La revoca della sospensione condizionale della pena

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|25 marzo 2021| n. 11612.

La revoca della sospensione condizionale della pena deve essere obbligatoriamente disposta dal giudice dell’esecuzione quando, entro i termini previsti dall’art. 163 cod. pen., sopraggiunge condanna a pena non sospesa per un delitto commesso successivamente a quello per il quale sia stata già accordato il beneficio, anche se il cumulo delle pene inflitte con le due decisioni rientri nei limiti che consentono la reiterazione della misura, poiché la valutazione di meritevolezza per la concessione di questa compete al solo giudice della cognizione.

Sentenza|25 marzo 2021| n. 11612

Data udienza 25 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: PENA – SOSPENSIONE CONDIZIONALE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefani – Presidente

Dott. TARDIO Angela – rel. Consigliere

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. CASA Filippo – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 01/09/2020 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Angela Tiardio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Epidendio Tomaso, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso con l’adozione dei conseguenti provvedimenti ai sensi dell’articolo 616 c.p.p..

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 1 settembre 2020 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato, su richiesta del Pubblico Ministero, il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a (OMISSIS) con sentenza del 12 dicembre 2016 dello stesso Tribunale, irrevocabile in data 11 febbraio 2017, per avere il condannato commesso il (OMISSIS), e quindi nel quinquennio dal passaggio in giudicato della indicata sentenza, altro delitto, per il quale era stato condannato con sentenza del 27 settembre 2019, irrevocabile il 6 maggio 2020.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, l’interessato (OMISSIS), che ne chiede l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denuncia mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, dolendosi che il giudice dell’esecuzione non abbia considerato che egli era minore di anni diciotto al momento della commissione del reato giudicato con la sentenza che ha disposto la sospensione condizionale della pena, e minore di anni ventuno al momento della commissione del reato causa della disposta revoca, avendo riguardo alla previsione normativa dell’articolo 168 c.p., commi 2 e 3, e ai principi fissati dalla giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 1, n. 4282 del 6 luglio 2016) con riferimento alla questione dei limiti previsti per ragioni di eta’, da considerare, ai fini di una seconda applicazione del beneficio, nel calcolo cumulativo della pena ai sensi dell’articolo 164 c.p., comma 4.
3. Il Sostituto Procuratore generale ha trasmesso il 7 gennaio 2021 requisitoria scritta a mezzo posta elettronica certificata, concludendo per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, in dipendenza della manifesta infondatezza del motivo per essere la motivazione dell’ordinanza conforme allo schema argomentativo di sussunzione nell’ipotesi di revoca prevista dall’articolo 168 c.p., comma 1, n. 1, e per non essere configurabile un onere di motivazione negativa “in caso di discrezionalita’ non esercitata, in assenza di sollecitazione difensiva in sede di incidente di esecuzione”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, che attinge l’ordinanza impugnata che ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso con sentenza del 12 dicembre 2016 del Tribunale di Roma, irrevocabile in data 11 febbraio 2017, e’ inammissibile perche’ e’ incoerente in rapporto al thema decidendum.
1.1. La revoca del beneficio concesso con detta sentenza trova, infatti, sicuro fondamento – attenendo la fattispecie in esame alla commissione di altro delitto, per il quale il ricorrente ha riportato condanna a pena non oggetto di sospensione condizionale (con sentenza del 27 settembre 2019, definitiva il 6 maggio 2020), in data (OMISSIS) e pertanto nel quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza con la quale e’ stata concessa la sospensione condizionale (11 dicembre 2017) – nel disposto dell’articolo 168 c.p., comma 1, n. 1, che prevede la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena se “nei termini stabiliti” il condannato “commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva”.
In questa ipotesi, contrariamente ai rilievi difensivi, non rilevano i limiti di pena previsti dall’articolo 163 c.p., commi 1 e 2, c.p., evocati in ricorso (sia pure con erroneo riferimento all’articolo 168 c.p.) a sostegno della opposta omessa considerazione della eta’ dell’imputato, odierno ricorrente, al momento della commissione del reato “oggetto di sospensione condizionale della pena” (minore degli anni diciotto) e al momento della commissione del reato “oggetto della revoca della sospensione condizionale della pena” (inferiore agli anni ventuno), e non e’ pertinente il richiamo all’articolo 164 c.p., u.c., (fatto salvo dall’articolo 168 c.p., comma 1), secondo cui la sospensione condizionale puo’ essere concessa una seconda volta se la pena da infliggere, cumulata con quella gia’ irrogata con precedente condanna, non superi i predetti limiti, non assumendo, comunque, rilievo, nella fattispecie in esame, la circostanza che il cumulo delle pene inflitte cori le due decisioni rientri nei limiti stabiliti dalla indicata norma.
