La responsabilità penale per i reati in materia di operazioni inesistenti

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 16 giugno 2020, n. 18279.

Massima estrapolata:

La sussistenza di analoghe anomalie nella contabilità dell’emittente e dell’utilizzatore avvalora la falsità delle operazioni e quindi la responsabilità penale per i reati in materia di operazioni inesistenti.

Sentenza 16 giugno 2020, n. 18279

Data udienza 13 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Reati – Operazioni inesistenti – Sussistenza di analoghe anomalie nella contabilità dell’emittente e dell’utilizzatore – Imprenditori condannati uno per utilizzo e uno per emissione di fatture per operazioni inesistenti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS), (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 10/07/2019 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macri’;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Fimiani Pasquale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito per (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) e per (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10 luglio 2019 la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza in data 19 gennaio 2018 del Tribunale di Como che aveva condannato alle pene di legge (OMISSIS) per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 8 e 10 e (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2.
2. (OMISSIS) presenta un unico motivo di ricorso con il quale eccepisce il vizio di motivazione e la violazione di norme processuali. Lamenta in particolare che il Pubblico ministero non aveva provato l’inesistenza delle operazioni fatturate. Contesta gli argomenti sostenuti nelle sentenze di merito e sostiene che aveva sempre operato nel campo edile, affidando parte dei lavori allo (OMISSIS) in subappalto; che la descrizione contenuta nelle fatture non era stata generica; che gli inquirenti non avevano effettuato le verifiche del caso presso i proprietari degli immobili oggetto di intervento; che non esistevano documenti a corredo delle fatture, trattandosi di opere edili di manodopera a corpo in subappalto; che i pagamenti erano stati regolarmente effettuati e sarebbe stato onere dei finanziari verificare i conti correnti delle imprese coinvolte. Aggiunge che l’unico teste sentito aveva confermato l’esecuzione dei lavori di cui alle fatture. Sostiene che la Corte territoriale era incorsa in un vizio di motivazione, violando il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
3. (OMISSIS) eccepisce la violazione di legge ed il vizio di motivazione perche’ non era stata raggiunta la prova della sua responsabilita’ al di la’ di ogni ragionevole dubbio. Richiama a suo favore le dichiarazioni del (OMISSIS), il quale aveva confermato di conoscerlo come persona e non come impresa, che era amico del padre e che aveva realizzato lavori di muratura e carpenteria anche per loro nelle ristrutturazioni degli appartamenti e degli esercizi commerciali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi sono manifestamente infondati perche’ consistono in generiche censure di fatto gia’ vagliate e disattese con motivazione immune da censure dai Giudici di merito.
La Corte territoriale, nel confermare la decisione di primo grado, ha riesaminato criticamente il materiale probatorio costituito dai documenti e dalle dichiarazioni dell’operante ed ha indicato i seguenti elementi decisivi ai fini della responsabilita’: a) il (OMISSIS) aveva inserito le fatture in contabilita’ nell’imminenza della scadenza della dichiarazione dei redditi, b) la descrizione dei lavori eseguiti nelle fatture era stata generica ed in alcuni casi illeggibile, nonostante il valore non irrisorio (superiore ad Euro 45.000,00), c) il (OMISSIS) non aveva conservato o esibito la documentazione relativa ai lavori, d) lo (OMISSIS) non aveva registrato le fatture nella contabilita’ della sua ditta ne’ le aveva conservate e non disponeva di risorse personali o materiali per eseguire le prestazioni delle fatture, e) ne’ lo (OMISSIS) ne’ il (OMISSIS) avevano provato l’effettiva corresponsione del pagamento o le modalita’ del medesimo, f) il (OMISSIS) aveva tratto beneficio dalla ricezione delle fatture emesse dallo (OMISSIS).
A fronte di tale accertamento, la tesi difensiva di entrambi i ricorrenti ha mirato a sostenere l’effettivita’ della prestazione d’opera dello (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS). Si tratta di una circostanza irrilevante per come dedotta, poiche’ i documenti contabili dello (OMISSIS) e del (OMISSIS) non hanno consentito di ricostruire le presunte operazioni commerciali avvenute. Ne’ e’ sostenibile che si sia verificata un’inversione dell’onere della prova, poiche’, a fronte delle puntuali contestazioni dell’Accusa, i Giudici di merito hanno accertato che la documentazione rinvenuta non descriveva i lavori che gli imputati sostenevano di aver effettuato.
Pertanto, corretto e’ l’accertamento della responsabilita’ dei delitti contestati della dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2) per il (OMISSIS) e dell’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 8) nonche’ dell’occultamento delle fatture (articolo 10) per lo (OMISSIS).
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

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