La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 aprile 2022| n. 11317.

La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto. Incombe, pertanto, sul soggetto danneggiato – ai sensi dell’art. 120 del d.lgs. n. 206 del 2005 (cd. codice del consumo), come già previsto dall’8 del d.P.R. n. 224 del 1988 – la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno e, una volta fornita tale prova, incombe sul produttore – a norma dell’art. 118 dello stesso codice – la corrispondente prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione, o che all’epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche.

Ordinanza|7 aprile 2022| n. 11317. La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta

Data udienza 3 novembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: RESPONSABILITA’ CIVILE – RISARCIMENTO (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 14229/2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) Spa, in persona del procuratore speciale sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) Srl, in persona legale rappresentante sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1052/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/2/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3/11/2021 dal Cons. Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26/2/2019 la Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento del gravame interposto dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Napoli 19/5/2015, ha respinto la domanda nei confronti della medesima in origine proposta dai sigg. (OMISSIS) ed altri, quali eredi della defunta sig. (OMISSIS), di risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di sinistro avvenuto il (OMISSIS) asseritamente a cagione del difettoso funzionamento del pedale dell’acceleratore, all’esito del quale la medesima decedeva.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. (OMISSIS) ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi la societa’ (OMISSIS) s.p.a., che ha presentato anche memoria, e la societa’ (OMISSIS) s.r.l..

 