1.2. Questa Corte ha da tempo affermato (Sez. 6, n. 501 del 22/02/1993, Grandolfo, Rv. 194527), come da massimazione ufficiale, che “ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, nel caso di prima condanna per delitto con il beneficio della sospensione e di seconda condanna per delitto senza sospensione condizionale, non ha rilievo che il cumulo delle sanzioni inflitte con le diverse condanne sia inferiore ai due anni, in quanto la “salvezza” di cui all’articolo 168 c.p., comma 1 riguarda il caso di due condanne entrambe sospese e l’u.c., di tale articolo si riferisce a seconda condanna per delitto anteriormente commesso (nella specie la Corte ha accolto il ricorso del P.M. ed ha annullato con rinvio il provvedimento di diniego della revoca della sospensione condizionale della prima condanna, motivato sull’assunto che il cumulo delle sanzioni inflitte era inferiore ai limiti stabiliti dall’articolo 168 c.p.)”.
La regula iuris, che, come quella espressa dalla conforme decisione della Sezione prima penale (Sez. 1, n. 12388 del 14/12/2000, dep. 2001, Scalo’, Rv. 218453), ha avuto riguardo alla formulazione dell’articolo 168 c.p., antecedente all’aggiunta del comma 3 e dell’u.c. con L. 26 marzo 2001, n. 128, e’ stata riaffermata nel tempo.
In tal senso, invero, si e’ espressa la successiva giurisprudenza di legittimita’, che ha rimarcato che la condanna a pena non sospesa per reato commesso entro il quinquennio dal passaggio in giudicato di precedente sentenza di condanna a pena sospesa impone al giudice dell’esecuzione la revoca del beneficio, a nulla rilevando la circostanza che il cumulo delle pene inflitte con le due decisioni rientri nei limiti stabiliti per la reiterazione del beneficio, poiche’ la valutazione di meritevolezza a tal fine necessaria compete al solo giudice della cognizione (Sez. 1, n. 8465 del 27/01/2009, Safranovych, Rv. 244398; conforme, da ultimo, Sez. 1, n. 24639 del 27/05/2015, Badanac, Rv. 263973).
1.3. A detto condivisibile orientamento, conforme al dato testuale delle norme richiamate e alla loro lettura sistematica, deve darsi continuita’.
Invero, dell’articolo 168 c.p., il comma 1 prevede sub 1) la “revoca di diritto”, e quindi al di fuori di qualsiasi valutazione discrezionale, della sospensione condizionale della pena gia’ concessa, se “nei termini stabiliti, il condannato commetta un delitto (…) per cui venga inflitta una pena detentiva”.
La clausola di riserva, che, nello stesso comma 1, fa salva la disposizione dell’articolo 164 c.p., u.c. sta a significare, come piu’ volte ribadito (Sez. 1, n. 8465 del 27/01/2009, Safranovych, e Sez. 1, n. 24639 del 27/05/2015, Badanac, citate, in motivazione), che “la revoca e’ disposta tranne che il giudice in sede di cognizione non ritenga di reiterare per una seconda volta il beneficio a fronte di una pena che, seppur sommata a quella precedentemente inflitta, si mantenga entro il limite dei due anni come prescritto dall’articolo 163 c.p.”
Dal combinato disposto degli articoli 164 e 168 c.p. deve, quindi, trarsi che:
– la valutazione della possibilita’ e opportunita’ della seconda sospensione condizionale, di per se’ ostativa alla revoca della precedente, e’ di competenza esclusiva del giudice della cognizione, e non puo’ trovare applicazione in sede esecutiva;
– il giudice dell’esecuzione, a fronte di una seconda condanna inflitta e non sospesa pur ricorrendone la possibilita’ quanto ai limiti di pena, non puo’ che limitarsi a revocare la prima sospensione, conformemente al suo ruolo, che non gli consente di valutare diversamente situazioni gia’ giudicate in sede di cognizione.
Ne’ induce a diversa riflessione il precedente richiamato dal ricorrente (Sez. 1, n. 32458 del 06/07/2016, Trabelsi, n. m.), che si riferisce alla diversa ipotesi, che non ricorre, come gia’ detto, nel caso in esame e che si caratterizza per essere oggetto di revoca la sospensione condizionale concessa con due consecutive sentenze rispetto alle quali rilevano il cumulo delle pene e il rispetto dei limiti di cui all’articolo 163 c.p..
2. Alla inammissibilita’ del ricorso, che ha ignorato l’indicato costante orientamento svolgendo rilievi generici e non opponendo alla decisione impugnata argomenti di specifica e positiva critica, segue per legge, in forza del disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilita’ – al versamento della somma, ritenuta congrua, di tremila Euro alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila Euro alla Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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