’uso della posta ordinaria per la trasmissione degli atti.
Deduce, infine, che e’ errata la declinatoria di competenza perche’ la richiesta avanzata al giudice dell’esecuzione ex articolo 666 c.p.p., (e indirizzata per conoscenza anche al Pubblico ministero) denunciava proprio l’erroneita’ dell’atto del Pubblico ministero, che veniva di fatto impugnato, sicche’ non poteva essere qualificata quale semplice richiesta a quest’ultimo di emettere un provvedimento rientrante nelle sue attribuzioni.
3. Fissata la trattazione del ricorso per l’udienza del 21/3/2020, il procedimento veniva rinviato ex lege in applicazione del decreto L. 8 marzo 2020, n. 11, e successivi. In forza dei provvedimenti emessi a norma del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, commi 6 e 7 e successivi, il ricorso veniva quindi fissato per l’odierna udienza, con regolari avvisi alle parti, nel rispetto del termine di legge tenuto conto dei sopra richiamati provvedimenti di fissazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni che saranno esposte.
2. Prendendo le mosse dall’ultima censura, va premesso, che, contrariamente a quanto affermato dal giudice dell’esecuzione, il condannato non era tenuto a presentare un’istanza al Pubblico ministero perche’ provvedesse a correggere il proprio precedente provvedimento, essendo piuttosto necessaria la proposizione dell’incidente di esecuzione avverso il provvedimento, gia’ emesso, che, nel determinare la pena da espiare, contiene, secondo la prospettazione del condannato, un errore di calcolo.
La giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che, in disparte la natura non impugnatoria dell’incidente di esecuzione, il giudice dell’esecuzione, investito dal condannato ex articolo 666 c.p.p., non puo’ demandare al Pubblico ministero l’incombenza di verificare la correttezza dei calcoli che lo hanno portato a emettere il provvedimento di esecuzione oggetto di doglianza, ma deve provvedervi direttamente, avvalendosi dei poteri previsti dall’articolo 666 c.p.p., comma 5, (Sez. 1, n. 48726 del 22/10/2019, Macri’, Rv. 277912; in precedenza: Sez. 1, n. 5353 del 04/12/2000, dep. 2001, P.M. in proc. Garozzo, Rv. 218085).
2.1. In forza del richiamato principio di diritto e’, quindi, errato il provvedimento del giudice dell’esecuzione che ha dichiarato non luogo a provvedere sulla richiesta del condannato che contestava il provvedimento di computo emesso dal Pubblico ministero.
3. Passando a esaminare la questione concernente la ritualita’, ex articolo 121 c.p.p., della richiesta di incidente di esecuzione pervenuta nella cancelleria tramite il servizio di posta ordinaria (nel caso di specie “posta celere”), va premesso che sono manifestamente infondate le doglianze concernenti la violazione dell’articolo 152 c.p.p. e articolo 56 disp. att. c.p.p., poiche’ tali disposizioni si riferiscono alle notificazioni, peraltro nei confronti di terzi, effettuate dal difensore della parte privata e non attengono al deposito degli atti nella cancelleria del giudice.
Sono, invece, fondate le censure che attengono al deposito della richiesta di parte nella cancelleria del giudice, non essendo generalmente prevista una particolare modalita’ attraverso la quale l’atto deve pervenire nella cancelleria, fermo restando che, quando il depositante si affida a terzi per lo svolgimento dell’attivita’ materiale di consegna, deve farsi carico delle eventuali conseguenze di tale scelta.
4. Come gia’ si e’ annotato al paragrafo n. 2, l’incidente di esecuzione non appartiene alla categoria delle impugnazioni (Sez. U, n. 3026 del 28/11/2001, dep. 2002, Caspar Hawke, Rv. 220577), sicche’ non operano le disposizioni di cui agli articoli 582 e 583 c.p.p., con la conseguenza che l’atto introduttivo deve essere depositato nella cancelleria del giudice competente ex articolo 121 c.p.p., trattandosi di una “richiesta”.
Invero e’ proprio l’articolo 666 c.p.p., che, nel regolare l’incidente di esecuzione, fa espresso riferimento alla “richiesta” dell’interessato, cosi’ ponendola nell’ambito dell’articolo 121 c.p.p..