La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto osservato che la societa’ (OMISSIS) s.r.l. ha presentato controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso, pur non essendo stata ivi formulata alcuna domanda nei suoi confronti, e difettando pertanto di interesse a partecipare al presente giudizio.
Come emerge dall’impugnata sentenza, in sede di gravame la societa’ (OMISSIS) s.r.l. “si e’ costituita… facendo rilevare che non e’ stato impugnato il capo di sentenza che ha escluso la sua legittimazione passiva”, e nessuna pronunzia e’ stata emessa nel dictum conclusivo di quel giudizio.
Essa stessa nel “controricorso” da’ invero atto che “il Tribunale di Napoli con la sentenza n. 7529/2015 dichiarava il difetto di legittimazione passiva della (OMISSIS) srl, nel giudizio di risarcimento danni promosso dagli eredi della signora (OMISSIS), deceduta in occasione di sinistro stradale a bordo di un’autovettura a marchio (OMISSIS) commercializzata da essa (OMISSIS) srl. Nel medesimo giudizio veniva citata anche la (OMISSIS) spa quale societa’ importatrice e distributrice del prodotto in Italia, societa’ destinataria della condanna al pagamento in primo grado. In grado di appello tale capo della sentenza non veniva impugnato e la Corte territoriale pur accogliendo il gravame proposto dalla (OMISSIS) spa, nulla poteva statuire nulla poteva statuire sul punto. La decisione su tale capo e’ quindi inoppugnabile”.
Orbene, come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, in un giudizio svoltosi con una pluralita’ di parti in cause scindibili, e cioe’ in cause cumulate nello stesso processo per un mero rapporto di connessione, la notificazione dell’impugnazione e la sua conoscenza assolvono alla funzione di litis denuntiatio, volta a far conoscere al destinatario l’esistenza di un’impugnazione al fine di consentirgli di proporre impugnazione incidentale nello stesso processo ove non esclusa o preclusa, e garantire cosi’ la concentrazione nel tempo di tutti i gravami contro la stessa sentenza (v., da ultimo, Cass., 14/2/2019, n. 4352).
A tale stregua, il destinatario della notificazione non diviene per cio’ solo parte nella fase di impugnazione, non sussistendo pertanto i presupposti per la pronunzia in suo favore della condanna alle spese a norma dell’articolo 91 c.p.c., che esige la qualita’ di parte, e percio’ una vocatio in ius, e la soccombenza (v. Cass., 14/2/2019, n. 4352; Cass. 21/3/2016, n. 5508; Cass. 16/2/2012, n. 2208; Cass., 16/4/2007, n. 9002; Cass., 23/4/2001, 5977).
Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione degli articoli 112, 116, 132 c.p.c., articolo 118 disp. att. c.p.c., articoli 24, 111 Cost., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con il 2 complesso (denominato 2, 3 e 4) motivo denunziano “violazione e falsa applicazione degli articoli 61, 115 e 116 c.p.c., Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articoli 103, 114, 115, 116, 117, 118, 120, articoli 2697, 2727, 2729 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonche’ “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si dolgono che, con acritica motivazione per relationem alla sentenza del giudice di prime cure, la corte di merito abbia ritenuto non fornita la prova della difettosita’ del pedale dell’acceleratore in argomento, senza nemmeno effettuare “un ragionamento presuntivo che nella situazione di acquisizioni fattuali emersa nel giudizio di merito avrebbe potuto e dovuto svolgere”.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Nel premettere (facendo specifico richiamo al precedente costituito da Cass. n. 29828 del 2018) che – diversamente da quanto dagli allora appellanti (ed odierni ricorrenti) sostenuto – la responsabilita’ da prodotto difettoso ha natura non gia’ oggettiva bensi’ presunta, in quanto prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto, e ai sensi del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 120 (c.d. codice del consumo) incombe al soggetto danneggiato dare la prova del collegamento causale, non gia’ tra prodotto e danno, bensi’ tra difetto e danno; e che, una volta fornita tale prova, a norma dell’articolo 118 c.p.c., incombe sul produttore fornire la c.d. prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione o che all’epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche; dopo aver posto in rilievo che “il CTU… nel corso della sua relazione ha ripetutamente affermato di non aver riscontrato vizi o anomalie di alcun genere nel pedale, all’atto dell’ispezione”, ed altresi’ sottolineato che “il CTU ha anche scritto “di poter asserire che, all’atto dell’ispezione, l’assieme pedale acceleratore funzionasse correttamente, ma cio’ non esclude la possibile avaria del pedale al momento del sinistro”… per cui non puo’ “essere esclusa la possibilita’ del bloccaggio del pedale in particolari condizioni di esercizio, queste ultime… non note””, nel criticamente vagliare – nel legittimo esercizio dei propri poteri – le risultanze della espletata CTU rilevando che siffatta “conclusione risulta formulata solo come ipotesi, ritenuta plausibile dall’ausiliare perche’: 1) la (OMISSIS) effettivamente avvio’ una campagna di richiamo di auto (OMISSIS) (tra cui quella della compianta sig.ra (OMISSIS)) a causa di un problema al meccanismo pedale-acceleratore; 2) l’ausiliare non pote’ “esprimere un giudizio sull’usura del pezzo, in particolare se il bloccaggio del pedale potesse avvenire anche in presenza di usura minima e se particolari condizioni di usura ed ambientali possono condizionare il bloccaggio del pedale”… perche’, al momento delle operazioni peritali, non erano “piu’ reperibili gli assieme pedale con configurazione identica a quella di cui trattasi””, nell’impugnata sentenza la corte di merito e’ quindi pervenuta a concludere che “entrambe le circostanze sub 1-2 non dimostrano affatto che il pedale dell’acceleratore della (OMISSIS) della (OMISSIS) fosse realmente difettoso e che l’incidente mortale si verifico’ a causa di questo difetto, piuttosto che per l’eccesso di velocita’ con cui la vittima affronto’ la curva della strada (cfr. rapporto della Polizia Stradale in atti)”, sicche’ in difetto della “prova del difetto, l’evento dannoso non puo’ essere riportato causalmente ad esso”.
A tale stregua la corte di merito ha fatto invero piena e corretta applicazione del principio affermato da questa Corte in base al quale il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica c.d. percipiente (v., da ultimo, Cass., 3/7/2020, n. 13736) puo’ anche disattenderne le risultanze ove come nella specie motivi in ordine agli elementi di valutazione adottati e a quelli probatori utilizzati per addivenire alla decisione, specificando le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU (v. Cass., 25/11/2021, n. 36638; Cass., 8/10/2021, n. 27411; Cass., 11/1/2021, n. 200).
Orbene, a fronte del suindicato accertamento in fatto operato dalla corte di merito e delle argomentazioni dalla medesima poste a base dell’impugnata decisione, nell’erroneamente – in quanto smentito per tabulas – argomentare che la corte di merito “non ha considerato gli esiti favorevoli della CTU”, e nel contraddittoriamente sostenere che tale giudice non abbia nemmeno “proceduto allo svolgimento presuntivo che avrebbe dovuto compiere” non valutando o limitandosi “a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio”, del tutto infondatamente gli odierni ricorrenti deducono invero la mancanza della motivazione ex articolo 132 c.p.c., viceversa sussistente (in termini senz’altro ben al di la’ del necessario “minimo costituzionale”: v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053) e congrua.
Senza per altro verso sottacersi che al di la’ della formale intestazione dei motivi essi deducono in realta’ doglianze (anche) di vizi di motivazione al di la’ dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014 n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Emerge pertanto evidente come le deduzioni degli odierni ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realta’ si risolvono nella mera inammissibile prospettazione di una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimita’, nonche’ una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimita’ riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita’ non e’ un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto gia’ considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
All’inammissibilita’ e infondatezza dei mortivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente (OMISSIS) s.p.a., seguono la soccombenza.
Non e’ viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente (OMISSIS) s.r.l., non avendo la medesima interesse a partecipare al medesimo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.000,00, di cui Euro 7.800,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente (OMISSIS) s.p.a..
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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