4.1. A ben vedere la disciplina delle impugnazioni non e’ applicabile all’incidente di esecuzione anche perche’ la prima si poggia su un elemento che non e’ richiesto dalla seconda.
Il principale ostacolo logico, che impedisce di applicare alla richiesta ex articolo 666 c.p.p., le disposizioni sulle impugnazioni, e’ costituito dal fatto che, a differenza di esse, l’incidente di esecuzione non e’ di regola sottoposto a termini decadenziali, tanto e’ vero che la giurisprudenza di legittimita’ richiama gli articoli 582 e 583 c.p.p., per la proposizione della diversa richiesta di restituzione del termine di cui all’articolo 175 c.p.p..
Quest’ultima istanza, anch’essa azionabile dopo il passaggio in giudicato della sentenza, a differenza della richiesta ex articolo 666 c.p.p., e’ finalizzata ad attivare un procedimento di tipo impugnatorio; la giurisprudenza di legittimita’ ha precisato che “ai fini della verifica della tempestivita’ della richiesta di restituzione nel termine a norma dell’articolo 175 c.p.p., comma 2-bis, il giudice, nel caso in cui la richiesta sia presentata a mezzo del servizio postale, deve fare riferimento alla sua data di spedizione”; ad essa si applica, quindi, la disciplina di cui agli articoli 582 e 583 c.p.p., poiche’ ha natura strumentale rispetto alla successiva impugnazione e ne costituisce una precondizione (Sez. U, n. 42043 del 18/05/2017, Puica, Rv. 270726).
Nel caso delle impugnazioni cio’ che rileva e’, infatti, la tempestivita’ della proposizione, sicche’ il legislatore ha previsto, per agevolare la parte, la possibilita’ di proporre il gravame con modalita’ aggiuntive rispetto al deposito dell’atto nella cancelleria del giudice che procede, consentendo la spedizione con lettera raccomandata (o tramite telegramma) ovvero il deposito presso un diverso ufficio giudiziario. In tali casi, com’e’ noto, l’impugnazione si considera proposta, proprio in ragione dei poteri certificativi riconosciuti al sistema di posta raccomandata o telegrafica e all’ufficio giudiziario ricevente, al momento della spedizione (o del deposito nell’ufficio giudiziario viciniore), a nulla rilevando la data di pervenimento nella cancelleria del giudice che procede.
4.2. Soltanto in tema di impugnazioni il legislatore ha ritenuto necessario dettare specifiche disposizioni per le modalita’ di trasmissione dell’atto alla cancelleria, selezionando il servizio postale raccomandato, il telegramma e il deposito presso un ufficio giudiziario diverso, in quest’ultimo caso prevedendo che tale compito possa essere attribuito anche a un incaricato.
Si consideri che la giurisprudenza di legittimita’, relativa al deposito dell’impugnazione tramite un incaricato, esclude in ogni caso la necessita’ di rispettare forme particolari di deposito dell’atto (Sez. U, n. 8141 del 29/05/1992, Caselli, Rv. 191180, ha precisato che “nel caso in cui l’atto di impugnazione di una parte privata sia presentato in cancelleria da un incaricato non occorre l’autentica della sottoscrizione dell’impugnante, atteso che l’articolo 582 c.p.p., che attribuisce appunto alla persona che propone un’impugnazione la facolta’ di avvalersi per la presentazione del relativo atto di un incaricato, non richiede siffatta formalita’”; recentemente Sez. 3, n. 2937 del 21/12/2004, dep. 2005, Zuliani, Rv. 230840).
Allo stesso modo, la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che “la mancata indicazione della data di deposito e della persona incaricata per il deposito dell’atto di impugnazione del P.M. non costituisce motivo di inammissibilita’ del gravame, in quanto non puo’ farsi ricadere sulla parte una inosservanza commessa dall’ufficio ricevente, tanto piu’ ove l’ufficio di provenienza sia desumibile dal complessivo esame dell’atto di impugnazione” (Sez. 1, n. 1824 del 21/04/1994, Pellicano’, Rv. 197633).
5. Viceversa una richiesta priva di natura impugnatoria, percio’ di regola non soggetta a termini decadenziali, puo’ essere depositata nell’ufficio del giudice competente senza l’osservanza di particolari forme, tanto che il legislatore non ha ritenuto di prevedere specifiche modalita’ per il compimento di detta attivita’ materiale. Cio’ che rileva, in questo caso, e’ che l’ufficio sia investito della richiesta perche’ solo da tale momento decorre il termine previsto dall’articolo 121 c.p.p., comma 2.
La materiale attivita’ di deposito dell’atto nella cancelleria del giudice puo’ essere compiuta direttamente dall’interessato, o da un incaricato, che in tal caso sara’ identificato dall’operatore preposto alla ricezione dell’atto; in tale evenienza potra’ essere richiesta e rilasciata l’attestazione di deposito.
L’attivita’ di deposito e’ propria dell’operatore preposto all’ufficio giudiziario (che appone un timbro a datario sull’atto pervenuto), mentre colui che materialmente recapita l’atto non svolge un’attivita’ formale, ma unicamente materiale.
Tale attivita’ materiale, non essendo altrimenti previsto dalla legge, puo’ percio’ essere effettuata con qualsiasi modalita’ a condizione che l’atto giunga alla cancelleria del giudice.
5.1. In proposito, la giurisprudenza di legittimita’ e’ incline a escludere che, nonostante l’irrituale modalita’ di trasmissione, sia irricevibile l’istanza di rinvio per impedimento pervenuta all’ufficio giudiziario tramite fax o posta elettronica anche certificata (rispettivamente Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017 dep. 2018, Deriu’, Rv. 272049; Sez. 6, n. 2951 del 25/09/2019 dep. 2020, Di Russo, Rv. 278127), pur attribuendo alla parte che ha scelto di procedere in modo irrituale gli oneri e le conseguenze derivanti da tale opzione (Sez. 1, n. 17879 del 22/03/2019, Faqdaoui, Rv. 276308).
5.2. Anche per quanto riguarda la presentazione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, la giurisprudenza di legittimita’, dopo un’iniziale negazione (Sez. 1, n. 28477 del 23/04/2013, P.O. in proc. Ferace, Rv. 256110), e’ stabilmente orientata ad ammettere l’uso della posta ordinaria per il recapito.
Si e’, infatti, affermato che “l’opposizione alla richiesta di archiviazione puo’ essere proposta a mezzo del servizio postale, in alternativa al deposito presso la cancelleria dell’organo giudiziario competente, purche’ la spedizione del plico intervenga entro il termine di dieci giorni dalla notifica dell’avviso di cui all’articolo 408 c.p.p., comma 3” (Sez. 4, n. 55135 del 10/11/2017, P.O. in proc. Pepe, Rv. 271678; in precedenza: Sez. 6, n. 49609 del 18/11/2015, P.O. in proc. F., Rv. 265699; Sez. 6, n. 21338 del 06/05/2015, P.O. in proc. Ignoti, Rv. 263485; Sez. 6, n. 17624 del 08/01/2014, P.O. in proc. Romano, Rv. 260885).
5.3. E’ opportuno evidenziare, in quanto il principio di diritto riguarda specificamente il deposito di una richiesta di parte privata, che la giurisprudenza di legittimita’, occupandosi delle modalita’ di deposito dell’istanza della persona offesa di essere informata della richiesta di archiviazione, ha precisato che “la dichiarazione della persona offesa di voler essere informata circa l’eventuale archiviazione deve essere presentata in forma scritta, con l’utilizzo di una modalita’ che, assicurando la provenienza dell’atto dal soggetto legittimato, sia idonea allo scopo di garantire che pervenga al Pubblico ministero procedente prima della decisione del Gip sulla richiesta di archiviazione” (Sez. 1, n. 11897 del 28/02/2017, P.O. in proc. Dirita e altri, Rv. 269135).
Si noti che, nel caso deciso con la citata sentenza, la richiesta della parte era contenuta all’interno di un’istanza di avocazione del procedimento, che la stessa persona offesa aveva presentato al Procuratore generale presso la Corte d’appello e non al Pubblico ministero procedente; la Corte di legittimita’ ha escluso che la predetta dichiarazione fosse idonea a far sorgere, in capo al Pubblico ministero procedente, l’obbligo di far notificare la richiesta di archiviazione alla persona offesa, in quanto l’istanza di avocazione non e’ atto destinato al predetto P.M., e non puo’ ritenersi che il Procuratore generale sia tenuto a trasmetterla all’ufficio procedente.

 

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